Page 2 - Opinione del 12-9-2012

II
ECONOMIA
II
Il guaio dell’istruzione è che spendiamomale
di
FEDERICO PUNZI
nche quest’anno il rapporto
Ocse Education at Glance (su
dati 2009) suggerisce che il pro-
blema del sistema educativo ita-
liano non è legato tanto alla
quantità della spesa, quanto alla
sua qualità ed efficienza, smen-
tendo così i soliti luoghi comuni
statalisti. La nostra spesa è trop-
po squilibrata, da un lato a favo-
re di scuole primarie e secondarie
inferiori, mentre soffrono licei e
università, dall’altro sulla spesa
corrente (salari) a danno degli in-
vestimenti (edilizia e strumenti).
In Italia gli insegnanti vengono
pagati molto meno dei loro col-
leghi ma sono uno ogni 11,3
alunni nella scuola primaria (me-
dia Ocse 15,8, Francia 18,7 e
Germania 16,7) e uno ogni 12
nelle secondarie (media Ocse
13,8,
Francia 12,3 e Germania
14,4).
Le famiglie fanno la loro par-
te, semmai è quasi trascurabile il
contributo di enti privati, che non
sono incentivati ad investire nel-
l’istruzione né da vantaggi fiscali
né da una governance aperta e
trasparente. E a fronte di una spe-
sa che rispetto al Pil pro-capite è
in linea con le medie Ocse e Ue,
e con quella dei paesi europei più
simili al nostro, sforniamo pochi
laureati e i nostri studenti sono
mediamente meno preparati.
Ma scendiamo nel dettaglio.
Nel 2009 abbiamo speso in istru-
zione il 4,9% della nostra ric-
chezza (+0,1 rispetto al 2008),
1,3
punti percentuali sotto la me-
dia Ocse (6,2%) e 1 punto sotto
la media Ue (5,9%). La Francia
ha investito il 6,3% del suo Pil e
la Germania il 5,3%, rispettiva-
mente +0,3 e +0,5 rispetto al
2008.
Questi dati si riferiscono
però alla spesa complessiva, cioè
a quanto l’intera collettività – sta-
to e privati – ha speso per l’istru-
zione. La spesa pubblica rispetto
A
al Pil è stata del 4,7%, contro il
5,8
della media Ocse e Ue, il 5,9
della Francia e il 5,1 della Ger-
mania. La tendenza comunque è
in lieve aumento – la spesa era il
4,7%
del Pil nel ‘95, ma è stata
del 4,4 nel 2000 e del 4,5 nel
2005 –
considerando che durante
la crisi il nostro Pil è calato molto
più che in Francia e Germania.
Piuttosto è l’incidenza della
voce istruzione sul totale della
nostra spesa pubblica a far regi-
strare un divario pesante. Solo 9
dollari ogni 100 vengono spesi
dallo stato in istruzione, contro i
13
della media Ocse, gli 11,5 del-
la media Ue, 10,4 della Francia e
i 10,5 della Germania.
In Italia è particolarmente ca-
rente il contributo dei privati alla
spesa per l’istruzione: solo il
9,3% (
era l’8,6% nel 2008) della
spesa totale in istruzione è giunta
da fonti private, quasi la metà ri-
spetto alla media Ocse (16%) e
alla Germania (15%), leggermen-
te meno rispetto alla media Ue
(10,5%)
e alla Francia (9,8%).
La tendenza tuttavia è in aumen-
to, come in Germania, mentre in
Francia e in altri paesi Ocse cre-
sce maggiormente la mano pub-
blica. Stupiscono anche nella spe-
sa privata gli squilibri. Famiglie
ed enti privati insieme contribui-
scono alla spesa scolastica (scuole
primarie e secondarie) per il
7,8%
in Francia e per il 12,4%
in Germania, mentre da noi le fa-
miglie per il 2,8 e gli enti privati
per lo 0,1%. In Italia il contribu-
to dei privati pesa molto più nel-
l’istruzione terziaria: rappresen-
tano il 31,4 della spesa (+2
rispetto al 2008, il 22,5% nel
2000),
contro il 30 della media
Ocse, il 21,4 della media Ue, il
16,9%
in Francia e il 15,6% in
Germania. Si tratta però di soldi
che provengono per lo più dalle
famiglie (23,8%), le quali in
Francia, per esempio, contribui-
scono solo per il 9,7% all’istru-
zione terziaria.
