Page 2 - Opinione del 14-10-2012

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ATTUALITÀ
II
Carta straccia: calano le copie, chiudono i giornali
di
GIUSEPPE MELE
l mondo prevede la fine della
stampa cartacea per il 2017.
Quest’anno sono più di mille i
giornalisti considerati in esubero
mentre i fatturati, sostenuti da
più di un finanziamento pubblico,
tremano all’idea di scendere sotto
i 3 miliardi, dai 4,8 del 2004, con
una perdita di 100 milioni l’anno.
La vendita dei quotidiani è di
4,7
milioni di copie, al livello an-
teguerra. Gli accessori (libri, dvd,
francobolli, modellini) dal miliar-
do sono scesi a 350 milioni. I 168
distributori locali del 2004 sono
oggi un centinaio e le edicole cin-
quemila in meno, 30.500.
La pubblicità va per il 60% in
televisione e solo per il 19% sulla
stampa (10% ai periodici, 8,5 ai
quotidiani, 0,67% ai giornali
free); a seguire il 4,8%, sul web,
ca 200 milioni. La corazzata Rai,
tv di stato, si è fatta superare dal
Google nazionale nella raccolta
pubblicitaria. Si pensi che per la
Rai lavora, direttamente o no, lo
stesso numero di persone che in
Google è la somma dei dipenden-
ti in tutto il mondo.
Nella crisi le spese di lettura
sono tra le prime a crollare ed in
un anno si sono persi tre quarti
di milione di lettori in un paese
che già ha sempre letto poco. Agli
italiani non piace la stampa no-
strana interessata dell’interfaccia
partitica e mai degli acquirenti.
Come i politici sono sentiti lon-
tani, così i principali editorialisti
ed
opinion makers
non rappre-
sentano che se stessi. Non a caso
ampie masse maggioritarie di
elettori non hanno voci forti edi-
toriali a rappresentarli. In Italia
vale più l’espressione di Ignacio
Ramonet: «I giornalisti hanno
perduto il monopolio dell’infor-
mazione e la società ha accettato
l’idea che ormai tutti sono gior-
nalisti». Questo nel nostro picco-
lo. Poi più in generale press, edi-
I
toria ed altre forme di lettura so-
no destinate ad essere voci del
fatturato delle telecomunicazioni.
Inutile attendersi granchè
dall’acquisto on line di libri o
newspaper
.
La lettura on line sui
diversi portali può essere pagata
solo da consumo o abbonamento
tlc mobile o fissa. Prima di accet-
tare la ristrutturazione della ca-
tena commerciale, passerà molto
tempo, di cui l’adversiting on line
approfitterà. Non a caso negli
Usa hanno chiuso 166 testate dal
2008.
Nella grillina Parma a
fronte della chiusura di
Parma-
news24
,
Sera di Parma
e
La Cro-
naca
di Cremona e Piacenza, i
180
mila parmensi godono del re-
cord di 19 siti di news sul web.
L’area culturale antagonista co-
munista, ampiamente sopravva-
lutata rispetto al suo consenso
reale ed alla risacca della storia,
che l’avrebbe voluta morta e se-
polta da più di 20 anni ha subito
più delle altre. Hanno chiuso
Ter-
ra dei verdi
,
Liberazione
,
Il Rifor-
mista
,
l’Avanti
,
City
,
free press
Rcs, le testate di Emergency (
Pea-
ceReporter
ed
E-il mensile
)
con
un positivo “Ci arrendiamo al
mercato”. Intanto Celentano
chiedeva la chiusura ope legis de
l’Avvenire
.
Per sopravvivere ad
un mondo in cui il comunismo si
è fatto dirigismo economico, l’al-
tra faccia bifronte fascista, rag-
giungendo i migliori risultati ca-
pitalistici, la stampa rossa
nostrana si è fatta giustizialista.
In questo contesto brilla l’anacro-
nismo perfetto del dibattito de
Il
Manifesto
,
soldato giapponese so-
pravvissuto a se stesso.
