Pagina 5 - Opinione del 11-8-2012

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II
ESTERI
II
Ma con che credenziali l’Onu
ripropone la pace in Siria?
di
STEFANO MAGNI
opo il fallimento del piano di
pace di Kofi Annan, l’Onu ha
indicato, in via non ufficiale, il pros-
simo inviato di pace in Siria: il di-
plomatico algerino Lakhdar Brahi-
mi. Se confermato, sarà lui ad
assumersi il compito di negoziare
una tregua fra il regime di Bashar
al Assad e gli insorti, riproponendo
un nuovo piano di pace e di transi-
zione dalla dittatura alla democra-
zia. Sulla carta, Brahimi potrebbe
essere l’uomo giusto al posto giusto.
Si tratta di una delle personalità più
note ed esperte delle Nazioni Unite.
Fa parte del gruppo degli “Anziani”,
veterani della politica che lavorano
per la pace nel mondo, un club ri-
stretto di cui fa parte anche Nelson
Mandela. È stato un alto funziona-
rio della Lega Araba negli anni ’80
ed ha alle spalle una lunga esperien-
za di mediatore nel conflitto del Li-
bano. È stato anche ministro degli
Esteri dell’Algeria dal 1991 al 1993,
gli anni in cui montava la guerra ci-
vile nel suo Paese. A ben vedere, pe-
rò, la sua missione partirebbe az-
zoppata, proprio a causa del suo
passato in Libano. Lakhdar Brahimi
è uno degli artefici del piano di pace
per il Paese dei Cedri, che ha portato
alla fine del conflitto nel 1992, ma
lo ha reso, di fatto, un protettorato
del regime di Assad. La cosiddetta
“pax siriana” è durata almeno sino
D
al 2005, quando, dopo lo scalpore
internazionale e le proteste suscitate
dall’assassinio dell’ex premier sun-
nita Rafiq Hariri, l’esercito di Da-
masco dovette ritirarsi. Forte di que-
sto precedente, il regime di Assad
potrebbe nutrire piena fiducia in un
mediatore come Brahimi. Ma per lo
stesso motivo è difficile che il pos-
sibile nuovo inviato risulti altrettan-
to popolare fra gli insorti.
Lakhdar Brahimi, se confermato,
o chiunque altro venga nominato
nuovo inviato per la Siria, si trove-
rebbe ad affrontare una difficoltà in
più: ripristinare la fiducia nelle Na-
zioni Unite. Che dopo il fallimento
di Kofi Annan è ai minimi termini.
L’Onu appare indecisa, incapace di
mettere in pratica le sue proposte e
lacerata al suo interno dalla politica
dei “no” opposti da Cina e Russia
a qualsiasi azione per la Siria. Non
solo: alcune infelici scelte recenti
contribuiscono a minare la credibi-
lità del massimo organo sovrana-
zionale. La candidatura ufficiale del
Sudan al Consiglio dei Diritti Umani
è una di queste scelte infelici. Il Su-
dan è alle prese con una sua latente
ribellione interna ed è tuttora go-
vernato da Omar Bashir, il dittatore
militare artefice del genocidio nel
Sud Sudan e della pulizia etnica del
Darfur, incriminato dal Tribunale
Penale Internazionale per crimini di
guerra e contro l’umanità. Se doves-
se essere eletto, dovrebbe anch’egli
partecipare allo scrutinio del rispetto
dei diritti umani in Siria. E non solo
lui: probabilmente anche Hugo
Chavez verrà eletto nello stesso
Consiglio. Altro noto “campione
della democrazia”, Chavez, non so-
lo, sta sopprimendo ogni diritto (a
partire da quello della proprietà pri-
vata) in Venezuela, ma è anche stret-
tamente legato all’Iran, principale
protettore del regime siriano. Infine,
ma non da ultimo, la Siria stessa, ol-
tre ad esser tuttora parte di due co-
mitati per i diritti umani dell’Unesco
è ancora formalmente candidata ad
entrare a far parte del Consiglio dei
Diritti Umani nella rotazione del
2014. Gli Stati Uniti avevano chiesto
la sua squalifica, il mese scorso, sen-
za ottenere alcun risultato. Tutto si
può pretendere, ma non che Assad
condanni se stesso.
