di
LUCA PAUTASSO
nternet, i minori e il web-Babau.
Davvero la rete è qualcosa dalla
quale le nuove generazioni devono
essere protette, difese, tutelate? Se
n’è discusso al forum nazionale
Di-
fendiamo i bambini
,
approdato al-
l’auditorium Unicef di Roma con
un parterre di esperti, giornalisti,
educatori, genitori, blogger e fun-
zionari della Polizia di Stato. Tema
della conferenza: Bimbo 2.0, essere
adulti domani crescendo con i me-
dia di oggi.
Nonostante in Italia il fenomeno
Internet stia progressivamente pas-
sando dalla sfera del nuovo a quella
del consuetudinario, è ancora in-
credibilmente difficile far passare il
messaggio che le potenzialità e le
opportunità che offre, superino di
gran lunga tutti i rischi e i pericoli
che possono ingenerare. Eppure
senza questo si rischia di non capire
che cosa sia la rete, che cosa siano
i nuovi media, i social network, e
si rischia di restare in un limbo di
paure ingiustificate, in un eterno cli-
ma di caccia alle streghe.
Il web ha abbattuto confini geo-
grafici, linguistici e culturali. Ha
messo a disposizione informazioni,
notizie, ma anche beni e servizi che
prima sarebbero stati pressoché ir-
raggiungibili. Per questo le nuove
generazioni non dovrebbero essere
considerate in pericolo, ma invidiate
I
per la loro incredibile fortuna. Si
accostano ad un web ormai tecno-
logicamente e culturalmente matu-
ro. Non sono più pioniere della rete,
ma possono sfruttarne al meglio le
potenzialità. Possono costruire e
rafforzare la propria identità per-
sonale, culturale e nazionale con-
frontandola quotidianamente con
quella di milioni di utenti sparsi in
giro per il mondo. Hanno un intero
pianeta a portata di clic.
Certamente, la rete non ha tra-
sformato il mondo in un grande
parco dei divertimenti. Ma se il
mondo reale non è un parco a te-
ma, allo stesso modo non si deve
confondere la rete con un gigante-
sco videogame. È facile dare la col-
pa di quel che non funziona al mez-
zo utilizzato, anziché a chi lo
utilizza, e soprattutto al come. Lo
si è visto anche a margine del tra-
gico suicidio di un adolescente ro-
mano a seguito (forse, dal momento
che le notizie in proposito sono an-
cora poche e confuse) delle vessa-
zioni subite anche tramite facebook.
Per i giornali è stato un gioco da
ragazzi dare la colpa al “web assas-
sino”, piuttosto che interrogarsi sul-
le ragioni del gesto. Meglio puntare
il dito contro la rete che plagia le
menti e insidia la gioventù, piutto-
sto che tentare di identificare e per-
seguire chi ne fa magari un uso sba-
gliato, aberrante e indiscriminato.
Quando usciamo in strada non
abbiamo paura di ritrovarci all’im-
provviso in una jungla. È solo la
nostra città. La conosciamo bene,
ci viviamo da anni, magari ci siamo
anche nati e, chissà?, forse è anche
la stessa città in cui sono nati e vis-
suti i nostri genitori e i nostri nonni.
Nonostante questo ci premuriamo
sempre di chiudere la porta a chia-
ve, di guardare a destra e a sinistra
prima di attraversare la strada, di
non dare confidenza agli sconosciu-
ti, di non mettere in piazza i nostri
affari e la nostra vita privata. Ci ba-
sta questo per sentirci tranquilli. Al-
lo stesso modo, occorrerebbe ap-
prociarsi al web senza considerarlo
qualcosa di finto, posticcio e a sé
stante, ma comprendendo che si
tratta a tutti gli effetti di una vera
e propria proiezione digitale della
realtà.
Nessuno girerebbe mai per stra-
da senza pantaloni. Allo stesso ser-
virebbe l’accortezza di non esporsi
troppo su Internet e sui social net-
work. Nessuno affiderebbe le chiavi
di casa al primo che passa. La stessa
cura dovrebbe essere impiegata a
beneficio dei dati personali che si
mettono on-line. Trasmettere questi
semplici principi a bambini e ragaz-
zi è fondamentale quanto insegnare
loro a non accettare caramelle dagli
estranei. Sul web, così come nella
vita reale, le regole sono le stesse: è
esattamente lo stesso sport, cambia
solamente il campo da gioco.
