ià il magistrato (in aspetta-
tiva) e leader di Rivoluzione
Civile, Antonio Ingroia, si era ap-
propriato indebitamente del
Quarto Stato”, l’opera che Pel-
lizza da Volpedo realizzò nel
1901,
per piazzarlo nel simbolo
del suo partito.
Quella che è stata l’opera che
più di tutte ha simboleggiato le
lotte e le rivendicazioni dei lavo-
ratori ridotta a sostituire un paio
di manette nel logo di un movi-
mento personale e personalistico.
Ma ad Ingroia, evidentemente,
non bastava impossessarsi del ce-
lebre dipinto ed ha fatto un altro
passo, per così dire “canoro”.
Ed allora eccolo ripreso dalle
telecamere della testata giornali-
stica
epressonline.net
mentre in-
tona “Bella ciao” insieme agli
operai della Fiom di Pomigliano.
E mentre da’ vita ai gorgheggi,
il candidato premier di Rivolu-
zione Civile non disdegna di au-
tografare un libro (presumibil-
mente la sua ultima fatica
letteraria): tute blu va bene, ma
gli affari sono affari!
Il volto dell’Ingroia lascia tra-
sparire, con il sorriso soddisfatto,
il gradimento (per la compagnia
e per la melodia intonata (si fa
per dire...) tipico di chi è in cam-
pagna elettorale: far vedere che
si è contenti per incutere la me-
desima beatitudine in chi ti cir-
conda.
Ci si chiederà: “Forse Ingroia
non poteva cantare Bella Ciao?”.
Indubbiamente sì, certo che
poteva dar vita a quel coro.
Il problema è invece che quel-
la esibizione raccolta dagli obiet-
tivi di
Epressonline
fa a cazzotti
con il concetto di “terzietà” che
è (o dovrebbe essere) alla base
dell’attività di un qualsiasi togato,
in aspettativa oppure no.
G
di
GIUSEPPE BIANCHI
on conosco chi sia l’esperto di
comunicazione politica che
consiglia Bersani nelle sue dichia-
razioni pubbliche, ma francamente
ho l’impressione è che si tratti di un
Azzeccagarbugli di manzoniana me-
moria. Negli ultimi giorni Bersani
si è cimentato in continue, quanto
controproducenti, iperboli verbali,
forse nello sforzo esasperato di stu-
pire, di emergere ad ogni costo dal
marasma della comunicazione di
massa.
Nelle sue recenti esternazioni
Bersani è ricorso a parole forti, rudi
o addirittura brutali, come ad esem-
pio: «I partiti personali sono il can-
cro della democrazia»; «Sbranere-
mo chi ci attacca su Monte dei
Paschi»; «Speriamo che Dio abbia
perso lo stampo di Berlusconi».
Se prendiamo in esame la prima
iperbole balza all’occhio, anche del-
lo sprovveduto, che il ricorso a pa-
role che rimandano al patologico,
alla sofferenza, alla morte, indispo-
ne l’uditore in quanto lo rimanda
a qualcosa di tragico ed inquietante:
il meccanismo che solitamente si
scatena in questo caso è quello del
rifiuto dell’ascolto, che spesso in te-
levisione si traduce nella scelta di
cambiare canale.
Introdurre la parola “cancro”
nel linguaggio politico non provoca
un incremento dell’attenzione, ma
solo un rigetto, aggravato dal so-
spetto che l’uso del termine sia solo
strumentale e quindi doppiamente
irriguardoso verso chi ascolta e che
potrebbe essere direttamente o in-
direttamente colpito dalla nefasta
patologia.
Veniamo ora alla seconda iper-
bole: «Sbraneremo chi ci attacca su
Monte dei Paschi». Il termine sbra-
neremo in politica è del tutto ina-
deguato, in quanto chi si ne fa uso
N
si pone, di fronte ai suoi interlocu-
tori, in modo aggressivo ed intolle-
rante; non a caso iperbole di questo
tipo sono state usate in passato da
grandi dittatori, come Mussolini o
Stalin. Chi non ricorda infatti la fa-
mosa dichiarazione di Mussolini
Spezzeremo le reni alla Grecia”?
Sarebbe invece interesse di Bersani,
come è lo è stato per Mitterrand,
apparire come un politico forte, ma
tranquillo.
In secondo luogo, chi si dimo-
stra così adirato da usare espressio-
ni fameliche, lascia nell’interlocutore
l’impressione che abbia timore di
qualcosa o che abbia qualcosa da
nascondere; qualcosa di indefinito,
ma che lo preoccupa fortemente.
Un’iperbole siffatta alimenta perciò
il sospetto nell’ascoltatore, anche
in quello più ben disposto. Infine
prendiamo in esame la terza iper-
bole: «Speriamo che Dio abbia per-
so lo stampo di Berlusconi».
Vi è in questa espressione un du-
plice errore di comunicazione: non
stupisce che un ex cattolico, proba-
bilmente ora ateo od agnostico co-
me Bersani, non conosca il coman-
damento che ordina di «non
nominare il nome di Dio invano»,
ma dovrebbe almeno conoscere la
vecchia saggezza popolare ed i suoi
aforismi che consigliano di «scher-
zare con i fanti, ma di lasciare stare
i Santi». Inoltre non è rispettoso
verso i credenti considerare la crea-
zione come un atto meccanico e
l’essere umano come un oggetto
metallico che prende forma per
mezzo di uno stampo, durante un
processo di fusione: la creazione è,
infatti, per tutti i credenti, un atto
divino dal quale tutto ha tratto ori-
gine, anche l’essere umano, com-
preso Berlusconi. Evidentemente, a
Bersani, della sensibilità dei credenti
interessa ben poco. Infine, il secon-
do errore: citando l’avversario po-
litico, in modo spesso ossessivo, co-
me fa Bersani, si dimostra, in modo
palese, di temerne la concorrenza
e, oltretutto, se ne favorisce ulte-
riormente la notorietà. Ne consegue
che Bersani dovrebbe prendere se-
riamente in considerazione l’idea di
cambiare il linguaggio finora usato
durante la campagna elettorale, per
non rischiare di emulare Tafazzi.