Frontiera Egitto-Gaza, il portale della discordia
K
Dopo aver chiuso il valico di Rafah (da e per Gaza), in se-
guito all’attentato di domenica, il Cairo lo ha di nuovo aperto. Ma
solo per 48 ore. Grande delusione per Hamas
Madonna sfida la dilagante omofobia russa
adonna sfida i russi. Al con-
certo di San Pietroburgo, ie-
ri, è apparsa con una scritta sulla
schiena: “No Fear” (nessuna pau-
ra), ha lanciato il suo proclama in
difesa dei diritti dei gay. «La co-
munità gay, gli omosessuali, hanno
lo stesso diritto di vivere con di-
gnità, con rispetto ed amore», ha
detto dal palco la popstar italo-
americana. E i russi non l’hanno
presa bene, sia a livello di autorità
(il vicepremier Dmitri Rogozin l’ha
definita una «ex pu***na, ora dà
lezioni di morale, soprattutto
quando è all’estero» su Twitter),
che a livello popolare: gli ortodossi
hanno indetto una loro manifesta-
zione fuori dal concerto, insultan-
do i gay, insultando lei e condan-
nando al rogo le sue magliette. È
una tournée da battaglia per Ma-
donna Ciccone in Russia: già al
suo concerto di Mosca, il 7 agosto
scorso, aveva lanciato un proclama
per la liberazione delle Pussy Riot,
le tre ragazze del collettivo anar-
chico femminile, finite in galera e
tuttora sotto processo per aver
“dissacrato” la cattedrale di Cristo
Salvatore. A San Pietroburgo, in-
vece, ha deciso di sfidare aperta-
mente la nuova legge locale che
vieta la “propaganda” gay. Ma gli
attivisti dei diritti omosessuali della
città russa non sembrano aver gra-
dito il suo sostegno. Jurij Gabri-
kov, dell’associazione Gay Russia
l’accusa di «ipocrisia». «Non è
sufficiente dire qualche parola in
favore degli omosessuali tra due
canzoni durante un concerto». Se-
M
condo Gabrikov il gesto migliore
e più opportuno sarebbe stato
l’annullamento dell’evento. La leg-
ge anti-propaganda gay è in vigore
da febbraio e c’era dunque tutto
il tempo per programmare la tour-
née escludendo la città proibizio-
nista.
I gesti eclatanti delle popstar
occidentali, tutte le volte che si oc-
cupano di diritti umani altrove nel
mondo, lasciano sempre un po’
perplessi. Suonano più come atti
auto-promozionali che non come
impegni sinceri. Sacha Baron Co-
hen, nel suo dissacrante film “Bru-
no”, già ci aveva mostrato la realtà
degli uffici di relazioni pubbliche
per Vip che, dai loro uffici hi-tech
della California, suggeriscono cam-
pagne a favore dell’ecologia o di
questo o quel diritto, a seconda
dell’immagine che possono dare al
loro famoso cliente. Madonna non
pare sfuggire a questa superficia-
lità.
Ma almeno ha permesso all’au-
dience mondiale di toccare con
mano che cosa stia diventando la
Russia.
Oltre alla nostalgia per l’icono-
grafia sovietica, infatti, nel grande
Impe… pardon, Federazione, si
stanno creando tutte le premesse
per un ritorno di fiamma del mo-
nopolio della Chiesa ortodossa sul-
la cultura. E in molti casi anche
sulla politica. Se il presidente Vla-
dimir Putin viene spesso e volen-
tieri paragonato al nuovo zar, al
suo fianco non può mancare il pa-
triarca Cirillo, braccio spirituale
del potere del Cremlino. Anche per
questo la nuova Russia è amata
dai conservatori italiani, da quelli
che vorrebbero “fare come Putin”.
