II
POLITICA
II
Simboli politici, branding in un vuoto di significati
di
STEFANO CECE
econdo il filosofo Hegel “il sim-
bolo è più o meno il contenuto
che esso esprime come simbolo”.
Quel “più o meno” è diventato
quanto mai d’attualità se circo-
scritto ai simboli e loghi che con-
traddististinguono i partiti politici
della Seconda e Terza Repubblica,
dall’avvento del partito-azienda di
Berlusconi, Forza Italia, che già
dal manifesto evocava non certo
una tradizione storica consolidata
ma un qualcosa di più simile allo
stemma di una squadra di calcio.
Ci sono partiti che hanno pre-
ferito mantenere nell’old style una
riconoscibilità che non evaporasse
nel tempo, come la foglia d’edera
del Partito repubblicano o il sole
che sorge dei socialdemocratici,
altri hanno adottato tecniche di
stilizzazione più adatte ai tempi
moderni senza disconoscere il “di-
segno” iniziale.
Ciò che salta all’occhio nel si-
gnificato sempre più rarefatto se
non ambiguo dei simboli politici
è la dimensione pubblicitaria e
propagandistica che hanno assun-
to dal ‘94 ad oggi. Più sigle dun-
que, più nomi (e cognomi) in
l(u)ogo al posto dei simboli. Si è
passati da simboli storici come la
falce e martello del Partito comu-
nista, a ricordare le lotte della clas-
se operaia, per arrivare alle querce
con il simbolo, agli ulivi senza
simbolo, e infine all’acronimo: Pd.
Va detto che partiti della sinistra
più radicale, due per tutti come
S
Rifondazione e Pdci, non hanno
voluto rinunciare alla falce e mar-
tello mantenendo quindi un ideale
filo nostalgico con il passato.
Slegati da un rapporto diretto
con sentimenti collettivi e indivi-
duali, colpa soprattutto della per-
dita di emozioni e passioni politi-
che, i simboli politici si sono via
via ridotti a segni grafici, sigle, se
non a veri e proprio messaggi
pubblicitari.
Nella vasta galassia dei partiti,
il simbolo più accattivante dal
punto di vista grafico nonché
identitario sembra essere quello
della Lega nord (il leggendario ca-
valiere Alberto da Giussano), per
il resto è una lunga lista di simboli
incolori e vuoti che poco hanno
da trasmettere in termini di lin-
guaggio e suggestioni.
Si va dall’arcinoto logo del Po-
polo della libertà nel quale cam-
peggia lo stampatello “Berlusconi”
ai Fratelli d’Italia di Crosetto e
Meloni, fino ai Moderati in rivo-
luzione di Samorì, passando per
la scelta civica con Monti. Quattro
partiti che, seppure per certi versi
distanti fra loro, non si discostano
molto per scelta grafica. Il nastrino
tricolore è un must replicato più
volte. Il Movimento cinque stelle
ha giocato tra nome e simbolo in-
serendo 5 stelline sul logo. Si la-
vora per sintesi, per sottrazione,
per abbreviazione, fino ad arrivare
all’approssimazione.
va detto che per la loro natura
i simboli servono per affermare,
testimoniare, essere. C’è un’atten-
zione molto pragmatica in questa
fase del nuovo millennio nella rea-
lizzazione dei simboli politici. Un
vuoto di immagini ben diverso per
esempio da segni come la falce e
martello, il sole nascente o lo sudo
crociato, intrisi di significati (classe
lavoratrice, avvenire, fede).
Esiste una difficoltà tutta inter-
na ai partiti nell’elaborare i propri
simboli e nel comunicare signifi-
cati propri fatti veicolare dalle im-
magini. Una vecchia professoressa
di liceo sosteneva che a New York
i nomi delle strade non hanno no-
mi ma numeri in quanto la storia
americana è troppo breve per
riempire la toponomastica della
grande mela di personaggi celebri.
Se manca la cultura politica l’im-
poverimento corrode anche la sim-
bologia. E allora il branding di-
venta sottocultura incapace di
esprimersi semanticamente. Man-
cando le motivazioni ideali in gra-
do di trasformarsi in emblemi, si
utilizza il più banale dei segni gra-
fici per rappresentare un movi-
mento vuoto. O un vuoto di signi-
ficato.
