Page 5 - Opinione del 13-10-2012

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ESTERI
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Biden urla come Chrushev
ma ottiene un inutile pareggio
di
STEFANO MAGNI
anville, Kentucky: Joe Biden è
partito all’attacco, lancia in re-
sta contro il candidato vicepresiden-
te repubblicano Paul Ryan. Il suo
scopo era chiaramente quello di ri-
dicolizzare l’avversario, di trent’anni
più giovane. Nonostante tutto, Ryan
è sopravvissuto. E lo scontro è finito
con un sostanziale pareggio, come
dimostrano i sondaggi.
La potenza di fuoco di Biden è
stata notevole, adatta a galvanizzare
la base democratica, ma forse ecces-
siva per un pubblico di moderati.
Ha interrotto l’avversario per 82
volte (contate) e ridendo ogni volta
che Ryan parlava. Più che un atteg-
giamento da vicepresidente ameri-
cano in carica, “Joltin’ Joe” ricor-
dava Nikita Chrushev all’Onu:
quello della scarpa battuta sullo
scranno. A suo favore, questa volta,
c’era anche la moderatrice, Martha
Raddatz. Vogliamo parlarne? Lungi
dall’essere sopra le parti, ha dato a
Biden molto più spazio rispetto allo
sfidante repubblicano: 1 minuto e
mezzo in più, un’enormità in uno
scontro in cui i tempi sono misurati
al centesimo. Quando il candidato
vice di Romney stava mettendo in
difficoltà l’avversario sulla mancata
protezione del consolato a Bengasi,
lei ha cambiato argomento. I Re-
pubblicani lo temevano: Martha
Raddatz è personalmente vicina a
D
Barack Obama, tanto da averlo in-
vitato al suo matrimonio. Eppure è
parere unanime dei media (ameri-
cani e italiani) che la Raddatz abbia
svolto un ottimo lavoro. D’altra par-
te, come insegna il film “Frost/Ni-
xon, il duello”, essere un buon gior-
nalista è sinonimo di “come ti
inchiodo il cattivo repubblicano”.
Quanto ad argomenti, Biden non
ha dimostrato di saper difendere al
meglio l’amministrazione Obama.
Ha detto una mezza bugia sulla Li-
bia: benché l’abbia negato, l’ammi-
nistrazione era perfettamente al cor-
rente che l’attacco al consolato di
Bengasi dell’11 settembre scorso
(
dove è morto l’ambasciatore Chri-
stopher Stevens) fosse un atto ter-
roristico. Joe Biden ha anche volu-
tamente sminuito la minaccia di
Teheran, ignorando l’ultimo rappor-
to dell’Aiea sullo stato di avanza-
mento della ricerca iraniana sulle te-
state nucleari. E, dimostrando di
aver poca padronanza con le carte
geografiche, ha definito la Siria «cin-
que volte più grande della Libia»
(
sic!). In campo economico, il vice-
presidente in carica ha attribuito la
causa della crisi al taglio delle tasse
sui ricchi”. Ribadendo, implicita-
mente (nell’Iowa lo ha detto espli-
citamente) di voler alzare le imposte.
Gli americani lo apprezzano? Ha in-
terrotto infinite volte Paul Ryan sul
budget, ma non è riuscito a contrad-
dire la sua critica: di quante migliaia
di miliardi è aumentato il debito
pubblico americano in questi quat-
tro anni?
Da un punto di vista dell’imma-
gine, Biden ha vinto perché il pub-
blico si ricorderà solo di lui. Da un
punto di vista dei contenuti, ha per-
so per chiunque abbia ascoltato ve-
ramente quello che ha detto e come
lo ha espresso. La Cnn dà la vittoria
a Ryan: 48% contro 44% nel suo
instant poll. Al contrario, secondo
la Cbs, il vice di Obama ha strac-
ciato l’avversario 50% a 31%. Se-
condo il sondaggio della Cnbc,
Ryan ha battuto Biden 53% a 41%.
L’impressione è che abbiano real-
mente pareggiato. Ma ai Democra-
tici, dopo la batosta subita da Oba-
ma, non serviva un pareggio. Serviva
loro una vittoria decisiva. E non l’-
hanno avuta.
Nobel per la Pace all’Ue. Walesa: «Delusione»
K
Il premio Nobel per la Pace, quest’anno, va all’Unione Euro-
pea. Nel coro di felicitazioni, c’è una sola voce di dissenso, quella di
Lech Walesa, storico leader di Solidarnosc
Turchia controSiria
L’Akpcontro tutti
Dopo la figuraccia
di Barack Obama,
ai Democratici serviva
una vittoria strepitosa.
Ma nonostante
un energico Joe (e una
moderatrice di parte),
Ryan ha tenuto duro
Fidel morto e risorto 24 volte
Il suo regime fa vittime vere
i nuovo si sente il tintinnio di
sciabole sulla frontiera turco-
siriana. I ribelli hanno conquistato
una base aerea dell’esercito rego-
lare vicina al confine anatolico. E
il governo Erdogan ha dato un’al-
tra dimostrazione di forza: ha fat-
to levare in volo due caccia F-16
per rispondere ad un attacco aereo
dei regolari di Damasco contro la
città di frontiera di Azmarin. In
caso di sconfinamento, gli elicot-
teri siriani verrebbero immediata-
mente abbattuti. Secondo quanto
si legge sul quotidiano turco Hur-
riyet, che cita fonti governative,
l’aviazione militare invierà 15 jet
da combattimento alla base di
Diyarbakir, nel Sudest del Paese.
