II
POLITICA
II
C’è una Corte che chiede allo stato di arretrare
di
FEDERICO PUNZI
ulla di nuovo. Sono anni che
le valutazioni della Corte dei
conti si ripetono uguali a se stesse,
in ogni occasione pubblica o nelle
audizioni davanti alle commissioni
parlamentari. Ma al presidente Lui-
gi Giampaolino e ai suoi collabo-
ratori va comunque riconosciuta la
puntualità e la nitidezza dell’analisi,
a prescindere dal colore politico, o
tecnico, dei governi che si succedo-
no. E quindi, esattamente come an-
ni fa gli allarmi e i suggerimenti
della Corte si scontravano con
l’operato in direzione opposta dei
governi Prodi-Padoa Schioppa pri-
ma, e Berlusconi-Tremonti poi, oggi
si scontrano anche con le politiche
attuate dal governo Monti.
Sia pure restando all’interno dei
suoi confini istituzionali, quello
adottato dalla Corte nel giudicare
l’andamento della finanza pubblica
e dell’economia nazionale, e nel-
l’affrontare i problemi che afflig-
gono le amministrazioni pubbliche,
è un approccio di natura liberale.
Soprattutto, laddove si invita il le-
gislatore a rivedere la spesa pub-
blica non solo in termini di contra-
sto agli sprechi e ai privilegi, quindi
di una sua mera razionalizzazione,
ma anche al fine di ridurre il peri-
metro dell’intervento pubblico; lad-
dove si ammonisce che il fenomeno
della corruzione, proprio perché si-
stemico, non può essere affrontato
solo in termini penali; e laddove
come fattori di crescita si indicano
la riduzione della pressione fiscale
e un programma di effettive dismis-
sioni per abbattere lo stock del de-
bito pubblico. Insomma, il “pro-
gramma elettorale” che la Corte
consegna alle istituzioni e all’opi-
nione pubblica somiglia a quelli di
Berlusconi e di Giannino, a prescin-
dere da ogni valutazione circa la
loro credibilità personale. Persino
sull’idea di un condono fiscale, pur
avvertendo che ha un «effetto pa-
tologico» se si traduce in una sa-
natoria, il procuratore generale Sal-
vatore Nottola ha però
riconosciuto che «ha le sue ragio-
ni», «motivazioni intuitive e fon-
date», come «deflazionare il con-
tenzioso e realizzare introiti in
tempi rapidi». Come più volte ave-
va avvertito, il presidente Giam-
paolino ricorda che l’emergenza fi-
nanziaria, con margini temporali
troppo ristretti per agire sulla spesa
pubblica, ha reso necessario «un ri-
corso ad aumenti del prelievo tri-
butario, forzando una pressione fi-
scale già fuori linea nel confronto
europeo e favorendo le condizioni
per ulteriori effetti recessivi». Ne
deriva «il pericolo di un avvitamen-
to, connesso alla composizione, più
che alle dimensioni, delle manovre
correttive del disavanzo», troppo
squilibrate sul lato delle maggiori
entrate piuttosto che su quello delle
minori spese. Troppe tasse, pochi
tagli alla spesa. Giampaolino ricor-
da quindi di aver insistito sulla «ne-
cessità di puntare sui fattori in gra-
do di favorire la crescita».
