e primarie sono uno dei pochi
mezzi in possesso di Angelino
Alfano per tenere vivo il Popolo
della libertà e provare a non far
soccombere il partito di fronte alle
intemerate di Silvio Berlusconi o al-
le tentazioni scissioniste che met-
tono in subbuglio la pancia degli
azzurri. Una carta che il segretario
ha deciso di giocarsi anche sfidando
per la prima volta pubblicamente
le perplessità del Cavaliere. La
montagna ha partorito un topolino.
Il regolamento, disponibile da un
paio di giorni online sul sito del Pdl,
è assai deludente. La vera sfida per
gli azzurri era quella di inserirsi su
una strada già battuta dagli storici
antagonisti del Pd, migliorandone
i meccanismi di partecipazione e
ammodernandone l’impianto ge-
nerale. Solo così, al netto di un’af-
fluenza ai gazebo che si preannun-
cia assai ridotta rispetto a quella
dei Democratici, le primarie sareb-
bero potute essere un primo passo
per riconquistare il terreno perduto
in questi ultimi mesi. E forse anche
per consolidare una struttura-par-
tito che lo rendesse in grado di sop-
perire al venir meno del collante
carismatico rappresentato da Ber-
lusconi. Nulla di tutto questo è con-
tenuto nelle 12 pagine di cui è com-
posto il documento. Fatto salvo per
la registrazione obbligatoria prima
del voto, il regolamento azzurro ri-
calca quello rodato dei cugini del
Pd. Riuscendo a peggiorarlo in al-
cune sue parti. Niente doppio tur-
no, è vero, ma primarie spalmate
nell’arco di un mese e mezzo. No-
nostante buona parte della stampa
continui a fissare la data del voto
per il 16 dicembre, all’articolo 31
si legge infatti: «Le elezioni devono
svolgersi, regione per regione, in
una giornata compresa tra il 15 di-
cembre 2012 e il 3 febbraio 2013».
L’obiettivo sbandierato è quello di
L
ricalcare il modello statunitense.
Ma non ci sono “grandi elettori”
da spartire tra i candidati e nessuna
ponderazione del voto. L’escamo-
tage è semplicemente quello di dare
più tempo ai coordinamenti regio-
nali di allestire la macchina eletto-
rale e portare simpatizzanti alle ur-
ne, onde evitare il rischio-deserto
che tanto spaventa via dell’Umiltà.
Un meccanismo che inoltre tende
a favorire la candidatura di Alfano.
Supponiamo che nelle prime due
regioni al voto l’ex Guardasigilli
ottenga una larga maggioranza, co-
me da previsioni. Non solo azzop-
perebbe la corsa dei per ora batta-
glieri competitor, ma priverebbe le
primarie pidielline di quell’appeal
mediatico da show-down che ne
costituisce il fascino di novità nel
panorama politico italiano. Inoltre
dal primo dicembre i candidati non
potranno pubblicizzarsi utilizzando
spazi a pagamento. Una sorta di
par condicio applicata dal partito
che la par condicio l’ha sempre stig-
matizzata. E che, unita al tetto mas-
simo di spesa di 200mila euro, co-
stituisce un ulteriore handicap per
eventuali outsider (leggi alla voce
Alessandro Cattaneo). Se il buon-
giorno si vede dal mattino…
PIETRO SALVATORI
di
GIUSEPPE LOMBARDO
l primo dato evidente, che
emerge dal dibattito organiz-
zato fra i candidati alle primarie
del centro-sinistra, è la distanza
che intercorre fra il confronto
all’americana e l’ingessata ker-
messe di soliloqui andata in onda
su
SkyTg24
.
È bene chiarire fin
da subito un punto: né il condut-
tore né l’emittente satellitare han-
no colpe in merito. Ci manche-
rebbe. A loro va anzi dato atto
del tentativo di rendere più tra-
sparente, più cristallino il mec-
canismo di partecipazione ad un
evento di democrazia diretta che
coinvolge, per sua stessa natura,
una fetta importante del corpo
elettorale. Probabilmente la tra-
smissione ha risentito dei paletti
e delle limitazioni imposte dalle
rispettive segreterie: se anziché
ricercare la battuta tagliente, utile
a stroncare l’avversario, si arriva
a progettare nelle regole del gio-
co la possibilità di un tetto mas-
simo agli interventi di replica,
vuol dire che il confronto è rima-
sto bloccato e l’impasse ha tra-
sformato l’evento in una banale
pantomima. D’altronde lo si è
percepito nitidamente al primo
stacco pubblicitario: qualcosa,
nei meccanismi di fondo della
trasmissione, s’è inceppato sin
dal primo applauso del pubblico,
rovinando lo “spettacolo eletto-
rale”. In tal senso ci permettiamo
di porre una questione: di chie-
dere alla dirigenza di Viale Maz-
zini la ragione per cui il signor
Rossi si dovrebbe spingere a rin-
novare nuovamente il canone
Rai, se è vero com’è vero che il
servizio pubblico ha abiurato, ed
abiura ciclicamente con puntua-
lità strabiliante, alla propria fun-
zione informativa e divulgativa,
I
delegando fra l’altro i suddetti
compiti ai principali
competitor
privati.
