Page 6 - Opinione del 19-9-2012

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ESTERI
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Libia,quegli errori diObama
nascosti suimediamainstream
di
STEFANO MAGNI
n macigno sta piombando sul-
la testa dell’amministrazione
Obama. Ma i media preferiscono
evidenziare le gaffe di Mitt Rom-
ney.
Mentre i grandi quotidiani Usa
si scatenano contro un video che
ritrae Romney parlare (male) dei
palestinesi e dell’elettore medio di
Obama, apprendiamo che l’ammi-
nistrazione non si era accorta del
pericolo che stava montando in Li-
bia e in Egitto.
Il 4 settembre (come è stato
prontamente riportato dal quoti-
diano israeliano Jerusalem Post)
aveva ricevuto un rapporto allar-
mante dall’Egitto, in cui veniva in-
formato del pericolo di manifesta-
zioni violente organizzate dagli
estremisti e possibili attentati agli
interessi statunitensi.
Per quanto riguarda la Libia,
l’ambasciatrice Susan Rice parla
ancora di “evento spontaneo” e
l’amministrazione Obama non de-
finisce neppure l’assalto al conso-
lato di Bengasi un “atto terroristi-
co”. Dunque imprevedibile. Il
presidente libico Mohammed el
Megarif ritiene, però, che l’assalto
di Bengasi sia “senza alcun dub-
bio” un atto di guerriglia pianifi-
cato in anticipo. Dopo che la po-
lizia libica ha arrestato 50 persone,
in seguito all’assalto, Megarif ha
U
attribuito la colpa dell’insurrezione
soprattutto a combattenti stranieri,
provenienti dal Mali e dall’Algeria
e affiliati ad Al Qaeda. Sempre in
Libia, un membro della milizia “17
Febbraio” ha rivelato al quotidiano
britannico Daily Mail di aver av-
vertito i funzionari americani del-
l’imminente attacco, almeno tre
giorni prima.
Il 10 settembre, inoltre, era sta-
to diffuso su Internet un video di
Ayman Al Zawahiri, che chiedeva
un attacco contro gli interessi ame-
ricani. Sia per “celebrare” l’anni-
versario dell’11 settembre, sia per
vendicare la morte del leader ter-
rorista Abu Yahya al Libi.
Prima o poi, insomma, la Casa
Bianca dovrà esser costretta ad
ammettere il suo errore: aver sot-
tovalutato il pericolo che montava
e non aver protetto la vita di un
ambasciatore e di altri 3 membri
del suo staff dalla furia omicida
degli jihadisti.
Eppure i media continuano a
pensare a Romney, alle sue gaffe
vere e presunte. Chi non trovereb-
be attraente un’indagine sugli er-
rori dell’amministrazione? Dall’11
settembre in avanti, quante inchie-
ste sono partite per conoscere e
sottolineare la falle della sicurezza
lasciate aperte dall’amministrazio-
ne Bush? Michael Moore deve la
fortuna del suo docu-drama “Fa-
hrenheit 9-11” solo all’espressione
di stupore di George W. nel mo-
mento in cui apprende la notizia
dell’11 settembre. A nessuno sfiora
l’idea di cogliere l’espressione di
perplessità di Obama nel momento
in cui ha appreso la notizia della
morte di un suo ambasciatore, in
un Paese teoricamente alleato e ap-
pena liberato con un intervento
militare. Qualunque critica all’am-
ministrazione viene considerata
inopportuna” dal coro di edito-
rialisti. Di fronte ai particolari im-
barazzanti che emergono dalle vi-
cende in Libia e in Egitto, i media,
non solo ne parlano poco, ma ad-
dirittura spostano l’attenzione dei
loro lettori e ascoltatori su qual-
siasi gaffe di Romney. Ed è questa
la vera notizia: i media “mainstre-
am” si stanno rivelando parte or-
ganica della campagna di Obama.
Epurazioni a Pechino, processo a Wang Lijun
K
Cina, Wang Lijun, ex-vice sindaco e capo della polizia di
Chongqing, nonché braccio destro di Bo Xilai (epurato dal Partito) è
sotto processo per corruzione, defezione e abuso di potere
Nato eAfghanistan
sempre piùdistanti
Sottovalutazione
del pericolo che montava
in Libia ed Egitto,
superficialità e opacità
nel narrare i fatti.
