Pagina 3 - Opinione del 23-8-2012

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II
POLITICA
II
Promessa elettorale: più infrastrutture per tutti
uovo giorno di Meeting di
Comunione e Liberazione,
nuova passerella governativa. As-
somigliano parecchio a politici di
professione questi tecnici in gita a
Rimini. E la campagna elettorale
deve essere aperta visto che comin-
ciano le promesse. Quella fresca di
girnata arriva dal viceministro per
Infrastrutture, Mario Ciaccia: «Sto
lavorando - dice subito ai giorna-
listi senza neppure aspettare di sa-
lire sul palco - a un provvedimento
per la defiscalizzazione delle nuove
infrastrutture per le quali sia ac-
certato, dal punto di vista tecnico,
che non sono sostenibili per un
piano economico e finanziario con
l’attuale gravame di Iva». La ‘ratio’
del provvedimento è di far decol-
lare quei progetti infrastrutturali
che oggi non sono ‘bancabili’ con
l’attuale regine fiscale. «Penso ad
una sterilizzazione totale dell’Iva
con un impatto di 5-6 punti di Pil
e la creazione di centinaia di posti
di lavoro». «Su questo - ha detto
ancora - credo che dobbiamo in-
tervenire e questo proporrò ai col-
leghi di governo». Lo stesso Ciac-
cia ha annunciato che la proposta
dovrebbe prendere forma in un di-
segno di legge.
La defiscalizzazione, ha spiega-
to il viceministro, non crea nessun
aggravio per i conti pubblici: in as-
senza di tali incentivi le opere non
verrebbero realizzate e, pertanto
non ci sarebbe alcun gettito. L’in-
dotto creato dalla infrastruttura
così realizzata può, invece, produr-
re entrate di gran lunga superiori
N
all’agevolazione concessa che è
senza effettivi oneri per lo stato e
per i cittadini.
«Sono state fatte scelte molto
importanti - ha ricordato il vice
ministro nel suo intervento - con i
provvedimenti di urgenza presi
dall’attuale governo. A titolo per-
sonale per ora ritengo, peraltro,
che occorra assumere decisioni an-
cora più coraggiose e partire final-
mente dal corretto principio che la
fiscalità generata da nuove infra-
strutture, cioè da opere che non
partirebbero se non ci fossero le
agevolazioni, è completamente ad-
dizionale e che quindi non può de-
terminare riduzione di entrate per
l’erario. Dobbiamo smetterla di
cercare copertura di minori entrate
che è scritta soltanto nelle nuvole
e convincerci che possiamo realiz-
zare nuove infrastrutture rinun-
ciando ad entrate Iva che non pos-
sono essere generate. Dobbiamo
invece capire che l’indotto creato
dalla infrastruttura così realizzata
può essere tale da produrre entrate
di gran lunga superiori all’agevo-
lazione concessa che, ripeto, è sen-
za effettivi oneri per lo stato e per
i cittadini». «Ritengo - ha ribadito
- che, senza incidere sulle entrate
erariali e sul bilancio pubblico, at-
traverso un’esenzione totale del-
l’Iva, possa conseguirsi l’ambizioso
obiettivo di realizzare un conside-
revole numero di infrastrutture, di-
versamente mai realizzabili, in gra-
do di stimolare un indotto tale da
generare effetti positivi anche per
le entrate pubbliche. Questa co-
struzione non è figlia di un sogno
di una notte di mezza estate e sono
in grado di dimostrare che questa
impostazione reca condizioni fa-
vorevoli per tutti: stato, fisco, cit-
tadini, imprenditori, investitori; è
un potentissimo sviluppatore di
crescita e di energia. Un volano per
l’economia di portata storica pro-
prio per la fase difficile in cui vive
tutta l’Europa». Del resto, ha ri-
cordato, «il non fare nel campo
delle infrastrutture», «potrebbe
comportare, nei prossimi 15 anni,
costi dell’ordine di 376 miliardi».
«Insomma, il tempo è scaduto, ma
possiamo far riprendere a girare
l’orologio che segni la nuova svolta
dell’economia. Occorrono perciò
decisioni coraggiose e rapide per
realizzare le infrastrutture di inte-
resse comune e, cioè, quella spina
dorsale che manca per gli scambi
e gli investimenti e che costituisce
una leva formidabile per porre al
riparo dalla crisi e dalla specula-
zione gli Stati membri, nessuno
escluso».
Immediati gli applausi di Con-
findustria. «Puntare in modo deci-
so sull’utilizzo della fiscalità come
leva per favorire gli investimenti
in infrastrutture è una scelta che
Confindustria condivide pienamen-
te e che ha già sostenuto da tempo
insieme alle più importanti Fonda-
zioni e Istituzioni finanziarie, pub-
bliche e private, del nostro Paese».
