Pagina 7 - Opinione del 08-9-2012

Versione HTML di base

II
ESTERI
II
Storia palestinese: «Non esistono profughi ebrei»
di
DAVID HARRIS*
anan Ashrawi, il membro del
Comitato Esecutivo dell’OLP
più ambito dai media occidentali,
ha appena conquistato la medaglia
d’oro per il revisionismo storico.
In un recente articolo destinato
ad un pubblico di lingua araba, ha
affermato che non ci sono mai stati
profughi ebrei provenienti dai Paesi
arabi. Al contrario, dal suo punto
di vista, ci sono stati unicamente
“emigranti”, che hanno lasciato vo-
lontariamente le loro antiche case.
Gli ebrei non sono mai stati oggetto
di alcuna persecuzione, e semmai lo
sono stati, in realtà, è solo per un
complotto “sionista”.
Questa chiave di lettura di ma-
trice palestinese ha la stessa radice
di altri analoghi tentativi di delegit-
timare la storia ebraica.
In altre parole, la strategia pale-
stinese, di cui la teoria di Ashrawi è
parte integrante, consiste essenzial-
mente nel tentativo di minare le basi
su cui si fondano i principi di auto-
determinazione e nazionalità degli
ebrei. Il che conduce alla sua assur-
da pretesa di sostenere che non ci
siano stati profughi ebrei provenien-
ti dai Paesi arabi.
Volendo fare un esempio che mi
riguarda personalmente, secondo la
teoria di Ashrawi, la vita di mia mo-
glie sarebbe basata su una menzo-
gna.
Ironia della sorte, mia moglie e
la sua famiglia - i suoi genitori e i
sette fratelli – hanno creduto nella
possibilità che vi potesse essere de-
mocrazia e pluralismo nei Paesi ara-
bi. Una visione pericolosamente
miope!
Nel 1951, la Libia divenne un
paese indipendente e adottò una
Costituzione che garantiva la tutela
delle minoranze, tra cui gli ebrei.
La famiglia di mia moglie, a dif-
ferenza della maggior parte degli
ebrei libici, scelse di credere in que-
ste garanzie. Rimasero, mentre altri,
temendo il peggio, lasciarono velo-
cemente la Libia. Questi ultimi ri-
cordavano e temevano i drammatici
pogrom arabi del 1945 e 1948,
quando la Libia era ancora sotto il
dominio britannico, e presagivano
un nuovo precipitare degli eventi
con il paese governato dall’autorità
libica. Che cosa è successo dopo il
1951? Agli ebrei libici non sono mai
stati accordati gli stessi diritti degli
altri cittadini, le pari opportunità o
la stessa tutela legale.
Sin dall’inizio sono stati cittadini
di seconda classe, sempre, anche
quando riuscivano ad acquisire la
cittadinanza libica. E la circostanza
che molti di loro vivessero nel Paese
da millenni e perciò da molto tempo
prima che gli arabi lo conquistassero
e lo occupassero - sì, conquistassero
ed occupassero - è stata ritenuta ir-
rilevante.
Poi è arrivato il fatidico anno
1967.
Mia moglie e la sua famiglia so-
no stati costretti a diventare dei ri-
fugiati poiché la loro incolumità è
stata messa in serio ed immediato
pericolo. Ma loro sono stati più for-
tunati di molti altri. Infatti, tanti dei
loro amici e vicini ebrei, le cui iden-
tità e le cui tragiche vicende sono
ancora oggi ben note, sono stati uc-
cisi dalle orde di predoni.
Il motivo? Solo uno. Erano ebrei.
Lo sfondo di questi fatti tragici era
H
non è stato un caso unico nel suo
genere. Si è ripetuto paese dopo pae-
se, dall’Iraq alla Siria, dall’Egitto allo
Yemen.
È sintomatico, che la Ashrawi
non vuole capire, tanto meno af-
frontare, la cruda verità, no?
Gli amici dei palestinesi che vo-
gliono far avanzare le prospettive di
un accordo a due Stati con Israele,
dovrebbero aprire gli occhi e vedere
quello che hanno davanti.
Rapidi a condannare qualsiasi
supposta condotta illecita degli
israeliani, tendono a rendere una
forma d’arte il coccolare i palestinesi
offrendo scuse o razionalizzazioni
per i loro comportamenti, o sempli-
cemente guardano da un’altra par-
te.
