Pagina 5 - Opinione del 05-9-2012

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II
ESTERI
II
Obama fa sognare il futuro
per dimenticare il presente
di
STEFANO MAGNI
onvention nazionale dei Demo-
cratici al via. Una settimana do-
po l’evento repubblicano di Tampa,
il partito dell’asinello presenta di
nuovo al suo pubblico il presidente
in carica, per la sua rielezione. E co-
me location hanno scelto Charlotte,
nel North Carolina, secondo centro
finanziario d’America dopo New
York.
Barack Obama è già presente a
Charlotte da almeno una settimana:
non lui personalmente, ma la sua
grande statua di sabbia, “mascotte”
della Convention. Sfortuna ha vo-
luto che pioggia torrenziale e raffi-
che di vento ne portassero via un
pezzo. Il presidente, comunque, ha
salvato almeno la faccia, che è ri-
masta intonsa. Riuscirà a salvarla
anche politicamente? La Convention
non si apre sotto i migliori auspici.
Al posto degli slogan “Hope” e
“Change” del 2008, oggi Obama si
presenta con un più modesto “For-
ward!” (avanti!) che in questi tempi
suona più come il milanese “tiremm
innanz” del patriota Amatore Sciesa:
tiriamo avanti (verso il patibolo au-
striaco). I dati sull’economia, dopo
4 anni di amministrazione Obama,
non sono il massimo: la disoccupa-
zione è all’8,3%, il debito pubblico
è il 73% del Pil (in proiezione per
la fine del 2012) e il deficit del 7,3%
del Pil. Un vero record negativo. Il
C
presidente uscente dovrà combattere
una battaglia per immagini, riuscire
a ripristinare l’ottimismo del 2008,
facendo dimenticare le sfortune del
presente per promettere un futuro
migliore: “Forward”, appunto.
Certo, proprio in fatto di imma-
gini, finora i Democratici sono an-
dati a rimorchio dei Repubblicani.
Prima di tutto, il discorso presiden-
ziale di Roenoke (Virginia) del 17
luglio scorso, quello del “Non lo hai
costruito tu” (You didn’t build that)
ha regalato al Grand Old Party la
possibilità di vantare la propria
esclusiva americanità. Obama, in
quel discorso, voleva ricordare ai la-
voratori e agli imprenditori ameri-
cani che nessuno si costruisce da sé
e tutti hanno bisogno della società
(leggasi: dello Stato). I Repubblicani
hanno risposto chiamando sul pal-
co, per tutta la durata della loro
convention, esempi di americani che
si sono realmente fatti da soli. E che
hanno costruito, con intelligenza e
tenacia (e senza aiuti pubblici), la
propria vita personale ed economi-
ca. D’altronde, l’uomo che si fa da
solo, il self made man, è o non è
l’incarnazione del sogno americano?
I Democratici hanno fatto autogol
anche sulle donne. Tacciando la first
lady Ann Romney di essere una nul-
lafacente (perché madre di 5 figli),
hanno permesso ai Repubblicani di
rispolverare il mito della “mogliet-
tina americana”: donna di famiglia
che riserva l’amore ai figli, ma non
si nega il sudore del lavoro. Per tutta
la Convention di Tampa si sono
puntualmente alternate sul palco
donne che coniugano successo e fa-
miglia. E che si sono fatte da sole.
Giusto per ribadire il concetto. An-
che la sedia vuota sta diventando
un mito. Clint Eastwood, a Tampa,
ha tenuto il suo dialogo surreale con
una sedia vuota, simbolo dell’assen-
za di leadership alla Casa Bianca.
Obama ha risposto facendosi foto-
grafare (di spalle) sulla sua sedia
presidenziale. Ed è stato prontamen-
te imitato da Gianni Alemanno, a
Roma. Ma intanto il seggio non oc-
cupato è diventato un altro logo di
successo dei Repubblicani, che lu-
nedì scorso hanno pure organizzato
una “giornata nazionale della sedia
vuota”.
Massacri in Siria, 100mila persone in fuga
K
Sono circa 100mila i siriani che hanno lasciato le loro case
ad agosto cercando rifugio all’estero. Lo riferisce l’Unhcr, Agenzia
Onu per i rifugiati. È il dato mensile più elevato dall’inizio del conflitto
Baku: pace uccisa
a colpi d’accetta
Al via la Convention
nazionale Democratica
di Charlotte.
Sul presidente in carica
pesano i record negativi
dell’economia.
Ma anche una battaglia
sui simboli vinta dal Gop
RegnoUnito, quattro cristiani
in cerca di giustizia europea
el 2004 due ufficiali, uno
armeno e l’altro azero, era-
no entrambi ospiti della Nato, a
Budapest, per un seminario della
Partnership per la Pace. I due, a
quanto pare, non fraternizzarono
affatto. Tornati entrambi nel loro
dormitorio, l’ufficiale azero, il te-
nente Ramil Safarov, aggredì nel
sonno il collega armeno, il tenen-
te Gurgen Margarian. E lo uccise
con 16 colpi di accetta. Una di-
mostrazione che la Partnership
per “la Pace” è ancora solo
un’etichetta priva di significato,
per molti Paesi dell’ex Urss. E un
motivo in più per credere che, fra
Armenia e Azerbaigian, la guerra
per il controllo del Nagorno Ka-
rabakh (teoricamente conclusa
nel 1994) non sia mai del tutto
finita, ma abbia lasciato nume-
rosi strascichi di violenza e tanti
conti in sospeso. L’ufficiale azero
venne arrestato a Budapest subi-
to dopo l’efferato delitto e con-
dannato all’ergastolo da un tri-
bunale ungherese nel 2006.
