Direttore ARTURO DIACONALE
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Sabato 19 Gennaio 2013
delle Libertà
Bersani obbligato ad una campagna aggressiva
a a chi è rivolta l’accusa di
essere il cancro del sistema
democratico mossa da Pierluigi
Bersani ai cosiddetti “partiti per-
sonali”? Il bersaglio apparente è,
ovviamente, Silvio Berlusconi. Che
il segretario del Pd ha tutto l’in-
teresse ad attaccare per far scat-
tare nel corpo elettorale quel mec-
canismo bipolare grazie al quale
può rilanciare l’argomento del
voto utile” a vantaggio del pro-
prio partito. Ma dietro il bersaglio
apparente e scontato rappresen-
tato dal Cavaliere si nascondono
gli obbiettivi veri del segretario
del Pd. Che sono Mario Monti ed
Antonio Ingroia. Cioè i due per-
M
sonaggi che, sulla scia di quanto
avvenuto negli ultimi vent’anni
nella politica nazionale, hanno da-
to vita a formazioni politiche per-
sonali e, con queste, puntano a
rendere impossibile il disegno di
Bersani di vincere a mani basse al-
la Camera ed al Senato ed entrare
da trionfatore a Palazzo Chigi.
Berlusconi, infatti, per il leader
dei democratici è un avversario
fin troppo utile. Viceversa Monti
ed Ingroia sono i nemici più insi-
diosi da combattere e cercare di
neutralizzare. Bersani sa bene che
la presenza della lista unica cen-
trista al Senato e del rifiuto di
ogni forma di desistenza da parte
della lista giustizialista dei tre ex
pm (Ingroia, Di Pietro, De Magi-
stris) rappresentano i principali
ostacoli sulla sua strada verso la
vittoria elettorale. Ed anche se non
rinuncia all’idea di una collabo-
razione con Monti nel dopo ele-
zioni ed alla speranza di riassor-
bire in qualche modo la spina
giustizialista in nome dell’antico
principio leninista del “nessun ne-
mico a sinistra”, è obbligato a
portare avanti una campagna elet-
torale caratterizzata da una con-
flittualità crescente contro i due i
due potenziali alleati.
La ragione è che Monti può
erodergli quella parte dell’eletto-
rato del Pd che alle primarie ha
votato per Renzi e che è portatore
di istanze vagamente liberaldemo-
cratiche, mentre Ingroia può
strappargli quella parte della base
che è stata allevata dal Pd con do-
si massicce di giustizialismo e che
è fatalmente attratta dai giustizia-
listi più duri e puri.
Bersani, quindi, non può più
continuare a mantenere toni bas-
si e misurati nel tentativo di con-
servare fino alla data delle ele-
zioni l’alto numero di consensi
conquistati grazie alla lunghissi-
ma campagna promozionale delle
primarie.
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I pifferai magici sono più pericolosi a sinistra
onostante l’ostentata serietà
e compostezza, anche il can-
didato premier dell’asse Pd-Sel
Bersani ha tirato fuori all’occor-
renza il suo piffero magico. Cer-
cando di imbonire i “topolini”
della sua area politica, coloro i
quali si aspettano ulteriori inter-
venti salvivici dallo Stato, ha di-
chiarato più volte che in Italia la
spesa pubblica non è assolutamen-
te troppo alta, se escludiamo il
servizio del nostro colossale debito
statale. Ovviamente, dati storici
alla mano, si tratta di una vera e
propria balla elettoralistica, ad uso
e consumo di chi ama ancora ba-
loccarsi con l’illusione sinistra di
N
continuare a vivere nella “città del
sole” facendo piangere i ricchi e/o
aumentando il numero delle ta-
gliole patrimoniali di questo di-
sgraziatissimo paese.
In realtà, soffermandoci in un
sommario escursus storico, la spe-
sa pubblica al netto degli interessi
raggiungeva appena il 20,2 per
cento del Pil nel 1950 mentre nel
1960,
in pieno boom economico,
saliva al 27,9 per cento. Nel 1980
poi, quando dominava il famige-
rato consociativismo, le uscite net-
te dello stato ammontavano al
34,4
per cento, per toccare dieci
anni dopo un preoccupante 41,8
per cento. Tuttavia, nonostante i
risparmi dovuti al nostro ingresso
nell’euro, i governi della cosiddet-
ta seconda Repubblica hanno fat-
to di meglio. Nel 2010 la spesa
pubblica ha raggiunto il record
del 46,6 per cento, e le stime per
l’anno che si è appena concluso,
complice anche la forte riduzione
del reddito nazionale, indicano un
incremento superiore ai due punti.
Ora, in questa corsa verso il
baratro del default, sarebbe il caso
che il segretario del Partito demo-
cratico valutasse con attenzione,
prima di lanciarsi nei suoi procla-
mi delle cicale, la tendenza dina-
mica interna della medesima spe-
sa. Se lo facesse si accorgerebbe
che negli ultimi decenni, nono-
stante i forti incrementi comples-
sivi, si è riscontrata una notevole
diminuzione dei contributi di pro-
duzione, dell’assistenza alle fami-
glie e - soprattutto - degli investi-
menti in conto capitale. Ciò ha
fatto da mero contraltare all’au-
mento eccessivo del capitolo pen-
sioni - che ha superato il 30 per
cento delle uscite complessive - e
del resto della spesa corrente.
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2
di
CLAUDIO ROMITI
Cercando di imbonire
i “topolini”della sinistra,
che si aspettano ulteriori
interventi salvivici dallo
stato, Bersani dice
che in Italia la spesa
pubblica non è troppo
alta.Ma basta un breve
excursus storico per dare
torto al leader del Pd
di
ARTURO DIACONALE
La radicalizzazione
delle posizioni a sinistra
è una strada obbligata.
Che per un verso
può servire a Berlusconi
per accelerare la rimonta
ma che per l’altro
è destinata ad accentuare
l’ingovernabilità
nella prossima legislatura
Storace-Zingaretti: unPannellaazero
K
Pannella sceglie Storace. Con-
teso nel Lazio dal centrodestra e dal
centrosinistra, il leader storico dei Ra-
dicali italiani ha deciso di allearsi con
l’ex governatore, nonostante il “mal di
pancia” dell’ala boniniana del partito.
«
Accogliamo l’invito di Francesco Sto-
race ad un apparentamento con la lista
radicale come gesto di rivolta morale
alle discriminazioni alle quali siamo
stati sottoposti», dichiara Pannella a
Radio Radicale. «Storace - aggiunge - è
stato certamente un cattivo amministra-
tore, ma è stato assolto con formula
piena dalle accuse che gli sono state ri-
volte. Il suo è un elettorato proletario ed
ha avuto il merito di denunciare che
contro di noi c’é stato un tentativo di
genocidio politico. Del resto ha ap-
preso quasi tutto da noi, frequentan-
doci. Sono contento che abbia detto
che senza il nostro controllo come al-
leato di governo nella regione Lazio
non potrebbe governare bene». Poco
prima, il candidato del centrosinistra
Nicola Zingaretti, aveva rinnovato a
Radio 24, il suo appello. Ma la scelta del
Marco nazionale è stata diversa.