arlar bene e razzolare male.
Per una volta “Roma ladrona”
intesa come fulcro del potere ita-
liano – può starsene seduta in pol-
trona e tirare un sospiro di sollie-
vo. Al nord, secondo i dati raccolti
da Eurispes, ci sono più racco-
mandati che al sud: il 21,2% degli
intervistati (su un campione di
1500
persone) ha dichiarato di
aver utilizzato il lasciapassare della
conoscenza per ottenere un posto
di lavoro, aggirando così l’incubo
del buio pesto prodotto dalla di-
soccupazione che
divide et impera
nello Stivale. Un numero impor-
tante che, probabilmente, scuoterà
le coscienze di chi, un giorno sì e
quell’altro pure, ha puntato il dito
contro il mal governo meridionale.
Alla fine tutto il mondo è paese.
Carte alla mano, quanto è
emerso nel venticinquesimo “Rap-
porto Italia” ha lanciato un mes-
saggio a chiare lettere: il 25,5%
nel nord ovest e il 20,8% nel nord
est hanno utilizzato la carta della
raccomandazione. C’è da dire, co-
munque, che tale pratica continua
a rimanere viva nella penisola,
con il 17,2% al sud e il 12,1%
nelle isole. In base all’analisi regi-
strata dall’istituto Eurispes, a chie-
dere il famoso “aiutino” sono
quelle persone che hanno conse-
guito, nel corso della carriera sco-
lastica, solo la terza media o che
non sono andati oltre il diploma.
I laureati, invece, proseguono a
candidarsi in maniera spontanea,
sperando di fare bella figura e di
portare a casa il risultato. Un iter,
questo, moralmente valido ma
che, tutt’oggi, non garantisce ri-
sultati certi. Tra le altre cose, nel
centro sud si riesce a trovare la-
voro dopo aver preso parte a un
concorso pubblico, che ha portato
il sorriso a uno su cinque degli in-
tervistati (tra i 45 e i 64 anni). Sca-
P
valcare il bando, però, rappresenta
un ostacolo per i giovani. Il tor-
tuoso passaggio è stato superato
dall’8,1% dei ragazzi che hanno
tra i 25 e i 34 anni e dal 9,7% del-
la fetta che rientra tra i 18 e i 24
anni.
Insomma, la meritocrazia ita-
lica non è ancora matura per lo
sprint decisivo. La sostanza, di
conseguenza, è che non ci sono re-
gioni di serie A e serie B: il cervello
funziona allo stesso modo e a
360
°. Il pulpito dei moralisti, per-
ciò, dovrà lasciare il passo alla re-
altà nuda e cruda, campanilismi
compresi.
Etica a parte, la curiosità è che
dopo aver avuto in dote un posto
(
con mezzi leciti o meno) il vero
nodo resta – puntuale come un
orologio svizzero - quello dello sti-
pendio. Infatti, il 53,5% degli in-
tervistati ha rivelato che la paga
mensile non basta più. Il dio de-
naro, osannato da regole di mer-
cato dettate da chissà quale san-
tone, non guarda in faccia
nessuno. I titoli di coda, pertanto,
hanno i medesimi caratteri e anche
i raccomandati, come i ricchi della
famosa telenovela messicana,
piangono. Che beffa.
CLAUDIO BELLUMORI
di
MICHELE DI LOLLO
attere la pressione tedesca con
un attaccante di razza. Con-
quistare i cuori e i voti dei propri
tifosi per vincere le elezioni. Le vite
di Silvio Berlusconi e di Mario Ba-
lotelli si intrecciano in un momen-
to particolare. E strumentalizzare
la vicenda è fin troppo facile. Ma-
rio, dopo tre anni a Manchester,
torna in Italia. Nella stessa Milano
in cui aveva esordito in serie A. Ap-
proda al Milan, richiamato da un
presidente che solo poche settima-
ne fa lo aveva definito una mela
marcia. Viene pagato venti milioni
di euro dalla società rossonera e
gli analisti politici (per così dire)
già parlano di “effetto Balotelli”.
