II
POLITICA
II
Il ProfessorMonti: uno, nessuno o centomila?
di
MAURIZIO BONANNI
è chi “scende” e chi “sale”.
Gli interessati, a volte, co-
me nel caso di Mario Monti, rap-
presentano la stessa persona. Il
vignettista Giannelli, sul
Corsera
del 4 gennaio scorso, presenta il
preside bocconiano come uno e..
trino”: Prof, premier (in carica,
seppur dimissionario) e uomo po-
litico. A quale Monti dobbiamo
credere? Fummo facili profeti a
ipotizzare una bella tornata di
sberle, tra l’uomo di Bilderberg e
il post-comunista Bersani. Ovvio:
parlamentarie” e Sel colorano
di rosso intenso la sacra alleanza
di sinistra, con il rischio scontato
di un bel “cappotto” (pari al
55%
dei seggi alla Camera) per
il “centrino” di Monti, che ver-
rebbe così condannato a ruota di
scorta di un più che probabile
esecutivo Bersani. Immaginatevi
voi come si coloreranno di rosso
anche le guance della Merkel, do-
po febbraio 2013, quando tutti i
suoi sacrifici risulteranno vani,
perché, a quel punto, il nuovo
Governo italiano dovrà, necessa-
riamente, ricontrattare con l’Eu-
ropa i termini della nostra suddi-
tanza politico-finanziaria. Frau
Anghela”, non me ne voglia, ma
a me viene già da ridere!
Due annotazioni, ora, fin tro-
po facili, sulla mediatizzazione
dell’agenda Monti, da parte del
suo autore. La prima: anche i
suoi fedelissimi in Rai non hanno
potuto fare altro che irrogargli la
sanzione prevista, per il suo cla-
moroso “sgambetto” alle regole
della “par condicio”. Infatti, ab-
bandonato il “politically correct”
del loden, il Prof. ha ritenuto be-
ne di monopolizzare il piccolo
schermo, con una propaganda
politica di parte, come presidente
del Consiglio dimissionario di un
governo... “tecnico”, i cui ministri
uscenti fanno a gara per candi-
darsi nei cespugli centristi pro-
C’
Monti. Dopo le sue “confidenze”
pubbliche in Rai, il “figurone” del
Monti europeo ha perduto irri-
mediabilmente la sua desinenza
one”, per diventare un semplice
figurante” (mi riferisco agli in-
numerevoli commenti negativi
bipartisan”, apparsi sui maggio-
ri organi di stampa), nella triste
commedia degli equivoci di que-
sta convulsa e inconsistente fase
politica pre-elettorale.
Seconda riflessione: l’illustre
accademico, a mio avviso, do-
vrebbe rispondere alle domande
fulminanti di Maurizio Landini,
che lo esorta ad aprire all’auto-
motive tedesca (che sa trattare be-
nissimo con la sua Fiom, negli
stabilimenti italiani di sua pro-
prietà!), piuttosto che andare a
tagliare nastri e farsi vedere a
braccetto con Marchionne, che
gli stabilimenti li chiude e disin-
veste, a favore dell’americana
Chrysler. Se fosse per me, con tut-
to l’affetto e la simpatia umana
per il Maurizio “rosso”, gli farei
notare che lui, tuttavia, ha in te-
sta le idee arrugginite di due se-
coli fa, a proposito dell’operaio-
massa e della dittatura del
proletariato! Per esempio: io cre-
do fermamente che la fabbrica sia
solo l’espressione di una politica
moderna del territorio, che sta “a
monte” dei posti di lavoro in Fiat.
Dice nulla, a Vossia, il calo dram-
matico europeo nella vendita di
autovetture? Significa che i gio-
vani vogliono ben altro, rispetto
a quelle trappole di latta che in-
quinano le città, arricchiscono gli
sceicchi e i petrolieri di tutto il
mondo e che, per di più, costano
(
per mantenimento e investimen-
to, come beni durevoli) tanto
quanto un precario “choosy” non
potrà mai permettersi!
Scusa Landini, ma che ne di-
resti di reimpiegare tutti i tuoi,
per costruire treni super veloci,
alla cinese, strutturando dorsali
ad alta velocità, in senso longitu-
dinale e trasversale, in tutto il ter-
ritorio della penisola? E, poi, che
ne pensi dell’idea di rimodellare,
contestualmente, tutti gli spazi
urbani, devastati dalle scatole di
latta alle quali tieni così tanto?
Sai, per far questo, basterebbe
cambiare la testa dell’
homus oc-
cidentalis
(
altro che Marx!), di-
cendogli che la proprietà fondia-
ria e immobiliare è solo “a
tempo”! In questo modo, le città
e gli spazi urbani potrebbero es-
sere, periodicamente (ogni secolo,
preferibilmente!), smontati e ri-
montati altrove, utilizzando ma-
teriali riciclabili quasi al 100%
(
come l’acciaio per le strutture e
fibre naturali per le tamponatu-
re..), al fine di realizzare il sogno
keynesiano della piena occupa-
zione permanente della forza la-
voro, di qualunque età e genere.