II
POLITICA
II
La paura del worldwideweb
si cura con la consapevolezza
C’è anche Zichichi
ad alzare il profilo
Quel finto capitalismo che impedisce la crescita
uando Luigi Einaudi scriveva
le sue
Prediche Inutili
o
In
lode del Profitto
,
gli effetti del li-
beralismo condiviso da tutti quei
paesi che nel tempo sarebbero di-
venuti i Grandi del pianeta non si
erano ancora manifestati nella lo-
ro ampiezza. Luigi Einaudi espri-
meva quindi il suo pensiero sui te-
mi dello sviluppo e delle politiche
economiche e sociali con il con-
forto di un bagaglio ancora par-
ziale di riscontri ma con una sua
visione di economista e soprattut-
to di politico che ben sapeva va-
lutare il futuro.
Il nostro vantaggio rispetto a
Einaudi, beninteso puramente
temporale, non certo di dottrina,
è quello di avere avuto l’opportu-
nità di giudicare tempi e regimi.
E’ dunque divenuto ormai un
dato storico e incontrovertibile il
fatto che le democrazie occidentali
abbiano consentito ai popoli da
esse governati di godere di un pe-
riodo di benessere e di pace con-
divisa che dura da oltre mezzo se-
colo mai precedentemente
registrata.
Sottolineato che l’applicazione
dei principi democratici quali il
voto universale, la libertà di stam-
pa e di espressione trovano presso
queste democrazie la loro massima
possibilità applicativa (cosa questa
che si tende spesso a dimenticare),
anche riguardo il diffuso benesse-
re, il merito è attribuibile all’ap-
plicazione dei principi del libera-
lismo che ha spalancato a tutti le
porte della democrazia economica
Q
attraverso la libertà d’impresa.
I risultati tangibili di questa ri-
voluzione sono stati la estensione
della proprietà della casa a larghi
strati di cittadini ai quali è stata
consentita inoltre la capacità eco-
nomica dell’acquisto di beni di
lunga durata; l’istruzione di base
resa obbligatoria e le intervenute
promozioni sociali; la possibilità
di impieghi di risorse nei settori
della sanità e dell’assistenza che
ha dato come risultato un allun-
gamento delle aspettative di vita.
Solo per citare alcuni dei vantaggi
resi possibili dai sistemi di governo
attuali. Tutto merito di un incre-
mento di disponibilità economica
che solo il liberalismo, e con esso
il capitalismo, sono riusciti a ot-
tenere.
La negazione di tali meriti e co-
munque la denuncia di storture
che, secondo alcuni, sarebbero cu-
rabili solo per il tramite di politi-
che falsamente sociali, è dettata
solo da falliti ideologismi ottocen-
teschi quando non anche da cinico
calcolo politico.
Ciò non toglie che, come avvie-
ne per tutte le attività che riguar-
dano particolarmente il governo
dei popoli, anche le forme di de-
mocrazia ancorate al liberalismo
possano essere migliorabili attra-
verso auspicabili evoluzioni; per
far ciò sarà tuttavia opportuno fo-
calizzare l’attenzione su interve-
nute forme di capitalismo viziate
alla base della sua formazione per
essere questa di matrice statalista
o agganciato a oligopoli protetti
che non ubbidiscono alle leggi del
libero mercato e che del capitali-
smo esprimono la deriva peggiore
e distruttiva della sana economia.
In altri termini, la intrapresa,
l’innovazione, l’impiego di capitali
iniziali, il lavoro, quando produ-
cono ricchezza all’interno delle re-
gole che le società liberali si sono
date, diventano ricchezza anche
collettiva. Al contrario, quando le
regole saltano o vengono aggirate,
quando vi è un eccesso di inter-
vento dello stato, quando si impo-
ne un regime dirigista che spesso
si accompagna con l’incompeten-
za, quando si dà spazio alla cor-
ruzione e alla criminalità, quando
non si premia il merito, allora la
ricchezza privata e collettiva di-
minuiscono e si avvia un percorso
che porta inevitabilmente alla re-
cessione, come è possibile costa-
tare soprattutto in questo momen-
to di patologica decrescita, e non
crisi momentanea come si vuole
far credere, in particolare italiana.
Intendo ricchezza collettiva
quindi, e non limitata e godibile
solo dal singolo che l’ha prodotta,
poiché la ricchezza prodotta, an-
che se inizialmente indirizzata al
privato che l’ha resa possibile, si
riversa successivamente, attraverso
il prelievo fiscale, attraverso la
creazione di posti di lavoro, e in-
fine per un effetto di domino, an-
che perché ulteriormente impiega-
ta, sulla comunità tutta. Anzi,
quando talune ricchezze raggiun-
gono dimensioni grandiose, diven-
tano frequenti i casi di elargizioni
a volte macroscopiche a favore di
iniziative benefiche a carattere so-
ciale spesso attive su scala mon-
diale. E gli esempi che possono il-
lustrare questo fenomeno certo
non mancano.