Casillo: il candidato ideale contro certe toghe rosse
di
RUGGIERO CAPONE
residente Berlusconi, dica
a Pier Ferdinando Casini,
dato che si dice cattolico:
memen-
to homo
!
Visto l’atteggiamento
ostile che l’onorevole Casini ha
assunto nei Suoi personali con-
fronti, gli ricordi ciò che accadde
la mattina dell’8 febbraio 1994,
ultimo giorno utile per l’apparen-
tamento delle liste delle famose
elezioni che La videro entrare nel-
l’orbita politica. Lei accettò che
Mastella, Casini e D’Onofrio
rientrassero in gioco (preceden-
temente rifiutati per la pretesa di
avere ministero del Lavoro e
Istruzione) solo per le pressioni
che Le feci prima mediante Do-
menico Mennitti, mio ex direttore
del “Roma”, poi attraverso
Adriano Galliani e, infine, per
l’intervento risolutivo di Marcello
Dell’Utri alle 7:30, mentre la pie-
tosa delegazione dei mendicanti
avevano preso comunque l’aereo
verso Milano, speranzosi in un
miracoloso ultimo mio intervento
presso di Lei. Ricordi a Casini
che li fece prelevare in extremis
all’aeroporto di Linate con una
vostra macchina. Rammenti an-
che a Casini che intervenni dopo
le ossessive e continue telefonate
del giorno precedente continuate
al mattino dell’onorevole Mastel-
la, il quale mi riferì che in mac-
china (in taxi verso Fiumicino)
con lui c’era anche Casini e
D’Onofrio. Peccato, che non esi-
stano tracce registrate! Eppure,
«
P
essendo il sottoscritto, già dall’an-
no precedente, nel mirino dell’An-
timafia di Napoli e, di lì a poco
arrestato, mercoledì 21 aprile ’94,
mi fa meraviglia che un “camor-
rista” della mio livello, e, a dire
degli inquirenti, socio in malaffari
di Alfieri e Galasso, non avesse il
telefono sotto controllo! Di tutto
questo, me ne se sono lamentato
anche in un pubblico processo.
Le pare verosimile? O non, piut-
tosto, che sia stato tutto messo a
tacere? Poiché, delle due una: o
il mio telefono non era sotto con-
trollo, e sarebbe roba da inetti
oppure è stato tutto dolosamente
insabbiato. Le scrivo questo solo
per ricordare a Lei chi ero, a Ca-
sini la sua ingratitudine (senza di
Lei, politicamente, sarebbe già de-
funto) e allo Stato... qualche ri-
dicola inadempienza! Saluti. Ro-
ma, 17 gennaio 2013, Pasquale
Casillo».
Questo il contenuto della mis-
siva che Pasquale Casillo (all’epo-
ca imprenditore agroalimentare
di rilievo mondiale, editore del
quotidiano Roma e proprietario
di club calcistici) ha inviato a Sil-
vio Berlusconi.
«
Attualmente ho la fedina pe-
nale integra! - precisa Casillo -
Sono stato assolto, dopo ben 13
anni, su richiesta della stessa Pro-
cura che mi aveva arrestato, se-
questrato l’intero patrimonio e
conseguentemente fatto fallire
tutte le aziende del mio Gruppo
(56
aziende in tutto il mondo)
che all’epoca fatturavano ben
2.000
miliardi, a causa di un am-
ministratore giudiziario (il mio
Bondi) la cui segretaria era una
segreteria telefonica”. Questo
signore da me denunciato, e da
ben quattro anni attendo un Ctu
dalla procura di Napoli».
Le persecuzioni giudiziarie nei
riguardi di Pasquale Casillo sono
durate 29 anni (iniziavano nel
1984).
Ma l’imprenditore è poi risul-
tato assolto in tutti i processi.
