Page 4 - Opinione del 10-10-2012

di
PIETRO MANCINI
*
alter Veltroni, qualora deciderà di so-
stenere Renzi, come Giacomo Man-
cini,
king-maker
di Craxi, di cui, nel 1976,
appoggiò l’avvento alla segreteria del Psi,
al posto del filocomunista De Martino? L’ac-
costamento, proposto ieri nell’editoriale del
Corriere della Sera
,
firmato da Angelo Pa-
nebianco, è suggestivo, ma merita qualche
precisazione.
L’operazione, avviata da Mancini all’in-
domani di una bruciante sconfitta elettorale
del Psi, si proponeva di modificare la linea
politica del partito, troppo subalterna al Pci.
E di rinnovare il gruppo dirigente. Tanto
che l’ex segretario oppose un fermo rifiuto
a quanti, e io tra loro, auspicarono un suo
ritorno al vertice socialista. È vero, come ha
scritto Panebianco, che Craxi non solo non
ringraziò Mancini per il contributo, deter-
minante, al suo successo. Ma, temendone
la forte personalità e la stima di cui godeva
nella base del partito, lo emarginò. E premiò
i rampanti dirigenti craxiani, non sulla base
delle loro capacità, bensì su quella dell’ob-
bedienza. Questo culto della personalità,
che Mancini, da solo cercò di contrastare,
fu uno degli elementi più negativi del cra-
xismo, che contribuirono alla tragica fine
del Psi. A Renzi, mi permetto di consigliare
di coinvolgere gli altri dirigenti e di non agi-
re come “un uomo solo al comando”.
Quanto a Veltroni, la sua linea oscillante
sull’appoggio, da dare o da negare, a Matteo
Renzi, è condizionata non da strategie di
ampio respiro, bensì dai tatticismi. Qualora,
infatti, come ha rilevato Panebianco, l’ex
W
Sindaco di Roma fosse coerente con la di-
scontinuità , rispetto alla vecchia tradizione
del Pci-che annunciò, 5 anni fa, quando nac-
que il Pd dovrebbe sostenere Renzi. Egli, in-
vece, fa il Ponzio Pilato e non scende in
campo nè a favore del sindaco di Firenze
nè di Bersani. Veltroni sembra interessato
più a evitare la “rottamazione”, sua e del
vecchio gruppo dirigente, che al progetto di
un forte rinnovamento della sinistra. L’au-
spicio è che i dirigenti, vecchi e nuovi, del
Pd pensino di più alle prospettive del Paese
che ai destini delle rispettive carriere poli-
tiche e alle rivalità interne. In primis, quella
tra Veltroni e D’Alema, che da anni carat-
terizza, e condiziona, negativamente, le stra-
tegie del partito post-comunista.
*
Presidente della Fondazione Giacomo Mancini
II
POLITICA
II
Renzi: sarà per Bersani
il Mancini”di Craxi?
Partono Prodi e Ingroia:
grazieNazioni Unite!
I passi falsi di Zingaretti nella corsa alla Pisana
el Lazio c’è una emergenza de-
mocratica e c’è una risorsa per
la Regione, così è stata presentata
la candidatura di Nicola Zingaretti
a governatore della amministrazio-
ne regionale del Lazio. Ma con tut-
to quello che i cittadini subiscono,
con tutti i danni creati dagli eletti
dei vari partiti nelle cariche regio-
nali, provinciali e comunali, è pos-
sibile proferire simili idiozie? Cosa
vuol dire emergenza democratica?
Che non c’è democrazia? Che la de-
mocrazia è in pericolo? Che le
espressioni di libertà sono concul-
cate? Basterebbe solo aver pronun-
ciato una tale fesseria per essere
bocciato senza esami di riparazione.
La democrazia, la libertà economi-
ca, la ricchezza dei cittadini è osta-
colata, falcidiata proprio perché esi-
stono le Regioni. Con la nascita
delle Regioni, anni ‘70, i cittadini
non hanno avuto alcun vantaggio
in democrazia, ma solo ulteriori
ostacoli burocratici, maggiori esbor-
si, impedimenti all’esercizio di at-
tività economiche.
