Pagina 4 - Opinione del 07-9-2012

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pegni il computer, metti il casco, allaccia
la cintura, non bere bibite zuccherate. E
mi raccomando: niente hamburger. Di mam-
ma ce n’è una sola e quando ci si mette anche
lo stato non va. Le regole di convivenza civile
favoriscono il vivere insieme, ma se la politica
entra nella vita di tutti i giorni, imponendo
abitudini e passatempi, allora è giusto difen-
dersi. Lo stato salutista nuoce gravemente al
paese. Non bastavano le proposte di tassare
il
junk food
, il cibo spazzatura. L’Ue torna
alla carica, in particolare la Direzione Gene-
rale Salute della Commissione Europea, con
una proposta che farebbe rabbrividire chiun-
que abbia a cuore il diritto al libero arbitrio.
Inteso non necessariamente in senso religioso.
Quello in discussione ora a Bruxelles è un
provvedimento che vuole modificare la di-
rettiva 2001/37/Ce sulla lavorazione, presen-
tazione e vendita dei prodotti del tabacco. E
migliaia di tabaccai europei sono pronti ad
insorgere.
I commissari intendono introdurre quat-
tro novità: rendere tutte le sigarette uguali
per sapore e gusto. Vietare l’esposizione dei
tabaccai. Imporre alle case produttrici una
confezione senza marchio e logo. Stampare
immagini shock sui pacchetti. Il fumo uccide.
È una certezza, ma ci ritroviamo puntual-
mente a dibattere su questo tema: eppur si
fuma.
Si esprime a favore la senatrice Emanuela
Baio Dossi: «la politica deve favorire un cor-
retto stile di vita e le sanzioni che verranno
introdotte in questo ambito con il decreto
Balduzzi lo testimoniano». «Non sono questi
gli strumenti con cui combattere il tabagi-
smo», replica Giovanni Rizzo, presidente na-
S
zionale della Federazione italiana tabaccai.
Rizzo parla di misure demagogiche che non
ridurranno le vendite delle sigarette. Anzi an-
dranno ad ingrossare il mercato nero di que-
sti prodotti, con il rischio di rilanciare in tutto
il continente un contrabbando che all’Ue già
costa 10 miliardi di euro ogni anno. «Gli ef-
fetti di queste misure sconsiderate saranno
devastanti sulla rete di vendita controllata,
a chiaro vantaggio della criminalità organiz-
zata». L’obiettivo dichiarato dalle istituzioni
comunitarie è ridurre i consumi di tabacco
dello 0,5% in venti anni. Molto poco.
«Obiettivi ben più ambiziosi sono stati rag-
giunti con politiche di informazione ed edu-
cazione agli stili di vita». Danni si prospet-
tano nel settore produttivo. Di tabacco si
vive, ricorda Paolo De Castro, presidente del-
la Commissione agricoltura e sviluppo rurale
del Parlamento europeo: «Lo dimostrano le
50mila imprese agricole che solo in Italia si
occupano di questa produzione. Iniziative
come questa non risolvono il problema. Fu-
mare fa male, ma i cittadini vanno educati
in altri modi, nelle scuole e in famiglia. Basti
guardare cosa accade negli Usa e nelle farm
della Kentucky Belt».
In questo modo, invece, si mette in ginoc-
chio tutta la filiera, falsando la concorrenza
e favorendo l’ingresso delle materie prime da
altre parti del mondo. L’Europa che dice di
essere vicina alle piccole imprese rischia di
trasformarsi di un super-stato che interviene
in modo invasivo sulle scelte individuali.
L’opinione contraria della maggioranza non
conta più. Lo stato prende tutto. Ultimo de-
siderio?