Dopo decine di assoluzioni nes-
sun giornale ha mai provveduto
a riabilitare l’uomo dinnanzi al-
l’opinione pubblica. Casillo ci
rammenta i due casi più recenti
in ordine di tempo. «Il fallimento
della società capogruppo - spiega
Casillo - la Casillo Grani snc, per
una presunta accusa di bancarot-
ta fraudolenta aggravata (un caso
simile a Cirio e Parmalat che si
consumava 10 anni prima) che si
sarebbe prescritta dopo 18 anni
e 6 mesi, ma che a 17 anni, guar-
do un po’! - rimarca l’imprendi-
tore - essendo ancora allo stato
indiziario (solo iscritta al modello
21)
quindi senza neppure aver
fatto un’udienza o un interroga-
torio, è stata archiviata (12 mar-
zo 2012) con motivazione “il fat-
to non sussiste”.
È più grave assolvere col fatto
non sussiste o che oggi comunque
si sarebbe prescritta senza inizia-
re. Si sarebbe prescritta a febbraio
2013,
non penso esista caso simi-
le in Europa».
L’episodio che ancora turba
Pasquale Casillo è come sia stato
costruito in suo danno il processo
per “concorso in associazione ca-
morristica”.
«
Processo per concorso in as-
sociazione camorristica - ci ripete
Casillo con tono indignato - dopo
quasi 13 anni unico imputato…
in quaranta minuti (di cui 10 di
camera di consiglio), senza con-
traddittorio dei pentiti, senza i te-
sti di accusa e di difesa (ho rinun-
ciato ai mie 70 testi): sono stato
assolto con formula piena su ri-
chiesta della Procura. Non ho
avuto il piacere di avere come te-
sti d’accusa né il capo dei Ros di
allora né quello della Dia, eppure
avevano firmato i verbali. E pen-
sare che i signori dell’antimafia
avevano confuso l’ambasciatore
Usa Peter Secchia con un camor-
rista...».
Pasquale Casillo è ancora una
persona solare, sorridente, alla
mano. La persecuzione non ha
nemmeno scalfito il suo carattere
mite, pacioso. «Era un vero ami-
co del calcio!», ci rammentava un
signore incontrato in un bar di
Foggia.
Fu Casillo ad ingaggiare Zde-
nek Zeman per il Foggia calcio
scivolato in C1: Casillo contri-
buiva di fatto alla costruzione
d’una città per allenare i giovani,
i giornali l’appellarono subito
Zemanlandia”, intanto svettava
il “Foggia dei miracoli”.
Così Zeman, dopo una stagio-
ne alla guida del Messina, non re-
sisteva al nuovo ingaggio di Ca-
sillo, sempre nel Foggia, neopro-
mosso in Serie B. Nel 1989 al
Foggia dei miracoli” fa solo om-
bra la Foggia che scende di tre
punti nelle statistiche della disoc-
cupazione, grazie alle assunzioni
nella Casillo grani.
1993-1994,
ultima stagione
prima dell’addio di Zeman, il
Foggia sfiora l’ingresso in Coppa
Uefa, sconfitto (0-1) da un Na-
poli all’ultima giornata di cam-
pionato. Nonostante la persecu-
zione giudiziaria, Casillo non
abbandona il campo.
Nella stagione 2003-2004
all’Avellino calcio, Zeman ritrova
il presidente Pasquale Casillo. Ed
arriviamo al 20 luglio 2010,
quando la famiglia dell’ormai sto-
rico presidente degli anni della ri-
balta (Pasquale Casillo) riacquista
ufficialmente il Foggia, e natural-
mente richiama come allenatore
Zeman. «Il Foggia dei miracoli è
tornato», urlano i tifosi per stra-
da. Ma dopo aver continuato a
pensare in grande, con l’appro-
vazione di un accordo di pro-
gramma per realizzare un nuovo
stadio comunale e 1000 apparta-
menti a Foggia, la lobby dei co-
struttori mette in piedi mille pa-
letti per far abortire il sogno.
Oggi chi restituirà i posti di
lavoro nella Casillo grani? So-
prattutto chi risarcirà la famiglia
Casillo di quasi 30 anni di mala-
giustizia? Oggi Foggia è l’ultima
città d’Italia per Pil, ai tempi della
Casillo grani se la batteva con le
ridenti cittadine del centro-nord.
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 20 GENNAIO 2013
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