Quanto alla sostanza del fac-
cia a faccia, c’è poco materiale
su cui scrivere. Il grigiore dello
scontro ha prevalso sulla sostan-
za dei problemi, con buona pace
del pacato sorriso di Renzi o del-
lo sguardo vitreo di Bersani. Non
credo, in verità, che l’elettore di
centro-sinistra, o semplicemente
il curioso di turno, possa uscire
da questo format mediatico con
le idee più chiare sul futuro pros-
simo del paese. Tutt’altro. Cia-
scuno potrà, semmai, aver raf-
forzato le proprie umane
simpatie o alimentato gl’indivi-
duali pregiudizi, ma la politica è
un’altra cosa e non si basa sui
pleniluni di novembre. Deposta
la sciabola ed impugnato il fio-
retto, i candidati si sono confron-
tati attorno a piani di governo
estremamente vaghi, forzatamen-
te generici ed intimamente viziati.
Viziati, naturalmente, dall’assen-
za di dati economici a supporto
di taluna o talaltra tesi, dalla ca-
renza di elementi strutturali, ne-
cessari per scattare un’immediata
e veritiera istantanea sullo stato
dell’Italia. Roba non da poco
conto, se s’intende parlare – con
una certa serietà – di una patria
intesa quale “bene comune”. Re-
stano poi inevasi tutta una serie
di problemi, di temi spinosi che
pudicamente sono passati sotto
traccia: il ruolo dell’Italia nelle
missioni internazionali, la nostra
posizione rispetto al dissesto fi-
nanziario di Atene, il piano in-
dustriale per rilanciare la com-
petitività del nostro sistema
produttivo, la disoccupazione
giovanile, la burocrazia opulenta,
la fuga dei cervelli, l’assenza di
fondi destinati alla ricerca, il pro-
blema delle carceri e dell’amni-
stia, la violenza sulle donne, il
voto agli immigrati, il ruolo del
Mezzogiorno rispetto agli svilup-
pi nell’equilibrio mediterraneo,
l’annessa ed irrisolta questione
meridionale, le cento Ilva di Ta-
ranto che dilaniano il paese ali-
mentando una lotta fra poveri, e
chi più ne ha più ne metta. Alla
fine dei giochi, il senso critico ci
spinge a dire che è stata princi-
palmente un’occasione persa:
un’opportunità sprecata per pre-
sentare agli italiani un’altra po-
litica, distante mille miglia dai
facili slogan di Beppe Grillo, dal-
le urla provenienti dal basso ven-
tre della rete, dalle escort inserite
nelle liste bloccate. Peccato.
II
POLITICA
II
Alla fine la montagna
ha partorito soltanto
il classico“topolino”.
Il regolamento,
disponibile online
sul sito del Pdl,
è deludente e rischia
di sfavorire gli outsider
segue dalla prima
Vietnam bersaniano
(...)
E queste forze, dai seguaci di un Grillo
che restando fuori dal Parlamento sarà
uno stimolo costante alla intransigenza
antisistema dei suoi fino ai leghisti ormai
indirizzati lungo la strategia delle seces-
sione morbida del Nord, non lasceranno
un attimo di tregua in Parlamento e nel
paese ad una maggioranza che comunque
non potrà derogare dalla linea del rigore
e dei sacrifici imposta dall’Europa. Può es-
sere, allora, che con una nuova legge elet-
torale fatta a sua immagine e necessità o
con la conferma del Porcellum, Bersani
possa entrare da vincitore a Palazzo Chigi.
Ma se mai gli dovesse capitare questa
eventualità è bene che il segretario del Pd
si prepari subito a tornare alle urne nel gi-
ro di pochissimo tempo. Non sarà lui a se-
gnare l’avvento della Terza repubblica. Sa-
rà lui, semmai, a segnare la fine di un ciclo
politico a cui dovrà seguire una nuova fase
di cui non si sa nulla, tranne che dovrà es-
sere fondata sulle macerie definitive del-
l’attuale sistema. Non alle prossime ele-
zioni ma a quelle successive, quindi, l’area
di centrodestra deve guardare per la pro-
pria rinascita e per il proprio rilancio.