Ma la negazione della storia
ebraica - sia essa antica o moderna,
di Israele o della Diaspora - arriva
al cuore del conflitto. Non è uno
spettacolo secondario: è lo spetta-
colo principale.
Pensate a quanto disse Yasser
Arafat al presidente Bill Clinton che
non c’era mai stato un tempio ebrai-
co a Gerusalemme, cercando di rea-
lizzare il punto offensivo e falso che
nessun legame fra gli ebrei e Geru-
salemme sia mai esistito.
O, più recentemente, a quanto
detto dal successore di Arafat, Mah-
moud Abbas, all’Assemblea Gene-
rale delle Nazioni Unite lo scorso
settembre.
Egli ha parlato dei collegamenti
cristiani e musulmani con la terra.
Eppure ha volutamente omesso
qualsiasi riferimento al legame
ebraico, anche se precede le istanze
delle altre religioni di migliaia di an-
ni, ed è rafforzato da una Bibbia che
sia il Cristianesimo sia l’Islam invo-
cano, per non parlare di innumere-
voli reperti archeologici.
Oppure pensiamo al rifiuto pa-
lestinese di riconoscere il carattere
ebraico dello Stato di Israele - e i
suoi infiniti sforzi per mettere in
dubbio la sua stessa ragione di esi-
stere, nonostante la Dichiarazione
Balfour (1917), il Trattato di San
Remo (1920), il Mandato della So-
cietà delle Nazioni per la Palestina
(1922), la Commissione Peel (1936),
la Commissione speciale delle Na-
zioni Unite sulla Palestina (agosto
1947), l’Assemblea generale delle
Nazioni Unite (novembre 1947), e
il suo essere membro delle Nazioni
Unite dal 1949.
A proposito, confrontiamo il
profilo storico e legale di Israele co-
me Stato sovrano con quelli di al-
cuni paesi vicini, compresi Iraq e
Giordania. Un bel contrasto!
Israele ha fatto molta strada dai
giorni del primo ministro Golda
Meir, quando il nazionalismo pale-
stinese, all’epoca un fenomeno re-
lativamente recente, venne respinto.
Oggi, vi è un ampio consenso tra gli
israeliani sulla necessità di un ac-
cordo di pace a due Stati, per quan-
to complessa possa essere la sua rea-
lizzazione.
Tuttavia, fino a quando i leader
palestinesi cercheranno di riscrivere
la storia - come Ashrawi ha appena
fatto - diciamolo chiaramente, le
possibilità di costruire la fiducia e
di andare verso un accordo diven-
tano sempre più labili.
*Direttore dell’American Jewish
Committee
www.ajc.org
Traduzione di Carmine Monaco
HananAshrawi,
membro del comitato
esecutivo dell’Olp, nega
l’esistenza di rifugiati
ebrei fuggiti dai paesi
arabi. Dal suo punto
di vista sono solo
“emigrati”nell’ambito
di un gigantesco
complottio sionista. Così
facendo nega l’esistenza
delle persecuzioni subite
dalle comunità ebraiche
in tutti i paesi
a maggioranza
musulmana, dal 1945
in poi. E vince la palma
d’oro del negazionismo
storico palestinese:
negare il legame
fra gli ebrei e Israele
e fra l’ebraismo
e Gerusalemme
la Guerra dei Sei Giorni, a mille mi-
glia di distanza. Gli aggressori libici
trovarono una facile preda negli
ebrei di Tripoli e Bengasi, lasciati
senza alcun mezzo di protezione,
governativa o di altro genere.
Così mia moglie e la sua famiglia
dovettero fuggire, in cerca di un ri-
fugio sicuro, costretti a rifarsi una
vita da zero, con la certezza che non
sarebbero mai potuti tornare alla
loro terra d’origine.
Se questo non li rende dei rifu-
giati, ditemi come altro li si potrebbe
definire? Non hanno il diritto di es-
sere ascoltati e di chiarire che ci so-
no state due popolazioni di rifugiati,
di dimensioni quasi uguali, non una
soltanto, a causa del conflitto ara-
bo-israeliano?
Il regime libico, soprattutto dopo
che il colonnello Muhammar Ghed-
dafi prese il potere nel 1969, ha agi-
to per estinguere ogni traccia della
presenza ebraica, come per riscrivere
una nuova storia in cui 40.000 ebrei
non avevano mai vissuto, studiato,
lavorato, creato o in alcun modo
contribuito alla società libica.
E ciò che è accaduto in Libia
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 8 SETTEMBRE 2012
7