Ma l’indicatore più adeguato,
per depurare il confronto con gli
altri paesi dalle differenze di ric-
chezza e demografiche, è la spesa
per studente, a cui anche l’Ocse
dà precedenza nel suo rapporto.
Ciascuno studente nel suo percor-
so formativo dalla prima elemen-
tare alla maturità costa in Italia
116.219
dollari, contro una me-
dia Ocse di 107 mila e Ue di 108
mila. Nella media, invece, le spese
di Francia (circa 106 mila dollari)
e Germania (109 mila).
I rapporti si invertono quando
si osserva la spesa per l’istruzione
terziaria. In Italia spendiamo “so-
lo” 43.218 dollari a studente, in
Francia se ne spendono circa 59
mila e in Germania oltre 70 mila.
Uno squilibrio che si riflette an-
che nella spesa annuale per stu-
dente attraverso l’intero ciclo di
studi. In Italia è superiore alla
media Ocse e dell’Ue, e persino
alla spesa che sostengono Francia
e Germania, per le scuole prima-
rie, più o meno simile nelle scuole
medie, mentre drammaticamente
inferiore a quella francese e tede-
sca è la spesa per l’istruzione se-
condaria superiore e terziaria.
Elementari: Italia 8.669, Francia
6.373,
Germania 6.619, media
Ocse 7.719, media Ue 7.762; Me-
die: Italia 9.165, Francia 9.111,
Germania 8.130, media Ocse
8.854,
media Ue 9.369; Superiori:
Italia 9.076, Francia 12.809, Ger-
mania 11.287, media Ocse 9.755,
media Ue 9.666; Università: Italia
9.562,
Francia 14.642, Germania
15.711,
media Ocse 13.728, me-
dia Ue 12.967.
La spesa sostenuta in Italia
ogni anno per ciascuno studente
considerando tutti i livelli di
istruzione supera di poco i 9 mila
dollari, cifra solo leggermente in-
feriore alle medie Ocse e Ue, e al-
la spesa di francesi e tedeschi, an-
che se come abbiamo visto la
nostra è troppo concentrata su
elementari e medie a danno di li-
cei e università.
Ma per un paese dal Pil pro-
capite decisamente inferiore a
quello di francesi e tedeschi, spen-
dere per studente più o meno
quanto spendono loro significa
in realtà un maggiore sforzo per
l’istruzione. In Italia, infatti, sem-
pre secondo il rapporto, la spesa
annuale per studente in rapporto
al Pil pro-capite è identica alla
media Ue, di un punto sopra alla
spesa dei tedeschi, di uno sotto
rispetto alla media Ocse e alla
Francia. Anche qui la spesa risul-
ta squilibrata in favore delle scuo-
le primarie, mentre è di 13-14
punti sotto Francia e Germania
se si prende in esame l’istruzione
terziaria.
A fronte di livelli di spesa nel-
la media, o comunque paragona-
bili ai paesi europei più simili al
nostro, otteniamo risultati ampia-
mente peggiori.
Solo il 15% della popolazione
adulta (25-64 anni) è laureato,
meglio solo della Turchia e come
il Portogallo, contro una media
Ocse del 31 e Ue e del 28%, il
29%
in Francia e il 27 in Germa-
nia. Nella fascia di età 25-34 anni
sono il 21%, contro il 38% della
media Ocse e il 35 della media
Ue. Inoltre, aumentano le diffi-
coltà dei laureati a trovare lavo-
ro: tra il 2002 e il 2010 il tasso
di occupazione è sceso
dall’82,2% al 78,3%.