ARTURO DIACONALE
Monti, Pd e Sel
(...)
è l’altra metà della verità: in quei paesi
«
estremamente capitalisti» dove è consi-
derevole la tassazione sul patrimonio, è
allo stesso tempo di molto inferiore alla
nostra l’imposizione sui redditi personali,
sul lavoro e sull’impresa. La logica, insom-
ma, è quella di penalizzare i capitali “im-
mobilizzati” e le rendite come incentivo
indiretto ad investirli nelle attività produt-
tive. In Italia, invece, le patrimoniali in-
trodotte negli ultimi due anni, prima dal
governo Berlusconi-Tremonti, poi dal go-
verno Monti, sono servite a tappare i bu-
chi dello Stato spendaccione. Un rapporto
della Corte dei Conti attesta che nell’ulti-
mo anno, soprattutto con l’introduzione
dell’Imu, nella quota di gettito derivante
dall’imposizione sui patrimoni siamo pas-
sati da una posizione leggermente al di
sotto della media europea al secondo po-
sto tra i paesi Ue, preceduti solo dalla
Francia, mentre manteniamo saldamente
le primissime posizioni nel prelievio su
redditi da lavoro e da impresa. Dunque,
abbiamo esaurito ogni margine di aumen-
to di imposte anche sul lato patrimoniale.
Se vogliamo ridurre la pressione su lavoro
e impresa per stimolare la crescita non è
ai patrimoni che dobbiamo puntare, per-
ché rischieremmo la fuga dei capitali, ma
alla spesa pubblica ancora elefantiaca. Sarà
stata una «discussione teorica» quella di
Monti, ma non per questo priva di signi-
ficati politici. Basta aver visto, su Sky, il
dibattito tra i candidati alle primarie del
centrosinistra per sapere che tutti – tranne
Renzi – propongono una qualche forma
di patrimoniale: dalla versione «dolce» di
Tabacci all’«imposta personale sui patri-
moni» di Bersani, passando ovviamente
per Vendola. A pochi mesi dal voto, con
un centrodestra frammentato e i sondaggi
che danno in vantaggio l’alleanza Pd-Sel,
con il vento in poppa delle primarie, non
si può escludere che Monti abbia voluto
mandare un messaggio distensivo al cen-
trosinistra possibile vincitore delle elezio-
ni. Sta forse offrendo la patrimoniale «ge-
neralizzata» che, confessa oggi, avrebbe
sempre voluto introdurre, per ottenere
l’appoggio di Pd e Sel ad un suo bis a Pa-
lazzo Chigi?
Davvero Monti pensa che non faccia al-
cuna differenza quale coalizione troverà
a sostenerlo? E davvero si crede intercam-
biabile, un premier buono per qualsiasi
maggioranza?
FEDERICO PUNZI
Primarie Pd. Il confronto?
Solo un’occasione perduta
I gazebo azzurri
verso il fallimento
Direttore Responsabile:
ARTURO DIACONALE
Condirettore:
GIANPAOLO PILLITTERI
Vice Direttore:
ANDREA MANCIA
Caposervizio:
FRANCESCO BLASILLI
AMICI DE L’OPINIONE soc. coop.
Presidente
ARTURO DIACONALE
Vice Presidente
GIANPAOLO PILLITTERI
Impresa beneficiaria per questa testata dei contributi
di cui alla legge n. 250/1990 e successive modifiche e integrazioni.
IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094
Sede di Roma
VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 /
Amministrazione - Abbonamenti
TEL 06.69549037 /
Ufficio Diffusione
TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279 /
Progetto Grafico:
EMILIO GIOVIO
Tipografia
L’OPINIONE S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
Centro Stampa edizioni teletrasmesse
POLIGRAFICO SANNIO S.R.L. - ORICOLA (AQ)
TEL 0863.997451 / 06.55261737
Distributore Nazionale
PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MEDIA S.R.L.
VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI)
Concessionaria esclusiva per la pubblicità
SISTECO S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 /
In vendita obbligatoria abbinata
con ROMA NEWS € 1,00
CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 19,00
Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti Civili
Registrazione al Tribunale di Roma n.8/96 del 17/01/’96
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 14 NOVEMBRE 2012
2