Lo afferma in una nota il presiden-
te dell’associzione degli industriali,
Giorgio Squinzi. «Gli interventi
per rilanciare la crescita realizzati
finora dal Governo, soprattutto
sui Project Bond - prosegue Squin-
zi - pongono l’Italia all’avanguar-
dia tra i Paesi Ue nell’attuare le
conclusioni del Consiglio europeo
del 28 giugno. Una più ampia e
coerente defiscalizzazione dei nuo-
vi investimenti - sottolinea - deter-
mina un ulteriore e decisivo con-
tributo finanziario alla riduzione
del nostro gap infrastrutturale e,
rendendo possibile la realizzazione
di opere altrimenti non realizza-
bili, rappresenta un volano per
l’economia e per l’occupazione,
senza alcun onere per la finanza
pubblica».
La proposta lanciata dal vice
ministro «verrà accolta bene dal
mercato e renderà finanziabili ope-
re che ora non sono finanziabili».
Almeno secondo Giovanni Castel-
lucci, amministratore delegato di
Autostrade per l’Italia e Atlantia,
anch’egli presente alla kermesse di
Cl.
Ovviamente favorevoli anche i
costruttori: «La proposta del vice-
ministro Ciaccia di una defiscaliz-
zazione Iva per le infrastrutture da
realizzare è un’ottima soluzione
per liberare risorse a favore di in-
terventi che servono al Paese». È
quanto afferma in una nota il pre-
sidente dell’Ance, Paolo Buzzetti,
commentando il progetto avanzato
dal viceministro alle Infrastrutture
al meeting di Rimini. «L’edilizia -
aggiunge - è il settore che svolge
un ruolo chiave nella modernizza-
zione del Paese. È fondamentale,
quindi, recuperare risorse pubbli-
che da investire in opere infra-
strutturali grandi, medie e piccole
in grado di mettere in sicurezza il
Paese, incrementarne la competi-
tivita’ e incidere positivamente sul-
la crescita economica». «Troppo
spesso - continua il presidente dei
costruttori dell’Ance - progetti utili
al territorio rimangono sulla carta
per la scarsità di fondi pubblici.
Giusto, quindi, in questo momento
di crisi così dura, pensare a una
defiscalizzazione per facilitare
l’apertura dei cantieri». L’idea Iva
del viceministro, conclude, è quin-
di «da condividere e sostenere con
l’obiettivo di accelerare la ripar-
tenza degli investimenti in opere
pubbliche e allo stesso tempo in-
fluire sullo sviluppo economico e
sull’occupazione».
(m.l.)
La proposta arriva
dal viceministro
del governoMonti,
Mario Ciaccia
Presto in arrivo
un provvedimento
per la defiscalizzazione
delle opere pubbliche
Progresso (sicuro) o regresso.Gli italiani scelgano
di
GIUSEPPE BLASI
Italia, ma soprattutto gli ita-
liani, devono prendere una
semplice decisione. Se essi voglio-
no, cioè, ritornare a vivere nelle ca-
panne e dedicarsi alla pastorizia,
come avveniva ai primordi dell’an-
tica Roma o, se invece preferiscono
progredire e continuare a usufruire
di quanto la scienza e la tecnologia
hanno messo a nostra disposizione
fino a questo momento: iPad e far-
maci compresi. Nel primo caso, di
un ritorno alle capanne quindi,
non ci sarà bisogno di energia elet-
trica come di qualsiasi altro stru-
mento che finora ha contribuito a
renderci la vita più lunga e più pia-
cevole. Cosa questa che dimenti-
chiamo molto spesso. Non ci sarà
più inquinamento che non sia
l’anidride carbonica prodotta dai
peti di mucca e la vita potrà sinto-
L’
nizzarsi completamente con quella
degli animali e dell’ambiente in ge-
nere. Non ci sarà più il problema
se chiudere o no l’Ilva a Taranto,
come non sarà più necessaria la
centrale elettrica di Civitavecchia
che il sindaco vorrebbe rottamare.
Niente più termovalorizzatori (che
peraltro in Italia sono rarissimi),
niente più automobili, ma neanche
biciclette perché non funzionereb-
bero le industrie che le producono.
Insomma nulla di nulla. L’impor-
tante è decidere. Si può chiudere
l’Ilva come qualsiasi altra azienda
che produca beni e servizi in quan-
to, solo per il fatto di esistere, è
inevitabilmente apportatrice di al-
terazioni sulla natura. Poi però bi-
sogna trarne le conseguenze.
