Pagina 4 - Opinione del 8-8-2012

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II
ATTUALITÀ
II
La Sicilia infiamme
E i 26mila forestali?
a oriente ad occidente la Si-
cilia brucia e non solo per gli
incendi divampati in questi giorni.
L’Isola arde anche per le fiamme
delle polemiche che stanno divam-
pando intorno ad una domanda
che, puntualmente, si ripete ogni
estate quando i roghi la trasfor-
mano in un girone dantesco del-
l’Inferno: di chi è la responsabilità?
Che quasi tutti gli incendi siano
di origine dolosa lo hanno detto
le istituzioni e la magistratura.
Certo vedere andare in fumo la Ri-
serva dello Zingaro, un tratto di
costa tra Palermo e Trapani, che
non ha nulla da invidiare alle più
lontane ed esotiche mete d’oltreo-
ceano, per mano di ignobili piro-
mani fa rabbia, molto rabbia. Ed
ecco che un’altra domanda fa ca-
polino dietro la proposta del Co-
dacons di creare delle “foto-ronde”
e la richiesta dell’assessore regio-
nale al Territorio Alessandro Aricò
“dell’ergastolo per questi misera-
bili individui”. Ma l’esercito di fo-
restali siciliani, sulla cui storia e
numero in questi anni si è detto
tutto e il contrario di tutto, non
sono abbastanza per proteggere i
propri boschi? Districarsi nel mon-
do dei circa 26 mila uomini im-
piegati tra prevenzione del terri-
torio e attività anti-incendio non
è semplice: più di 7000 sono con-
trattisti addetti al servizio antin-
cendio boschivo, altri 800 sono
D
quelli che appartengono al Corpo
forestale, e circa 18 mila sono gli
stagionali che lavorano per 78,
101, 150 giorni l’anno alle dipen-
denze dell’azienda foreste. Un nu-
mero di gran lunga superiore ri-
spetto ad altre regioni con una più
alta densità boschiva. Sicuramente,
prevenire un incendio quando si
tratta di dolo è impossibile. Intra-
prendere una buona politica nel
settore forestale è assolutamente
necessario. La Regione, lo stato,
gli Enti locali potendo disporre di
un esercito di 26 mila persone
hanno una grande responsabilità
a cui non possono sfuggire, perché
potrebbero trasformarsi in “com-
plici” involontari di piromani-cri-
minali. Il corpo forestale non può
essere solo adibito alla tutela e sal-
vaguardia dei boschi, ma deve di-
ventare un attivo organismo di vi-
gilanza costante, 24 ore su 24. La
politica che, con il clientelismo
ha forse creato un corpo di fore-
stali pletorico e non sempre tecni-
camente specializzato, lo renda un
organismo forte per difendere uno
dei patrimoni più validi della no-
stra terra: gli alberi dei boschi e
delle foreste. Il resto è demagogia
estiva che si ripete noiosamente
ogni anno. Vi sono state vittime
tra i forestali, nel loro ricordo un
programma che non sia un retori-
co proclama.
ROSAMARIA GUNNELLA
di
GIOVANNA ALBERTINI
talia in recessione. Il Pil per il
quarto trimestre consecutivo ha
registrato una variazione con-
giunturale negativa. L’Istat rileva
che il Prodotto interno lordo nel
secondo trimestre è sceso dello
0,7% rispetto al trimestre prece-
dente. Rispetto invece al secondo
trimestre del 2011 è calato del
2,5%, il dato peggiore dal 2009.
Brutte notizie anche sul fronte
della produzione industriale che
a giugno ha segnato -1,4% sul
mese e -8,2% annuo. Precipita la
produzione di autoveicoli con
una flessione del 22,5% su base
tendenziale. Nei primi sei mesi in-
vece il calo è pari al 20,1%.
Il calo congiunturale del Pil,
spiega l’Istat, è la sintesi di una
diminuzione del valore aggiunto
in tutti e tre i grandi comparti di
attività economica: agricoltura,
industria e servizi. Il secondo tri-
mestre del 2012 ha avuto due
giornate lavorative in meno ri-
spetto al trimestre precedente e
una giornata lavorativa in meno
rispetto al secondo trimestre del
2011. Nello stesso periodo il Pil
è aumentato in termini congiun-
turali dello 0,4% negli Stati Uniti
ed è diminuito dello 0,7% nel Re-
gno Unito. In termini tendenziali,
il Pil è aumentato del 2,2% negli
Stati Uniti, ed è diminuito dello
I
0,8% nel Regno Unito. La varia-
zione acquisita del Pil per il 2012
è pari a -1,9%.