Quotidiano moribondo che
malgrado le vendite in crollo, ha
sempre puntato più in alto con
più costi, più copie, più inserti,
più lussi, aiutato da manine in-
sperate (banche e vecchie solida-
rietà) di 4 milioni tra ‘06 e ’09. I
40
mila lettori del ‘90 si sono pe-
rò ridotti agli odierni 15mila. Il
giornale si è trovato con stop del-
le attività e pratiche fallimentari
già avviate. La “vera istituzione
del giornalismo italiano” si è ri-
bellata. Qualcuno ha ricordato
che nel ’70 Pintor promise il coin-
volgimento dei lettori.
Detto solo ieri, insomma. I let-
tori sul territorio si autotassano,
vogliono diventare gli editori, ma
la redazione non li capisce.
No-
blesse oblige
,
il governo da destra
storica in carica salva tutti: 36 tra
giornalisti e poligrafici, intoccati
e 34 in cassa integrazione. Lo psi-
codramma è però in atto. La re-
dazione ammette «grandi sacrifici
per rispettare condizioni molto
pesanti nella gestione corrente dei
bilanci» (sic). I circoli di Padova,
di Pietrasanta, di Bologna e della
Sardegna, rivendicano il loro di-
ritto di naturali “editori”, in linea
con l’ideologia prefissata, con let-
tere mandate on line «per paura
di non essere pubblicati». La re-
dazione rifiuta sia l’acquirente
borghese illuminato, che la reduc-
tio a 25 ed accusa come «nemici
dei lavoratori» i circoli che chie-
dono l’autoriduzione a 35 dipen-
denti.
Tutti tirano per la giacchetta
la Rossanda, ragazza del secolo
scorso, che si chiede “ma perché
ero comunista?” e che “pare ab-
bia pessima opinione di “cos’è
il
Manifesto
”.
Cosa pensi Magri non si sa, ha
anticipato la sua creatura l’anno
scorso, con il suicidio assistito.
Come Minerva ad Ulisse, Parlato
parla ai circoli: «Ho superato gli
80,
Molto è cambiato. Breznev, il
cambio nome del Pci, la lotta di
classe dei padroni, la patrimonia-
le la voleva anche Einaudi. Do-
vremo costituire una nuova coo-
perativa…
fare
ricorso
all’azionariato». Nelle assemblee
scoppiano gli interessi contrap-
posti di redattori, collaboratori,
lettori-sotenitori, ovviamente tutti
comunisti. Finisce in forse l’ipo-
tesi «di proprietà collettiva, unica
evoluzione in linea con la sua sto-
ria».
L’amministrazione controllata
preme ma ferve il dibattito su
«
statuto, regole rapporto proprie-
tà e redazione nell’autonomia di
quelli che ogni giorno fanno il
giornale». Così dopo 40 anni
muore il Manifesto fuori di testa
tra vecchi e lavoratori angosciati
per il loro futuro. La colpa è ov-
viamente degli operai che non lo
comprano e dello stato che non
lo mantiene. Nato nel ’69 come
dazibao” maoista contro il Pci
in un dibattito bordighista già de-
crepito allora, partito e giornale,
il Manifesto
aveva il rispetto di
tutti, degli intellettuali indipen-
denti, organici e quello ipocrita
degli altri. Avrebbero dovuto dir-
gli, come si fa alla vecchia che
vuol fare la sciantosa: basta, sei
ridicola. Nel suo modo cinico il
Pd l’ha fatto appropriandosi al
terzo trasloco, della sede di via
Tomacelli de
Il Manifesto
,
desti-
nata a Bersani e ed al tesoriere
Misiani. Botteghe oscure è in di-
suso, l’acquario del circo Massi-
mo lasciato, Tritone e Botteghino
in via di abbandono. Il più del Pd
che ha bisogno di 5mila mq resta
in via Sant’Andrea delle Fratte al
Nazzareno, in affitto al fantasma
Margherita. C’è tutto il tempo
perché anche al Manifesto restino
solo ragnatele. “Ci arrendiamo al
mercato”.