Nel secondo caso, se si vuole re-
stare invece nell’ambito dei paesi
maggiormente progrediti e a più al-
to indice di benessere, sarà necessa-
rio coniugare attività potenzialmente
nocive con il più alto indice di at-
tenzione; che poi significa investi-
menti in tecnologia anche a difesa
dell’ambiente.
Il caso dell’Ilva è emblematico.
Se è vero, come sembrerebbe, che
questa azienda non abbia osservato
comportamenti corretti nei confron-
ti sia dell’ambiente circostante che
di coloro che in tale azienda vivono
e lavorano, allora si rendono neces-
sari interventi correttivi a salvaguar-
dia senza però chiudere gli impianti.
Ammesso che il permanere in Italia,
nazione povera di proprie fonti
energetiche che deve necessariamen-
te importare, sia un bene per l’eco-
nomia in generale continuare a
mantenere vive fabbriche il cui costo
maggiore è l’energia. È invece certo
che il caso dell’Ilva abbia colpevol-
mente dato fiato a un fondamenta-
lismo ambientalista che con lo svi-
luppo e il progresso non hanno
nulla a che fare, ma che invece come
dicevo portano, alla velocità del suo-
no, verso il sottosviluppo, facendo
leva proprio sulle vicende di questa
acciaieria per riproporre tutto un
vecchio repertorio di falsi allarmi fi-
nalizzato verso indirizzi di investi-
mento non del tutto limpidi.
Ecco quindi come, a fronte di
una guerra totale di opposizione alle
centrali nucleari, siano stati pretesi
e ottenuti incentivi per la realizza-
zioni di enormi campi fotovoltaici
o eolici che con la produzione di
energia (meglio dire “potenza”) ne-
cessaria a far funzionare una accia-
ieria non hanno nulla a che fare, ma
che sono formidabili nella distru-
zione dello stupendo paesaggio ita-
liano. Intanto gli italiani, che per
produrre le potenze necessarie a far
funzionare aziende energivore come
le acciaierie, bruciano petrolio, gas
e carbone, pagano la bolletta elet-
trica, sia domestica che industriale,
un 30% in più rispetto gli altri paesi
europei. Questi stessi italiani che si
disperano per il caro benzina non
sanno ancora che il futuro, ormai
imminente, riserverà sorprese ancora
più amare quando inizieranno a
chiudere le nostre raffinerie (impor-
teremo presto il prodotto finito, alias
benzina) perché non più competitive
causa maggiori costi dovuti anche
a una (giusta) salvaguardia ambien-
tale che però non sarà mai assoluta
come si vorrebbe e vorremmo; così
come sono a rischio tutte, ma pro-
prio tutte, le attività umane. Anche
quelle apparentemente innocue co-
me l’agricoltura.
Nessuno, e gli ambientalisti men
che meno, si pone infatti domande
sul perché una delle zone d’Italia a
maggiore incidenza cancerogena sia
l’alto Lazio, territorio a particolare
vocazione agricola e senza distretti
industriali di una qualche rilevanza.
Costoro sono gli stessi che possono
finalmente registrare come loro suc-
cesso la fine delle emissioni radio-
foniche della radio vaticana dal ter-
ritorio di Cesano, poiché accusata
a torto e senza evidenze scientifiche,
come ampiamente dimostrato, di
provocare leucemie nei bambini (ri-
cordo che le apprensive e battagliere
madri che scendevano in piazza te-
mendo gli effetti delle onde elettro-
magnetiche, oggi danno i cellulari
ai loro bambini proprio per la loro
sicurezza). Avremo il piacere di con-
statare in futuro come questo vasto
territorio pianeggiante, situato in
posizione strategica tra il lago di
Bracciano e Roma, sarà presto og-
getto di grosse speculazioni edilizie
che cementificheranno la costituen-
da città metropolitana. Allora in
molti saranno certamente contenti.
Cosa dire poi dello smaltimento
dei rifiuti? Coloro che non vogliono
termovalorizzatori, che si oppongo-
no (giustamente e falsamente) alle
discariche favoriscono di fatto or-
ganizzazioni criminali che sui rifiuti
hanno fondato le loro fortune e le
nostre sfortune. Ecco perché se l’Ilva
ha delle colpe queste hanno valenza
doppia. Proprio perché danno forza
a chi sulla presunta salvaguardia
ambientale ha fondato un enorme
potere.
In ogni caso gli italiani devono
decidere. Il dilemma non è o lavoro
o morte. La scelta deve essere tra
progresso controllato e sicuro, per
quanto è dato di avere, ovvero un
inevitabile regresso, un ritorno ai
primordi che avrà per conseguenza
una aspettativa di vita sicuramente
peggiore in termini di durata e qua-
lità. Basta sapere.
Il caso dell’Ilva
ha dato fiato al peggiore
fondamentalismo
ambientalista
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 23 AGOSTO 2012
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