MICHELE DI LOLLO
II
ATTUALITÀ
II
Come si esce dall’euro?Non chiedetelo all’Europa
di
LUCA PAUTASSO
uro o non euro? Questo è il pro-
blema. Specie quando nemmeno
i diretti rappresentanti delle più im-
portanti istituzioni europee dimo-
strano di saper conoscere a fondo i
meccanismi che, almeno in teoria,
dovrebbero regolare e governare la
moneta unica.
Qualche esempio? Secondo il go-
vernatore della Banca Centrale Eu-
ropea, Mario Draghi, l’ingresso di
un paese nella moneta unica sarebbe
un atto irreversibile. Il presidente
dell’Eurogruppo, Jean-Claude Jun-
cker, definisce invece tecnicamente
possibile un’ipotesi di uscita dall’eu-
ro. Ma, come se non bastasse la
confusione, ci si mette anche la
Commissione europea, che parla
nientepopodimenoche di irrevoca-
bilità dell’euro, citando (a spropo-
sito) l’articolo 140, paragrafo 3, del
Tfue, il Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea. Peccato che
questo famoso articolo faccia rife-
rimento solamente alla «fissazione
irrevocabile del tasso al quale l’euro
subentra alla moneta di uno Stato
membro». Il che significa semplice-
mente che per gli italiani un euro
varrà sempre 1.936,27 lire, il tasso
di cambio al quale il nostro paese
ha fatto il suo ingresso nella moneta
europea, non certo che sia vietato
abbandonarla. Di fatto, del se e del
come un paese utilizzatore della mo-
neta unica possa uscire dall’euro per
tornare al vecchio conio, non se ne
parla da nessuna parte, in nessun
trattato. Niente, nisba, nada.
E
«A questo punto, credo che l’Ue
debba prendersi le sue responsabilità
e ammettere che l’attuale crisi eco-
nomica altro non è che lo specchio
del fallimento della sua stessa storia,
e dei suoi trattati, che fanno acqua
da tutte le parti». A dirlo è l’euro-
deputato della Lega Nord Claudio
Morganti, che da mesi sta condu-
cendo una vera e propria crociata
tra le istituzioni del Vecchio Conti-
nente per colmare quello che appare
a tutti gli effetti un vuoto normativo
di portata mostruosa. E si è messo
a fare come gli inviati de
Le Iene
,
quelli che si appostano all’uscita di
Montecitorio e Palazzo Madama
per prendere in castagna i parlamen-
tari meno preparati e più propensi
agli strafalcioni istituzionali. Solo
che questo non è un programma sa-
tirico da prima serata, ma il (triste)
stato dell’arte su quanto la confu-
sione regni sovrana quando si parla
di euro.
Ma andiamo con ordine. Ad
aprile Morganti interroga la Com-
missione Europea sul perché l’ipotesi
di uscita dall’euro non venga con-
templata dai trattati di adesione. «I
trattati europei – spiega l’europar-
lamentare del Carroccio - prevedono
che gli Stati membri possano uscire
dall’Unione, ma non specificano nul-
la in merito alla possibilità che un
paese Ue abbandoni la moneta uni-
ca». Passano i mesi, poi arriva final-
mente la risposta. Delirante, raffaz-
zonata,
quasi
stizzita:
«L’irrevocabilità dell’adesione alla
zona euro è parte integrante del trat-
tato e la Commissione, in qualità di
custode dei trattati dell’Ue, intende
rispettare pienamente questo prin-
cipio». L’europarlamentare del Car-
roccio rimane di sasso, e decide di
presentare un’altra interrogazione
urgente alla Commissione, chieden-
do «dove si faccia riferimento a tale
irrevocabilità», e andando oltre:
«Cosa accadrebbe – domanda - se
uno dei paesi dell’Eurozona deci-
desse di uscire dall’Ue, secondo l’ar-
ticolo 50 del Trattato sull’Unione
europea? Sarebbe comunque co-
stretto a mantenere l’euro, pur non
facendo più parte dell’Unione?».
