Pagina 4 - Opinione del 7-8-2012

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II
POLITICA
II
Perché a Roma comandano ancora i comunisti
di
GIUSEPPE MELE
on esponenti postfascisti alla
guida del Campidoglio e della
Regione Lazio sembrerà strano, ma
Roma resta molto condizionata dal-
la forza dell’area comunista, che nel
suo insieme localmente vale il dop-
pio rispetto al dato nazionale. La
destra al vertice ha esasperato que-
sta area estrema che non ha faticato
a farsi seguire in tutta una serie di
eventi dall’ampio arco delle sinistre
capitoline, facendo loro condividere
il giudizio di inaccettabilità sulla si-
tuazione.
Nella guerra di insulti che ne è
seguita, sviluppatasi da un anno in
qua soprattutto sui manifesti, gran
parte dell’area centrista e molti
gruppi liberali hanno finito per con-
dividere la condanna di sinistra, non
fosse che per evitare motivi di pole-
mica strumentale. In questo contesto
il conflitto fisico scoppiato con l’oc-
cupazione dell’aula consiliare capi-
tolina, la relativa distruzione di carte
e l’interruzione del dibattito sulla
vendita del 21% dell’Acea, con ma-
nifestanti fin sotto le scalette d’ac-
cesso, tutti comportamenti messi in
atto dall’opposizione di sinistra,
hanno segnato un punto favorevole
ai violenti. Dalla politica come dalla
magistratura non sono pervenute
solidarietà alla maggioranza, anzi le
sentenze sull’ostruzionismo comu-
nale, come sulle utilities a livello na-
zionale, si sono inserite dopo lo stop
violento, bloccando per il momento
la delibera di vendita.
La sinistra conta sul sistema dei
due pesi. Su Alemanno pesa la spada
di Damocle giudiziaria che alla fine
riuscì a coinvolgere e spingere alle
dimissioni Storace. Finora è riuscito
a non far coinvolgere l’istituzione
da lui rappresentata con parento-
poli, con l’arresto, con famiglia, di
Samuele Piccolo, il consigliere co-
munale più votato, con i doppi la-
vori di due dirigenti Acea, impegnati
a vendere auto a Tor Cervara, e con
la presenza in comune dell’ex com-
ponente della Banda della Magliana,
Maurizio Lattarulo.
Dall’altra parte l’illegalità è un
dato praticato, rivendicato ed im-
C
di una Roma hard to die. Famiglie,
extracomunitari e centri sociali han-
no occupato dovunque e comunque,
tranne, sembra, che nei municipi
XVI, XVIII e XX.
Indagini molto a campione ed
alla carlona dell’istituzione capito-
lina buttano giù facilmente un cen-
tinaio di luoghi, tra i quali non c’è
per esempio il Teatro Volturno oc-
cupato ormai da un decennio, dopo
il fallimento di una società Cecchi
Gori e dove un minitentativo di
sgombero provocò un anno fa im-
mediate assemblee e mobilitazioni.
Il movimento Action, che ha anche
un bel sito web e che ultimamente
ha anche temporaneamente occu-
pato l’ambasciata spagnola in nome
della Rete di solidarietà con Lander
Fernandez, è il più attivo: occupa
via Vittorio Amedeo II (proprietà
del Comune), via Carlo Felice, (Ban-
kitalia) nel I Municipio, l’ex ispet-
torato del lavoro di via de Lollis, via
Decreti nel II municipio, una scuola
media in viale Castrense (Conte Va-
selli) nel IX Municipio, un magaz-
zino Atac in via Lucio Sestio, via Er-
minio Spalla nel X vicino alla sede
del centro culturale Imago. È vero
che ha dovuto cedere allo sgombero
forzato dall’ex ospedale Regina Ele-
na (Regione) di via del Castro Lau-
renziano. Sono però casi rari. Se ne
registra solo un altro, l’ex ambascia-
ta Somala dio via dei Villini, liberata
a vantaggio dei suoi occupanti e del-
le donne che vi passavano vicine più
che alla proprietà, visto il livello di
degrado raggiunto.