Negli ultimi mesi hanno
chiusoTerra dei verdi,
Liberazione,
Il Riformista, l’Avanti,
City, free press Rcs,
le testate di Emergency
(
PeaceReporter
ed E-il mensile)
K
Il quotidiano City
Dopo 40 anni muore
il Manifesto. La colpa
è ovviamente
degli operai
che non lo comprano
più e dello stato
che non lo mantiene
come ha fatto per anni
segue dalla prima
L’uscita dalla crisi
e le unioni gay
(...)
E, anche con la nuova legge elettorale
che prevedere il premio di maggioranza
alla coalizione vincente, non riuscire a rag-
giungere nel nuovo Parlamento gli alti nu-
meri capaci di garantire una stabile navi-
gazione al governo Bersani.
Ma il leader del Pd sa bene che nella pros-
sima legislatura nessun governo, neppure
quello più spostato a sinistra, potrà per-
mettersi di non rispettare le richieste eu-
ropee che fanno parte della cosiddetta
Agenda Monti. Cioè sa bene che anche in
caso di vittoria e di premio di maggioranza
non potrà fare a meno di dare vita ad un
governo di coalizione sollecitando l’Udc
di Casini ad accettare la proposta di rea-
lizzare un patto tra progressisti e moderati.
Nella sua ottica, però, questo patto non
potrà essere tra soggetti diversi e provvisti
di pari peso e dignità.
Dovrà essere un patto leonino in cui il Pd
la farà da padrone e l’Udc svolgerà il ruolo
di foglia di fico prima di essere definitiva-
mente fagocitato come i cagnolini ex po-
polari.
È disposto Casini a comportarsi come gli
utili idioti” del passato? Ed il centro de-
stra può continuare ad autoffondarsi di
fronte alla pericolo che il paese finisca nel-
le mani di chi come ricetta per uscire dalla
crisi non sa proporre altro che il matrimo-
nio tra gay?
ARTURO DIACONALE
La vera casta
degli intoccabili
(...)
Per quanto la sentenza possa apparire
ineccepibile tecnicamente, dal punto di vi-
sta giuridico, più che in punta di diritto
verrebbe da dire in punta di cavillo, la
Consulta offre il fianco all’accusa di difesa
corporativa”. Impossibile non notare in-
fatti come i giudici, dichiarando incosti-
tuzionale il tributo, abbiano difeso anche
la propria busta paga.
Avranno giudicato in scienza e coscienza,
ma il “conflitto di interessi” è lampante.
Più di qualche sospetto grava anche sui
veri “tecnici”, coloro che negli uffici di Pa-
lazzo Chigi e nei gabinetti dei ministeri
aiutano a scrivere in concreto i provvedi-
menti, o li scrivono direttamente, e che li
accompagnano lungo l’iter parlamentare.
Sono gli stessi i cui stipendi sarebbero stati
decurtati dal “contributo di solidarietà”
(
il capo di gabinetto del Ministero dell’eco-
nomia prende 536 mila euro) e sorge il
dubbio che non si siano impegnati più di
tanto a rendere la legge inattaccabile da
eventuali ricorsi e profili di incostituzio-
nalità. Problemi di costituzionalità che ri-
guardano anche la vecchia questione delle
pensioni d’oro. Pensioni che superano i 30
mila euro mensili, come quelle degli ex
premier Amato e Ciampi, cui si arriva cu-
mulando più trattamenti pensionisti pub-
blici, la maggior parte dei quali maturati
sotto regimi retributivi e non contributi-
vi.
Il ministro Patroni Griffi ha di recente am-
messo in Parlamento le difficoltà incon-
trate nell’attuazione del tetto agli stipdendi
dei manager pubblici introdotto nel marzo
scorso: in 18 superano ancora il tetto dei
294
mila euro, ma il dato riguarda solo le
37
amministrazioni pubbliche su 80 che
hanno comunicato i dati. E resta aperto il
problema che il tetto si riferisce a ciascun
incarico, non alla eventuale somma degli
incarichi.
FEDERICO PUNZI
K
Rossana ROSSANDA
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ARTURO DIACONALE
Condirettore:
GIANPAOLO PILLITTERI
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ANDREA MANCIA
Caposervizio:
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L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 16 OTTOBRE 2012
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