Pagina 4 - Opinione del 01-9-2012

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di
GIORGIO PRINZI
n’analisi statistica sui dati di
mortalità Istat, quindi basata
sui certificati di morte ufficiali, sulla
mortalità per tumore nel sud Italia
tra il 1999 e il 2003, condotta al-
l’Istituto Nazionale Tumori di Avia-
no insieme all’Istat di Roma e al-
l’Istituto Tumori Pascale di Napoli,
ha dimostrato che la mortalità per
tumori (in particolare del polmone)
negli uomini e nelle donne della
provincia di Taranto è uguale alla
media delle provincie del Sud Italia.
Questi dati pubblicati su Epi-
demiologia e Prevenzione del 2011
- sottolineano Diego Serraino, Di-
rettore Epidemiologia e Biostati-
stica e Umberto Tirelli, Direttore
Dipartimento di Oncologia Medica
dell’Istituto Nazionale Tumori di
Aviano - hanno come punti di for-
za la copertura di tutto il Sud e la
standardizzazione dei dati; lo svan-
taggio è che non si occupano dei
singoli comuni, perché è stata ana-
lizzata la provincia ma non il co-
mune di Taranto.
Va tenuto però presente che
uno studio epidemiologico defini-
tivo sul comune di Taranto non esi-
ste ad oggi in quanto questo ipo-
tetico studio dovrebbe avere
almeno due caratteristiche:
1) essere georeferenziato,cioè
tutti gli indirizzi andrebbero asso-
ciati ai residenti in modo uninomi-
U
nale per mappare le residenze nel
tempo (almeno 30 anni, dato il
tempo che ci vuole per sviluppare
il carcinoma del polmone) e di ogni
residente bisogna conoscere data
di nascita, sesso, e appunto tutte le
residenze a Taranto o in altri co-
muni;
2) aggiustare per fumo: la resi-
denza in zone disagiate, come vi-
cino a impianti industriali, è asso-
ciata allo stato socio economico
basso, che a sua volta è associato
all’aumento della frequenza del fu-
mo che è la causa principale del
carcinoma del polmone.
Inoltre – sottolineano gli esper-
ti dell’Istituto Tumori di Aviano -
va detto che in Italia ci sono circa
1300-1500 nuovi casi di tumore
all’anno in bambini da 0 a 14 an-
ni e non risulta esserci un eccesso
a Taranto rispetto alla media na-
zionale.
Per quanto riguarda l’inquina-
mento dell’aria, la prima causa
nota e accettata in tutti i paesi in-
dustrializzati è il traffico veicolare:
almeno il 5% dei carcinomi del
polmone è oggi attribuibile ai fu-
mi di scarico delle automobili e
Iarc ha classificato il diesel come
carcinogeno di classe 1: perché
non bloccare quindi la circolazio-
ne dei veicoli, almeno quelli a die-
sel? Perché non chiudere certe
strade statali e certe autostrade,
quelle più inquinate? Ovviamente
non andrebbero costruiti condo-
mini vicino alle acciaierie o alle
autostrade, come purtroppo con-
tinua ad accadere in Italia. L’in-
quinamento dell’aria causa indub-
biamente molte malattie acute
respiratorie ma ad oggi il rischio
attribuibile sui tumori dell’appa-
rato respiratorio è basso («3%
tolto automobili) perché il fumo
resta la causa principale.
I dati epidemiologici condotti
ad oggi - concludono Serraino e
Tirelli - indicano quindi che non
vi è un incremento dei tumori, in
particolare del polmone, nella pro-
vincia di Taranto rispetto alle altre
province del sud e non esistono
evidenze epidemiologiche su un
nesso di causalità certo tra inqui-
namento ambientale e tumori a
Taranto.
II
POLITICA
II
L’Ilva e i tumori: finoadoggi
nonc’ènessundatoattendibile
Il Cav ha scelto:
sostieneMusumeci
li uomini e le forze politi-
che che oggi si ritrovano
insieme nell’importante sfida sici-
liana, lo saranno anche domani.
Così non sarà invece con chi oggi
ha inteso dividere l’area alternativa
al centrosinistra». Parola di Silvio
Berlusconi che, ribadisce il soste-
gno del Pdl a Nello Musumeci, so-
stenuto anche da La Destra e dal
Pid. Dichiarazioni molto forti e al-
lo stesso tempo decise, quelle del-
l’ex premier, che non solo scrivono
la parola fine ad ogni sorta di equi-
voci, ma danno anche il segno di
una chiara volontà di fermezza nei
confronti di chi ha voluto dividere
il centrodestra in questa difficile e
importante competizione elettora-
le. Berlusconi i nomi, anzi il nome
non lo fa. Questione di eleganza.