Quanto può pesare in termini elet-
torali l’arrivo del giocatore? Uno
per cento, anzi due per cento in più
nei sondaggi, dicono. Le voci che
si rincorrono negli ultimi giorni
fanno intuire che l’acquisto del
centravanti bresciano possa far
guadagnare punti preziosi al Ca-
valiere. Ma una conferma, natu-
ralmente, è impossibile.
Le reazioni di centro e della
sinistra mirano a sdrammatizzare,
smorzando l’entusiasmo dell’elet-
torato milanista. Molti affermano
che non è la prima volta che Mi-
lan e campagna elettorale si in-
crociano. Danno per scontato che
la manovra berlusconiana tenti
di rintracciare voti tra i suoi tifo-
si. Era già successo nel 2008 con
Ronaldinho. Il prezzo allora ave-
va raggiunto grosso modo lo stes-
so valore. Ventuno milioni di eu-
ro al Barcellona più altri 4 di
bonus qualora i rossoneri aves-
sero raggiunto la qualificazione
in Champions League negli anni
successivi.
Politica e calciomercato, intrat-
tenimento e cosa pubblica diven-
B
tano ancora una volta il piano su
cui ruota lo scontro. «Solo fumo»
afferma chi Berlusconi proprio
non lo digerisce, mentre lui pre-
para un nuovo contratto con gli
italiani. Promette taglio delle tasse
e quoziente familiare. Si tratta di
una nuova fase della campagna
elettorale, nel tentativo di recupe-
rare gli ultimi punti che lo sepa-
rano dalla coalizione di Italia Bene
Comune. Al centro della strategia
c’è l’arma del nazionalismo, dello
scontro con la Germania o meglio,
con la Merkel.
E in concomitanza con l’arrivo
di Mario Monti a Berlino per un
incontro con la cancelliera, Berlu-
sconi è pronto ad alzare i toni per
denunciare lo strapotere tedesco
nell’Unione. I primi attacchi sono
già partiti da un pezzo, ma nei
giorni scorsi su Facebook il Cav
pubblica: «Per governare ho chie-
sto e ottenuto il consenso degli ita-
liani e non della signora Merkel».
Fa riferimento in modo indiretto
alla linea di Monti. Il candidato
montiano alla presidenza della Re-
gione Lombardia, Gabriele Alber-
tini, parla non a caso di
panem et
circenses
: «
Il panem sono le bat-
tute e la propaganda e i circenses
sono rappresentati dallo stadio. Al
tempo dell’antica Roma c’erano i
gladiatori, ora ci sono i calciatori».
Pier Luigi Bersani è ironico.
Ammette che il suo obiettivo è por-
tare Messi al Bettola prima delle
elezioni. Un milanista del Partito
democratico, Enrico Letta, è sal-
damente ancorato a terra e smorza
i toni: «Non credo che l’acquisto
di Balotelli abbia alcuna influenza
sui sondaggi». E continua: «Spero
che Berlusconi compri anche Kakà.
Perché quando il Milan va bene,
Berlusconi va male politicamente».
Quanto potrà incidere l’arrivo di
Balotelli, specialmente nella corsa
meneghina, non lo sa nessuno. Di
certo da quelle parti ogni voto può
essere determinante per la vittoria
del centrodestra.
Neppure Renato Mannheimer
sa esattamente a quanto ammonti
l’entità di questo trasferimento:
«
Non saprei quantificare l’effetto.
Ma c’è un pubblico di tifosi rosso-
neri che nessuno ha mai stimato e
che potrebbe essere grato a Berlu-
sconi per il nuovo acquisto».
Tra l’altro, afferma che questo
potrebbe essere un colpo che riesca
a riconquistare qualche indeciso:
«
Il calcio del resto è rimasto l’ul-
tima passione degli italiani».
In più è interessante far notare
che il 24 febbraio a Milano si gio-
cherà il derby e con ogni probabi-
lità il nuovo acquisto del Milan
scenderà in campo. Supermario ha
già fatto piangere la Germania. Per
il giudizio di San Siro (e degli ita-
liani) non ci resta che attendere.
II
POLITICA
II
K
Mario BALOTELLI
L’indagine dell’Eurispes
ha dimostrato
in maniera esauriente
che nel settentrione
i raccomandati
superano di gran lunga
i “colleghi”meridionali
e di entrambe le isole
segue dalla prima
Monti in Europa
(...)
