Page 5 - Opinione del 19-10-2012

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ESTERI
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I Democratici Usa scatenano
la guerra fra i due sessi
di
STEFANO MAGNI
tre settimane dalle elezioni, la
nuova offensiva di Barack
Obama punta a riconquistare l’elet-
torato femminile. A dire il vero, non
l’ha mai perso. Anche nel più cata-
strofico (dal suo punto di vista) son-
daggio dell’istituto Gallup, pubbli-
cato ieri, che dà a Romney un
vantaggio di addirittura 6 punti fra
i potenziali elettori, risulta che le
donne continuino a scegliere il pre-
sidente in carica, a gran maggioran-
za. Rispetto alle elezioni del 2008,
quando c’era un “gender gap” di 7
punti fra Obama e John McCain,
questa volta le donne che sceglie-
rebbero la riconferma dell’ammini-
strazione democratica sono il 10%
in più. A livello nazionale, dunque,
anche puntando tutto sulle donne,
Obama non sarebbe più sicuro. È
nei singoli stati in bilico (fra cui Flo-
rida e Ohio sono i più importanti)
che la competizione è più serrata.
Stando ad un rilevamento condotto
da cinque istituti locali, in Florida,
a settembre, il “gender gap” era di
15
punti a vantaggio di Obama. Ma
alla metà di ottobre la distanza fra
i due candidati si è enormemente ri-
dotta: appena 2 punti. Nell’Ohio,
secondo il Public Policy Polling (de-
mocratico), è successo il contrario:
Obama ha conquistato 10 punti
nell’elettorato “rosa” nell’ultimo me-
se. Contano l’età e lo status sociale.
A
Le donne che preferiscono Romney,
generalmente, hanno famiglia e
un’età superiore ai 65 anni, che in
Florida abbondano. Obama, al con-
trario, punta alle single e alle gio-
vani, che sono molto più numerose
in uno stato industriale quale
l’Ohio.
Quali argomenti sceglie il presi-
dente per attrarre e conservare il
suo” elettorato rosa? Li abbiamo
sentiti nel dibattito di martedì: la le-
gislazione sulla parità dei salati (Lilly
Ledbetter Act), la copertura sulle
spese sanitarie che riguardano la
contraccezione e il diritto all’aborto.
Si tratta di questioni tenute in gran
conto dalle donne? Sì: secondo l’isti-
tuto Gallup, fra i 10 argomenti po-
litici ritenuti prioritari, le intervistate
di sesso femminile inseriscono la pa-
rità dei diritti, l’educazione, la pre-
videnza sociale e l’aborto (che per
il 39% delle intervistate è la cosa
più importante in assoluto). Il pro-
blema è: come affrontarle? La mag-
gioranza assoluta degli americani,
uomini o donne che siano, è contra-
ria all’aborto. Quanto alla parità
dei salari, Romney, proprio nel cor-
so del dibattito, è riuscito a dimo-
strare che non si tratti di una garan-
zia di impiego. Anzi: 3 milioni e
mezzo di donne hanno perso il po-
sto. I Democratici, in genere, hanno
sempre considerato la donna come
una categoria, collettiva, da proteg-
gere. I Repubblicani, lungi dal vo-
lerle discriminare, vogliono incorag-
giare il merito delle singole persone
di sesso femminile. Sebbene non ab-
bia dimostrato il massimo della fi-
nezza nel linguaggio, Romney ha
spiegato bene il suo punto di vista
quando ha parlato di “raccoglitori
pieni di donne” da assumere per
ruoli di responsabilità nello stato
del Massachusetts, quando era go-
vernatore. In estrema sintesi: i De-
mocratici faranno di tutto per en-
fatizzare le differenze fra sessi, per
proporre la loro agenda egualitaria.
I Repubblicani rispondono annac-
quando o annullano la “questione
femminile”: solo l’individuo conta,
con la sua capacità. Donna o uomo
che sia. Anche qui, come nei temi
economici, ci troviamo di fronte a
uno scontro fra due visioni opposte
della società.
Grecia commissariata, scoppia il caos ad Atene
K
Angela Merkel: potere di veto europeo sui bilanci nazionali.