Le occupazioni, anche quando
salvifiche dal punto di vista sanita-
rio, scatenano sempre una ridda di
sarcasmi e di difese, solitamente in-
curanti dell’interesse dei più e che si
fanno beffe di istituzioni, incerte nel
loro tentativo di non apparire trop-
po autoritarie. In un patto più o me-
no tacito, l’ampio mondo che vi vi-
ve, ci si appoggia e ci campa
costituisce da un lato un esercito
sempre pronto per adunate, cortei
e manifestazioni, e dall’altro l’alibi
per porre richieste economiche e ri-
catti di ordine pubblico.
Particolarmente divertente è l’ul-
tima vicenda dell’occupazione di se
stessi, avvenuta all’ex Mattatoio di
Testaccio, dove si trova la Città
dell’Altra Economia. Nel linguaggio
proposto, e che necessita di tradu-
zione, di “A sud”, “Comune Info”
e del giornale comunista “Contro
piano.org”, «Le progettualità e le
attività che dal 2007 imprese ed as-
sociazioni hanno realizzato nei locali
della Città dell’Altraeconomia sono
patrimonio di tutta la città». Tradu-
zione: nel 2007 il Comune aveva as-
segnato all’associazione temporanea
di imprese ed associazioni (Ctm Al-
tro Mercato, Pangea/Niente Troppo,
Coin, Agricoltura Nuova e Aiab La-
zio) 270mila euro per la promozio-
ne della Città dell’Altra economia,
cioè per la comunicazione, promo-
zione, diffusione, eventi e coordina-
mento segretariato della Città, (fine
della traduzione). La decisione allora
veltroniana seguiva ad un situazione
confusa tra occupazione e progetti
finanziati spot.
Quando per propagandare po-
sizioni come la decrescita economi-
ca, gli acquisti etnici, i consumi equi
secondo propri criteri, si ha bisogno
di fondi e luoghi pubblici, fonda-
mentalmente si chiede di finanziare
la politica. Cosa che non si fa per
tutti, ma per sé, soprattutto poi se
la politica coincide strettamente con
uno stile di vita. Gli ambientalisti
sono riusciti a forza di campagne
sul lardo di Colonnata e sugli Ogm
a promuovere il biologico, che è en-
trato nei supermarket, come frutta
e verdura di lusso. Una volta trovata
una sostenibilità economica, nulla
di male. Anche il medio acquirente
i primi giorni del mese, quando è in
quattrini, se vuole compra una me-
lanzana a 4 euro, per poi tornare a
verdure più normali gli altri giorni.
Invece per loro ammissione, questi
altri economisti senza i soldi di tutti
erano addirittura costretti al volon-
tariato, il che sarebbe già prova del
fallimento di questa diversa econo-
mia.
Facilmente nascono gli screzi.
L’associazione Aiab Lazio accusata
di intascare e basta, e Agricoltura
Nuova di pensare solo agli incassi
della mensa. I puristi lamentano che
gli altri siano traditori, fissati con il
profitto, insomma “in orbita Lega-
coop”.
Siamo ai nostri giorni. La temuta
e antidemocratica nuova ammini-
strazione non chiude la Città ma in-
dice una gara, che viene vinta solo
dai coopisti. Come hanno fatto a
vincere? Ci informa l’attenta infor-
mazione com-anticap. «Facile, pro-
mettendo ad Integra, cooperativa
della destra rampelliana il 30% della
partecipazione nella gestione degli
spazi, in una logica di scambio clien-
telare e consociativo». Di fronte «al-
lo scempio» i già assegnatari degli
spazi dell’ex mercato (peraltro otti-
mamente collocato rispetto alla mo-
vida romana), non perdono tempo
e si auto occupano. Quando i nuovi
assegnatari con «una presunta let-
tera di assegnazione del Comune»
si presentano alla Vitellara (presso
la Sovrintendenza ai Beni Culturali)
rivivono Novecento di Bertolucci e
cacciano “i fascisti”. Si forma subito
un Comitato di sostegno alla Città
dell’Altra Economia, con cittadini
(possiamo immaginare quali), che
accorrono numerosi. Ovviamente la
nuova gestione, costituita pratica-
mente dagli stessi, non potrà che es-
sere, secondo gli agit.prop, specula-
tiva, motivata dalla perfida volontà
di «di affossare e disperdere un’espe-
rienza nata per promuovere l’eco-
nomia solidale».
