Direttore ARTURO DIACONALE
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Venerdì 11 Gennaio 2013
delle Libertà
L’incognita della crisi reale sui piani dei partiti
idea di Pier Luigi Bersani per
il dopo elezioni prevede un
Pd vincitore sia alla Camera che
al Senato che si apre magnanima-
mente alla collaborazione con il
centro di Mario Monti offrendo
al Professore non la presidenza
della Repubblica, come era stato
ipotizzato in passato, ma un sem-
plice incarico ministeriale. L’idea
di Silvio Berlusconi per il dopo
elezioni ipotizza che il Pdl, dopo
aver imposto il pareggio al Pd al
Senato e ridimensionato il disegno
di Monti di conquistare il ruolo
di dominus centrale della politica
italiana, sia disponibile ad una
trattativa per una grande coali-
L’
zione o, in alternativa, si rinserri
all’opposizione in attesa del pre-
vedibile collasso di una eventuale
coalizione sinistra-centro incapace
di fronteggiare la crisi. L’idea di
Mario Monti, invece, è di impe-
dire la vittoria piena del Pd, di li-
mitare al massimo il recupero del
Pdl e di cercare di trasformare
l’area centrista non nella “stam-
pella” della sinistra ma nell’asse
centrale della politica come ai bei
tempi del sistema tolemaico de-
mocristiano.
Le tre idee hanno in comune
un chiaro schematismo politolo-
gico e la totale sottovalutazione
di una incognita che potrebbe
sconvolgere non tanto l’andamen-
to di una campagna elettorale bre-
vissima, quanto proprio quel do-
po elezioni su cui puntano gli
occhi i leader dei tre principali
schieramenti politici. Questa in-
cognita è la situazione reale del
paese. Che, a dispetto delle trion-
falistiche dichiarazioni di chi as-
sicura che il governo tecnico ab-
bia salvato l’Italia dal baratro,
sono sempre più pesanti, dram-
matiche, potenzialmente esplosive.
Finita l’overdose elettoralistica,
che sopisce in qualche modo le
tensioni che montano dentro la
società nazionale, la realtà tornerà
a far sentire i suoi effetti devastan-
ti. Perché nel frattempo la crisi
non sarà diminuita ma aumenta-
ta, la recessione non sarà regredita
ma crescita, i consumi non saran-
no tornati ai livelli degli anni pre-
cedenti ma avranno subito un ul-
teriore calo, l’occupazione non
avrà avuto alcuna ripresa ma sarà
precipitata ulteriormente, le dif-
ficoltà delle aziende e dei lavora-
tori non saranno diminuite ma
aumentale ed il peso dell’apparato
burocratico dello stato sul citta-
dino rappresentato da una pres-
sione fiscale insostenibile non si
sarà allentata ma avrà subito una
ennesima impennata.
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La sinistra parabola di un’ex confindustriale
e pensavate di averle viste tut-
te, mettetevi comodi e arma-
tevi di pop-corn. Questa campa-
gna elettorale che pare ormai una
guerra di figurine (e figuranti) ci
riserverà ancora moltissime sor-
prese, alcune belle, altre meno.
Nella top ten delle cose (e del-
le facce) da ricordare c’è senza
ombra di dubbio la discesa in
campo di Giampaolo Galli, diret-
tore generale di Confindustria
prima con Emma Marcegaglia e
poi con Giorgio Squinzi. È perso-
na preparata e stimatissima tra-
sversalmente ma, come accade
spesso a chi sta dalle parti di viale
dell’Astronomia, soffre di leggero
S
strabismo politico.
All’inizio del 2012, Galli era
salito agli onori della cronaca per
un’affermazione decisamente con-
divisibile da qualsiasi persona di
buonsenso. «Ad un certo punto -
aveva affermato alla trasmissione
di La7
Omnibus
-
dovremo porci
anche la prospettiva del licenzia-
mento degli statali». Apriti cielo.
Di rimbalzo la segretaria della
Fp-Cgil, Rossana Dettori aveva
definito Galli «senza idee», de-
scrivendolo come uno che «pre-
ferisce raschiare il fondo facendo
pagare il costo interamente ai ceti
meno abbienti, puntato il dito
contro il solito capro espiatorio,
il pubblico impiego». Sibillina la
posizione ufficiale del sindacato
di Susanna Camusso: «Confindu-
stria deve stare più attenta a quel
che dice».
Galli è sempre stato un diret-
tore generale di Confindustria ab-
bastanza presente. E così, tra
un’ospitata a
Ballarò
e l’altra, a
marzo del 2012, con il dibattito
sulla riforma Fornero in pieno
svolgimento, il nostro torna a
bomba sul tema del lavoro. «Re-
stiamo un paese in cui licenziare
è particolarmente difficile e co-
stoso», spiegava sicuro interve-
nendo ad un incontro organizzato
dal Pdl a Milano. Non pago di
questo suo presenzialismo quan-
tomeno singolare, il direttorissi-
mo finisce anche tra i primi fir-
matari del manifesto gianninano
di “Fermare il Declino”.
A meno di 12 mesi di distanza
da quelle prese di posizioni e
sconfessando tutto quanto detto
e fatto da Confindustria in questi
anni, Galli lascia il Team Squinzi
e vola verso un seggio sicuro a
Montecitorio.
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di
SIMONE BRESSAN
La carrozza che porterà
Giampaolo Galli
a sedere in Parlamento
ha l’insegna del Pd,
è guidata da Bersani
e ha stretto una solida
alleanza conVendola.
Lo stesso partito
che in Campania
ha scelto Epifani
di
ARTURO DIACONALE
L’idea del presidente
del Consiglio di tagliare
le“ali estreme”
degli schieramenti
bipolari è diventata
una pia illusione.
Con una situazione
sociale incandescente,
saranno proprio
loro a menare le danze
Palermo, la procura vota Ingroia
K
I pm di Palermo non ci stanno.
Ed entrano, anche se indirettamente, in
campagna elettorale, facendo un fa-
vore al loro collega “in sonno” Antonio
Ingroia. Per loro «la trattativa Stato-
mafia ci fu e partì da un preciso input
politico». La regia di questo tentativo
di trovare un’intesa con Cosa Nostra
per mettere fine alle stragi, insomma,
si trovava ai massimi vertici delle isti-
tuzioni. Non fu dunque iniziativa iso-
lata di «pezzi dello Stato», come
affermano le conclusioni della com-
missione antimafia, ma di alti espo-
nenti delle istituzioni. Con i carabinieri
del Ros a svolgere il ruolo di braccio
operativo. Al termine della loro requisi-
toria nell’aula bunker dell’Ucciardone,
la procura ha chiesto il rinvio a giudi-
zio di tutti gli imputati. Tra questi, l’ex
ministro Nicola Mancino, l’ex ministro
Calogero Mannino, il senatore Marcello
Dell’Utri e i boss Leoluca Bagarella,
Totò Riina, Giovanni Brusca e Anto-
nino Ciná. Stessa richiesta anche per
tre alti ufficiali dei Ros, i generali Mario
Mori e Antonio Subranni e l’ex colon-
nello Giuseppe De Donno.