Il bersaglio è chiaro: la Grecia sull’orlo del default. Atene scoppia in
manifestazioni violente (1 vittima) contro i tagli decisi dal governo
Autogol talebano
nel Pakistan
In calo nei sondaggi,
Obama punta
all’elettorato femminile.
Enfatizzando
le disuguaglianze
fra generi. Romney,
al contrario, esalta
il merito individuale
MedioOriente: le metastasi
della crisi nucleare iraniana
l tentato omicidio di Malala You-
safzai, nella valle di Swat (Paki-
stan), si sta rivelando un boome-
rang per i Talebani locali. La
ragazzina, nota per il suo coraggio,
divenuta celebre grazie al blog della
Bbc che amministrava lei, si sta gra-
dualmente riprendendo in un ospe-
dale britannico, dove è stata trasfe-
rita per ragioni di sicurezza. I
Talebani, che le volevano chiudere
la bocca, le avevano sparato alla
testa: è salva per miracolo. Ma quel
colpo di pistola sta rimbombando
ancora in tutto il Paese asiatico,
provocando conseguenze strategi-
che. Dopo il tentativo compiuto
dall’esercito regolare pakistano di
sradicare la loro presenza dai ter-
ritori tribali nel 2009, erano riusciti
a consolidare di nuovo la loro pre-
senza intimidatoria nelle regioni di
confine fra Pakistan e Afghanistan.
In queste settimane, il caso Malala
sta dando una nuova opportunità
al governo di Islamabad per lan-
ciare una nuova offensiva anti-ta-
lebana. E questa volta, anche con
il consenso di buona parte dell’opi-
nione pubblica. Una nuova offen-
siva nel Waziristan del Nord po-
trebbe partire nei prossimi giorni.
I Paesi della Nato, impegnati nel
conflitto in Afghanistan, stanno fa-
cendo pressione da anni, su Islama-
bad, perché ricominci a combattere
i suoi Talebani. Il Waziristan del
Nord, in particolare, è un’area di
I
riorganizzazione e rifugio per gli ji-
hadisti che combattono in Afgha-
nistan. Sinora il governo di Islama-
bad ha resistito a questa pressione
internazionale a causa della sua
opinione pubblica, fortemente an-
ti-occidentale per motivi ideologici,
religiosi e per i continui raid aerei
(
con i droni) contro le cellule ter-
roriste in territorio pakistano. Gli
incidenti sulla frontiera afgana, che
hanno provocato la morte di decine
di soldati pakistani, l’uccisione di
Osama Bin Laden ad Abbottabad,
la crisi generata scoppiata questo
11
settembre a causa del video
blasfemo”, hanno portato Wa-
shington e Islamabad sull’orlo della
rottura. Una singola ragazzina di
14
anni, sopravvissuta per miracolo
ad un attentato talebano, ha ricor-
dato all’opinione pubblica pakista-
na che il vero pericolo è interno. Ed
è il fondamentalismo talebano. Ov-
viamente non parliamo di tutta la
popolazione, ma di una parte con-
sistente, attiva e secolarizzata del
popolo pakistano. Sufficiente a dare
al governo il coraggio per tentare,
dopo tre anni, di sradicare la guer-
riglia jihadista. Sarebbe di gran sol-
lievo anche per la Nato, alle prese
con il suo ultimo anno di intervento
in Afghanistan. Dopo il ritiro, pre-
visto per il 2014, un Pakistan sta-
bile sarà ancora più indispensabile
per assicurare un futuro a Kabul.
MARIA FORNAROLI
a un po’ di tempo, ci sono due
dossier internazionali che, sen-
za che se abbia una percezione del
tutto limpida, si intrecciano diciamo
pericolosamente”: la ormai certa
dotazione di tecnologia nucleare a
scopo militare dell’Iran e la crisi si-
riana, con la sua sanguinosa guerra
civile.
Il Paese che più si sente minac-
ciato dalla possibilità di un attacco
nucleare iraniano è quello che, sto-
ricamente, da sempre, vive nel co-
stante incubo di qualcuno che vuole
la sua scomparsa come Stato e co-
me popolo: Israele.