Tutto questo, ovviamente, non significa
predicare la necessità di allontanarsi da una
Europa continentale troppo egoista ed inca-
pace di ragionare fuori dello schema rigido
della strenua difesa dei propri interessi par-
ticolari. Significa incominciare a porre il pro-
blema di quale possa essere una politica eu-
ropeista diversa e più efficace di quella
praticata con teutonica determinazione dalla
Germania a tutela della propria egemonia.
È vero che in campagna elettorale i partiti
sono troppo impegnati dalla ricerca del con-
senso per soffermarsi a riflettere sulla neces-
sità di una nuova politica europeista più ri-
spettosa delle esigenze di tutti gli stati che
fanno parte della Ue. Ma è altrettanto vero
che se le forze politiche non incominciano
ad affrontare questo problema, che è poi
quello di far uscire l’Italia dalla recessione
senza farla uscire dall’Europa, rischiano di
perdere il proprio consenso. E, soprattutto,
rischiano che la questione rimanga di com-
petenza esclusiva di quella casta tecnocratica
che l’ha provocata e che pensa di poterla ge-
stire nel disprezzo più totale della volontà
popolare e delle regole della democrazia. Ma
alimenta l’angosciante preoccupazione che
l’assenza di una qualche politica diversa da
quella in atto possa condannare l’Italia ad
uno stato di recessione perpetua.
ARTURO DIACONALE
La grande truffa
(...)
Certo, le ridotte possibilità economiche
delle famiglie italiane in questi anni possono
aver influito sul calo degli iscritti, ma ignorare
la crisi di credibilità dell’istituzione significa
nascondere la testa sotto la sabbia. L’univer-
sità italiana è un luogo di malcostume e ne-
potismo, profondamente ingiusto e impro-
duttivo, che favorisce privilegiati e
raccomandati a danno dei meritevoli, che
sforna pochi laureati e per di più impreparati.
È un’organizzazione inefficiente, perché in-
centivi e meccanismi di sanzione sono com-
pletamente distorti: chi ci lavora o studia non
è incoraggiato a migliorarsi e nessuno paga
per i propri fallimenti. Per una analitica con-
futazione dei miti sull’università italiana ac-
creditati dall’establishment accademico vi ri-
mando al libro di Roberto Perotti
L’università truccata”. Gli italiani se ne sono
accorti e, sulla base di una semplice valuta-
zione costi-benefici, in misura sempre mag-
giore stanno prendendo altre strade per co-
struirsi il loro futuro. Sono sempre meno –
ed è una fortuna, non una sciagura – coloro
che credono al mito dell’università gratuita
e per tutti. Un sistema finanziato e strutturato
in modo da poter accogliere chiunque ha
prodotto risultati esattamente opposti a quelli
sperati. Non è gratuita né equa, perché la fi-
scalità generale, quindi anche con le tasse
delle fasce più povere, finanzia di fatto gli
studi ai ragazzi dei ceti più abbienti che pre-
valentemente la frequentano. Né è per tutti,
perché se è vero che l’accessibilità è illimitata,
e genera un esercito di iscritti che pagano ret-
te relativamente basse, la percentuale dei lau-
reati in Italia è tra le più basse dei paesi Ocse:
solo il 15% della popolazione adulta (25-64
anni) è laureato, meglio solo della Turchia e
come il Portogallo, contro una media Ocse
del 31 e Ue del 28%, il 29% in Francia e il
27
in Germania. Nella fascia di età 25-34
anni i laureati sono il 21%, contro il 38%
della media Ocse e il 35 della media Ue. Un
terzo degli iscritti, poi, è fuori corso, il 17,3%
è addirittura fermo, non fa esami, pratica-
mente parcheggiato. I figli delle famiglie ric-
che possono permetterselo, una volta fuori
avranno comunque le porte aperte dal pa-
trimonio e dalle relazioni di mamma e papà,
i meno abbienti no. Avranno la sensazione
di aver perso tempo, soldi e opportunità.
FEDERICO PUNZI
Effetto Balotelli”sulle urne
Il Cavaliere cala il suo asso
Spintarelle e aiuti
Il nord batte il sud
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SABATO 2 FEBBRAIO 2013
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