Direttore ARTURO DIACONALE
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Giovedì 8 Novembre 2012
delle Libertà
Italia, sono tutti pazzi perObama
Bondi, Frattini e Fini si sono rallegrati per la vittoria straripante del candidato repubblicano
In serata anche Berlusconi ha espresso soddisfazione. Ma dov’è la destra che si professa liberale?
Gli States, la continuitàmondiale e quella italiana
La fine dell’America così come la conosciamo
Tutti gli uomini del presidente, imbucati compresi
a kermesse americana è finita.
Obama ha rivinto non più nei
panni del Messia nero venuto a
salvare il mondo ma in quelli di
presidente uscente un po’ usurato
ma sempre preferibile ad uno sfi-
dante privo del carisma necessario
ad interrompere la strada del dop-
pio mandato dei democratici. Dagli
Usa, dunque, viene un segnale di
continuità senza entusiasmo. Come
a dire che non ci possono essere
scarti, impennate, accelerazioni per
uscire dalla crisi epocale in cui è
caduto l’Occidente in particolare
ed il pianeta in generale. Il ché, tra-
dotto in italiano, significa che la
brevissima ricreazione offerta dallo
L
spettacolo a stelle ed a strisce è fi-
nita e che si torna alla normalità
di una situazione politica interna
che marcia in maniera inesorabile
ed immodificabile verso elezioni
destinate a confermare, sia pure in
un quadro di maggiore difficoltà,
l’attuale presente.
La piega presa dal lavoro par-
lamentare sulla riforma del sistema
elettorale lo conferma nella manie-
ra più evidente. La forzatura com-
piuta da Pdl, Lega ed Udc sul pre-
mio di maggioranza da far scattare
alla coalizione vincente oltre la so-
glia del 42,5, quasi sicuramente
corretta da un piccolo premio di
consolazione per il partito più vo-
tato, indica che nessuno si illude
sulla possibilità di elezioni capaci
di imprimere una svolta politica
definita alla politica nazionale. Il
successo di Grillo in Sicilia ed i
sondaggi che lo danno in crescita
costante a livello nazionale cancel-
lano l’illusione del Pd di poter con-
quistare la maggioranza alla Ca-
mera ed al Senato mantenendo
inalterato il Porcellum. E, caduta
l’ultima speranza di Pierluigi Ber-
sani di diventare l’Hollande italia-
no grazie alla vecchia legge eletto-
rale, si è così aperta la strada alla
realizzazione di una nuova legge
proporzionale destinata a portare
alla conferma, riveduta e corretta
dalla circostanze, del governo dei
tecnici alla guida del paese.
Bersani protesta sostenendo che
la forzatura di Casini, Alfano e
Maroni è uno scippo alla possibi-
lità della sinistra di governare da
sola. Ma la sua è una protesta for-
male. Perché il leader del Pd sa be-
ne che la crescita alla sinistra del
proprio partito di un’area di op-
posizione dominata dal movimen-
to di Beppe Grillo rappresenta un
ostacolo molto più grande di una
qualsiasi legge elettorale propor-
zionale al suo ingresso trionfale e
senza scomodi alleati a Palazzo
Chigi.
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è un piccolo paradosso nella
rielezione di Obama: la sua vit-
toria è sì netta nei numeri, ma mol-
to meno di quattro anni fa. Eppure,
è incomparabilmente più epocale.
Quattro anni fa l’evento era il pri-
mo presidente di colore nella storia
degli Usa. “Esperimento” eccitante,
che ha sedotto molti elettori mode-
rati e centristi, portandolo alla Casa
Bianca sull’onda di uno spirito bi-
partisan. Logorato da quattro duri
anni di presidenza, in cui è uscito
fuori il suo lato più ideologico,
Obama ha perso molti di quei voti
(
in totale ne ha presi quasi 10 mi-
lioni in meno del 2008). Ma pro-
prio per questo la sua è una vittoria
C
di portata storica, perché di (e da)
sinistra (niente a che vedere con la
terza via” clintoniana), e perché
indica mutamenti strutturali, pro-
fondissimi nella composizione e nel-
la mentalità dell’elettorato ameri-
cano, demograficamente molto
diverso da quello del 2004 e più
spostato a sinistra. È Obama ad
aver cambiato connotati all’Ameri-
ca, o è lui stesso il prodotto di tale
cambiamento? Probabilmente en-
trambe le cose insieme.
Una rielezione nonostante dati
macroeconomici così avversi, so-
prattutto la disoccupazione all’8%,
fa riflettere sul reale peso dell’eco-
nomia nelle scelte dell’elettorato.
