II
POLITICA
II
E tutti si sollevarono al grido di“Forza spread!”
di
MAURIZIO BONANNI
orza spread! Lo slogan anti-Sil-
vio ricorda da vicino il grido
demenziale di “Forza Etna”, da
parte di alcuni esagitati, tifosi di
un mord ferocemente anti-sud, nel-
l’indimenticabile partita nazionale
tra campanili. A gridare “al lupo”
(
ovvero: il ritorno di Silvio ci ro-
vinerà, tra rialzi di spread e borse)
è la corazzata della stampa-tv di
sinistra, che invoca (stile suicida)
l’ira degli investitori internazionali
sulla ricandidatura a premier di
Berlusconi. Così facendo, però, Re-
pubblica & Co provocano due tre-
mendi effetti indesiderati, esatta-
mente come li avrebbe causati la
scissione tra nord e sud, invocata
dalla versione più radicale della
prima Lega: se quest’ultima stra-
tegia avesse avuto successo, infatti,
chi avrebbe comprato, in Italia, i
prodotti della Padania? Per rico-
noscere l’assurdità di quella riven-
dicazione politica, bastava, sem-
plicemente, ragionare sui livelli di
interscambio commerciale allora
esistenti tra le due macro aeree re-
gionali del nostro paese.
La prima martellata sulle dita,
di chi vuole crocifiggere il Cavaliere,
è rappresentata dallo scenario se-
guente: il terrorismo da risalita dello
spread è un favoloso assist per i po-
teri forti della finanza mondiale e
europea, che vogliono la continuità
del governo Monti, anche dopo le
prossime elezioni legislative, per ga-
rantire la stabilità dell’euro. Secon-
do colpo sull’alluce del martellatore
di sinistra: la “discesa in campo” di
Monti obbliga Bersani a fare un
passo forzato in avanti, per non ve-
dere ridotto sensibilmente a un mi-
sero 20% un bacino elettorale po-
tenziale, stimato dal Pd intorno al
32%.
Bersani, quindi, si vedrà co-
stretto a un indigesto matrimonio
morganatico con la lista pro-Monti,
da celebrare oltretutto “prima” delle
elezioni, se vorrà afferrare in extre-
mis il premio di maggioranza del
F
porcellum”. E qui, il Cavaliere ha
sferrato il suo vero colpo di coda,
prima di essere ibernato come di-
nosauro, facendo mancare l’appog-
gio del Pdl alle strampalate bozze
di riforma elettorale, proposte dai
soliti noti, in modo da dare una
concreta possibilità al centrodestra
di blocco al Senato, così come av-
venne nel 2006 con Prodi.
Ecco chiaramente spiegato il
vade retro” di Bersani a Monti, la
cui lista eventuale danneggerebbe
proprio il Pd, dato come sicuro vin-
citore dopo febbraio. Infatti, il Prof.
si tirerebbe dietro proprio quel cen-
tro moderato, al quale strizzano
l’occhio un po’ tutti, lasciando al
Pd solo l’area “rosa”, che ruota at-
torno al vecchio sodalizio tra bron-
tosauri del Pci ed ex sinistra demo-
cristiana, mentre Vendola farebbe
man bassa di consensi tra gli scon-
tenti della sinistra “rossa”. Con il
duplice effetto negativo (nel caso di
una candidatura esplicita di Monti),
per Bersani, di vedersi costretto -
come si è appena accennato - a do-
ver fare accordi di coalizione con i
montiani, pur di vincere la lotteria
del premio di maggioranza alla Ca-
mera, mettendosi contestualmente
al collo il nodo scorsoio di un pro-
babilissimo stallo al Senato, grazie
al blocco prevedibile esercitato dalle
opposizioni coalizzate di Vendola-
Grillo-Lega-Pdl, nettamente contra-
rie, per diverse e talora opposte ra-
gioni, alla prosecuzione delle
politiche montiane, già favorevoli
al mantenimento dell’euro e al ri-
spetto degli accordi con l’Europa.
Una piccola malignità: quanto
denaro investiranno i “poteri forti”
(
vedi recenti elezioni in Grecia) per
impedire alle forze anti-sistema (Le-
ga, Grillo, Sel e, in parte, Berlusco-
ni) di vincere le elezioni in Italia?