Uscendo da queste farneticazioni,
è facile accorgersi che l’economia
solidale significa diseconomia pagata
da altri. Significa surrettizio finan-
ziamento alla politica, peraltro figlio
del ricatto dell’occupazione e del-
l’abusivismo culturale. Moltissimi
sono i settori puntellati dalle tasse,
dai giornali, al welfare alla forma-
zione ma coincidono con interi set-
tori economici e mantengono una
quota maggioritaria di effettivo va-
lore economico.
Integra opera soprattutto nel set-
tore dell’immigrazione ed appartiene
al mondo cattolico e della Cisl. Con
la destra c’entra poco. Se il sindaco
Alemanno non avesse fatto queste
gare, che finiscono per costare mez-
zo milione l’una, avrebbe pensato
di compromettere una politica co-
munitaria e sociale del territorio, pa-
role molto in voga nell’entourage
capitolino. Da sinistra sarebbe stato
accusato comunque di ogni male
possibile. Eppure se non le avesse
fatte, se avesse chiuso tutte le città
del sole, avrebbe liberato la comu-
nità ed il sociale da costi e pesi pe-
santi. Inseguire sui temi dell’equo
consumo, del chilometro zero, del-
l’altra cultura non paga.
Se ha colpa l’amministrazione,
come d’altra parte spesso l’area di
riferimento, è proprio quella di non
essere capace di accettare lo scontro
intellettuale, di mandare messi e vi-
gili ad informare quanto costa da
mille punti di vista l’abusivismo,
l’occupazione, l’uso diretto ed indi-
retto dei soldi pubblici. Facile ricor-
dare dei 10 milioni finiti a chiudere
la pratica Casa Pound, che peraltro
ha continuato ad attaccare il Cam-
pidoglio. Eppure, è preferibile rega-
lare o distruggere un fabbricato,
piuttosto che proseguire a vita con
i costi di manutenzione e di forni-
tura. Non si vede ancora l’inversione
di tendenza necessaria. Anzi, la tes-
sera del tifoso stracciata dalla Can-
cellieri ribadisce che ad U non vuole
girare nessuno, nemmeno il governo
dei prefetti.
Sfrattata dal voto
in quasi tutte
le istituzioni, l’area
comunista
non ha trovato solo
rifugio presso
gli assessorati della
Provincia, ma anche
in un suo mondo
alternativo. Il Teatro
Valle occupato ormai
da un anno, a forza
di 15 euro a spettacolo,
esentasse
ed esencontributi,
con il sostegno
di strutture culturali
pubbliche di altre regioni
è l’ultimo esempio
punito. Sfrattata dal voto in quasi
tutte le istituzioni, l’area comunista
non ha trovato solo rifugio presso
gli assessorati della Provincia, ma
anche in un suo mondo alternativo
che celebra un’altra economia, un’al-
tra vita, un’altra cultura ed un’altra
arte. Pagato sempre dai soliti soldi.
Il Teatro Valle occupato ormai da
un anno, a forza di 15 euro a spet-
tacolo, esentasse ed esencontributi,
con il sostegno di strutture culturali
pubbliche di altre regioni è l’ultimo
esempio, il fiore all’occhiello di un
mondo che deve essere mantenuto
da tutti che lo vogliano o no. Il tea-
tro degli orrori e delle burocrazie,
paradossale ed inconsciamente au-
tobiografico titolo della sua nuova
stagione, è sbocciato sul mondo del-
la più impressionante concentrazio-
ne (accanto a quella uguale e con-
traria delle forze dell’ordine) di
centri, luoghi e case occupate, vanto
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 7 AGOSTO 2012
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