Page 7 - Opinione del 23-9-2012

II
ESTERI
II
Iran, quella lunga strada
degli esuli verso la libertà
di
DIMITRI BUFFA
uella dell’opposizione irania-
na in esilio è proprio una
lunga strada verso il ritorno a
una parvenza di democrazia libe-
rale e laica dopo decenni di dit-
tatura teocratica khomenista e
degli ayatollah. Che a sua volta
era succeduta al regime dello
Shah di Persia e dello Shavak, che
tutto era tranne che liberale e de-
mocratica anche se con il senno
di poi sicuramente migliore di
quella di Ahmadinejad.
Dobbiamo alla
Consulta to-
rinese per la laicità delle istitu-
zioni
e all’associazione
Iran de-
mocratico
la produzione di un
dvd (in vendita a soli dieci euro)
curato da Paolo Balmas (progetto
coordinato da Davide Meinero,
analista di politica mediorientale)
in cui in una settantina di minuti
si ripercorrono principali momen-
ti della storia iraniana dal 1900
ad oggi visti attraverso interviste
e materiali d’archivio.
Combattenti, politici, scrittori,
poeti, artisti, musicisti e religiosi
raccontano la loro esperienza e
la loro attività nell’ambito del
Consiglio Nazionale della Resi-
stenza Iraniana, il parlamento
ombra” formato dagli esuli ira-
niani in fuga dal regime degli
Ayatollah.
L’
Associazione Iran Libero e
Democratico
si propone anche in
collaborazione con le organizza-
zioni dei rifugiati politici e oppo-
sitori iraniani presenti in Italia di
denunciare la natura dittatoriale
e totalitaria del regime teocratico
e fondamentalista che opprime il
popolo iraniano, di appoggiare e
sostenere la legittima resistenza
del popolo iraniano rappresentata
dal Consiglio Nazionale della Re-
sistenza Iraniana (Cnri), di pro-
muovere la nascita di una repub-
blica liberal democratica e laica
in Iran secondo il principio del-
l’autodeterminazione dei popoli,
di denunziare le violazioni dei di-
ritti umani, civili, politici e sociali,
perpetrati in Iran, di tutelare i de-
tenuti politici in Iran garanten-
done anche la difesa legale, di
supportare i cittadini iraniani co-
stretti a riparare all’Est per sfug-
gire alle persecuzioni.
Del documentario ciò che col-
pisce immediatamente sono due
cose: la storia del campo degli
esuli iraniani in Iraq ad Ashraf,
Q
sempre in procinto di venire
sgombrato dalle autorità sciite lo-
cali chiaramente alleate con Te-
heran, e la forza di una donna,
Marjam Rajavi, la leader eletta
della resistenza iraniana in esilio
che promette un nuovo paese in
cui stato e religione saranno se-
parati.
Nel documentario si parla an-
che della primavera mancata
dell’Iran, cui Obama non ritenne
di dare lo stesso aiuto fornito ai
fratelli mussulmani e alle prima-
vere arabe.
Tutto notoriamente iniziò nel
2009
quando Ahmadinejad venne
rieletto presidente. La gente scese
in piazza contro i brogli elettorali.
Quella fu la scintilla che diede il
via a tutte le proteste da parte di
molti giovani iraniani, baluardo
delle opposizioni.
L’Iran è un paese di giovani ad
alcuni dei quali il regime vieta il
diritto di laurearsi e di concludere
i propri studi universitari.
Proprio costoro nel 2009 so-
gnavano la democrazia e la liber-
tà e furono costretti a lottare con-
tro i guardiani della rivoluzione
e l’esercito che controlla la socie-
tà iraniana. Un paese che in pra-
tica vive nella paura, in una sorta
di due vite parallele, come spie-
gato anche in tanti film dai registi
perseguitati.
Le donne sono relegate nel
fondo della società, considerate
dai loro stessi uomini come uno
strumento, un oggetto, senza ani-
ma e senza pensiero. A proposito
del campo Ashraf, di cui nel do-
cumentario si vedono le imponen-
ti manifestazioni di protesta con-
tro Teheran, proprio lo scorso 3
settembre, nel quadro di un’azio-
ne umanitaria promossa dal mi-
nistro degli Esteri, Giulio Terzi,
sono arrivate in Italia due rifu-
giate iraniane provenienti da
quell’avamposto della resistenza
iraniana.
L’operazione, che rispondeva
agli appelli delle Nazioni Unite
per una soluzione condivisa, e ri-
spettosa dei diritti umani, per la
vicenda di Camp Ashraf, era stata
promossa dalla Farnesina d’intesa
con il ministero dell’ Interno ed
in collaborazione con l’ Alto
Commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati. «Con questo
gesto concreto – aveva detto Terzi
alla stampa – intendiamo svolgere
un’ azione umanitaria che con-
tempera il diritto del Governo
iracheno alla propria sovranità
territoriale con il pieno rispetto
dei diritti umani delle persone ri-
fugiate».
Una delle due rifugiate, affetta
da gravi patologie, verrà curata
in Italia grazie al supporto della
Regione Marche, che l’ha inserita
in un programma destinato all’as-
sistenza umanitaria ed al sostegno
di persone colpite in situazioni di
conflitto.
