Direttore ARTURO DIACONALE
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Venerdì 8 Febbraio 2013
delle Libertà
SuVendola il clamorosoautogol diMonti eBersani
on è un nuovo Ulivo. È un
nuovo Ulivetto. Dove al po-
sto dei Diliberto, Pecoraro Scanio,
Turigliatto e Bertinotti c’è solo
Vendola. Ma il risultato è lo stes-
so. Qualunque coalizione di go-
verno possa essere formata dal-
l’Ulivetto avrà, comunque, la
stessa sorte capitata all’Ulivo di
Romano Prodi: l’esplosione in
mille pezzi.
Il messaggio che le recenti po-
lemiche tra Monti e Bersani sulla
accettabilità o meno di Sinistra e
Libertà in una coalizione di go-
verno formata dai centristi e dal
Pd rivolgono inconsapevolmente
verso il corpo elettorale è fin
N
troppo chiaro. L’ipotesi di una al-
leanza che parta da Casini ed ar-
rivi fino a Vendola non solo è del
tutto realistica ma se anche po-
tesse in qualche modo concretiz-
zarsi produrrebbe solo sconquassi
ed ingovernabilità. Non a caso
Monti invita Bersani e sbarazzarsi
prima possibile del suo inaccet-
tabile alleato. Perché si rende con-
to che l’unico modo di assicurare
la sopravvivenza di un governo
caratterizzato dalla presenza
dell’Ulivetto sarebbe quello di
non prendere alcuna iniziativa di
stampo riformista. Al primo sen-
tore di una qualche riforma non
fittizia ma reale la coalizione go-
vernativa salterebbe per aria. Ed
agli occhi di quell’Europa del
Nord a cui il Professore tiene tan-
to, il responsabile del botto de-
stinato a provocare l’ingoverna-
bilità del paese sarebbe lo stesso
Professore.
Ciò che Monti non ha calco-
lato, però, è che la sua richiesta
a Bersani di affrettarsi a rompere
il legame con Sel mette in grave
difficoltà il Partito Democratico
ed il suo segretario. Come può
chi ha vinto le primarie del pro-
prio partito grazie all’alleanza
con Vendola e che ha puntato sul-
lo stesso Vendola per tenere a fre-
no la pressione del “nemico a si-
nistra” rappresentato da Antonio
Ingroia, liberarsi del governatore
pugliese senza irritare e deludere
una parte del proprio elettorato
e regalarlo alla concorrenza dei
giustizialisti e di Beppe Grillo?
Può anche essere che in cuor
suo Bersani arda dalla voglia di
scaricare Vendola. Ma se non
vuole perdere le elezioni durante
lo sprint finale non può fare a
meno che difendere a spada tratta
il povero Nichi ed annunciare ai
quattro venti che non si piegherà
mai alla inaccettabile pretesa del
Professore. Il risultato di questa
recita a soggetto è duplice.
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Quella giustizia-lumaca che danneggia i cittadini
ominciamo dalla notizia che
sembra essere sfuggita all’at-
tenzione dei giornali. La notizia –
ne avrà certamente riferito la stam-
pa locale, ma per la “nazionale”
non ha avuto rilievo – viene da
Trieste. Leggiamo: «Non avevano
le mascherine, nessuno li aveva in-
formati dei rischi del loro lavoro.
Il dramma dell’esposizione al-
l’amianto deve registrare un nuovo
capitolo giudiziario: la procura del-
la Repubblica di Trieste ha concluso
le indagini su otto decessi per me-
sotelioma pleurico di lavoratori del-
la Grandi Motori di Trieste. Quat-
tro ex dirigenti dello storico
stabilimento del capoluogo giuliano
C
sono stati indagati per omicidio col-
poso e cooperazione colposa».
Cos’è accaduto? Le esposizioni
ad amianto degli otto lavoratori de-
ceduti, riguardano – pensate! – gli
anni che vanno dal 1971 al 2000.
Un arco di tempo in cui la Grandi
Motori ha cambiato tre volte pro-
prietà. Gli avvisi di garanzia riguar-
dano il direttore generale della
Grandi Motori negli anni 1970 al
1977, il presidente e l’amministra-
tore delegato dal 1977 al 1984. Al-
tre notifiche sono poi andate al di-
rettore generale e amministratore
delegato di Fincantieri-Divisione
Grandi Motori dal 1984 al 1992,
e a un componente del consiglio di
amministrazione di Fincantieri dal
1984 al 1994. La procura contesta
di non aver posto in essere misure
per la sostituzione dell’amianto, di
non aver dotato gli ambienti di la-
voro di impianti fissi e mobili per
l’aspirazione, di non aver posto
l’amianto in ambienti separati.
L’inchiesta non è comunque fi-
nita. Ora si indaga sulla causa di
altri sei decessi simili. Tre sono re-
centi, gli altri sono stati riaperti dal
giudice per le indagini preliminari
alla luce dell’inchiesta della procura,
inizialmente erano state archiviate.
Non si azzarda alcun pronostico su
come questa vicenda finirà. Per vi-
cende che risalgono a oltre qua-
rant’anni fa, siamo alla conclusione
delle indagini; e ce ne vorrà di tem-
po per i processi, ammesso che si
facciano.
Si tratta comunque di una vi-
cenda paradigmatica. Per la que-
stione in sé e per quello che vi è sot-
teso. In Italia ci sono oltre 34mila
siti con potenziale contaminazione
da amianto e circa 32 milioni di
tonnellate di cemento-amianto an-
cora da bonificare.
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2
di
VALTER VECELLIO
Per le morti di otto
lavoratori esposti
all’amianto a Trieste,
le indagini sono state
chiuse solo 42 anni
(quarantadue!)
dal primo caso
e solo 13 anni (tredici!)
dall’ultimo. E non si
può parlare di amnistia?
di
ARTURO DIACONALE
Se i sondaggi venissero
più o meno confermati,
il Pd potrebbe
fare maggioranza
non con i centristi
ma con la sinistra
estrema di Ingroia.
Magari con l’appoggio
esterno (o esplicito)
del Movimento 5 Stelle
FassinaeVendolaall’attaccodiMonti
K
«Così ci fa perdere le elezioni.
Se il giochino è quello di annacquarci
glielo faremo saltare». Nichi Vendola non
ci sta. E la sua reazione ai piani post-
elettorali di Pier Luigi Bersani e Monti è
durissima. Il leader di Sel è infuriato con
le ultime uscite berlinesi del segretario
Pd e con le richieste, sempre più pres-
santi, del premier uscente. Il timore è che
l’entrata del centrosinistra nel raggio
d’azione del professore «idrovora», come
lo chiama, finisca per minare il puntello
di sinistra della coalizione. Con il risul-
tato di avvantaggiare Antonio Ingroia e la
sua Rivoluzione Civile e di togliere ap-
peal alla proposta di Sel, già tacciata di
contiguità con i centristi: «Sarebbe un
suicidio per il centrosinistra, non solo
per noi». In suo soccorso, nel momento
di difficoltà, arriva Stefano Fassina. Nella
videochat con i lettori del Corriere.it, il
responsabile economico del Pd, va al
cuore del problema debito di bilancio. E
senza mezzi termini attacca il premier
uscente: «È noto che non raggiunge-
remo il pareggio di Bilancio. Il governo
Monti, anzi, lascia un debito pubblico su-
periore a quello lasciato da Berlusconi».
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