«Si consolida il ciclo recessivo
con la quarta variazione congiun-
turale negativa consecutiva a par-
tire dal terzo trimestre del 2011».
Questo il commento dell’Ufficio
Studi di Confcommercio ai dati
diffusi dall’Istat. L’attuale dina-
mica del Pil riflette, dunque, una
fase di forte compressione della
domanda interna, come segnalato
dall’andamento negativo dell’In-
dicatore dei Consumi di Con-
fcommercio. A questa situazione
si aggiunge la sensibile contrazio-
ne della produzione industriale,
che accusa una riduzione di oltre
sei punti percentuali nel primo se-
mestre di quest’anno rispetto al-
l’analogo periodo del 2011. «Oc-
corre, dunque - conclude l’Ufficio
Studi - uscire al più presto dalla
morsa soffocante della crisi finan-
ziaria dei debiti sovrani che sot-
trae risorse al riavvio della cresci-
ta, in modo che il mercato interno
possa ripartire con un impulso
positivo sui redditi e sull’occupa-
zione. E resta prioritaria la rifor-
ma fiscale che deve ridurre i costi
dell’adempimento facendo emer-
gere base imponibile, cosicché,
compatibilmente con l’equilibrio
di bilancio, si arrivi all’abbassa-
mento delle aliquote legali».
Nuovi pesanti incrementi nel
ricorso alla cassa integrazione a
luglio, «segnale inequivocabile di
come si stia tornando ai livelli più
pesanti mai toccati dalla crisi pro-
duttiva, con la recessione che con-
solida l’aumento negativo della
cig». Lo segnala la Cgil osservan-
do come nei primi sette mesi del
2012 il totale di ore di cassa ri-
chiesta è di 640 milioni per un
+8,76% sullo stesso periodo del-
lo scorso anno, mentre a zero ore
ci sono oltre 525 mila lavoratori
per un taglio del reddito di oltre
2,4 miliardi di euro, circa 4.700
euro per ogni singolo lavoratore.
E’ quanto emerge dalle elabora-
zioni delle rilevazioni Inps da par-
te dell’Osservatorio Cig del di-
partimento Settori produttivi
della Cgil Nazionale nel rapporto
di luglio.
Istat: l’Italia è in recessione
Giù la produzione industriale
L’ufficio studi
di Confcommercio:
«Si consolida il ciclo
recessivo con la quarta
variazione congiunturale
negativa consecutiva
a partire dal terzo
trimestre del 2011»
l governo chiederà al Capo dello
Stato di togliere l’onorificenza a
Bashar al-Assad, il sanguinario dit-
tatore della Siria, abbandonato in
queste ore anche dal suo premier
passato con i ribelli insorti.
La notizia era già nota dal 21
luglio, la aveva anticipata Elisabetta
Olivi, portavoce del Presidente del
Consiglio, Mario Monti, ad alcuni
organi di stampa, tra cui
il Gior-
nale
. Ma oggi l’ha ufficializzata in
aula il sottosegretario agli esteri
Staffan de Mistura, rispondendo a
un’articolata interrogazione del se-
natore Domenico Gramazio. A
consegnare la decorazione era stato
il presidente Giorgio Napolitano
nel marzo del 2010. Ora tutti i co-
razzieri di complemento tendono
a minimizzare l’accaduto, cioè la
decorazione ad Assad, dicendo che
è prassi darla a quasi tutti i capi di
stato che vengono in visita in Italia.
«Fossero pure cannibali».
Di fatto però, per la prima vol-
ta, l’Italia toglierà a furor di popolo
il più alto riconoscimento della Re-
pubblica ad un capo di stato anco-
ra in carica, per di più nel bel mez-
zo di una sanguinosa guerra civile.
Non è mai capitato prima anche se
la galleria degli orrori delle onori-
ficenze a casaccio date dal Quiri-
nale comprende quella al marescial-
lo Tito, boia degli italiani in Istria,
quella al presidente Suharto, che
fece strage di comunisti in Indone-
I
sia, e persino quella ai coniugi Ce-
ausescu, terribili dittatori romeni.
Tutti nominati, come Assad, “Ca-
valiere di Gran Croce Ordine al
Merito della Repubblica Italiana”
con l’aggiunta, riservata a pochi,
del “Gran Cordone”.
