di
RUGGIERO CAPONE
er Guido Crosetto del Pdl «le
segreterie dei partiti si svuota-
no... le primarie sono un fatto me-
diatico nel Pd come da noi». Intan-
to l’ufficio di presidenza del Pdl,
che dovrà ufficializzare le regole
per le primarie, dovrebbe riunirsi
giovedì alle 12.
Ma sia nel Pd che nel Pdl le pri-
marie vengono vissute con gran fa-
tica, come una scocciatura, dai ver-
tici. I due maggiori partiti si
dimostrano sempre più blindati,
per nulla desiderosi di veder entrare
nuova gente in politica. La risposta
a questo atteggiamento si manifesta
con la nascita di nuove sigle, col
voto di protesta e con l’astensione.
Anche Udc, Fli, Api ed Idv si stan-
no dimostrando dei partiti chiusi,
con le segreterie che lavorano ala-
cremente alla dissuasione verso
l’entrata di volti nuovi in politica.
Emerge che i partiti sono anco-
ra saldamente in mano ai leader,
per nulla turbati dall’astensione o
dal voto di protesta. Ma i vari ran-
ghi intermedi mordono il freno, so-
prattutto insidiano la poltrona dei
leader: quindi promettono all’uo-
mo di strada che le primarie po-
trebbero cambiare la storia politica
italiana. I sondaggi dimostrano che
sempre meno gente si dimostra en-
tusiasta dei rottamatori del Pd co-
me dei formattatori del Pdl.
P
«
Le primarie stanno prendendo
forma. Con il contributo di tutti e
nonostante alcuni esponenti della
vecchia nomenklatura che quo-
tidianamente sbandierano lo spau-
racchio dei pochi fondi a disposi-
zione - dice Alessandro Cattaneo
(
candidato alle primarie, leader dei
formattatori e del movimento dei
sindaci del Pdl “L’Italia chiamò”).
Dietro alla questione dei soldi non
ci sarà per caso la paura del giudi-
zio dei cittadini? Se c’é una cosa
positiva da salvare nell’esperienza
del Movimento di Grillo è che si
possono fare campagne elettorali,
consultazioni tra cittadini, con costi
bassissimi. Basta volerlo. Noi non
abbiamo a disposizione ingenti
somme da spendere né tanto meno
-
continua Cattaneo - possiamo
permetterci di acquistare spazi elet-
torali in tutte le città. Il nostro te-
soretto è l’esperienza maturata sul
campo e l’affidabilità dimostrata
negli anni come amministratori al
servizio dei cittadini. Ci sono cose
che neanche Mastercard può ac-
quistare. Tra queste la credibilità».
Le parole di Cattaneo convincono
poco, soprattutto sono viste dal-
l’uomo di strada come foriere d’un
avvicendamento non destinato a
cambiare le sorti politiche del Pdl.
Del resto la bozza delle primarie
prevede che «per essere ammessi
alle primarie, i candidati devono
depositare entro le 24 del 19 no-
vembre 2012 10.000 firme. In cia-
scuna Regione non possono essere
raccolte più di 2000 firme». La
consultazione popolare si terrà il
16
dicembre e si potrà votare dalle
8
alle 22. «I seggi - si legge nel testo
-
possono essere istituiti presso le
sedi municipali, le sedi del Pdl, le
Istituzioni dei vari livelli territoriali,
associazioni culturali e ricreative,
postazioni provvisorie, studi, uffici
o esercizi commerciali». È evidente
che, un giovane di buone speranze
non potrebbe nemmeno lontana-
mente sperare d’entrare in una
competizione già in partenza pre-
clusa ai più. «Se si pensa che le pri-
marie debbano essere uno scontro
personalistico, siamo destinati a ca-
dere nel ridicolo, io non sono inte-
ressato» ha detto Gianni Alemanno
(
Sindaco di Roma Gianni) in me-
rito alle primarie del Pdl.
«
Ho posto ad Alfano, a cui va
il mio sostegno, delle questioni e
mi auguro di avere presto delle ri-
sposte. Altrimenti le nostre idee do-
vranno prendere forme diverse. Se
con Alfano convergeremo su una
proposta di idee, di progettualità,
di contenuti e di prospettive per il
futuro che coinvolgano i nostri
elettori, uno per uno, in un percor-
so che faccia riemergere l’entusia-
smo, la credibilità e le energie per
dare risposte concrete alla gente, le
primarie non potranno che essere
un bene».
II
POLITICA
II
Primarie a rischio astensione
Il caveat di GianniAlemanno
Piano cartesiano
per il centrodestra
l Pdl dei prossimi mesi ruoterà
intorno a due questioni, entram-
be tratteggiate su un tovagliolo or-
mai affisso sul muro di un’enoteca
di Montecatini.
Quel pezzo di stoffa è la strate-
gia di Berlusconi. Il Cav prende una
penna e traccia due linee perpendi-
colari: ascisse e ordinate. È il gra-
fico della vittoria. E ciò che interes-
sa di più è l’intersezione tra due
estremi: pulito e nuovo.
