ome era prevedibile, l’approssimarsi del
voto rende la polemica elettorale più
accesa. Il tema del voto utile irrompe però
in un confronto elettorale ormai più anti-
polare che bipolare. Il voto contro, che ha
tenuto artificialmente in piedi un bipolari-
smo anomalo e posticcio per quasi un ven-
tennio, ora tende naturalmente a disgregarlo
e a preferire destinazioni antipolitiche. In
questo quadro, il voto utile non è più il co-
rollario logico del voto contro. Se infatti gli
italiani fino al 2008 col voto contro gioca-
vano al bipolarismo, oggi giocano all’anti-
politica. La Seconda Repubblica è fallita due
volte. Il bipolarismo non ha guarito, ma cro-
nicizzato i mali della de-
mocrazia italiana, ha reso
più dinamica la competi-
zione politica, ma più
inefficiente, ideologica e
perfino disonesta l’azione
di governo. Ma soprat-
tutto la logica bipolare,
anziché rendere maggio-
ritaria, nel senso pieno
del termine, la democra-
zia italiana, ne ha conso-
lidato la vocazione parti-
colaristica, opportunistica
e parassitaria e la carat-
teristica inclinazione a
usare il governo in funzione del consenso,
e non viceversa, e a spregiare come un vezzo
idealistico” la necessaria e costituzionale
trascendenza della politica dal conto profitti
e perdite dei suoi protagonisti. Il bipolarismo
assistito e forzoso, fondato sull’equivoco
ignorante della “maggioranza chiavi in ma-
C
no”, ha semplicemente segnato il passaggio
dalla partitocrazia consociata a quella al-
ternata e dall’ostilità ideologica all’odio tri-
bale. Qual è dunque il voto utile per rime-
diare a questo fallimento? Non si può
ragionevolmente sostenere che continui ad
essere il voto contro – contro Berlusconi,
contro i comunisti – che è ormai scappato
dalla gabbia bipolare e fa furiosamente raz-
zia di consensi antipolitici. Né si può sperare
che la bestia antipolitica torni ad esibirsi nel
circo bipolare e ad obbedire agli ordini dei
domatori. (...) L’ordine bipolare in Italia non
è mai stato efficiente, ma oggi non è più nep-
pure esistente. I partiti-sistema, Pd e Pdl,
rappresentano meno del-
la metà dei votanti e circa
un terzo degli elettori ita-
liani. (...) Per tenere con
i piedi per terra un Paese
che l’effervescenza eletto-
rale ha rimesso a gambe
all’aria, a scalciare nel
cielo nero della frustra-
zione, a correre appresso
alle promesse delle fattuc-
chiere e a comprare illu-
sioni al mercato degli in-
ganni, il voto utile è il
voto difficile. Il voto a
Monti, il voto a Gianni-
no, perfino il voto a Pannella. Il voto facile,
conforme, corrivo non è invece per niente
utile a ridare una rotta politicamente “vera”
(
giusta, sbagliata, dritta, storta, pazza o sag-
gia) ad un’Italia alla deriva.
CARMELO PALMA
a propaganda elettorale berlusconiana
sostiene che vi sia da tempo un accordo
sottobanco stipulato fra Monti e Bersani al
fine di tentare di governare assieme l’Italia
dopo le elezioni politiche. Mario Monti mi-
rerebbe all’inciucio perché consapevole di
non riuscire ad arrivare primo e forse nem-
meno secondo. Gli ultimi sondaggi effettiva-
mente non promettono una grande afferma-
zione del centro montiano. Bersani andrebbe
incontro ad una probabile vittoria più che
risicata e perciò non potrebbe fare a meno
di un aiutino centrista per mettere in piedi
una maggioranza di governo decente o quasi.
Si sa, nelle campagne elettorali si tende sem-
pre ad ingigantire o smi-
nuire determinati aspetti
con l’obiettivo di nuocere
il più possibile all’avver-
sario, ma in base alle ul-
time mosse e dichiarazioni
sia di Monti che di Bersa-
ni, pare proprio che Ber-
lusconi non abbia poi tut-
ti i torti circa l’ipotesi di
un prossimo pateracchio
fra il centro o centrino di
Mario Monti, Casini e Fi-
ni e la sinistra di Pier Lui-
gi Bersani e forse anche
quella di Vendola. (...) Se
avverrà l’inciucio, qualcuno dovrà perdere
la faccia: o Vendola oppure Monti che pure
sostiene di non apprezzare troppo la sinistra
più ideologizzata la quale rappresenta un
ostacolo alla modernizzazione del paese. Ieri
sono arrivati segnali abbastanza chiari, pur-
troppo. In modi diversi, Bersani e Monti han-
L
no promesso di impegnarsi insieme, dopo il
voto, per le riforme. Visto che le cosiddette
riforme alle quali punterebbe il Pd sono un
qualcosa di sconosciuto e misterioso, l’unica
certezza che emerge davvero è quella del di-
segno di un governicchio di centrosinistra,
anzi, di centrino-sinistra. Il Pd, se vincerà,
non vincerà comunque alla grande. Parliamo
di centrino perché, secondo i sondaggi che,
per carità, non sono infallibili, l’autorevolezza
di Mario Monti si sarebbe un po’ persa per
strada e al massimo si prevede un terzo posto.
Casini non gode più di quella salute che tutto
sommato ha permesso finora all’Udc di ri-
manere egregiamente a galla. Fini conta meno
dei Verdi-Verdi, con tutto
il rispetto per il partito
dell’orsetto. La cosiddetta
salita in politica di Monti
avrebbe avuto senso ed
utilità se il Professore si
fosse posto come elemen-
to centrale capace di
scomporre i due maggiori
schieramenti e di aggre-
gare attorno a sé una va-
sta coalizione riformista
e liberale. Invece, anziché
centrale, ha scelto di di-
venire centrista con Casi-
ni e Fini ed ora fa persino
intendere di essere disposto al pastrocchio
con la sinistra. Tutto ciò per gradi e pur at-
taccando a volte, per finta, anche il partito
di Bersani. Nessuno poi si stupisca o si la-
menti delle rimonte berlusconiane.
ROBERTO PENNA
Il centrino (di sinistra)
e le rimonte del Cav
Anziché centrale,
Monti ha scelto
di diventare centrista
con Casini e Fini
ed ora fa persino
intendere di essere
disposto al pastrocchio
con la sinistra...
Dopo il bipolarismo,
voto utile e voto inutile
L’ordine bipolare non
è mai stato efficiente,
ma oggi non è più
neppure esistente.
I partiti-sistema,
Pd e Pdl, rappresentano
circa un terzo
degli elettori italiani
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GIOVEDÌ 7 FEBBRAIO 2013
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