Peraltro, a smentire i minimiz-
zatori, c’è la circostanza che il Gran
Cordone, riconoscimento italiano
più importante, è stato consegnato
dal 1945 solo a 186 leader stranieri
su 287.556 decorati a vario livello
e registrati sul sito delle onorificen-
ze del Quirinale. E fra i 186 eletti
ci sono, oltre ad Assad, l’ex rais egi-
ziano Hosni Mubarak e signora,
ma, guarda caso, non i due presi-
denti Bush e neanche l’ultimo in-
quilino della Casa Bianca, Barack
Obama. Lo stesso John Kennedy
ricevette dall’Italia due decorazioni,
ma non il Gran Cordone. Quindi i
boia sembrano avere un percorso
privilegiato verso il Cavalierato e
il Gran Cordone, anche se poi lo
utilizzano per impiccarci, metafo-
ricamente, i loro avversari politici
in patria.
Naturalmente dal Quirinale nei
giorni scorsi hanno fato maligna-
mente notare, attraverso il porta-
voce Pasquale Cascella, come tanto
l’attribuzione quanto la revoca di
simili onorificenze promani in pri-
ma istanza dal capo dell’esecutivo.
E chi c’era a Palazzo Chigi nel
2010 quando Assad venne insigni-
to? Ma il Cavaliere per antonoma-
sia, Silvio Berlusconi. Che, secondo
i dipietristi, avrebbe agito per com-
piacere le lobby degli armamenti
Made in Italy per le quali la Siria
di Assad, sia il padre che il figlio, è
sempre stata un ottimo cliente.
Insomma il solito rimbalzo di
responsabilità. Anche perché se il
potere di istruire la pratica proma-
na dal governo, la firma del Capo
dello Stato non può di certo defi-
nirsi notarile. La cosa ricorda un
po’ la polemica sul potere di grazia
tra Ciampi e l’allora Guardasigilli
Castelli all’epoca della richiesta del
provvedimento di clemenza per
Adriano Sofri. L’Italia dei politicanti
deresponsabilizzati è fatta così:
quando si partorisce una boiata
istituzionale non è mai certa né la
paternità né la maternità. Contro
tutte le leggi della logica e della na-
tura.
DIMITRI BUFFA
Via l’onorificenza adAssad
Il Cavaliere lo volle cavaliere
I pesi e lemisure
secondoDi Pietro
he Antonio Di Pietro stia ri-
lasciando interviste a destra e
a manca non è più notizia e men
che mai lo è che il Dipietro-pen-
siero sia andato a finire anche sulle
colonne del settimanale
Oggi
. Non
è neppure una novità che, in que-
sto periodo, oltre al Pd, il bersaglio
di ogni critica dell’ex pm sia il Pre-
sidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano.
La vera notizia è che, per attac-
care il Capo dello Stato, il leader
IdV utilizzi Bettino Craxi: «Oggi
la pubblicistica ufficiale ci descrive
Giorgio Napolitano come il lim-
pido garante delle regole e leggi
democratiche. Io invece ricordo un
altro Giorgio Napolitano, quello
descritto dall’imputato Craxi nel-
l’interrogatorio formale che rese
nel 1993 durante una pubblica
udienza del processo Enimont, uno
dei più clamorosi di tutta Tangen-
topoli. Craxi descriveva Napolita-
no, allora esponente di spicco del
Pci, nonché presidente della Ca-
mera, come un uomo molto atten-
to al sistema della cosiddetta Prima
Repubblica, specie coltivando i
suoi rapporti con Mosca. Io credo
che in quell’interrogatorio Craxi
stesse raccontando fatti veri perché
accusò se stesso e poi gli altri, di
finanziamento illecito dei partiti,
il cancro che ha divorato l’Italia.
Ora delle due l’una: o quei fatti
raccontati non avevano rilevanza
C
penale oppure si è usato il sistema
dei due pesi e delle due misure».
Ecco, bravo Di Pietro: due pesi
e due misure. Perché c’era chi non
poteva non sapere e chi, invece,
poteva tranquillamente far finta di
nulla. Perché i soldi entravano a
Botteghe Oscure (leggi Gardini)
ma, sarà stato forse un caso, riu-
scivano a perdersi nei corridoi del-
la sede comunista. E sì, onorevole
Di Pietro, due pesi e due misure:
qualcuno ci ha rimesso le penne
lontano dalla propria patria, qual-
cun altro (incluso Napolitano) in-
vece è stato anche suo compagno
di cordata al governo del Paese.
Già, due pesi e due misure: su
qualcuno si è indagato in profon-
dità, su altri con un po’ più di leg-
gerezza. Tanto, quello del Mugello,
era un collegio più che sicuro.
GIANLUCA PERRICONE
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 8 AGOSTO 2012
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