Ma il riferimento a Gianfranco
Miccichè è chiaro. Forse il leader
del Pdl sarà stato anche amareg-
giato, secondo quanto ha raccon-
tato il leader di Grande Sud.
Un’amarezza, però, dettata dalla
consapevolezza politica che da un
centrodestra diviso potrebbe av-
vantaggiarsene Crocetta, candidato
di Pd, Udc e Api. «Una divisione
– ha sottolineato Berlusconi – che
comunque non impedirà il succes-
so di un uomo di valore come Nel-
lo Musumeci». E a stretto giro di
posta è arrivata la replica di Gran-
de Sud affidata al deputato nazio-
nale, Giacomo Terranova: «Per
«G
Berlusconi, Casini e Bersani le ele-
zioni regionali sono un mezzo, per
noi sono il fine». Di tutt’altro tono,
invece, il commento alle parole
dell’ex premier rilasciato da Mic-
cichè ad un noto quotidiano sici-
liano: «Della minaccia di Berlu-
sconi non me ne frega nulla.
Questa dichiarazione che gli hanno
fatto fare - ha affermato il leader
di Grande Sud - è un regalo per
noi. Ma chi le hai mai chiesto que-
ste garanzie a livello nazionale?».
Ma Miccichè con Grande Sud non
è in grado autonomamente di ga-
rantire la rielezione, sia alla Came-
ra che al Senato, dei suoi parla-
mentari. Dovrà necessariamente
allearsi o confluire, a seconda la
legge elettorale, con l’Udc di Ca-
sini, con il Pd di Bersani o con Fini
che, però, secondo i sondaggi non
sarebbe in grado di garantire se
stesso. Dopo le dichiarazioni di
Berlusconi, per il quale il voto in
Sicilia rappresenta un test fonda-
mentale per le elezioni nazionali,
i parlamentari nazionali di Micci-
chè (Grande Sud ne conta 14) non
avrebbero alcuna prospettiva a
fianco o nel Pdl. Intanto, sull’altro
fronte Idv ha ufficializzato, con
una conferenza stampa alla pre-
senza di Di Pietro, il proprio so-
stegno a Claudio Fava (Sel), san-
cendo così la spaccatura anche nel
centrosinistra.
ROSAMARIA GUNNELLA
Usare il bancomat?
Fateci l’abitudine
i sono molti modi per spingere
una popolazione riottosa al-
l’uso della moneta elettronica, dal-
la sparizione fisica del contante, al-
le campagne di marketing sociale,
passando per elaborate quanto im-
probabili (anche i politici fanno
bancomat) tassazioni al momento
del prelievo come proposto recen-
temente da Marina Gabanelli di
Report
.
Questa, messa in atto da un su-
permercato, mi è sembrata decisa-
mente efficace.
La cassa è divisa in tre moduli:
il primo serve a inserire e, presu-
mo, verificare le banconote, il se-
condo è un tradizionale pos per
carte di pagamento. Il terzo, in fon-
do, serve sia per inserire le monete
che per prelevare il resto, sempre
in monete. Le banconote, una volta
inserite nella cassetta blindata, di-
ventano inacessibili. I furti diven-
tano così letteralmente impossibili,
una notevole garanzia per la sicu-
rezza dei clienti e del personale.
Però questa cassa ha anche un
altro vantaggio, quello di essere
decisamente lenta per il pagamento
con il contante. Le banconote van-
no stirate ben bene e inserite, dal
cliente, una a una; se la banconota
non piace alla macchina, questa
viene restituita. Quando capita un
cliente che ha poca dimestichezza
con queste apparecchiature, come
è successo a me, la cosa va per le
C
lunghe. Posso solo immaginare co-
sa può succedere se per caso la
macchinetta si rifiuta di accettare
una banconota e il cliente non ha
altro contante con se. Dal poco che
sono riuscito a capire, peraltro,
sembra che la macchinetta dia il
resto solo in monete, e la tentazio-
ne di pagare la mia spesa di pochi
euro con un biglietto da cinquanta
è stata forte.
Fatto sta che quando è arrivato
il mio turno, i clienti che mi segui-
vano nella fila hanno guardato tut-
ti cosa estraevo dalle tasche e,
quando hanno visto il bancomat,
hanno tutti tirato un sospiro di sol-
lievo. “Ce l’ho, ce l’ho”, ho detto
con soddisfazione neanche fosse
un auto di grossa cilindrata.