Secondo l’Ocse
la nostra spesa è troppo
squilibrata, da un lato
a favore di scuole
primarie e secondarie
inferiori, mentre
al contrario soffrono
licei e università
La spesa sostenuta
in Italia ogni anno
per ciascuno studente
supera di poco i 9 mila
dollari, cifra solo
leggermente inferiore
alle medie Ocse e Ue.
E alla spesa dei tedeschi
segue dalla prima
Cinque riforme
(...)
Promuovere queste riforme, tese ad af-
fiancare all’azione di risanamento anche il
tentativo di eliminare le anomalie specifiche
italiane, è compito della cultura politica
d’ispirazione liberale. Quella cultura che
è presente nelle tre grandi aree politiche
italiane del centro destra, del centro sinistra
e delle forze intermedie. E che, sia pure con
sensibilità e priorità diverse, ha da tempo
identificato nelle riforme delle istituzioni,
del fisco, del lavoro, delle autonomie e del-
la giustizia i nodi principali da sciogliere
per liberare il paese dai condizionamenti
negativi che esso stesso si è creato nel tem-
po. La proposta che L’
Opinione
lancia ai
liberali (o liberal) di tutti gli schieramenti
non è di realizzare una impossibile riuni-
ficazione o un irrealistico inciucio trasver-
sale ma di restare ognuno solidamente an-
corato al proprio campo concordando solo
l’impegno a portare avanti la realizzazione
delle cinque grandi riforme indicate. Qual-
cuno, dopo le elezioni, si ritroverà tra i vin-
citori, qualche altro tra i vinti. O forse tutti
si ritroveranno obbligati ad una convivenza
innaturale come quella dei sostenitori del-
l’attuale governo tecnico.
Ma se ci sarà tra i liberali di destra, di
centro e di sinistra un impegno comune a
perseguire le cinque grandi riforme indi-
spensabili per il paese la nuova legislatura
perderà l’aspetto attuale di salto nel buio
e diventerà l’occasione per la tanto attesa
ripresa.
Per discutere di questo impegno e di
queste riforme
L’Opinione
ha organizzato
un convegno per il 22 settembre all’Hotel
Fiordigigli di Fonte Cerreto di Assergi
(
L’Aquila) a cui ha invitato i personaggi
più rappresentativi della cultura liberale
dei diversi schieramenti in campo.
L’obbiettivo è dimostrare che celebrare
le elezioni non sarà inutile se all’agenda
Monti chiesta dall’Europa non si aggiunge
l’agenda Italia imposta dalle necessità spe-
cifiche del nostro paese.
ARTURO DIACONALE
L’alleanza statalista
(...)
Tant’è che gli ultimi dati Istat per l’an-
no in corso, drammaticamente rivisti al ri-
basso sul piano della crescita e dei consu-
mi, ci dicono che l’unico settore che
continua a lievitare sul fronte della spesa
è quello pubblico. Ebbene, proprio per evi-
tare che persino sul fronte delle pensioni
si torni indietro, così come minacciano di
fare molti esponenti del Pd e di Sel, ripe-
tendo l’incauta abolizione prodiana dello
scalone che ci costò circa 10 miliardi di
euro, appare fondamentale presentare al
paese una proposta politica che sappia co-
niugare il necessario rigore - quest’ultimo
espresso sul fronte della spesa e non su
quello delle tasse, ovviamente da alleggerire
-
con il senso di responsabilità individuale
ed il conseguente spirito d’iniziativa dei
cittadini.
Personalmente, come già detto, il colore e
l’etichetta giunti a questo punto contano
ben poco. L’importante è che, così come
avvenne con la famosa discesa in campo
che sfasciò letteralmente la gioiosa mac-
china da guerra di occhettiana memoria,
si faccia e si faccia in fretta. L’Italia non
può più attendere.
CLAUDIO ROMITI
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MERCOLEDÌ 12 SETTEMBRE 2012
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