Perché questa storia torna di at-
tualità a sei anni di distanza?
Perché, tornato in patria il 31
agosto scorso, l’ufficiale omicida,
Ramil Safarov, non solo è stato
liberato, ma è stato addirittura
promosso al rango di maggiore.
Con la benedizione personale del
presidente Ilham Aliyev. Safarov
uccise il collega armeno con 16
N
colpi d’ascia, perché questi aveva
urinato sulla bandiera dell’Azer-
baigian. Quindi il delitto è “pa-
triottico”. L’Armenia, però, non
ha alcuna intenzione di sorvolare
sulla santificazione dell’omicida.
Ha già interrotto i suoi contatti
con l’Ungheria e il 2 settembre il
presidente armeno Serzh Sarki-
sian ha dichiarato di essere
«pronto a combattere e vincere
una guerra contro l’Azerbai-
gian». La tregua fra Armenia e
Azerbaigian è sempre più fragile.
Solo un armistizio, firmato nel
maggio del 1994, si frappone fra
la pace e la guerra. All’inizio
dell’estate, una serie di scontri di
frontiera facevano già temere
una ripresa del conflitto. I me-
diatori internazionali del “Grup-
po di Minsk” (guidato da Fran-
cia, Russia e Usa) cercano di far
dialogare Erevan e Baku, con
sempre meno successo. Dopo la
scarcerazione di Safarov, Russia
e Usa si sono trovate, almeno per
una volta, d’accordo nel condan-
nare la gratuita provocazione di
Aliyev, inviandogli note di pro-
testa. Imbarazzo in Ungheria, in-
vece: sta prendendo piede l’ipo-
tesi che la restituzione di Safarov
alle autorità di Baku sia avvenu-
ta in cambio di un prestito da 3
miliardi di euro, di cui Budapest
ha disperatamente bisogno.
(ste. ma.)
uattro cristiani, sudditi bri-
tannici, hanno fatto ricorso
alla Corte Europea dei Diritti, per
aver subito una discriminazione re-
ligiosa nel loro Paese. Erano tutti
stati licenziati o rimossi dai loro
incarichi, per motivi legati alla fe-
de.
Il più famoso dei quattro casi è
quello di Nadia Eweida, cristiana
pentecostale: nel 2006 è stata li-
cenziata dalla British Airways, da
cui era impiegata come hostess,
perché portava una croce al collo
ben visibile. La British prescrive,
nelle sue regole, che i gioielli (specie
se religiosi) non siano messi in mo-
stra, ma vadano tenuti nascosti sot-
to l’uniforme. L’allora premier To-
ny Blair aveva suggerito alla
compagnia di bandiera di essere
tollerante con la sua impiegata pra-
ticante. Così come le associazioni
cristiane britanniche avevano ac-
cusato la British di adottare un
doppio standard: molta tolleranza
per gli abiti religiosi di sikh e mu-
sulmani, nessuna per una semplice
croce. Sulla sponda opposta, inve-
ce, la National Secular Society (l’as-
sociazione che promuove la piena
separazione di Stato e Chiesa nel
Regno Unito) difendeva la compa-
gnia aerea, affermando che mostra-
re la propria croce ai passeggeri sia
proselitismo religioso. (Senza ac-
corgersi che questo è lo stesso ar-
gomento adottato dall’Arabia Sau-
Q
dita, una teocrazia, per vietare ogni
simbolo non musulmano sul suo
territorio). Fatto sta che, in sei anni,
due gradi di giudizio hanno dato
ragione alla British Airways e torto
alla hostess cristiana. Ora spetta
alla Corte Europea dei Diritti sta-
bilire se si tratti di discriminazione
religiosa.
Un caso simile è quello dell’in-
fermiera Shirley Chaplin: portava
una visibile croce ed è stata rimos-
sa dal suo incarico, trasferita ad un
lavoro d’ufficio lontano da quei
pazienti non cristiani che avrebbe-
ro potuto sentirsi “offesi”. In casi
di possessione demoniaca, poteva-
no anche essere feriti fisicamente
da quella croce? La dirigenza del
Royal Devon and Exeter NHS
Trust Hospital può anche non aver
preso in considerazione quest’ulti-
ma, rara, tipologia di paziente. Ma
ha considerato che la sua infermie-
ra non fosse sufficientemente ri-
spettosa delle altre religioni. Sono
lontani i tempi delle crocerossine:
oggi anche in missione di pace, la
croce rossa deve mutare il simbolo
in un “diamante”, innocuo e com-
patibile con il multiculturalismo.
E quindi: via l’infermiera cristiana.
Due gradi di giudizio, nel Regno
Unito, le hanno dato torto. Anche
per lei non resta che la corte di
Strasburgo.
Più controversa la vicenda di
Lilian Ladele, impiegata presso la
contea di Islington, Londra: per
motivi di coscienza si rifiutava di
celebrare le unioni civili fra gay.
Ha compiuto una sua discrimina-
zione (privata) ed è stata discrimi-
nata dal suo datore di lavoro (pub-
blico) che intende obbligarla a
compiere il rito laico. Ancor più
difficile il caso di Gary McFarlane,
consulente nel campo di disturbi e
patologie sessuali alla Relate Avon,
si rifiutava di assistere coppie omo-
sessuali ed è stato licenziato. Anche
lui ha compiuto una discrimina-
zione (privata) ed è stato discrimi-
nato dal suo datore di lavoro (an-
ch’egli privato, anche se finanziato
dal pubblico). La Corte Europea li
giudicherà colpevoli di intolleranza
o vittime della discriminazione re-
ligiosa?
GIORGIO BASTIANI
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 5 SETTEMBRE 2012
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