Cari concittadini, votate in massa,
per cortesia, protestando contro tut-
ti coloro che ci hanno resi poveri,
con questa “austerity”, buona sol-
tanto ad ingrassare gli attivi nelle
bilance dei pagamenti dei paesi eco-
nomicamente privilegiati (quelli,
tanto per capirci, che hanno opera-
to il cambio alla pari tra le rispet-
tive monete nazionali e l’euro). La
verità, però, è un’altra: ai mercati
interessa solo quanto accadrà “do-
po” febbraio, quando sarà chiaro
a tutti con quale governo andremo
ad affrontare i rigori finanziari di
Bruxelles. A noi, invece, interessa
fin da subito chiarire a tutte le Can-
cellerie che non accetteremo mai di
essere “eterodiretti”, proprio da
quei poteri forti che ci hanno por-
tato al disastro attuale, grazie alle
loro gigantesche bolle finanziarie,
originate da Wall Street e dintorni.
Occorre “gridare”, e non soltan-
to “dire” educatamente, che la no-
stra economia reale muore a causa
delle banche che, pur di non fallire,
sono pronte a uccidere la gallina
dalle uova d’oro: il lavoro di milio-
ni di uomini e donne che produce
la vera ricchezza nazionale. Mille
miliardi di euro se ne sono già an-
dati, solo per garantire gli istituti di
credito europei che i titoli dei debiti
sovrani non saranno svalutati, co-
stringendo il contribuente italiano,
greco e spagnolo a pagare centinaia
di miliardi di euro all’anno per in-
teressi sui debiti nazionali! Ora, c’è
bisogno di un uomo “forte” (l’esat-
to opposto di quel cavallo di Troia
della finanza mondiale, rappresen-
tato dal dimissionario, attuale ese-
cutivo dei “tecnici”), che dica a
chiare lettere a Germania, Francia,
Olanda, etc., che l’Italia non ci sta,
fino a mettere sul tavolo della trat-
tativa a Bruxelles la minaccia di un
nostro default.
Tanto, se volassimo in frantumi
noi, “loro” farebbero la stessa fine
in men che non si dica, pagando i
costi della evaporazione di quella
moneta artificiale che è l’euro, il cui
folle cambio è servito solo a dimez-
zare il potere di acquisto della stra-
grande maggioranza di noi italiani.
Quell’uomo forte dovrebbe dire,
chiaro e netto a tutti, mettendo sul
piatto la “spada di Brenno” del no-
stro fallimento (e, quindi, del loro),
che vogliamo far dimagrire proprio
quelle banche, detentrici della mag-
gior parte del nostro debito sovra-
no, obbligandole a farci uno “scon-
to” serio, svalutando almeno del
30%
i titoli in loro possesso, in mo-
do da farci respirare sui costi degli
interessi e da impiegare i risparmi
conseguenti in attività produttive e
in investimenti pubblici.
Poi, nessuna illusione: la crescita
ce la dobbiamo costruire da soli.
Per questo, occorrerà dare spazio
alle attività produttive vere, quelle
che hanno bisogno di operai e di
artigiani qualificati, gettando a mare
le attuali fabbriche di diplomi uni-
versitari, che non stanno in piedi,
di fronte all’impatto di una globa-
lizzazione che premia solo e soltan-
to chi mantiene un vantaggio tec-
nologico, vendendo prodotti ad alto
valore aggiunto di know-how. Con-
vinciamo i nostri giovani che un ot-
timo diploma professionale (che dia
risposta positiva al settore dell’of-
ferta di lavoro attuale) è molto più
vantaggioso di un parcheggio di al-
meno un lustro nelle non concor-
renziali università italiane! A meno
che non siate figli e nipoti di Mon-
ti-Fornero-Martone e possiate iscri-
vervi alla Bocconi (ma anche
quest’ultima, vedrete, diventerà una
fabbrica di disoccupati di lusso), o
diventare professori ordinari da ra-
gazzini. Chi si fa avanti per dire che
noi italiani ce le... abbiamo sotto?
Occorre spiegare che cosa?
Una candidatura
di Monti si tirerebbe
dietro molti moderati,
lasciando al Pd solo
l’area“rosa”, che ruota
attorno al vecchio
sodalizio tra brontosauri
del Pci ed ex sinistra Dc
K
Silvio BERLUSCONI
Quanto denaro
investiranno in Italia
i cosiddetti “poteri forti”
per impedire
alle forze anti-sistema
(
Lega, Grillo, Sel
e in parte, Berlusconi)
di vincere le elezioni?
segue dalla prima
Tripolarismo zoppo
(...)