Roma brucia, il Lazio affonda
ed i tamburi della propaganda pro-
gressista di sinistra ci inondano con
cumuli di inquinanti scemenze:
cambiare tutto”; “voltare pagina”;
c’è bisogno di una svolta”; “ne-
cessità di uno scatto”; “non accadrà
mai più”; “solidarietà, legalità per
il bene del paese”; “serve una rivo-
luzione”; “deriva autoritaria”; “non
facciamoci rubare il futuro”; “se
non ora quando”; “non chiediamo
nulla per noi, ma chiediamo per
tutti (Zagrebelsky)”. In pole posi-
N
tion nella corsa allo stupidario na-
zionale si è collocato il candidato
dei progressisti per la Regione La-
zio, Nicola Zingaretti. «Rivolterò
la Regione come un pedalino» ha
annunciato il pretendente alla ca-
rica di governatore del Lazio. Forse
non ricorda che già 20 anni fa la
stessa frase, formulata in un italiano
migliore, “calzino” al posto di “pe-
dalino”, fu calata nel vivo di tan-
gentopoli da un protagonista del
terremoto politico-giudiziario molto
più potente ed attrezzato, Pierca-
millo Davigo, che nei primi anni
‘90,
fece parte del pool Mani Pulite,
insieme ai colleghi Antonio Di Pie-
tro, Francesco Saverio Borrelli, Ge-
rardo D’Ambrosio, Ilda Boccassini,
Gherardo Colombo, Francesco
Greco, Tiziana Parenti e Armando
Spataro. D’altronde Zingaretti non
brilla di cultura, confonde insegnare
con imparare. L’illustre Magistrato
tuonò dalla procura del tribunale
di Milano che avrebbe rivoltato
l’Italia come un calzino, indagando
in ogni dove e condannando quel
variopinto esercito di truffatori e
manigoldi, di corrotti e corruttori
che avevano infangato la bella Italia
per decenni. Tutti gli abbiamo cre-
duto ed abbiamo sperato che finisse
il grande mercato delle corruttele,
dei ricorrenti furti a danno dei cit-
tadini onesti, taglieggiati dalle tasse
e dai prezzi alti fuori mercato. Cer-
to, se al tempo le aspettative pog-
giavano su una base solida, quella
di un alto Magistrato capace e for-
te, per storia personale e posizione
istituzionale, oggi sentire una affer-
mazione di tal genere pronunciata
da un modesto funzionario di par-
tito non possiamo che accoglierla
come una impresentabile coattata.
Segnaliamo allo Zingaretti di turno,
come agli altri che si affacceranno
alla ribalta per rifondare la Regione
Lazio che la corruzione e le truffe
a danno dei cives risalgono già al
tempo dall’antica Roma, fenomeno
diffuso e quasi accettato dal popo-
lo, come scrisse Cicerone nella re-
primenda contro il Governatore
della Sicilia Verre. Ed allora? Oc-
corre modificare la struttura del si-
stema organizzativo ed operativo
degli enti pubblici, perché le colpe
e le debolezze degli uomini possono
diminuire quelle del sistema, ma
non le escludono né le riducono a
misura trascurabile. Colui che si
candida per governare la Regione
Lazio ci deve informare su come
modificare la struttura organizza-
tiva istituzionale e le leggi sull’or-
dinamento degli enti regionali: la
carica di consigliere regionale gra-
tuita; una cabina di comando al po-
sto della pletorica giunta, un presi-
dente e 6 assessori; abolizione di
tutte le consulenze esterne e valo-
rizzazione del personale dipendente
(
valutare i curricula dei dipendenti
e collocarli negli uffici dove posso-
no dare il meglio); un organigram-
ma di aree, settori ed uffici basato
su ruoli e funzioni reali; se doves-
sero risultare degli esuberi collocarli
nei comuni del Lazio dove serve
personale o nelle cancellerie dei tri-
bunali e molto altro ancora che non
pare sia nel sapere del candidato
Zingaretti, che ripete stancamente
quel fraseggio penoso degli uomini
di partito che hanno fatto il loro
tempo, umiliando gli elettori rite-
nuti a torto dei cretini. Anche l’in-
vito al “voto subito” del candidato
che “va dove c’è bisogno di lui” è
un’altra di quelle idiozie con le qua-
li si spera di continuare ad ingan-
nare il popolo sovrano, facendo fin-
ta di preoccuparsi del bene della
comunità, mentre è un atout per
migliorare le proprie possibilità di
elezione. Al voto subito, perché nel
clamore degli scandali Zingaretti
spera di vincere. Votare un mese
prima o due mesi dopo ai cittadini
del Lazio non cambia nulla, visto
che la classe politica ci ha ridotto
alla fame. Se dovessimo pensare che
l’uomo migliore dei progressisti al
livello locale sia Zingaretti, allora
non siamo al capolinea, ma non
siamo proprio partiti. Se poi viene
collocato il giornalista David Sassoli
al comune di Roma, il capolavoro
è compiuto. La supervalutazione
dell’usato, viva il cambiamento. Al-
la Regione Lazio i consiglieri del
Pd hanno ordinato 730.000 mani-
festi per centinaia di migliaia di eu-
ro. Dove li hanno attaccati non è
dato sapere. Quanti attacchini siano
stati impiegati per tappezzare le cit-
tà del Lazio non è un dato acquisi-
bile. Il capo gruppo della federazio-
ne delle sinistre alla Regione Lazio,
Ivano Peduzzi 65 anni, da 50 in po-
litica, ha candidamente ammesso
che al gruppo nel 2011 sono stati
assegnati 322.000 euro, il 50% per
manifesti e volantini, l’altro 50%
per eventi, convegni e cene a base
di pizza a taglio e non di ostriche.