L’ambasciata italiana a Ba-
ghdad ha già avviato ulteriori
contatti con le autorità irachene
e con i responsabili locali del-
l’Unhcr, per verificare la possibi-
lità di accogliere presto in Italia
altri rifugiati di Camp Ashraf. Ma
tutto ciò è in realtà una goccia in
un mare.
Per la cronaca Camp Ashraf
situato in Iraq, nella provincia
nord orientale di Diyala, a circa
sessanta kilometri a nord della
capitale Baghdad e ad ottanta dal
confine iraniano, è la base del-
l’Organizzazione dei muijadin del
Popolo iraniano (Ompi), movi-
mento di opposizione al regime
iraniano presente in Iraq sin dagli
anni Ottanta del secolo scorso.
Dal primo gennaio 2009 il
controllo di Camp Ashraf è for-
malmente passato dall’esercito
Usa - che lo aveva acquisito nel
giugno 2003 nel corso della Se-
conda Guerra del Golfo - al go-
verno iracheno, impegnatosi ad
assicurare il trattamento di tutti
i residenti secondo le leggi nazio-
nali. Sin dal 2003, infatti, la coa-
lizione internazionale intervenuta
in Iraq ha riconosciuto agli ap-
partenenti a Mek - Mojahedin-e
Khalq di Camp Ashraf, nel frat-
tempo disarmati e controllati dal-
l’esercito statunitense, lo status
di “protected persons” ai sensi
della Quarta Convenzione di Gi-
nevra. E proprio alla garanzia di-
retta da parte irachena della con-
servazione dello status di
protected” ai residenti di Camp
Ashraf il generale David Petraeus,
allora vice comandante delle for-
ze della coalizione alleata, aveva
condizionato il passaggio di re-
sponsabilità sul campo al governo
di Baghdad.Tuttavia ripetutamen-
te negli anni il governo iracheno
ha minacciato di espellere i circa
3.400
esponenti del Mek, oltre ai
tanti esuli politici iraniani, da
quella che un tempo era la loro
base militare di Camp Ashraf,
senza tuttavia mai proporre un
piano concreto di dislocamento
degli esuli.
E limitandosi, invece, a soste-
nere di non avere la forza per ri-
muovere gli iraniani; i quali, dal
canto loro, si rifiutano di abban-
donare l’enclave dove si sono sta-
biliti da decenni.
Le modalità dei ripetuti attac-
chi contro Camp Ashraf sembra-
no tuttavia smentire l’ipotesi del
deficit di forza lamentato dalle
autorità di Baghdad.
Ad esempio, la mattina dell’8
aprile 2011 l’enclave iraniana è
stata teatro di un’operazione con-
dotta dall’esercito iracheno che
ha causato trentaquattro vittime
alcune delle quali investite a mor-
te da autoveicoli, oltre a moltis-
simi feriti (380 secondo il Consi-
glio Nazionale della Resistenza
Iraniana). La “letale operazione
irachena” è stata condannata (15
aprile 2011) dall’Alto Commis-
sario Onu per i diritti Umani, Na-
vi Pillay, che nel sottolineare co-
me l’esercito iracheno fosse
consapevole dei rischi connessi al
lancio di una simile operazione,
ha stigmatizzato l’elevato numero
di vittime e chiesto lo svolgimen-
to di un’inchiesta indipendente
per individuare e punire i respon-
sabili di un tale uso eccessivo del-
la forza.
Quindi il problema di queste
migliaia di persone non potrà es-
sere relegato in futuro a sporadi-
che iniziative umanitarie come
quella della Farnesina.
Occorrerà al contrario una
forte opera diplomatica interna-
zionale per mettere in riga Tehe-
ran e il governo ormai suo alleato
di Baghdad.
E dvd come questo intitolato
La lunga strada
,
prodotto anche
dalla consulta torinese per la lai-
cità delle istituzioni, indubbia-
mente possono aiutare molto più
concretamente a sensibilizzare la
pubblica opinione di quanto non
possano farlo tante retoriche de-
clamazioni istituzionali. Italiane
o europee che siano.
La via dell’opposizione
iraniana in esilio verso
il ritorno a una parvenza
di democrazia liberale
e laica è faticosa.
Ma i media possono
aiutare se utilizzati
in maniera intelligente.
Come nel caso
del documentario
recentemente prodotto
dalla Consulta torinese
per la laicità
delle istituzioni
e dall’associazione“Iran
democratico”.
Una settantina di minuti
che ripercorrono
i principali momenti
della storia iraniana visti
attraverso interviste
e materiali d’archivio.
Combattenti, politici,
scrittori, poeti, artisti,
musicisti e religiosi
raccontano la loro
attività nell’ambito
del Consiglio Nazionale
della Resistenza Iraniana,
il parlamento“ombra”
formato dagli esuli
iraniani in fuga
dal regime
degli Ayatollah.
Un’operazione che può
aiutare concretamente
a sensibilizzare
la pubblica opinione
più di tante retoriche
declamazioni
istituzionali
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 23 SETTEMBRE 2012
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