Con il risultato di trasformare la propo-
sta del Monti-bis come una semplice “ope-
razione nostalgia” di un tempo ormai scom-
parso e non più riproponibile. La riprova più
illuminante ed inquietante di questa incapa-
cità di proporre accanto ad un nome anche
un progetto è venuta dalla curiosa pretesa di
Montezemolo di chiamare la propria aggre-
gazione “Verso la Terza Repubblica” rifiu-
tandosi, però, di indicare una qualsiasi ca-
ratteristica di questa fantomatica Terza
Repubblica. Come si può pretendere di pas-
sare dal bipolarismo al tripolarismo se poi
uno dei principali artefici del terzo polo non
solo non si mette alla guida del proprio eser-
cito e proclama il classico “armiamoci e par-
tite”ma non indica neppure ai propri uomini
quale dovrebbe essere la direzione di marcia?
Questa incapacità di elaborare un qualche
progetto politico capace di dare identità al
centro nasce dall’eredità culturale lasciata
dalla vecchia Dc. In particolare da quella
parte dello scudo crociato impregnata di
dossettismo, cioè di subalternità politica e
culturale alla sinistra marxista, che ha sem-
pre creduto che l’unica prospettiva politica
del centro sia quella della irreversibile alle-
anza con la sinistra. Non è un caso, ad
esempio, che oggi uno dei partecipanti al
progetto montezemoliano, cioè il presidente
della Acli Andrea Olivero, vada ripetendo
la necessità di una alleanza preventiva tra
i sostenitori del Monti-bis e quel Pd di Ber-
sani e Vendola che non ha alcuna intenzione
di lasciare alla guida del governo il Profes-
sore e punta ad assumere in prima persona
la guida del paese. Ma se l’unico centro pos-
sibile è solo quello subordinato al polo di
sinistra, perché stupirsi se il ritorno del ca-
valiere fa riscattare il bipolarismo?
ARTURO DIACONALE
L’altro rottamatore
(...)
Il tentativo vero per scardinare questa
ingessatura si è sviluppato con l’arrivo sulla
scena di Matteo Renzi, che ha tentato di
chiudere definitivamente con la presenza dei
neo o dei post-comunisti ma con poco suc-
cesso, dato che le primarie, come era preve-
dibile, le ha vinte l’apparato da rottamare
che ha determinato la vittoria di Bersani por-
tando indietro le lancette dell’orologio di ben
17
anni. Se avesse vinto Renzi il candidato
da contrapporgli era sicuramente Angelino
Alfano, ma avendo vinto Bersani c’è necessità
di evitare che lo sforzo renziano rimanga
un’incompiuta. Va completata, allora, la ri-
voluzione renziana rottamando quella parte
di Costituzione che può definirsi “la più brut-
ta del mondo”. E solo Berlusconi è in con-
dizioni di poterlo fare essendo, oggi, l’unico
in condizione di riaggregare e riorganizzare
le forze moderate e riformiste anche aldilà
dello stesso Pdl, e di poter tentare la vittoria.
Completare la rivoluzione renziana è per i
moderati un imperativo categorico teso a da-
re all’Italia uno status di governabilità che,
malgrado le alchimie, non può essere conse-
guenza di una legge elettorale ma dell’intro-
duzione del semipresidenzialismo. Non penso
ci possa essere qualcuno che realisticamente
possa individuare un candidato dei moderati
in grado di affrontare Bersani, con qualche
esigua speranza di successo, stante la diaspora
che ha cominciato da tempo a distruggere la
casa dei moderati. L’assenza di Berlusconi
avrebbe di sicuro allargato la schiera degli
astensionisti, mentre la sua presenza la riduce
sensibilmente, portandolo a ridosso da chi
già si sentiva seduto a Palazzo Chigi. Se non
fosse così, non si spiegherebbe la discesa in
campo di tutta la vecchia schiera di soldatini
antiberlusconiani che, da un anno a questa
parte, erano rimasti letteralmente disoccupati,
e la ripresa del giochino dello spread.
GIOVANNI ALVARO
K
Angela MERKEL
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GIOVEDÌ 13 DICEMBRE 2012
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