Page 7 - Opinione del 18-10-2012

II
CULTURA
II
Il tesoro di RadioRai rischia di andare perduto?
di
GABRIELE MAESTRI
entimila dischi, 400mila nastri
e 40mila cd: l’archivio della
radio pubblica sta tutto lì dentro
e, secondo alcuni, rischia di andare
perso. In passato molto materiale
è stato buttato (perdendo pietre mi-
liari come
Bandiera gialla
e la
Hit
Parade
),
ma da tempo c’è chi lavora
per salvarlo e metterlo a disposi-
zione di tutti, anche grazie alla rete.
Quando qualcuno, scartabellando
tra i tagli della spending review di
luglio, si era accorto che tra gli enti
soppressi c’era anche la vecchia Di-
scoteca di stato, c’era chi aveva fat-
to un salto sulla sedia: in tanti han-
no visto in pericolo la memoria
sonora del paese e si sono mobili-
tati per evitare la chiusura dell’ente.
Giorni fa si era temuto che fosse a
rischio un altro patrimonio inesti-
mabile: l’allarme, stavolta, riguar-
dava l’archivio di Radio Rai e le
sue centinaia di migliaia di nastri
che permettono di ricostruire la
storia recente degli Italiani. Un pa-
trimonio che – a dar retta a un pez-
zo apparso sul
Fatto Quotidiano
rischierebbe la fine, per la fragilità
dei supporti, per il pensionamento
del personale “storico” e per la
mancanza di progetti che valoriz-
zino quel materiale: si era parlato
di un appello al Capo dello stato
firmato da alcuni lavoratori della
sede di via Asiago, perché interve-
nisse a far salvare, per amore o per
forza, quella miniera di ricordi. A
ricordare l’importanza dell’archivio
radiofonico, basta la testimonianza
di un giornalista autorevole come
Gianni Bisiach, ora in pensione do-
po avere curato per anni su Radio1
il programma
Radio anch’io
. «
Ri-
volgersi al presidente della Repub-
blica è meritorio, conservare l’ar-
chivio è importantissimo. Un
archivio ben tenuto, con la catalo-
gazione anche elettronica, è utile
alla radio, alla tv e a chiunque vo-
glia usarlo come fonte: questo vale
soprattutto per la radio, che arriva
anche dove è problematico far ar-
rivare la televisione. Poi, ovviamen-
te, ci vogliono autori che propon-
gano idee e trovino il modo di
V
usare al meglio quelle risorse: se si
fanno buone proposte ai vertici del-
la radio, penso si possano realizza-
re, a patto che le audioteche siano
tenute bene». Bisiach sulla situa-
zione attuale non vuole intervenire,
perché non la conosce bene: «Che
possa esserci un po’ di disordine
non c’è dubbio: all’epoca, l’archivio
di tredici anni di
Radio anch’io
era
nei corridoi… ma è passato tanto
tempo da allora». Chi ha lavorato
in radio fino a poco tempo fa non
crede allo sfacelo. «Non si può par-
lare di uno scenario apocalittico,
al più ci sarà un po’ di incuria, ma
c’è ovunque, anche nell’archivio
dell’Istituto Luce o alla stessa Di-
scoteca di stato» dichiara Dario
Salvatori, giornalista ed esperto di
musica, dal 2000 al 2010 respon-
sabile artistico di Radio Scrigno,
progetto che ha valorizzato una
parte significativa del patrimonio
degli archivi.