Innanzitutto, «la riduzione della
pressione fiscale che grava sulla
economia emersa”, da finanziare
con i maggiori proventi ottenuti
dalla lotta all’evasione fiscale e dal-
la stessa “spending review”, e una
più equa distribuzione del carico
fiscale». Inoltre, «l’effettiva realiz-
N
zazione di un programma mirato
di dismissioni del patrimonio im-
mobiliare e mobiliare pubblico, al
fine di conseguire un consistente
abbattimento dello stock di debi-
to». Due temi su cui il premier
uscente Monti ha perseverato negli
errori dei suoi predecessori. Così
come sul terzo tema: «La pur com-
provata maggiore efficacia delle mi-
sure di contenimento della spesa
pubblica non ha consentito, in pre-
senza di un profilo di flessione del
prodotto, la riduzione dell’inciden-
za delle spese totali sul Pil, che resta
al di sopra dei livelli pre-crisi». La
spesa pubblica, insomma, è stata
efficacemente contenuta ma non ri-
dotta. Per questo, il processo di re-
visione della spesa e di maggiore
efficienza delle strutture ammini-
strative è «da intendere – ribadisce
Giampaolino – anche nel significa-
to più impegnativo e complesso di
ripensamento del perimetro dell’in-
tervento pubblico e delle modalità
di prestazione dei servizi pubblici
in un contesto sociale e demogra-
fico profondamente mutato». Il
che, tradotto, significa che la Corte
suggerisce un ripensamento, con
l’obiettivo di un arretramento, del
ruolo dello Stato.
Anche perché se è vero che la
corruzione è divenuta un «fenome-
no politico-amministrativo-sistemi-
co», che «oltre al prestigio, all’im-
parzialità e al buon andamento,
pregiudica la legittimazione stessa
delle pubbliche amministrazioni e
l’economia della nazione», proprio
per questo «la risposta non può es-
sere di soli puntuali, limitati, inter-
venti – circoscritti, per di più, su
singole norme del codice penale –
ma deve essere articolata ed an-
ch’essa sistemica». Il che significa
che ci vuole ben altro che una legge
anti-corruzione, forse è il caso di
intervenire strutturalmente laddove
la corruzione si annida. Ed è negli
oltre 5 mila organismi privati
(
aziende, consorzi, fondazioni, isti-
tuzioni, società, ecc.) costituiti e
partecipati dagli enti locali, ai quali
è affidata la gestione dei servizi
pubblici locali, e il cui indebita-
mento guarda caso è valutato «in
oltre 34 miliardi», osserva il pg
Nottola nella sua relazione, che
«
vanno di frequente ad annidarsi
fenomeni di corruzione». Ben note
sono le situazioni di «dissesto fi-
nanziario» in cui versano e le
«
condotte illecite che si sostanzia-
no in acquisti poco avveduti, ille-
gittime assunzioni di personale e
di consulenti». «Fra enti parteci-
pati e amministrazioni di riferi-
mento – spiega Nottola – si creano
a volte scambi di utilità, per cui
queste ultime ricorrono, attraverso
i primi, a finanziamenti che non
sarebbero ad esse consentiti men-
tre, col ricorso all’indebitamento,
le società acquistano beni immobili
dell’ente conferente ed effettuano
l’esecuzione di opere pubbliche di
interesse dell’ente locale».
Il pg si limita a raccomandare
che «la materia non sia sottratta,
come oggi avviene, al controllo
della giurisdizione» della Corte dei
conti. Alla quale com’è ovvio non
spetta suggerire al legislatore se la
via debba essere quella di privatiz-
zare la gestione dei servizi, ma cer-
to il dibattito è aperto e investe an-
che il tema della corruzione e della
malapolitica.
Sono ormai anni
che le valutazioni
della Corte dei conti
si ripetono uguali
a se stesse, in ogni
occasione pubblica
o nelle audizioni
davanti alle commissioni
parlamentari.
Ma al presidente
Luigi Giampaolino
e ai suoi collaboratori
va comunque
riconosciuta
la puntualità
e la nitidezza
dell’analisi,
a prescindere
dal colore politico,
o tecnico, dei governi
che si succedono.
E quindi, esattamente
come anni fa gli allarmi
e i suggerimenti
della Corte dei conti
si scontravano
con l’operato
in direzione opposta
dei governi
Prodi-Padoa Schioppa
e Berlusconi-Tremonti,
oggi si scontrano
anche con le politiche
attuate daMonti.
Sia pure restando
all’interno dei suoi
confini istituzionali,
quello adottato
dalla Corte nel giudicare
l’andamento
della finanza pubblica
e dell’economia
nazionale,
e nell’affrontare
i problemi che affliggono
le amministrazioni
pubbliche,
è un approccio
di natura liberale
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 7 FEBBRAIO 2013
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