Page 1 - Opinione del 13-10-2012

Direttore ARTURO DIACONALE
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Sabato 13 Ottobre 2012
delle Libertà
La droga mediatica che corrode la democrazia
l vero limite del moralismo esa-
sperato che domina su tutti i
principali media del paese, pubbli-
co o privati che siano, è di non po-
ter avere alcun limite. Questo mo-
ralismo è condannato a crescere,
sempre e comunque. Perché se non
è alimentato di continuo perde vi-
gore, diventa inefficace, non buca
il sempre più resistente muro di in-
differenza dell’opinione pubblica,
non riesce a scavalcare la barriera
crescente di assuefazione che le
stesse incessanti campagne di mo-
ralismo hanno costruito nel paese.
Il termine assuefazione chiarisce
perfettamente la natura del feno-
meno. Il moralismo agisce sul cor-
I
po sociale così come una droga
agisce su di un corpo fisco. Deve
essere iniettato quotidianamente
ed a dosi che non possono decre-
scere ma, al contrario, debbono
aumentare progressivamente. Per-
ché se il flusso di moralismo che
viene messo in circolo nella società
diminuisce, gli effetti sono imme-
diati. Le vendite dei giornali cala-
no, l’audience si riduce, gli introiti
dei proprietari dei media scendono.
E, soprattutto, l’attenzione generale
tende a spostarsi dal particolare
enfatizzato al generale nascosto.
Cioè dagli sprechi che giustamente
indignano alla ragione di questi
sprechi. E poiché chi denuncia i
particolari non sa dare risposte al-
cune ai problemi da cui derivano
i particolari urticanti e scandalosi,
si preferisce aumentare la dose del-
lo scandalismo per nascondere la
propria incapacità di contribuire
in qualche modo alla soluzione
della questione generale.
Il fatto che lo scandalismo sia
una droga mediatica che produce
assuefazioni progressive su una so-
cietà destinata presto o tardi fatal-
mente a collassare proprio a causa
dell’intossicazione crescente, non
significa, però, però che gli scandali
debbano essere nascosti, che la mo-
rale non vada predicata, che l’etica
e la legalità non debbano essere
valori da difendere e sostenere ad
ogni costo.
Significa, al contrario, che la de-
nuncia deve trova un limite nella
proposta di soluzione generale del
problema. E che se si pensa che
l’unico modo di reagire, ad esem-
pio, agli sprechi inaccettabili delle
Regioni o della politica sia solo
quello di stracciarsi le vesti in se-
gno di suprema indignazione, vuol
dire che chi distribuisce la droga
del moralismo senza il limite di
una qualche idea propositiva tesa
ad eliminare il drammatico feno-
meno è solo uno spacciatore irre-
sponsabile.
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2
Autonomie locali: il bancomat degli sprechi
ulla spinosa questione della au-
tonomia regionale, trasformata
in un irresponsabile bancomat dalla
modifica del titolo V della Costitu-
zione, il governo ha presentato un
provvedimento tardivo. Manca tal-
mente poco alla fine della legislatu-
ra che appare quasi impossibile rea-
lizzare una rettifica di tale
importanza. Ed è quindi assai pro-
babile che la patata bollente di un
parziale ritorno ad un centralismo
statale,obbligato dai bilanci cata-
strofici di molte regioni, venga sca-
ricata sulla maggioranza futura. È
il modo stesso con cui la citata au-
tonomia è stata applicata un po’
ovunque che costituisce una falla
S
non solo per una spesa pubblica che
nessuno riesce a contenere, ma an-
che nei confronti di quell’elementare
buon senso che, evidentemente, con-
tinua a difettare all’interno di una
classe politica sempre più orientata
a spendere in modo dissennato i
quattrini dei contribuenti. Come è
stato infatti possibile concepire un
sistema in cui l’ente che gestisce le
risorse, la regione, se le vede in gran
parte piovere dal cielo attraverso
un prelievo fiscale in gran parte rea-
lizzato dallo stato centrale? Ed è
proprio questo il bancomat: un
meccanismo perverso fondato su
una totale dicotomia tra chi spende
e chi esercita il prelievo. Ciò svin-
cola quasi completamente gli am-
ministratori locali da quel tanto de-
cantato controllo democratico, im-
pedendo ai relativi cittadini di
mettere in relazione l’andamento
contabile della regione con l’entità
delle imposte versate ad hoc. Quin-
di accade che i dissesti finanziari di
una miriade di enti, autonomi solo
dal lato delle uscite, vengano poi
spalmati su una fiscalità generale di
cui non si comprendono le mille e
più voci, ma solo l’insostenibile pe-
santezza. Ora, alla luce dell’incre-
mento di spesa che gli stessi enti re-
gionali hanno realizzato proprio
negli ultimi 11 anni, quasi l’80%
contro il 23% d’inflazione, viene al-
la mente una considerazione: o l’au-
tonomia presuppone la responsabi-
lità nei due sensi, oppure è molto
meglio tornare ad una forma molto
più centralizzata nella gestione dei
soldi pubblici. Soprattutto perchè
all’interno di un sistema pervaso in
ogni ambito dall’invadenza della
politica, l’attuale autonomia locale
è servita ad allargare la platea di chi
prospera con i soldi degli altri. E
tutto questo, con i nobili scopi del
federalismo c’entra ben poco.
di
CLAUDIO ROMITI
Come è stato possibile
concepire un sistema
in cui l’ente che gestisce
le risorse, la regione,
se le vede in gran parte
piovere dal cielo
attraverso un prelievo
fiscale per la maggior
parte realizzato proprio
dallo stato centrale?
di
ARTURO DIACONALE
Si dirà che ognuno deve
fare il proprio mestiere
e che chi denuncia
gli scandali non è tenuto
ad indicare come
prevenirli.Vero, ma solo
in parte: la denuncia
degli scandali nasce
dalla conoscenza
di ciò che si denuncia
Palermo,ultimoaffondo contro il Colle
K
Il presidente della Repubblica è
stato intercettato perché non è un Re.
Lo si legge negli atti depositati alla Con-
sulta dalla procura di Palermo che, nel
conflitto tra poteri dello stato sollevato
dal Quirinale, si è costituita, argomen-
tando che se il Capo dello stato avesse
«
un’immunità assoluta» e «gli si ricono-
scesse una totale irresponsabilità giuri-
dica anche per i reati extrafunzionali»,
questo coinciderebbe con la «qualifica
di “inviolabile” che caratterizza il so-
vrano nelle monarchie». «Un’immunità
assoluta - si legge nella memoria - po-
trebbe essere ipotizzata per il presi-
dente della Repubblica solo se,
contraddicendo i principi dello stato de-
mocratico -costituzionale, gli si ricono-
scesse una totale irresponsabilità
giuridica anche per i reati extrafunzio-
nali. Una simile irresponsabilità fini-
rebbe invece per coincidere con la
qualifica di “inviolabile”, che caratterizza
il Sovrano nelle monarchie ancorché li-
mitate: una inviolabilità che implicava la
totale immunità dalla legge penale non-
chè dal diritto privato quanto a partico-
lari rapporti.