Il premier britannico, David Ca-
meron, ha personalmente avvertito
Israele di non intraprendere alcuna
azione militare contro l’Iran, per il
momento. Lo ha rivelato lo stesso
primo ministro durante un suo in-
tervento alla cena annuale dell’or-
ganizzazione di beneficenza ebraica
United Jewish Israel Appeal, in cui
ha dichiarato che sebbene non tol-
lererebbe «un Iran con armi nuclea-
ri», ha chiesto al primo ministro
israeliano Benjamin Netanyahu di
dare alle sanzioni economiche in
corso il tempo di produrre i loro ef-
fetti.
Cameron ha affermato: «Ho
detto al primo ministro Netanyahu
che ora non è il momento di ricor-
rere ad un intervento militare. Oltre
ai pericoli inerenti a qualsiasi con-
flitto, l’altra ragione è questa: nel
D
preciso momento in cui il regime si
trova a sfidare pressioni senza pre-
cedenti e la gente è per le strade, e
quando l’ unico vero alleato del-
l’Iran, la Siria, sta perdendo il suo
potere, un attacco militare straniero
sarebbe l’ occasione che il regime
cercherebbe per unire il suo popolo
contro un nemico esterno». Il primo
ministro ha tenuto tuttavia aperta
la possibilità di un attacco all’Iran,
dicendo: «Nel lungo termine, se
l’Iran compisse le scelte sbagliate,
non è da escludere. Un Iran dotato
di armi nucleari è una minaccia ad
Israele e al resto del mondo».
Va detto che il ragionamento di
Cameron non fa una piega e sinte-
tizza, dal punto di vista occidentale,
l’attuale pericoloso intrecciarsi delle
dinamiche geo-politiche dell’area.
In Siria, intanto, secondo il re-
gime, proseguono le “operazioni
anti-terrorismo”.
Citando fonti governative delle
varie località in rivolta, l’agenzia
ufficiale Sana afferma che «opera-
zioni speciali condotte dai valorosi
soldati hanno portato all’elimina-
zione di numerosi terroristi» ad
Aleppo e Homs, al ritrovamento di
diversi covi e al sequestro di ingenti
carichi di armi e munizioni, com-
presi cannoni di mortaio e mitra-
gliatrici anti-aeree montate su vei-
coli pick-up. La Sana non riferisce
di eventuali vittime tra i militari go-
vernativi né di vittime tra i civili. I
media ufficiali non fanno inoltre
menzione dell’uso dell’aviazione per
contrastare l’avanzata dei ribelli,
ma si riferiscono sempre ed esclu-
sivamente a truppe di terra.
Secondo i ribelli, invece, le forze
del governo siriano hanno eseguito
diversi raid aerei sulle roccaforti dei
rivoltosi nel nord della Siria, cau-
sando diversi morti. Si tratterebbe,
a sentire l’Osservatorio Siriano per
i Diritti umani, di bombardamenti
fra i peggiori da quando i ribelli
hanno preso la città di Maaret al-
Numan, nella provincia di Idlib.
Abbiamo detto di “intrecci”. Un
incontro a sorpresa sulla crisi siria-
na si è svolto tra il presidente ira-
niano, Ahmadinejad, e il primo mi-
nistro turco, Erdogan, a Baku, in
Azerbaigian, a margine del 12mo
summit dell’ Organizzazione per la
Cooperazione Economica (Oce).
Oltre alla crisi in Siria, su cui i due
premier hanno opinioni divergenti,
durante il faccia a faccia si è discus-
so anche della questione nucleare.
Le relazioni tra Iran e Turchia negli
ultimi mesi si sono deteriorate a
causa della situazione siriana. An-
kara punta a un cambio di regime
a Damasco, mentre Teheran ha
spesso ribadito il suo sostegno ad
Assad. Intrecci pericolosi, insomma,
tra Iran, Israele, Siria e Turchia, con
gli Usa e l’Europa che, per ragione
diverse, stanno (troppo) a guardare.
LUCA ALBERTARIO
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 19 OTTOBRE 2012
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