Lì dentro c’è di tutto, su dischi
in vinile (“padelloni”, come li chia-
mano), nastri e cd, a seconda del
materiale usato per registrare i pro-
grammi. «Esattamente qui ci sono
40
mila cd, 10mila “padelloni” già
censiti e altrettanti da censire, non-
ché circa 400mila nastri, 150mila
dei quali già digitalizzati». I numeri
li dà il responsabile del Progetto
archivi di Radio Rai, Angelo Mel-
lone. Giornalista professionista e a
lungo docente universitario («Per
entrare in Rai mi sono dovuto di-
mettere dall’università»), Mellone
dal 2010 è a capo di questo settore
cruciale della radiofonia. A sentir
parlare di archivio radiofonico a
un passo dalla fine, Mellone non ci
sta. «L’archivio non è affatto morto
spiega –. C’è innanzitutto un’at-
tività quotidiana di digitalizzazione
on demand del materiale esistente,
sulla base delle richieste che pro-
vengono da altri nostri canali, dalla
direzione sviluppo commerciale o
da chi co-produce materiale con
noi». In Rai ci sono grandi compe-
tenze in tema di restauro e cono-
scenza del patrimonio, c’è anche
un valido centro di ricerca a Tori-
no: tutte attività funzionali a
un’opera di recupero che, tuttavia,
non si annuncia breve. «Per capirci,
ciascun “padellone” va lavato, mes-
so su macchine particolari, per poi
registrarlo in digitale e ripulire la
registrazione ottenuta – precisa an-
cora Mellone –. Questo richiede
varie ore, da moltiplicare per cia-
scuno dei dischi, ma in qualche an-
no contiamo di concludere la digi-
talizzazione, ripresa con il mio
arrivo qui, perché prima si era fer-
mata: ci sono strategie per digita-
lizzare tutto il materiale, cd com-
presi». Un lavoro immane, ma per
il responsabile dell’archivio di Ra-
dio Rai è ben di più: «La nostra è
una rivoluzione culturale, degna di
un servizio pubblico patriottico –
sottolinea –. Abbiamo considerato
la tradizione come il massimo del-
l’innovazione culturale, elaborando
progetti che valorizzassero il patri-
monio presente in archivio. Fino
agli anni ’80 il materiale vecchio
veniva buttato, noi stiamo facendo
il giro di tutte le sedi italiane della
radiofonia, per censire i materiali
in archivio: abbiamo scoperto che
a Firenze ci sono radiodrammi di
gran pregio, a Roma si conservano
registrazioni di Radio Bari Libera-
ta, del periodo della “resistenza non
partigiana”». Il vero problema de-
gli archivi Rai, radio e tv, non sta-
rebbe in quello che c’è, ma in ciò
che manca. «Degli ultimi 20 anni
c’è tutto – spiega Dario Salvatori
anche grazie ai nuovi sistemi di
registrazione, con la digitalizzazio-
ne e il catalogo multimediale. Dà
più problemi la radio storica, che
presenta vari “buchi”, specie negli
anni ’60 e ’70: in passato si ricicla-
vano nastri già utilizzati, cancellan-
do il contenuto, o si buttava ciò che
si considerava “roba vecchia”;
mancava la concezione della storia
e della memoria, non si pensava
che qualcuno avrebbe voluto con-
servare tutto».
All’appello mancano titoli di
primo piano: «Penso a
Gran Varie-
,
alla
Hit Parade
di Lelio Luttazzi
di cui c’è solo la sigla, ad altre due
trasmissioni musicali chiave come
Bandiera Gialla
e
Per voi giovani
.