Vi ostinate, per interesse perso-
nale, a non ammettere che l’azien-
da pubblica non può funzionare,
anche se ad amministrarla andran-
no le suorine delle carmelitane
scalze. È il sistema dell’ente pub-
blico che contiene il germe del-
l’inefficienza. In 40 anni l’unico in-
tervento di parziale modifica del
sacco del denaro pubblico è stato
effettuato dal governo Monti, per-
ché al magna magna non rinuncia
nessuno, indipendentemente dal
partito di riferimento.
Zingaretti ha già consegnato
agli elettori la propria pochezza e
se venisse eletto sarebbe l’ennesi-
ma truffa a danno della comunità
laziale.
CARLO PRIOLO
Il Lazio affonda
ma la propaganda
di sinistra ci inonda
con un mare di scemenze
Il Pd ha ordinato
manifesti per centinaia
di migliaia di euro.
Qualcuno li ha visti?
desso, il primo che sentiamo parlare
male dell’Onu sappia che è destinato a
ricevere tutti gli improperi possibili ed im-
maginabili. Perchè il favore che hanno fatto
alla italica patria è doppio. Prima ha dato
incarico al procuratore aggiunto di Palermo
Antonio Ingroia di dirigere in Guatemala
un’unità investigativa per la lotta al narco-
traffico; poi ha nominato Romano Prodi in-
viato speciale delle Nazioni Unite nella re-
gione desertica del Sahel ed in particolare
in Mali che, dopo un colpo di stato lo scorso
marzo, è diventato uno dei centri di Al Qae-
da in Africa e dove guerra civile e siccità
mettono a rischio milioni di persone. Alcune
ipotesi, per onestà intellettuale, devono però
necessariamente essere sottoposte ai lettori
di questa testata. Prima ipotesi. Alle Nazioni
Unite (ed al segretario generale Ban Ki-mo-
on) stanno profondamente antipatici il po-
polo guatemalteco e quello del Sahel ai quali
è stata comminata una giusta punizione. Se-
conda ipotesi. Dalle parti dell’Onu hanno
particolarmente a cuore le sorti dell’Italia,
e vogliamo fermarci qui. Terza ipotesi. L’af-
fidamento delle missioni dei due sono desti-
nate, rispettivamente, ad avere un nutrito e
rispettabile séguito. Con Ingroia potrebbero
intraprendere la missione anche il dottor
Caselli, Marco Travaglio e Ciancimino jr.
(
su quest’ultimo nominativo, però. anche le
locali autorità potrebbero esprimere più di
un dubbio per l’ingresso sul loro territorio
nazionale). Al séguito del professor Prodi,
invece, potrebbero tranquillamente esserci
Walter Veltroni (il cui sogno africano non è
mai tramontato, ma la promessa di realiz-
zarlo, ahì noi, purtroppo sì), Carlo De Be-
A
nedetti per fondare anche in loco un partito
con le sembianze di un giornale, e Pier Luigi
Bersani. In conclusione abbiamo anche la
pretesa di suggerire alle Nazioni Unite anche
un’altra squadra che il dottor Ban Ki-moon,
essendo essi piuttosto plasmabili, potrebbe
tranquillamente utilizzare e dirottare ovun-
que. Il team è composto da un politico di
lungo corso, un sub-presidente, un ex togato
che ha ben compreso come sia più facile e
redditizio far politica che non indossare una
toga ed il giullare di quest’ultimo al quale
piace particolarmente andare in giro a de-
nunciare i presunti benefici di chi è privile-
giato così come lo è lui stesso. I nomi? Bé,
li forniremo, eventualmente, soltanto al se-
gretario generale delle Nazioni Unite.
GIANLUCA PERRICONE
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 10 OTTOBRE 2012
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