II
POLITICA
II
K
Pier Luigi BERSANI
Dopo l’appropriazione
(
indebita) del Quarto
Stato, il pm palermitano
canta“Bella ciao”
mentre autografa
copie del suo libro.
Legittimo, ma ora
per cortesia si dimetta
segue dalla prima
Monti e Bersani,
magliari dei tedeschi
(...)
e si restringerà drammaticamente e do-
vrà essere buttato la macero per trovare al
più presto formule governative diverse o
ripiegare su nuove elezioni anticipate.
La “sola” non è rappresentata dal patto che
secondo Rosy Bindi dovrebbe stare alla base
della futura coalizione di sinistra-centro.
Cioè la guida del governo a Bersani e quella
della politica economica a Monti. Se tutto
si potesse risolvere in un accordo di potere
ed in una distribuzione accorta di poltrone,
la faccenda potrebbe anche funzionare. Il
guaio è che per reggere e assicurare la sta-
bilità venduta ai tedeschi questo patto non
dovrebbe essere firmato solo da Bersani,
Monti e da Vendola ma anche dalla Cgil.
Che è il vero azionista di maggioranza della
società politica rappresentata dal segretario
del Pd. E fino ad ora non sembra proprio
che il maggior sindacato italiano abbia una
qualche intenzione di accettare la politica
economica che dovrebbe essere portata
avanti da Monti. Al contrario, in piena coe-
renza con la linea tenuta dagli anni ‘70 ad
oggi, la Cgil non sembra disposta a cedere
di un millimetro nei confronti di chi chiede
riforme strutturali sul mercato del lavoro,
sulle pensioni, sulla sanità, sulla scuola.
Il governo tedesco, quindi, farebbe bene a
non farsi abbindolare dai nuovi magliari
provenienti dall’Italia. E gli italiani farebbero
ancora meglio a sconfessare e smascherare
chi torna a rappresentarli all’estero come
degli inguaribili imbroglioni.
ARTURO DIACONALE
I Radicali
restano da soli
(...)
Magari in questa campagna elettorale
da
scary movie”
si è visto di tutto e non ci
siamo fatti mancare proprio niente.
Ma ci vuole una bella faccia tosta ad ac-
cusare, ad esempio, Berlusconi di demago-
gia perchè vuole restituire l’Imu agli italiani
e passare le giornate nei talk show televisivi
a fare i conti della serva per dimostrare che
gli intenti dell’avversario politico, anzi del
nemico, sono truffaldini e poi non dire una
mezza parola su quei soldi. Fossi un elettore
romano e nazionale, quale in effetti sono,
prima di dare il voto mi chiederei gli altri
gruppi politici, #tranne i radicali, dove han-
no messo quei soldi e se intendano resti-
tuirli. Anche nella questione morale, così
usata a mo’ di clava da decenni dalla sini-
stra, vale il proverbio latino
primum vivere
deinde philosophari”
.
Laddove
vivere”
si-
gnifica farci sapere cosa combina e non solo
a Roma con i fondi consiliari della regione
Lazio, ma anche a Siena con le generose
mance della Fondazione Montepaschi, la
dirigenza del Pd. Mentre
philosophari”
,
nella fattispecie contingente, sono solo quel-
le chiacchiere di apparente buonsenso, ma
di scarsa onestà intellettuale, con cui ven-
gono inondate le tv.
Fino al momento in cui questo nodo gor-
diano non verrà sciolto, con la spada o con
le mani, ci permettiamo di dubitare delle
buone intenzioni e delle belle parole di que-
stione morale tanto del Pd romano quanto
di quello nazionale. E, per usare le parole
dei Radicali italiani e del loro comunicato
di un paio di giorni orsono, «siamo ancora
in attesa di avere risposte riguardo la resti-
tuzione dei fondi dei gruppi degli altri partiti
al Consiglio Regionale... questa è la diffe-
renza tra il fare trasparenza e l’immaginarla
soltanto, sicuramente una differenza per gli
altri intollerabile». Appunto.
DIMITRI BUFFA
Quel tafazzismo semantico
dell’iperbolico Bersani
Ingroia,BellaCiao
e la terzietà del pm
Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti Civili
Registrazione al Tribunale di Roma n.8/96 del 17/01/’96
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Negli ultimi giorni
il leader del Pd
si è cimentato
in continue, quanto
controproducenti,
iperboli verbali,
nello sforzo esasperato
di stupire ed emergere
Che canti pure il “guatemal-
teco per qualche giorno”, il lea-
der di Rivoluzione Civile, ma ci
faccia almeno una cortesia: con-
verta quella richiesta di aspetta-
tiva in dimissioni irrevocabili.
Qualcuno potrebbe anche de-
finirla questione di decoro (e non
solo istituzionale).
GIANLUCA PERRICONE
K
Antonio INGROIA
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 7 FEBBRAIO 2013
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