La commessa ha inserito il ban-
comat nel pos, ho digitato il pin
e... sorpresa, il pagamento è avve-
nuto in una frazione di secondo.
Una cosa mai vista, neanche ci fisse
stato un cavo in fibra ottica colle-
gato direttamente con la banca.
Ho preso il bancomat, la mia
spesa e me ne sono andato, ma so-
no riuscito a sentire il cliente che
mi seguiva nella fila esclamare for-
te «Bancomat!», guardando il re-
sto della fila quasi aspettandosi un
applauso per il tempo che stava fa-
cendo risparmiare.
A volte basta poco per cambia-
re le abitudini della gente.
(g.s.)
orrei poter dire “speriamo
sia l’ultima volta”, ma so
che non è cosi, quindi... Puntuale
come la morte e le tasse ecco
spuntare le polemiche sui pro-
blemi derivati dal passaggio dal-
la tecnologia analogica a quella
digitale del segnale televisivo.
Non che i lamenti degli utenti
siano ingiustificati, vero che il
governo dei tecnici ci ha messo
il carico da undici, ma arrivati
all’ultima tappa si poteva anche
presumere che i cittadini e, so-
prattutto, rivenditori e installa-
tori, avessero ben chiaro l’assun-
to che, nelle zone con difficoltà
di ricezione del segnale, si doves-
se indirizzare la clientela verso
l’alternativa tecnologica satelli-
tare. La piattaforma TiVùSat ri-
propone tutti (quasi, mancano
La7d
e
Cielo
) i canali nazionali
oltre a una selezione di canali all
news stranieri.
Al contrario, puntualmente,
anche nelle più inaccessibili zone
di montagna o la dove le regioni
incrociano le frequenze in una
ragnaltela inestricabile, ecco par-
tire l’ormai nota via crucis: ac-
quisto del decoder terrestre, con-
statazione che il segnale non si
riceve, installazione del nuovo
impianto di antenna “studiata
apposta per il digitale terrestre”,
(ri)constatazione che il segnale
non si riceve, acquisto del deco-
V
der satellitare, installazione della
parabola.
La colpa? Non poche volte
degli stessi cittadini che, spaven-
tati dal costo più alto del deco-
der satellitare, come dire... “ci
provano” anche quando corret-
tamente informati, per poi la-
mentarsi di fronte all’evidenza.
Va detto anche che non pochi ri-
venditori o media store presenti
nelle zone ad elevato divide in-
frastrutturale, o non vendono i
decoder satellitari o non li evi-
denziano a dovere. Va detto in-
fine che il segnale analogico di
partenza spesso era scadente
quando non decisamente “inne-
vato”. Non sono stati pochi, ne-
gli anni, gli abbonamenti a Sky
dovuti proprio alla necessità di
vedere i canali generalisti.
Certo il governo, nell’organiz-
zazione della gestione dello
switch-off, avrebbe potuto fare
di più: «Il ministro Passera -
spiega Mauro Vergari di Adicon-
sum - a differenza del ministro
Romani, non ha mai convocato
il Cnid - Consiglio Nazionale Ita-
lia Digitale - che è o, a questo
punto sarebbe meglio dire era,
l’organismo ministeriale com-
prendente tutti gli
stakeholders
della filiera digitale, preposto a
gestire proprio le fasi di
switch-
off
e risolvere in tempo reale o
quasi i problemi che emergevano
di volta in volta. Questo ha in-
fluito in modo pesante sulla qua-
lità dello switch-off, in partico-
lare proprio nel monitoraggio del
segnale sul territorio, utile ad una
corretta gestione del segnale,
nonché sulla assistenza al citta-
dino che è parte fondamentale in
questo genere di operazioni».
Eppure l’algoritmo è semplice:
Sei in una zona dove il segnale si
riceve male? fatti il decoder sa-
tellitare. “La piattaforma TivùSat
non include le tv locali” è l’obie-
zione più ricorrente; sarebbe me-
glio dire “le Tv locali henno de-
ciso di non entrare nella
piattaforma”. Sono scelte im-
prenditoriali, non si discutono.
Ma è a queste che l’utente si deve
rivolgere.
GIORGIO SEBASTIANO
Guai per il passaggio digitale
Le responsabilità di Passera
Il ministro non ha mai
convocato il Cnid
(Consiglio Nazionale
Italia Digitale),
che avrebbe dovuto
risolvere il passaggio
dall’analogico
alla nuova tecnologia
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 1 SETTEMBRE 2012
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