Pagina 3 - Opinione del 14-8-2012

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II
POLITICA
II
Tagliare le tasse? Impossibile,per colpa dei comuni
di
LUCA PAUTASSO
on c’è pace per il contribuente
italiano. Non si fa in tempo a
promettere di abbassare le tasse che
subito qualcun altro trova il modo
di aumentarle comunque. È il nuovo
gioco dell’estate italiana, con vacan-
zieri sempre meno in panciolle sotto
gli ombrelloni e sempre più in am-
basce tra l’ufficio del commercialista
e l’esattoria. Del resto le tasse si
comportano proprio come la calura
estiva: nel seno che da un lato c’è il
livello indicato dal termometro e
dall’altro c’è il caldo percepito. In
Italia la colonnina di mercurio, in
questo caso i dati Istat, ci dice che
nel 2012 il pressing del fisco sul con-
tribuente pesa per il 45% del reddi-
to. La verità è che chi paga le tasse
si vede sottrarre dallo stato tra il
55% e il 70% di quello che guada-
gna, perché costretto a pagare anche
sui redditi di chi evade.
Ecco perché quando qualcuno
promette di abbassare le tasse è sem-
pre bene prendere le sue dichiara-
zioni con le molle, quasi fosse uno
di quei santoni che nel Midwest
americano girano per le campagne
promettendo di far piovere sui cam-
pi assetati dalla siccità. Non se la
prenda per questo accostamento il
ministro dell’Economia, Vittorio
Grilli, che soltanto ieri l’altro ha pro-
messo agli italiani che il governo ri-
vedrà al ribasso la tassazione, anche
se con tempi non certissimi e pro-
babilmente ancora di là da venire.
Di sicuro l’inquilino di via XX Set-
tembre è in buona fede, e mosso
N
dalle migliori intenzioni. Il problema
è che mentre lui lavora alacremente
per abbassare le tasse c’è chi, con
un impegno almeno pari al suo, ga-
loppa in direzione opposta.
Chi sono? Gli enti locali, regioni
e comuni in testa. Mentre lo stato
prova (o almeno finge di provare) a
far quadrare con la spending re-
view, i comuni si cimentano in
un’assurda corsa al rialzo delle ad-
dizionali Irpef, per depredare il con-
tribuente di tutto ciò che Roma non
vuole più dare loro.
A dirlo è l’ultimo studio della
Cgia di Mestre: numeri alla mano
l’associazione degli artigiani e delle
pmi spiega come nei vari palazzi ci-
vici sparsi in giro per l’Italia invece
di razionalizzare le spese e limitare
gli sprechi si preferisca spremere i
residenti fino al limite consentito.
«Gli aumenti a livello comunale e
regionale delle addizionali Irpef do-
vrebbero costare ai contribuenti ita-
liani almeno 3,5 miliardi di euro»
dice Giuseppe Bortolussi, segretario
della Cgia. «Le città più colpite dagli
aumenti - prosegue Bortolussi - sono
Palermo, Torino, Genova e Venezia,
che però ha salvaguardato i redditi
più bassi».
Com’è successo? I conti fatti dal-
la Cgia fanno riferimento a due
provvedimenti di legge adottati nel
2011: il primo dal governo Berlu-
sconi, che ha consentito ai sindaci
di aumentare l’addizionale comu-
nale Irpef sino al valore massimo
dello 0,8%, il secondo dal governo
Monti, che attraverso il decreto
“Salva Italia” ha maggiorato dello
0,33% l’addizionale regionale Irpef.
In soldoni, ecco cosa succede: «Se
la prima misura dovrebbe portare
nelle casse comunali un gettito ag-
giuntivo oscillante tra 1,3 e 1,5 mi-
liardi di euro, la seconda, stando alle
previsioni dell’Esecutivo in carica,
assicurerà alle Regioni un incasso
di 2,2 miliardi di euro, garantendo
un gettito complessivo di almeno
3,5 miliardi di euro» spiega l’asso-
ciazione degli artigiani mestrini. «Se
l’aumento dell’addizionale comunale
si farà sentire su pensioni e buste
paga solo a partire dal 2013, gli in-
crementi a livello regionale, invece,
li stiamo pagando dal gennaio di
quest’anno». Come se non bastasse,
fanno notare dalla Cgia, si deve te-
nere conto che in aggiunta a questi
numeri Liguria e Toscana hanno ul-
teriormente ritoccato all’insù l’ad-
dizionale regionale Irpef.