Stavolta gli risponde direttamen-
te il vicepresidente della Commis-
sione Europea, Olli Rehn: «L’irre-
vocabilità della partecipazione
all’area dell’euro è parte integrante
dei trattati ed è sancita dall’articolo
140, paragrafo 3, del Tfue. I trattati
non indicano alcuna procedura di
abbandono dell’euro. Viste queste
premesse, l’adozione della moneta
unica va intesa come una decisione
irrevocabile. Nella sua veste di cu-
stode dei trattati, la Commissione
rispetta appieno tale principio e non
ipotizza pertanto scenari in cui è
messa in dubbio l’adesione all’area
dell’euro. Se uno Stato membro
dell’area dell’euro decidesse di uscire
dall’Unione europea in virtù delle
disposizioni dell’articolo 50 del Trat-
tato sull’Unione Europea - prosegue
Rehn - porrebbe termine anche alla
partecipazione alla moneta unica».
Finalmente una risposta esaustiva e
completa, verrebbe da pensare. E in-
vece no, perché il vicepresidente del-
la Commissione europea prende luc-
ciole per lanterne. Il famoso articolo
140/3,
repetita juvant
, dice sempli-
cemente che «...il Consiglio, delibe-
rando all’unanimità degli Stati mem-
bri la cui moneta è l’euro e dello
Stato membro in questione, su pro-
posta della Commissione e previa
consultazione della Banca centrale
europea, fissa irrevocabilmente il
tasso al quale l’euro subentra alla
moneta dello Stato membro in que-
stione e prende le altre misure ne-
cessarie per l’introduzione dell’euro
come moneta unica nello Stato
membro interessato». Insomma,
l’unica cosa irrevocabile, come ripe-
tuto più volte, è il tasso di cambio
tra l’euro e la moneta originaria del-
lo stato aderente. Null’altro.
«Perlomeno Draghi - commenta
uno sconsolatissimo, e anche un po’
infastidito Claudio Morganti - non
si è appellato ad articoli dei trattati
che non hanno alcuna attinenza con
l’irreversibilità della moneta unica,
dichiarando invece che “i trattati
non dicono quello che uno Stato
può o non può fare”, e che a lui
“non interessa speculare su ciò che
essi dicono o non dicono”».
«Rehn, al contrario - prosegue
l’eurodeputato leghista- non solo
non ha risposto alla mia domanda,
ma ha formulato risposte vaghe ed
imprecise. Dalle sue affermazioni -
dice Morganti - si deduce che, se
uno Stato membro decidesse di usci-
re dall’Eurozona, dovrebbe recedere
necessariamente anche dall’Unione.
Un meccanismo che testimonia
l’oscurità dei trattati europei e la
scarsa democraticità di questa za-
vorra che presto ci porterà tutti alla
deriva».
La morale? Per capire davvero
come funzioni l’uscita dall’euro oc-
corre domandare a tutti fuorché a
quelli che lo hanno inventato. Ed è
esattamente ciò che ha fatto nel
2011 Simon Wolfson, barone di
Aspley Guise, che dalla Gran Bre-
tagna (ironia della sorte, fuori dal-
l’Eurozona) ha messo in palio
250mila sterline per chi avesse sco-
vato opzioni praticabili per mollare
la moneta unica. Il risultato? Uscire
si può, ma non conviene. Perché
l’euro è, di fatto, una strada senza
ritorno. Una specie di contratto ca-
pestro, nel quale decidere di chia-
marsi fuori rischia seriamente di co-
stare molto di più che non sorbirsi
tutte le ricadute (economicamente
devastanti) del restarci dentro.