Caro Maurizio, secondo me,
l’umanità si salva solo riscopren-
do sia il trasporto collettivo (non
è preferibile un treno super velo-
ce, che trasporti, in due ore sol-
tanto, migliaia di giovani lavora-
tori da un capo all’altro di questa
nostra lunghissima terra emer-
sa?), sia il valore economico di
centrali nucleari super sicure, che
soddisfino adeguatamente il no-
stro immenso fabbisogno energe-
tico. Che senso ha, infatti, acqui-
stare forza motrice da paesi vicini
nuclearizzati? Un’eventuale rie-
dizione di Chernobyl non guar-
derebbe in faccia proprio nessu-
no, come sai, e le armi nucleari
in mano a dittatori e regimi di
ogni risma e colore (rosso com-
preso e in abbondanza) sono in-
finitamente più pericolose di cen-
trali atomiche ucraine, tanto
primordiali”, che il nostro com-
pianto Enrico Fermi le avrebbe
costruite con molta più sicurezza,
già mezzo secolo fa. O mio Dio,
dacci oggi un nostro Churchill,
che rigetti a mare queste orde as-
satanate di finanzieri d’assalto,
banche e Bce comprese!
segue dalla prima
Occasione sprecata
(...)
Date queste condizioni generali e par-
ticolari, sia la possibile discesa in campo di
un movimento guidato da Oscar Giannino
che la tanto annunciata salita in politica di
Mario Monti avrebbero potuto rappresen-
tare un’alternativa valida e tutto sommato
auspicabile per provare a ri-mobilitare il
campo liberal-conservatore di questo paese.
Se su Giannino il giudizio è sospeso e atten-
diamo si chiariscano le prossime mosse, di
Mario Monti va detto che è stata una delle
più grandi delusioni che la, già di suo delu-
dente, politica italiana ci abbia mai riservato.
Da Presidente del Consiglio ha fatto l’esatto
contrario di quello che un’agenda liberale
avrebbe richiesto. Ha alzato la pressione fi-
scale, non ha ridotto il debito pubblico, ha
tagliato la spesa a casaccio, si è fatto imporre
tempi e modi dell’azione politica da Ger-
mania ed Unione Europea. Dalla sua ha due
scusanti che lo rendevano ancora spendibile:
il poco tempo a disposizione (e quindi il fat-
to che misure così drastiche potressero essere
state le uniche possibili) e la variegata mag-
gioranza con cui tutti i giorni ha dovuto fare
i conti. Mario Monti ha scelto cosciente-
mente di spendere quel suo credito politico
scrivendo un’agenda e proponendola al Pae-
se. Diciamolo subito: è vaga, autoreferen-
ziale, scritta per slogan. In tempi diversi sa-
rebbe stata definita un libro dei sogni, oggi
appare molto di più come un racconto hor-
ror. Le uniche due cose concrete che si pos-
sono estrapolare dalle 25 pagine scritte (for-
se) da Pietro Ichino sono l’idea non proprio
nuovissima di un reddito minimo garantito
e la solita panacea di tutti i mali che si chia-
ma patrimoniale. Altra spesa e altre tasse,
insomma. Infiorettate con un linguaggio a
metà tra la lirica democristiana di fine prima
repubblica e la sobrietà bocconiana di chi
non sapendo cosa dire riesce a riempire 25
pagine di cattive intenzioni senza uno strac-
cio di spiegazione sul “come”. Abbiamo già
dato, troppe volte, sia sul fronte delle pro-
messe a scatola chiusa che su quello del po-
co coraggio. Vogliamo qualcuno che ci dica
che lo stato, questo stato, è un problema da
risolvere. Che le tasse, queste tasse, sono ga-
belle insopportabili e vanno abbassate subito
perché rappresentano la peggior zavorra di
questo paese, altro che evasione. Ci scusi
Professore ma comunque la si guardi questa
sua “Agenda” è una proposta irricevibile:
ha sprecato un’occasione irripetibile per ri-
fondare il centrodestra e ha scritto un pro-
gramma che servirà come stampella al peg-
gior centrosinistra europeo. Buona fortuna.
Al paese, non a lei.
ANDREA MANCIA e SIMONE BRESSAN
Deriva sovietica
(...)
Ciononostante anche in Italia gli eredi
di un collettivismo bocciato dalla storia han-
no tirato una linea, rubricando l’esperienza
del comunismo come un fallimento dovuto
alla mancanza di libertà democratiche, senza
abbandonare l’idea di uno Stato motore ed
artefice dello sviluppo. Ed è questa uno delle
più grandi imposture che ha consentito alla
sinistra statalista italiana di mantenersi ai
vertici del sistema politico. Ovvero l’abilità
di essere riusciti a rifarsi una verginità, evi-
tando di far comprendere ai più che il pro-
blema del collettivismo non è legato alla
mancanza della citata libertà democratica,
bensì alla fondamentale libertà economica.
Solo quando quest’ultimo aspetto è garan-
tito in una democrazia si può pensare ad
una crescita spontanea della ricchezza e
dell’occupazione. Certamente non nell’Italia
attuale, regno incontrastato della spesa pub-
blica e di una corrispondente tassazione da
record mondiale.
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DOMENICA 6 GENNAIO 2013
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