Ma gli editorialisti
preferiscono scatenarsi
sulle“gaffe”di Romney
Odio anti-giapponese inCina
Le Senkaku sono un pretesto
e operazioni congiunte fra
Nato ed esercito regolare af-
gano saranno ridotte. Saranno li-
mitate solo alle azioni medie e
grandi, dal livello di battaglione
in su. Le pattuglie miste saranno
attentamente valutate caso per
caso. Lo ha deciso il comando
dell’Alleanza Atlantica dopo aver
subito ben 51 morti (solo que-
st’anno), uccisi da poliziotti o mi-
litari di Kabul. Una prima impen-
nata di violenze e scontri “green
on blue” (verde su blu, con cui si
indica il fuoco amico degli alleati
sui nostri) si era registrata già a
febbraio e marzo scorsi, dopo lo
scandalo del presunto rogo del
Corano nella base statunitense
di Bagram. In questi giorni, dopo
l’inizio delle sollevazioni nel resto
del mondo islamico, si contano
già 4 soldati americani e 2 bri-
L
tannici assassinati. La tendenza
è molto negativa. Si erano regi-
strati appena 2 morti per inci-
denti “green on blue” nel 2007 e
altrettanti nel 2008, poi il nume-
ro era salito a 10 morti nel 2009,
20
nel 2010 e 35 nel 2011. Que-
st’anno, con i suoi 51 morti, è il
peggiore. La missione Isaf (a gui-
da Nato) esprime “frustrazione”
per l’incapacità del comando di
Kabul a contenere incidenti simi-
li. I Talebani sono sempre più
abili ad inserirsi nei ranghi dei
regolari afgani. A marzo, quando
si verificò la prima impennata di
omicidi, un generale afgano rive-
lava alla stampa che le tecniche
di penetrazione degli jihadisti
fossero diventate molto più sofi-
sticate. Ma, come ammetteva lo
stesso generale Hamid: «Una del-
le cause del successo dell’infiltra-
zione del nemico è anche una no-
stra carenza nell’accertare
l’identità delle nuove reclute».
E proprio mentre l’Alleanza
Atlantica annunciava le sue con-
tromisure, all’aeroporto di Ka-
bul, i Talebani (in modo scoper-
to, non travestiti da soldati),
facevano esplodere un pulmino
di lavoratori stranieri, ucciden-
done almeno 12. L’ennesimo epi-
sodio di sangue in una guerriglia
che sta compiendo il suo 11mo
anno.
MARIA FORNAROLI
entre in tutto il Medio
Oriente si scatena l’odio
contro gli Stati Uniti, nelle città
della Cina si scatena quello contro
il Giappone. Il pretesto, in questo
caso, è un arcipelago di 5 isole e
3
scogli: le Senkaku. È difficile an-
che cercarle sulla carta geografica.
Eppure la lite sul loro possesso su-
scita l’odio delle piazze. Specie nel-
le ricorrenze: il 18 settembre 1931
avveniva l’incidente di frontiera
di Mukden che diede inizio alla
lunga e sanguinosissima guerra si-
no-giapponese (1931-1945), cen-
trale nella storiografia cinese, sia
nazionalista che comunista.
Che le Senkaku siano solo un
pretesto si deduce, non solo dalla
loro irrilevanza territoriale, demo-
grafica (sono deserte) e politica,
ma anche per lo scarso interesse
economico che sinora hanno su-
scitato. Possibili giacimenti di gas
e petrolio furono indicati sui loro
fondali già nel 1969 dalla com-
missione economico-sociale delle
Nazioni Unite. Eppure, da 33 anni
a questa parte, non hanno mai ge-
nerato una tensione simile. Non
si tratta neppure di territori dal
forte significato tradizionale, come
era, ad esempio, il Kosovo per i
serbi. Le Senkaku non sono mai
state teatro di battaglie o eventi
degni di nota. Da un punto di vi-
sta storico, la loro appartenenza
al Giappone non pare dubbia. Fu-
M
rono annesse da Tokyo nel 1879,
senza colpo ferire, assieme a tutto
l’ex regno insulare delle Ryukyu.
Da allora sono sempre state parte
integrante del territorio nipponico,
con l’eccezione di una provvisoria
occupazione americana dal 1945
al 1972. Da un punto di vista giu-
ridico, sono tuttora formalmente
proprietà privata della famiglia
Kurihara, che le acquistò all’inizio
degli anni settanta dagli eredi del-
l’imprenditore Koga Tatsuhiro,
l’unico che le sfruttò economica-
mente (installandovi un impianto
ittico) dal 1900 al 1940. La Cina
vanta diritti molto più antichi (e
dubbi) sul piccolo arcipelago, che
Pechino chiama Diaoyu. Quel
gruppetto di scogli sarebbe stato
annesso assieme all’isola di For-
mosa (l’attuale Taiwan) nel XVII
Secolo. Ma proprio per questo
motivo, è Taiwan che le dovrebbe
rivendicare. E in effetti le rivendi-
ca: il governo di Taipei le chiama
Tiaoyu e le considera parte del
proprio territorio nazionale. Però,
siccome il regime di Pechino con-
sidera anche Taiwan come parte
del proprio territorio (formalmen-
te è una “regione ribelle”), allora
vi include pure le Diaoyu/Senka-
ku/Tiaoyu.
La causa immediata dell’esplo-
sione di violenza è l’annuncio uf-
ficiale dell’acquisto delle isole da
parte del governo nipponico. Se
non lo avesse fatto il governo cen-
trale, le avrebbe comprate (la col-
letta era già in corso da mesi) il
governatore di Tokyo, Shintaro
Ishihara. Paradossalmente la mos-
sa del governo Noda era intesa co-
me un gesto per placare le acque
e contenere i pruriti nazionalisti
di Ishihara e i suoi. Ma l’effetto è
stato quello di alimentare il nazio-
nalismo dei cinesi.
La causa di questa improvvisa
fiammata, tuttavia, può ben essere
individuata all’interno della Cina
e non nei rapporti con il Giappo-
ne: il mese prossimo avverrà il ri-
cambio della classe dirigente di Pe-
chino. Ogni fazione usa la carta
del sentimento patriottico per
creare un contatto emotivo con il
popolo che andrà a governare.
(
ste. ma.)
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE 2012
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