Lo stato gioca al dottore
ma l’economia piange
LaRai si sposta a sinistra
Mineoassopigliatutto
l controllo generale della Tv pubblica mano
a un solo uomo? Sembra questa la filosofia
del vertice di viale Mazzini, Anna Maria Ta-
rantola e Luigi Gubitosi. A quest’ultimo l’ul-
tima parola in materia di incassi pubblicitari
(silurato Aldo Reali per gli scarsi risultati del-
la Sipra, sostituito dall’ex direttore generale
Lorenza Lei) e di quei tralicci di trasmissione
di RaiWay che un tempo l’ex presidente Rai,
Roberto Zaccaria, voleva vendere agli ame-
ricani. La seconda mossa decisa quasi all’una-
nimità dal Cda (contrario Verre) riguarda
l’accorpamento di
Televideo
a
Rainews24
sotto la guida di Corradino Mineo direttore
della testata all news dal 2006. Giornalista
spiccatamente di sinistra anche per sua am-
missione, Mineo, ha 62 anni, è nato in Sicilia,
cresciuto in Piemonte dove iniziò l’attività
giornalistica al Manifesto per passare al Tg
regionale a Torino ed è stato chiamato infine
a Roma da Sandro Curzi nel 1987 per diri-
gere la redazione politica. I famosi editoriali
del direttore di Telekabul erano in realtà scrit-
ti da Corradino Mineo, ai quali Curzi ag-
giungeva qualche suggerimento del giovane
Walter Veltroni che telefonava in redazione
tutte le mattine nell’ora del sommario.
Due strutture articolate, complesse, con
grandi mezzi e dispiego di uomini in grado
di condizionare sia lo sviluppo economico
dell’azienda (il cui bilancio è pieno di buchi)
sia l’informazione che soffre la concorrenza
dei canali Mediaset e di Sky. Ringraziato Fa-
brizio Del Noce per il lavoro svolto in questi
ultimi anni, nuovo direttore di Rai Fiction
diventa l’attuale capostruttura Eleonora An-
dreatta, figlia dell’ex ministro democristiano
Beniamino. Una struttura che manovra 200
I
milioni di euro l’anno. Il presidente della Si-
pra Roberto Sergio passa a RaiWay per di-
ventare direttore delle relazioni esterne con
l’uscita, per pensionamento, di Guido Paglia.
I passi successivi dovrebbero riguardare entro
Natale il
Tg1
attualmente diretto dal pen-
sionato Alberto Maccari e Rai2. Natural-
mente il
Tg3
di Bianca Berlinguer nessuno
osa toccarlo, con punto di forza Ballarò con-
dotto da Giovanni Floris all’undicesimo anno
di vita. Non si muove solo la Rai. A
La7
è
già tornato in onda Gad Lerner con l’Infedele
affiancato da Gianluigi Nuzzi dopo la chiu-
sura degli Intoccabili che si occuperà anche
d’ inchieste giudiziarie (scandalo Vaticano,
trattativa stato-mafia con Violante in studio).
Con una forte raccolta pubblicitaria il diret-
tore della rete, l’ex
Rai3
Paolo Ruffini, sta
organizzando la scesa in campo del suo ami-
co e compagno Michele Santoro la cui tra-
smissione politica è preceduta per due mesi
da Formigli con Piazza Pulita, alternandosi
poi ogni due mesi per tutto l’anno. Mediaset
da parte sua risponde con il rinnovo del set-
tore d’approfondimento di
Canale5
tornato
sotto la guida del direttore Clemente Mimun
(al posto di
Matrix
due nuovi appuntamenti
e un rotocalco di seconda serata) e con la
trasformazione di
Rete4
dopo l’uscita di Emi-
lio Fede più attenta all’attualità. Sono partiti
il nuovo
Tg4
delle 14 e in prima serata
Quin-
ta Colonna
condotto dall’economista Paolo
del Debbio che ha ottenuto subito ottimi ri-
sultati battendo sia Mentana che Lerner. In
seguito si aggiungeranno
Quarto Grad
o di
Silvio Sottile e da ottobre
Terra
di Toni Ca-
puozzo.
SERGIO MENICUCCI
K
Olli Rehn
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 7 SETTEMBRE 2012
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