Ma la Cgia di Mestre è andata
oltre, andando a vedere nel dettaglio
come si sono comportati i sindaci
delle grandi città. Si scopre così, ad
esempio, che tra i principali Comuni
capoluogo di provincia, solo sette
non hanno ancora deliberato l’even-
tuale variazione dell’addizionale co-
munale Irpef. Sono Ancona, Perugia,
Roma, L’Aquila, Campobasso, Bari
e Trento. Inutile illudersi, la stangata
potrebbe arrivare anche qui.
Tra quelli che invece lo hanno
già fatto, solo Firenze ha adottato
nel 2012 una aliquota inferiore a
quella del 2011: 0,2% in sostituzio-
ne dello 0,3%. Cinque i comuni che
invece hanno confermato l’addizio-
nale comunale Irpef del 2011: Ao-
sta, Bolzano, Bologna, Trieste e Po-
tenza. Queste ultime hanno
addirittura trascinato l’addizionale
comunale fino al livello massimo
dello 0,8%. Anche Torino, Milano,
Venezia, Genova, Catanzaro, Paler-
mo e Cagliari hanno inasprito l’ali-
quota.
In molti comuni, però, è stata
stabilita una soglia di reddito al di
sotto della quale l’addizionale non
è dovuta. Venezia, ad esempio, ha
elevato da 15mila a 20.100 euro la
soglia al di sotto della quale l’addi-
zionale non è dovuta. I contribuenti
di San Marco con reddito compreso
che rientrano in questa fascia nel
2012 risparmiano una cifra com-
presa tra i 29 e i 38 euro. Per tutti
gli altri, l’addizionale comunale Irpef
sarà più pesante rispetto al 2011.
In alcuni comuni si passa da un
metodo di calcolo dell’addizionale
su base proporzionale a un metodo
di tipo progressivo per scaglioni di
reddito. Un cambio che può essere
vantaggioso per i redditi più bassi.
«A Napoli, ad esempio, nel 2011 si
applicava l’aliquota del 0,5% sul-
l’intero reddito, mentre nel 2012 sul-
la quota di reddito sino a 15mila
euro si applica l’aliquota dello
0,45%, nella fascia da 15.000 a
28.000 euro l’aliquota è dello 0,5%,
solo sulle fasce superiori si supera
l’aliquota del 2011» spiegano dal
centro studi Cgia. «A Cagliari, in-
vece - dicono - il meccanismo a sca-
glioni fa sì che per il 2012 sui primi
15mila euro di reddito si applichi
una aliquota del 0,45%, vantaggio
che si assottiglia al crescere del red-
dito».
Non resta insomma che attende-
re pazientemente che Grilli ora man-
tenga al più presto le sue promesse.
Sperando che i suoi tagli riescano
almeno compensare i rincari altrui.
Il ministro Grilli vuole
ridurre la pressione
fiscale, ma gli enti locali
rincarano l’Irpef
Nelle grandi città
è aperta la caccia
al contribuente. Solo
Firenze taglia le aliquote
Alle banche salvate dallo stato (ora) piace il rischio
n recente paper
Public Reca-
pitalization and Bank Risk
della Banca dei Regolamenti In-
ternazionali (Bri) di Basilea det-
taglia come nel periodo 2000-
2010 le banche internazionali che
sono state salvate da interventi
pubblici hanno assunto rischi
molti più alti di quelle che non
hanno avuto bisogno di salvatag-
gi.
E sarebbe stato già grave se
fosse avvenuto prima della crisi,
ma è sicuramente condannabile
che sia continuato anche negli an-
ni della crisi.
In altre parole il loro compor-
tamento irresponsabile rispetto
ai risparmiatori, al mercato e a
chi ha invece cercato investimenti
più oculati, non è affatto cambia-
to. Come si dice, il lupo perde il
pelo ma non il vizio.
Perché non provarci una se-
conda volta dopo essere stati sal-
vati perché
too big too fail
? Lo
studio è stato fatto su 87 banche,
40 delle quali sono state salvate
dalla bancarotta, in gran parte
americane e inglesi. Prima della
Lehman Brothers i “prestiti leve-
raged”, cioè quelli più rischiosi
fatti a chi è già pesantemente in-
debitato, erano aumentati del
53% per le banche salvate e del
43% per le altre.