Il problema più grave è con i pro-
grammi in diretta, più difficili da
reperire e anche la tv ha questo
problema, Pippo Baudo vorrebbe
riuscire prima o poi a rivedere
qualcosa delle sue cinque edizioni
di
Settevoci
,
antesignano dei talent
show, di cui però non è stato con-
servato nulla». Ci vorranno anni
per mettere “al sicuro” l’archivio
di Radio Rai, ma a diffonderne il
contenuto si è già iniziato. «Cerca-
re, ritrovare il materiale e poi non
farne niente, non serve: la vocazio-
ne del servizio pubblico è diffon-
dere, non collezionare – nota Sal-
vatori –. Con Radio Scrigno ho
creato un laboratorio di restauro,
il materiale ritrovato e sistemato
l’abbiamo trasmesso e pubblicato
in una collana di 25 cofanetti, Via
Asiago 10: un progetto premiato
dal pubblico, penso alle 20mila co-
pie del cd su Modugno o all’inci-
sione con Sinatra a via Asiago». La
collana è proseguita: l’anno scorso
è uscito il doppio cd
Fratelli d’Italia
che raccoglie cinquanta canti pa-
triottici e risorgimentali. La sfida
maggiore, però, Radio Rai la gioca
sul web: dei tre nuovi canali sotto
la direzione artistica di Roberto
Quintini, uno punta a valorizzare
l’archivio. «Si tratta di Radio Wr
6 –
ricorda Angelo Mellone – fatta
quasi esclusivamente con personale
interno che conosce bene gli archivi
e decide i contenuti, assemblati
creativamente: l’80% di contenuti
è materiale d’archivio, seguendo i
filoni del teatro, della prosa, della
musica classica e moderna, delle
notizie d’epoca dei vecchi giornali
radio; il pubblico interagisce coi
social network e suggerisce idee da
sviluppare. Un canale così non ce
l’ha nemmeno la
Bbc
,
che non a
caso al Prix Europa si è informata
sul nostro progetto: una volta tanto
non siamo stati noi a copiare loro.
Sono programmi che richiedono
attenzione, non si ascoltano in auto
mentre si guida, ma come radio
web Wr 6 registra ascolti lusinghie-
ri». Le vie della rete, tuttavia, non
sono finite: mentre è allo studio un
sito pensato per gli studenti delle
scuole secondarie e dedicato alla
storia d’Italia (con contenuti au-
dio-video), Radio Rai prepara lo
sbarco su iTunes e Amazon, in mo-
do da valorizzare anche economi-
camente il patrimonio storico. «Ini-
ziamo con la musica dell’archivio,
poi nulla vieta che si passi ad altro
materiale – conclude Mellone – le
decisioni spettano alla Direzione
sviluppo commerciale, ma credo si
possa immaginare un servizio on
demand e, soprattutto per chi lo ri-
chiede a scopi culturali, a prezzi
contenuti». Lo stesso paradigma
potrebbe applicarsi alla televisione:
«
L’uso intensivo dell’archivio Rai,
per la vendita al pubblico, il varo
di canali tematici o la costruzione
di nuovi programmi costerebbe
molto meno rispetto a produzioni
ricche – sottolinea Salvatori – se
non lo si fa ora che di soldi ne gi-
rano meno, quando si fa?» Vanno
bene i montaggi nazionalpopolari
(
ma ragionati e con spazi per i
guizzi) di
DaDaDa
o
TecheTeche-
Te’
,
voluti da Michele Bovi nelle
ultime estati di Rai1 e laureatisi
campioni di audience; in molti pe-
rò, per vedere liberamente pro-
grammi storici o a torto considerati
minori, sarebbero disposti a con-
tribuire con una cifra ragionevole.
La qualità, in fondo, paga.
Ventimila dischi,
400
mila nastri e 40mila
cd: l’archivio della radio
pubblica sta tutto
lì dentro e, secondo
alcuni, rischia di andare
perso. In passato molto
materiale è stato buttato,
ma da tempo c’è
chi lavora per salvarlo
e metterlo a disposizione
di tutti, anche grazie
alla rete. Quando
qualcuno, scartabellando
tra i tagli della spending
review di luglio, si era
accorto che tra gli enti
soppressi c’era anche
la vecchia Discoteca
di stato, c’era chi aveva
fatto un salto sulla sedia:
in tanti hanno visto
in pericolo la memoria
sonora del paese
e si sono mobilitati
per evitare la chiusura
dell’ente. Giorni fa si era
temuto che fosse
a rischio un altro
patrimonio inestimabile:
l’allarme, stavolta,
riguardava l’archivio
di Radio Rai
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 18 OTTOBRE 2012
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