Il rinnovamento passa da questi
punti, così come la sorte del cen-
trodestra. Agli schemi per le pros-
sime elezioni è legato il Popolo del-
la Libertà che si prepara alle
primarie. Questo è il primo punto,
il nuovo. L’establishment del par-
tito, dopo aver concordato le regole
attorno a un tavolo inizia a distor-
cere quanto deciso. Voci divergenti
nello schieramento contestano con
toni diversi quanto deciso, mentre
viene messo in discussione addirit-
tura il giorno prestabilito per la vo-
tazione. Si parla di uno slittamento
al 21 gennaio, ma è ancora tutto
da chiarire. Angelino Alfano fa sa-
pere che entro giovedì sarà tutto
deciso. In un video su YouTube ri-
conosce massima fiducia nei suoi
colleghi di partito: «Siano i miei
competitori a scrivere le regole». E
chiede che vengano rispettati tre
principi. Il carattere maggioritario
della votazione, un minimo di sup-
porto nel Paese per ogni candida-
I
tura e che la partecipazione sia a
portata di tutti. Come dire: a costi
contenuti.
Saranno primarie chiuse a livel-
lo partitico e aperte a tutti i citta-
dini che vorranno recarsi alle urne.
Ma questo è un elemento che non
è stato mai messo in discussione.
Ci si chiede, tuttavia, se gli elettori
risponderanno alla chiamata. Se
crederanno nel rinnovamento. C’è
chi teme il flop, chi contesta il nu-
mero delle firme – «Meglio ridurle.
Si risparmierebbero tempo e risor-
se», afferma La Russa - chi sospetta
che dalle primarie uscirà un Pdl an-
cora più diviso. È di quest’opinione
Guido Crosetto: «Sarebbe impor-
tante costruire un partito serio di
centrodestra, che vuol dire andare
al di là di quello che è successo ne-
gli ultimi vent’anni». Dichiara che
la società vorrebbe un centrodestra
autorevole che possa rappresentare
chi non si riconosce nel centrosi-
nistra. «È per questo che le prima-
rie vanno fatte». Alessandro Cat-
taneo è d’accordo con questa
visione: «Il Pdl si può salvare solo
attraverso le primarie». Bisogna
farle bene. Ricorda che chi conti-
nua a montare ad hoc dubbi e
iperbolici scenari per scongiurare
il confronto con i cittadini lo fa per
secondi fini. Il leader dei Format-
tatori rappresenta il nuovo e anche
il pulito. Il resto è algebra.
MICHELE DI LOLLO
Renzi sogna il 40%
Ma conquali voti?
uaranta percento. È la quota
preferita da Pupo Renzi. È il
numero cui il sindaco fiorentino
anela, reclama, pubblicizza, strilla.
Con me il Pd al 40%!”.
Pd o centrosinistra complessi-
vamente inteso, a Renzi importa
poco. L’essenziale è alzare l’asti-
cella, urlare quaranta a destra e a
manca, come se il solo invocarlo
poi faccia sì che accada davvero.
Renzi è fan delle profezie che si
autoavverano, come Robert Mer-
ton e William Thomas, che aval-
lerebbero a pieno titolo i proclami
del sindaco toscano.
Va bene, allora si parta da que-
sto benedetto quaranta percento.
Diciamo subito che un 40% al solo
Pd sembra un dato sovrastimato e
che questa cifra sembra più essere
la sommatoria di almeno due par-
titi, forse tre. E poi quali partiti? La
presenza di Renzi è ingombrante,
lo ha capito tutto il Partito Demo-
cratico, lo sa Bersani e lo sa bene
Vendola, che ha teso più volte la
mano all’attuale segretario nella co-
mune lotta al pericolo renziano.
Con Renzi candidato premier,
quale centrosinistra si formerebbe?
E soprattutto quali sarebbero le
preferenze del sindaco di Firenze?
E chi, tra i partiti dell’eventuale cen-
trosinistra, sopporterebbe la pre-
senza di Renzi? Si consideri un rap-
porto Pd-Udc: il travaso di elettori
dal Pd verso sinistra (a vantaggio
Q
di Vendola in particolare) potrebbe
indebolire proprio un eventuale
Renzi premier, costretto a trovare
voti nell’area centrista. A quel pun-
to, o riesce la prova di pescare al
centro, oppure il 40% è lontano.
Con Sel invece alleata al Pd,
l’Udc potrebbe allontanarsi in mo-
do definitivo, ma Renzi e Vendola
hanno dimostrato di essere due gal-
li che mal condividono lo stesso
pollaio. E a quel punto interverreb-
be anche la Federazione della Sini-
stra, che vorrebbe rientrare nel gio-
co spostando ancora più il
baricentro verso le estreme.
Uno scenario invivibile per
Renzi, possibile per Bersani, ma
solo se la sua leadership si confer-
masse come tanto forte da tenere
a bada i partiti a sinistra. Per in-
ciso, una coalizione del genere rin-
salderebbe le sinistre italiane, ma
porterebbe, stime alla mano, a po-
co più del 35%.