La crisi ha portato una gene-
rale riduzione dei “prestiti leve-
raged”. Ma mentre per le banche
non salvate essi sono diminuiti
del 37%, la riduzione delle altre,
le “più furbe”, è stata soltanto del
U
25%! I risultati del paper della
Bri fanno anche una sostanziale
critica ai cosiddetti mercati, i mo-
derni dei a cui oggi tutti, econo-
mie e governi, si sottomettono su-
pinamente.
Si evidenzia che negli anni pre-
cedenti la crisi i credit default
swaps (cds), i derivati che dovreb-
bero assicurare i titoli contro un
loro possibile default, hanno fal-
lito miseramente. Essi in verità
dovrebbero essere la spia d’allar-
me se qualcosa non va, ma così
non è stato.
Anzi, invece di riflettere una
presenza di maggiori rischi con
polizze di assicurazione maggiori,
i cds hanno avuto costi più alti
per le banche sane rispetto a
quelle impegnate nei giochi d’az-
zardo! Evidentemente anche i cds
hanno fatto affidamento sul sal-
vataggio pubblico per quelle più
esposte al rischio! E’ l’ennesima
prova della perversione sistemica
di una finanza impazzita.
Il sistema bancario e finanzia-
rio internazionale non ha ancora
affrontato i suoi problemi di fon-
do. Al contrario, nonostante i sal-
vataggi, la loro situazione è an-
cora più rischiosa di prima. Dal
canto loro le banche centrali non
hanno risolto le cause profonde
della crisi.
Si sono limitate a rincorrere le
banche e la finanza in default
mettendo delle toppe ad un Tita-
nic che fa acqua da tutte le parti.
La recente decisione della Fe-
deral Reserve di mantenere il tas-
so di interesse allo 0,25% fino al-
la fine del 2014 (!) è l’ultima delle
toppe. Tale politica, secondo noi,
non aiuta l’economia e gli inve-
stimenti ma favorisce apertamen-
te le banche in difficoltà.
La Fed da tempo insiste che
anche la Bce faccia lo stesso. Pur-
troppo anche l’amministrazione
Obama continua a fare pressioni
in merito e si è molto risentita del
fatto che Francoforte non lo ab-
bia deciso.
Infatti il tasso europeo resta
allo 0,75%.
Vogliamo ribadire che, mentre
molti si affannano a spiegare che
per mantenere il sistema bancario
a galla serve tanta liquidità ad
un tasso dello 0%, uno dei risul-
tati più nefasti di tali politiche è
proprio l’inquinamento dei mer-
cati da parte di questa liquidità
che diventa massa di manovra
per attività speculative.
E quindi più che mai chiaro
che non si possono lasciare i mer-
cati e l’economia ancora sotto il
dominio della finanza. E’ sempre
più urgente la necessità di chia-
mare in campo il suo curatore
fallimentare.
Non si tratta di un superman
con poteri magici ma di una po-
litica di riforme condivise del si-
stema.
La prima misura urgente po-
trebbe essere la reintroduzione
negli Usa ed in Europa del Glass-
Steagall il principio che, fino al
suo abbandono, divideva le atti-
vità bancarie tra quelle storiche
commerciali e quelle speculative.
Potrebbe essere l’atto iniziale
di una serie di regole più strin-
genti per la finanza ed il mondo
bancario. Nelle ultime settimane
questa prospettiva ha raccolto de-
gli importanti e inaspettati soste-
gni anche da quel mondo banca-
rio anglo americano che in
passato è stato in prima fila per
la sua eliminazione.
Vi è già un acceso dibattito
all’interno del Congresso ameri-
cano.
E sono scesi in campo anche
Sandford Weill, ex capo del gi-
gante bancario Citigroup e l’edi-
tore del settimanale tedesco Der
Spiegel e tanti altri.
In questa prospettiva noi rite-
niamo che Mario Monti possa
giocare un ruolo molto importan-
te.
Egli è l’unico capo di governo
che, essendo sganciato da logiche
elettorali, potrebbe anche rispetto
ai suoi colleghi europei ed inter-
nazionali avere più chance nel so-
stenere la riforma globale di un
sistema finanziario che da troppo
tempo langue.
MARIO LETTIERI*
e
PAOLO RAIMONDI**
*Sottosegretario all’Economia
del governo Prodi
** Economista
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 14 AGOSTO 2012
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