Il giornale annuncia poi che altri
60
carri armati saranno spostati
nella regione, per un totale di 250
tank schierati nell’area. Teorica-
mente potrebbero passare il con-
fine da un momento all’altro: il
parlamento di Ankara ha dato
l’autorizzazione a intervenire, se il
governo lo richiedesse. Per ora, co-
munque, appare ancora remota la
possibilità di una guerra. Anche
perché, al suo interno, la Turchia
è profondamente divisa. Forte dei
sondaggi, che danno al 55% l’opi-
nione pubblica contraria a
un’azione di forza, l’opposizione
è partita all’attacco, a testa bassa,
contro il governo Erdogan. Il par-
lamento di Ankara, controllato dal
D
partito Akp di Erdogan, ha boc-
ciato una dura mozione di censura
presentata dal leader del principale
partito di opposizione, il Chp, Ke-
mal Kilicdaroglu, contro il mini-
stro degli Esteri Davutoglu, accu-
sato di attuare una politica estera
«
pericolosa e rischiosa per il pae-
se». Kilicdaroglu ha definito il ca-
po della diplomazia di Ankara «un
ministro degli Esteri la cui incom-
petenza è nota a tutto il pianeta».
Il capo della diplomazia turca non
l’ha presa bene: Davutoglu ha an-
nunciato che querelerà per diffa-
mazione il capo dell’opposizione.
Il leader della minoranza ke-
malista rimprovera al governo isla-
mico, non solo “l’avventurismo”
in Siria, ma anche il braccio di fer-
ro con la Russia. Dopo il seque-
stro temporaneo e l’ispezione di
un aereo civile siriano, fatto atter-
rare ad Ankara durante il suo volo
da Mosca a Damasco, il Cremlino
sta alzando i toni con i turchi. Il
ministro degli Esteri russo Sergej
Lavrov sfida Erdogan a mostrare
in pubblico quanto sequestrato su
quell’aereo civile. Il governo di An-
kara non ha ancora risposto alla
richiesta, continuando, però, ad
affermare che a bordo vi fossero
equipaggiamenti militari destinati
al regime di Assad. Brutta figura
in vista per Erdogan, se la sua tesi
dovesse essere smentita dai fatti.
MARIA FORNAROLI
idel Castro, il dittatore di Cu-
ba, è morto e risorto per la
ventiquattresima volta. Giovedì
sera, la notizia della sua “morte
celebrale” era stata pubblicata sul
blog del cubano in esilio Alberto
Muller, di Miami. Subito dopo era
rimbalzata sul quotidiano del Ve-
nezuela El Nacional. E i social
network sono immediatamente
esplosi. La dipartita del dittatore
è stata la notizia più “twittata”
per tutta la notte, in mille e più
varianti. Chi per esprimere il suo
dolore, chi per festeggiare la libe-
razione di Cuba dal tiranno, non
si è parlato dal tramonto all’alba.
Eclissando, anche, il dibattito fra
i vicepresidenti americani, che sta-
va avvenendo in quelle stesse ore.
Yoani Sanchez, la dissidente e
blogger cubana appena arrestata
e rilasciata, ha ricevuto decine di
telefonate di persone che chiede-
vano a lei (e non ai medici) quali
fossero le condizioni di salute del
Lìder Maximo. Una conferma
non è mai giunta. In compenso
sono arrivate le smentite. Il blog-
ger filo-governativo cubano Yo-
handry Fontana ha dato «una
brutta notizia per i terroristi di
Miami»: Fidel è ancora vivo e
lotta con noi. E, detto questo, ha
brindato alla sua salute con un
sorso di rum (Havana Club). Ieri
mattina è intervenuto anche un
figlio di Castro, Alex: «Il Co-
F
mandante sta bene, fa le sue at-
tività quotidiane, legge, fa i suoi
esercizi».
Insomma, dobbiamo dedurre
che Fidel non muore mai. Ha già
battuto tutti i record mondiale di
permanenza al potere (49 anni da
capo dello Stato, 53 anni se si
conta anche l’ultimo periodo in
cui conserva una carica onoraria),
è sopravvissuto ad almeno 638
attentati (secondo i calcoli del-
l’Avana) e, con ieri sera, è resusci-
tato per la 24ma volta dopo che
era stato dato per morto da tutta
la stampa. La prima volta che si
diffuse una notizia sulla sua di-
partita risale al 1953, quando era
ancora un rivoluzionario all’op-
posizione del regime di Batista e
aveva appena fallito l’attacco alla
caserma Moncada. In quell’occa-
sione fu ferito, ma venne dato per
spacciato dai giornali cubani e in-
ternazionali. Da quando c’è Inter-
net e dilagano i social network, il
numero delle morti presunte del
dittatore cubano è aumentato
esponenzialmente: cinque volte
solo da quando va di moda Twit-
ter. Nel 2007, il blog di gossip
Perez Hilton” fu talmente con-
vincente che Castro dovette uscire
allo scoperto, con una dichiara-
zione pubblica, per dimostrare la
sua stessa esistenza in vita.
Se sono false le notizie delle 24
morti di Castro, sono purtroppo
vere quelle della morte di circa
10
mila cubani sotto il suo regime,
dal 1959 ad oggi. Il Memoriale
Cubano di Miami li ricorda con
una croce bianca per ogni vittima:
riempiono un’area grande quanto
un cimitero della Seconda Guerra
Mondiale. Potrebbe essere una sti-
ma ampiamente conservativa. Se-
condo i calcoli del politologo Ru-
dolph Rummel, il maggior esperto
dei crimini di massa del Novecen-
to, le vittime di Castro vanno (a
seconda delle fonti) da un minimo
di 35mila a un massimo di
141
mila. Il regime è vivo e vegeto.
E continua a far vittime. Proba-
bilmente anche quel dissidente,
Oswaldo Paya, ufficialmente mor-
to per un “incidente d’auto”, ap-
pena due mesi fa.
(
ste. ma.)
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 13 OTTOBRE 2012
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