Page 6 - Opinione del 15-9-2012

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ESTERI
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EblaAhmed: la libertà di una ragazza yemenita
di
STEFANO MAGNI
bla Ahmed è il (bel) volto di
una generazione di musulmani
nati e cresciuti a cavallo di due
mondi, l’Occidente e il Medio
Oriente. Avvocatessa trentatreen-
ne, nata a Firenze da madre italia-
na e padre yemenita, è cresciuta
fra il Regno Unito, l’Italia e lo Ye-
men, dove ha vissuto la sua gio-
ventù. Dice di non essere madre-
lingua italiana, anche se nel suo
linguaggio non si nota alcuna im-
perfezione (se non un lieve accento
toscano). Nota ai lettori italiani
per i suoi articoli, a volte dolenti,
molte più volte ironici, sul giornale
Yalla Italia (il giornale delle “se-
conde generazioni” di immigrati
musulmani in Italia), ha pubblica-
to su Internet una raccolta di rac-
conti erotici, “L’amore ai tempi di
Bin Laden” (in ebook, edito da
Atlantis). Sono storie di scoperta
della propria femminilità, ambien-
tate a Sanaa, la capitale yemenita.
Storie personali, di amore e di sen-
sualità. Il titolo non è casuale: la
famiglia Bin Laden è originaria
proprio dello Yemen. E, oggi, pen-
sare a quel “lontano” Paese nel-
l’estremo Sud della penisola araba,
evoca immagini di violenza e di
terrorismo, di ribellione (riuscita,
con la cacciata del dittatore Alì
Abdullah Saleh) e di guerriglie in-
finite. Descrivere uno Yemen in-
consueto, quello della segreta sen-
sualità delle donne, non è opera
facile. E il libro ha attirato anche
attenzioni non desiderate: Ebla
Ahmed ha ricevuto minacce espli-
cite. L’Opinione l’ha intervistata
proprio in un periodo in cui lo Ye-
men torna a far parlare di sé per
una vicenda di violenza: l’assalto
all’ambasciata americana di Sanaa,
uno dei tanti episodi della nuova
sollevazione globale islamica con-
tro un film considerato “blasfe-
mo”, uscito solo su YouTube. «Io,
prima di tutto, sono favorevole al-
la libertà di espressione – ci spiega
Ebla Ahmed – Certo, è ovvio che,
toccando una religione, si vanno
a suscitare reazione di sdegno. Su
questo sono drastica: non mi piace
che le religioni vengano prese in
giro, di qualsiasi fede si parli. Ri-
tengo che sia normale una prote-
sta, una critica, una manifestazio-
ne. Ma mai fino ad arrivare a
violenze come quelle che vediamo
in questi giorni. Lo Yemen, adesso,
è nelle mani di Al Qaeda e agli in-
tegralisti: usano anche questo film
come pretesto per scatenarsi. In
un periodo come questo, fare un
film o scrivere un libro contro la
religione è come buttare un fiam-
mifero sulla legna secca».
Lo Yemen, adesso, è conosciuto
come la patria di Al Qaeda. Ma è
sempre stato così?
Alì Abdullah Saleh era un dit-
tatore, ma era sempre stato con-
trario all’integralismo islamico,
specialmente nel suo primo perio-
do di governo. Lo Yemen, per co-
me l’ho conosciuto io, era un Pae-
se bellissimo. Aveva una
maggioranza islamica, ma convi-
veva pacificamente con una gran-
de comunità ebraica. Soprattutto
nell’ultimo anno, dopo la Prima-
vera Araba e la cacciata di Saleh,
gli integralisti sono diventati do-
minanti. Quando cacci un tiranno
e non sai quale governo si insedie-
E
L’amore ai tempi di Bin Laden”,
qual è stata la reazione?
Quando è stata pubblicata
l’anteprima del libro online e ho
iniziato a diffonderlo anche sui so-
cial network, sono stata minaccia-
ta. Non di morte, ma minacciata.
Un gruppo pakistano mi ha pesan-
temente offesa. Ho sporto denun-
cia: la minaccia non mi è arrivata
in forma anonima. Lo hanno letto,
perché l’anteprima era stata scritta
anche in inglese e nella loro lin-
gua, in urdu. Ma penso anche che
non sia un problema di testo. Ho
pubblicato anche delle foto che
possono aver scatenato la polemi-
ca: il vestito tradizionale yemenita
quasi trasparente, tengo sul seno
semi-scoperto il pugnale yemenita,
lo Jambiyah, simbolo di potere
maschile. L’editore, Atlantis, è spe-
cializzato in racconti erotici. E, il
mio, è il loro primo libro, scritto
da una musulmana, yemenita, in
un momento come questo. L’ebo-
ok, comunque, è assolutamente
casto. Il messaggio è: le donne ye-
menite hanno una sensualità che
in Occidente si è persa. Puoi fisi-
camente rinchiudere una donna in
un burqa, ma non potrai mai chiu-
dere la sua mente. L’ho ambienta-
to a Sanaa apposta. Il mio intento
è chiaro: dire che lo Yemen è no-
stro, è degli yemeniti, non appar-
tiene ad Al Qaeda, che non è nep-
pure
yemenita,
ma
un’organizzazione internazionale.