Non sembra esserci via di scam-
po: questo 40% non s’ha da fare,
né ora, né mai, a meno di una in-
credibile salita nei sondaggi da par-
te del Pd, cosa però difficile dopo
le primarie, quando i sogni dovran-
no diventare dura realtà e il candi-
dato premier in pectore dovrà fi-
nalmente svelare le sue linee guida
per il futuro. Quel dibattito che, fi-
no ad ora, è stata la più dolente ed
assente nota in casa democratica.
ENRICO STRINA
ice un noto proverbio: «Tanti
grilli a cantà, nun se fa mai
giorno!». Prosegue così la lunga
notte della Seconda repubblica, con
comici-attori a caccia di potere as-
soluto e partiti rovinati dalla slavina
siciliana che cercano conforto nelle
primarie, senza prima rielaborare
uno straccio di riforma della legge
elettorale. Tanto appare chiaro che
il “Generale Inverno” della politica
italiana sarà l’astensionismo. E que-
sto per molti, buoni motivi.
Il primo, è il mancato svecchia-
mento della mentalità politica pre-
valente, imbevuta di mitici slogan
come l’Europa, l’euro, la globaliz-
zazione, la competitività, che non
hanno mai avuto un compiuto sen-
so programmatico, rappresentando,
piuttosto, un richiamo atavico a di-
fendere scontate rendite di posizio-
ne. Di tutti quei miti noi siamo stati
vittime consapevoli.
Ciampi e Prodi hanno decimato
il potere di acquisto del 95% delle
famiglie italiane, accettando il cam-
bio-capestro imposto dalla Germa-
nia all’Italia. L’Europa ha accentua-
to lo squilibrio italiano tra
Mezzogiorno e resto del paese, de-
sertificando l’agricoltura italiana
per sussidiare pesantemente quella
francese e tedesca. Nel rispetto delle
famigerate quote, i nostri allevatori
hanno dovuto sversare un mare di
latte nei terreni all’aperto, mentre
gli agricoltori sono stati obbligati
D
a spiantare molte migliaia di ettari
coltivati ad agrumeto, mandando
al macero milioni di tonnellate di
prodotto maturo. Per non parlare,
poi, dei costi terribili dell’Eurobu-
rocrazia, che ci ha inondati con i
suoi regolamenti assurdi, frutto di
snervanti negoziazioni, prima tra
nove, poi 12 e, in ultimo, 27 buro-
crazie nazionali.
Non capendo nulla delle conse-
guenze, abbiamo aperto con entu-
siasmo alla globalizzazione e alla
libera circolazione dei lavoratori
dell’Est, cittadini dei paesi neoco-
munitari. Con il bel risultato che,
in base ai Trattati, molte Aziende
hanno dislocato i loro impianti pro-
duttivi nei paesi europei dell’ex
Cortina di Ferro.
Altro grande mito, quello del ri-
lancio della produttività e, quindi,
dell’occupazione (quella giovanile,
in primis), senza tener conto del
semplice insegnamento che ci viene,
tra gli altri, da Giovanni Sartori.
Ovvero: in regime di globalizzazio-
ne, la creazione di posti di lavoro
corrisponde a una sorta di sistema
di vasi comunicanti. Se si crea un
vuoto (decrescita occupazionale) da
una parte - l’Occidente -, lo si col-
ma da quella opposta - il continente
asiatico, India compresa - che ha
costi pari a un decimo, circa, di
quelli occidentali, a parità di tecno-
logia.
Quindi, la politica, scegliendo di
aprire i mercati italiani alla globa-
lizzazione, ha favorito l’invasione
delle merci cinesi (bassa qualità e
prezzi stracciati), che hanno lette-
ralmente distrutto l’industria tessile
italiana, con la conseguente perdita
di decine di migliaia di posti di la-
voro qualificati. E, ovviamente, il
danno è irreversibile: per far tornare
i telai a Prato, gli italiani dovrebbe-
ro lavorare più dei loro omologhi
cinesi a salari più bassi. Di fatto,
un’utopia. Intanto, il Grillo cantante
per eccellenza, predica il diluvio uni-
versale dai pulpiti mediatici, com-
portandosi come il più classico dei
vecchi politici Dc, chiamando co-
mizi a pioggia, nei territori che van-
no a elezioni amministrative.
Padrone dell’immagine e della
sua esibizione, Grillo è l’anti-talk
show, perché se parlano solo gli al-
tri, allora non possono essere che
questi ultimi a sbagliare. Anche il
paradosso dell’Antipolitica è una
prelibatezza a 5 Stelle: fa comodo
alla politica e ai vari cani sciolti
(
Renzi compreso), per raccogliere
qualche frammento del centro-de-
stra e coagulare il consenso degli
scontenti di ogni colore.
E l’interesse nazionale, dove sta
in tutto questo? Ovvio, nel paese
dei Balocchi dei tanti Pinocchi e
Mangiafuoco, che rivendicano un
poltrona nei salotti di Vespa, Lerner
e Bonolis. Amen.
MAURIZIO BONANNI
L’illusione dell’Europa unita
fa emergere miti come Grillo
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 7 NOVEMBRE 2012
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