Ma proprio per questo, tutti i russi
che si mettono in rotta di collisio-
ne con la Chiesa ortodossa vivono
una vita sempre più dura. Le Pussy
Riot, a gennaio, avevano insultato
pubblicamente Putin sulla Piazza
Rossa e tutto quel che avevano ri-
mediato era stata una multa. A
febbraio lo hanno fatto nella cat-
tedrale di Cristo Salvatore. E da
allora sono in carcere, trattate co-
me criminali, per blasfemia e van-
dalismo.
Il bersaglio preferito di questo
revival religioso è proprio la co-
munità gay. La legge di San Pietro-
burgo vieta esplicitamente «azioni
pubbliche volte a propagandare la
sodomia (sic!), il lesbismo, la bi-
sessualità e la transessualità tra i
minori». L’intento della legge è,
appunto, quello di vietare la pro-
paganda rivolta ai minorenni, ma
di fatto si traduce in un divieto to-
tale di ogni forma di comunicazio-
ne. «Il termine “propaganda omo-
sessuale” è estremamente vago –
dice una lesbica a Radio Free Eu-
rope – anche quando dico in pub-
blico “ti amo” alla mia compagna,
può essere considerato un reato di
propaganda». La pena prevista è
una multa molto salata, circa
15mila euro. San Pietroburgo non
è l’unica città ad aver introdotto
leggi simili: anche a Ryazan, Ar-
cangelo e Kostroma, gli omoses-
suali non hanno più diritto di pa-
rola. Il problema, però, non è solo
fra le autorità. Ma anche nella cul-
tura popolare. Internet è ormai
zeppa di incitazione all’odio con-
tro gli omosessuali. VKontakte, il
più diffuso social network russo
ha anche vietato ai suoi utenti di
indicare nel loro profilo un partner
dello stesso sesso. Secondo un son-
daggio dell’istituto Levada, il 38%
dei russi ritiene che l’omosessualità
sia “una pessima abitudine”, per
un altro 36% è “una malattia o il
prodotto di un trauma psicologi-
co”. Attivisti gay e chiunque par-
tecipi a manifestazioni pubbliche,
rischiano il carcere o l’assalto di
folle omofobiche. Più il Cremlino
aumenta il livello di repressione,
più risulta popolare: non è solo
un’istanza dell’attuale classe diri-
gente, ma anche di gran parte
dell’attuale opposizione, costituita
soprattutto da nazionalisti.
Gli omosessuali russi avvertono
gli etero: «Questa legge sarà ap-
plicata anche alla gente eteroses-
suale che scende in strada a mani-
festare - dichiara Igor Kochetkov,
leader di Lgbt Network - contro i
giornalisti che scrivono cose sgra-
dite alle autorità, contro tutti co-
loro che, semplicemente, vogliono
difendere i loro diritti. Non dob-
biamo pensare che i deputati che
approvano questa legge siano stu-
pidi o ingenui. Stanno strumenta-
lizzando i sentimenti di parte del-
l’opinione pubblica e il loro scopo
non riguarda solo la repressione
di gay e lesbiche. Riguarda tutti i
cittadini che pensano con la loro
testa».
Una prova che le nuove leggi
“morali” russe stiano andando an-
che oltre il campo della repressione
dei gay, è la nuova legge sulle Ong
straniere. Secondo la nuova legge,
quelle che ricevono fondi dall’este-
ro, sono bollate come “agenti stra-
nieri”. Devono ri-registrarsi entro
90 giorni, pena la chiusura. Se la
registrazione è considerata incom-
pleta, devono pagare multe nell’or-
dine dei 25mila euro. Questa legge
colpisce soprattutto le Ong reli-
giose, cattoliche e protestanti in
particolare, che ricevono soldi dal-
le loro chiese all’estero. Non solo
i gay sono nel mirino, ma tutti co-
loro che non vogliono imboccare
la nuova via per la teocrazia orto-
dossa.
(ste. ma.)
Lakhdar Brahimi
è la scelta giusta
per mediare fraAssad
e i ribelli? Chiunque
venga inviato dovrà
affontare un ostacolo
in più: ripristinare
la fiducia nell’Onu
La popstar americana
ha violato apertamente
la legge che vieta
la“propaganda”gay
L’opinione pubblica
russa è convinta
che gli omosessuali
siano malati o disturbati
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 11 AGOSTO 2012
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