Lo Yemen, nel suo passato, anche
remoto (basti pensare alla regina
di Saba) è sempre stato in mano a
donne.
Lei si aspettava una reazione
simile?
Sinceramente no. Avrei pensato
a qualche critica, al massimo, da
parte delle comunità musulmane
in Italia. Negli articoli che scrivo
per Yalla Italia, a volte suscitano
polemiche. Ma non avrei mai pen-
sato di ricevere minacce. Perché,
ribadisco, i miei sono racconti ca-
sti. Forse mi sbagliavo. Forse sia-
mo arrivati a un punto in cui non
puoi neppure scrivere cose che
non toccano neppure la religione,
senza esser minacciata da gruppi
fondamentalisti. E, per me, non è
nemmeno più una questione reli-
giosa: è politica. Non esiste reli-
gione al mondo che predichi l’as-
sassinio. Ci sono “teste calde” che
predicano la violenza, per ideolo-
gia, per politica. E, a mio avviso,
per stupidità. Io sono musulmana
per scelta: sono nata da una fami-
glia mista. Ho imparato che non
esiste una fede superiore all’altra.
Si distingue sempre fra Islam
moderato e fondamentalista. Ma
perché si sente parlare solo il se-
condo?
L’Islam moderato esiste. Io so-
no un esempio, ma ne conosco
tantissimi altri. L’integralismo è
un male da combattere, che resta
in tutte le religioni, non solo nel-
l’Islam. Personalmente, non ho gli
strumenti per combattere l’Islam
fondamentalista. Ma voglio riba-
dirlo: l’Islam moderato esiste. E i
moderati dovrebbero farsi vedere
di più, dovrebbero farsi sentire e
rispettare di più. Io ho dato il mio
piccolissimo contributo, se non al-
tro per far capire alla gente che
non siamo tutti così”. Se non fai
nulla per fermare l’integralismo,
è ovvio che continuerà a crescere.
Avvocatessa
trentatreenne, cresciuta
a cavallo di due mondi,
l’Occidente e il Medio
Oriente, laAhmed
ha dedicato al suo
Yemen una raccolta
di racconti erotici (casti).
E subito ha attratto
l’attenzione violenta
degli integralisti,
che l’hanno minacciata.
Solo per la foto
di un pugnale
tradizionale appoggiato
su un seno semi-nudo.
Già nota al pubblico
italiano per i suoi articoli
suYalla Italia, Ebla
spiega a L’Opinione
che la violenza
degli integralisti è politica
e non religiosa.
LoYemen non è sempre
stato dominato
dai fondamentalisti,
ma fino a pochi anni fa
era un Paese più libero,
benché sottoposto
a un regime dittatoriale.
Lo scandalo provocato
da un video blasfemo,
oggi, è un pretesto
per i violenti.
Ma un Islammoderato
esiste. E proprio lei
ne è un esempio
rà dopo, questo è l’esito scontato.
Quando vivevo nello Yemen, ben-
ché non ci fosse un governo de-
mocratico, non c’erano leggi che
imponessero lo hijab (il velo inte-
grale islamico, ndr). Mio padre è
uno yemenita musulmano, ma
non mi ha mai creato problemi in
questo senso. Oggi il Paese è invi-
vibile per le donne: sono costrette
a coprirsi, a non farsi neppure ve-
dere.
Quando è iniziata questa dra-
stica trasformazione del Paese?
Anche quando c’era Saleh, la
situazione stava diventando incon-
trollabile. I “barbuti”, come io
chiamo gli integralisti, erano stati
sottovalutati. E questo è stato il
principale errore del dittatore:
considerarli pochi e non pericolosi.
Piano piano, loro hanno iniziato
a dilagare e a prendere il control-
lo. Adesso, nel momento in cui
non sappiamo neppure bene chi
sia al governo ufficialmente, il po-
tere, di fatto, lo tengono loro. Io
ho ancora una casa nello Yemen,
ma so che non ci posso tornare.
Quando lei ha scritto l’ebook
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 15 SETTEMBRE 2012
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