L’economia pesa, certo, ma forse in
modo diverso che in passato. Da un
lato chi ha perso il lavoro può con-
tare su sussidi più generosi e chi sta
per perderlo sul salvataggio della
sua industria, come in Ohio; dal-
l’altro, tra no tax area e detrazioni
molti americani non avvertono il
peso del fisco, quindi sono meno
preoccupati dei costi dell’interven-
tismo statale, della sanità pubblica,
di cui vedono solo il lato “rassicu-
rante” e umano. E’ un approccio ai
temi economici più “europeo”, più
orientato alle protezioni sociali che
non al dinamismo tipico dell’eco-
nomia americana, senz’altro accen-
tuato dall’incidenza del voto di
afroamericani e ispanici, più inclini
all’assistenzialismo.
Temi quali l’immigrazione,
l’aborto, le unioni gay, sono stati
decisivi in negativo per Romney,
l’hanno reso invotabile anche da
parte di elettori sull’economia cri-
tici nei confronti di Obama, per-
ché il Gop resta drammaticamente
arretrato su questi temi, ormai
chiave per far breccia su elettorati
determinanti. Obama ha infatti
surclassato Romney oltre che nel
voto femminile (+12 punti) e in
quello degli afroamericani (+87),
anche nel voto di ispanici (+40) e
asiatici (+49)...
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2
ome in ogni party ben riuscito,
nemmeno alla festa per la vit-
toria elettorale di Barack Obama
sono mancati gli imbucati. A comin-
ciare dagli italiani, che in quest’arte
sono maestri indiscussi.
Come da copione consolidato,
la capacità di saltare al volo sul car-
ro del vincitore è stata degna del-
l’entusiasmo con cui i figuranti ab-
bordano i carri allegorici al
carnevale di Viareggio. Se il leader
del Pd, Pier Luigi Bersani, ha subito
messo il cappello sulla vittoria di
Mr. President intravedendone un
chiaro vaticinio per la sua corsa ver-
so Palazzo Chigi, Nichi Vendola
non ha perso tempo nel sottolineare
C
di essere stato il primo a capire che
si vince convincendo i moderati. An-
che se, come scriveva ieri su Twitter
Fabrizio Rondolino «L’obamismo
della sinistra italiana è la forma at-
tuale del suo antiamericanismo», è
fuor di dubbio che per Obama la
gauche nostrana abbia fatto da sem-
pre un tifo sfegatato. Nulla di stra-
no, dunque, se oggi celebra la sua
vittoria come se fosse la propria.
Ma non c’è solo lei a festeggiare
per la riconferma del presidente
«
bello, giovane (ora un po’ meno,
ndr) e abbronzato». Obama, infatti,
piace parecchio anche a destra. Spe-
cie a quella destra molto poco libe-
rale per la quale statalismo e assi-
stenzialismo non rappresentano cer-
to un peccato mortale. E così, anche
nello schieramento che almeno sulla
carta avrebbe dovuto tifare per Mitt
Romney, c’è invece chi gongola sen-
za remore per il secondo mandato
di Barack. Le prime avvisaglie di
questa bizzarra schizofrenia ideo-
logica si erano avute già in occasio-
ne dei congressi: se il Pd aveva spe-
dito ben due delegazioni al
congresso dei democratici america-
ni, una ufficiale e l’altra ufficiosa,
con Matteo Renzi in testa, il Pdl
aveva completamente disertato
quello repubblicano. Ieri, assieme
alla vittoria di Obama, sono arrivati
anche i peana ufficiali.
In testa, quello di Sandro Bondi,
coordinatore dimissionario del Pdl,
che ad Obama aveva dedicato per-
sino uno dei suoi componimenti
poetici più commoventi, definendo-
lo «perla nera». C’è da capirlo: pro-
vateci voi ad azzeccare una qualsiasi
rima baciata con il nome di Rom-
ney. Ma tra i festanti c’è anche l’ex
ministro degli esteri Franco Frattini,
che di Obama non può fare a meno
di apprezzare il suo essere il presi-
dente più “europeo” di tutta la sto-
ria degli Stati Uniti d’America. Esul-
ta anche il Presidente della Camera,
Gianfranco Fini: se avesse vinto
Romney...
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di
ARTURO DIACONALE
Dagli Usa arriva
un segnale di continuità
senza entusiasmo.
Come a dire
che non ci possono
essere scarti, impennate,
accelerazioni per uscire
dalla crisi epocale
in cui è caduto l’intero
Occidente
di
FEDERICO PUNZI
È stato il presidente nero
ad aver radicalmente
cambiato connotati
agli Stati Uniti in questi
ultimi quattro anni,
oppure è lui stesso
il prodotto di un simile
cambiamento epocale?
Probabilmente entrambe
le cose insieme
di
LUCA PAUTASSO
In Italia non è soltanto
il centrosinistra
a festeggiare per il bis
del presidente
democratico.Anche chi,
almeno sulla carta,
avrebbe dovuto tifare
per Romney, gongola
invece per il secondo
mandato di Barack