Diverso è invece il caso di
quando lo stato, apparentemente
liberale ma inquinato da sacche di
dirigismo e da una nomenklatura
sua propria che si chiude in se
stessa e si tramanda, non solo li-
mita e toglie spazi all’azione dei
singoli, ma consente attività ma-
scherate come liberali e in realtà
protette. Esso genera dunque for-
me di ricchezza diffusa in cerchie
limitate e ristrette, fortemente pri-
vilegiate, che vengono oggi comu-
nemente individuate come “caste”,
e alle quali vengono consentiti
compensi, tutti e comunque legit-
timi, in quanto generalmente giu-
stificati dalle leggi che le stesse
caste” producono a loro benefi-
cio o a beneficio di coloro che li
servono, fuori di ogni logica di
merito. Questi benefici si rivelano
per conseguenza quasi sempre im-
meritati rispetto le funzioni svolte
e i risultati conseguiti. A questi si
aggiungano poi le azioni di soffo-
camento della democrazia econo-
mica da parte di potentati i quali,
cresciuti a dismisura su basi spe-
cialmente corruttive, impediscono
una sana operatività competitiva,
la sola come detto in grado di ge-
nerare ricchezza diffusa.
L’Italia, e per conseguenza i
suoi cittadini, soggiogata da una
forte componente di potere stata-
lista e di potere economico conti-
guo allo stato, invasa e martoriata
com’è da poteri criminali, pur riu-
scendo ancora a esprimere una im-
prenditoria sana e fattiva, non rie-
sce a esprimere completamente il
suo potenziale per causa di questa
forma di capitalismo improprio e
di arricchimento estorto che, in
luogo di generare ricchezza, è riu-
scito a esaurire le sue antiche ri-
sorse civili, materiali e morali.
La missione lungimirante di
una politica che voglia tendere a
diffondere benessere e sicurezza,
non potrà prescindere dall’esaltare
e favorire l’iniziativa privata, adu-
sa al rischio, quando questa agisca
nelle regole, e dall’avversione a
forme di profitto direttamente sta-
talista, o dallo stato derivato, che
altro non è che il parassita che ha
depauperato di risorse l’intera co-
munità nazionale.
Pressoché tutte le attuali demo-
crazie avanzate consentono la con-
vivenza alle due modalità, sana e
attiva l’una e parassita l’altra, con
le quali la ricchezza si forma. Esse
non sono sufficientemente analiz-
zate, distinte e focalizzate dall’opi-
nione pubblica, che stenta a indi-
viduarne le differenze per poi
adottare le contromisure atte a
contenere i danni e le ingiustizie
generate dalla seconda. Anche per
questo motivo l’Italia non si trova
tanto a dover gestire una “crisi”,
che è per definizione momentanea,
quanto a dover curare una grave
e perdurante patologia.
GIUSEPPE BLASI
t voilà. Ed ecco che dal cilindro
delle figure di alto profilo che
dovranno comporre la sua giunta,
Rosario Crocetta, presidente della
Regione siciliana, ha tirato fuori
altri quattro nomi.
Nessun deputato o big di cor-
renti dei partiti: il governatore ha
puntato alto, anzi, altissimo, pen-
sando ad Antonino Zichichi, scien-
ziato di fama internazionale, alla
guida dell’assessorato regionale ai
Beni Culturali. Il professore eme-
rito di Fisica all’Università di Bo-
logna, 83 anni, nato a Trapani,
fondatore del Centro Ettore Ma-
iorana di Erice e promotore di ini-
ziative scientifiche internazionali,
ha risposto positivamente all’invi-
to: «Ma sì, penso che accetterò
l’incarico», fa sapere il fisico, con-
tattato telefonicamente da un quo-
tidiano on-line siciliano diretta-
mente a Ginevra, dove presiede un
gruppo di ricerca al Cern. È stato
lo stesso Crocetta ad annunciare
ufficialmente la nomina di Zichichi
nel corso di una conferenza stam-
pa in cui ha presentato altri tre as-
sessori: Nelli Scilabra, studentessa
universitaria (Formazione), Ma-
riella Lo Bello, della Cgil di Agri-
gento (Territorio), e Francesca Ba-
silico d’Amelia (Bilancio). Più volte
corteggiato dal centrodestra (non
ha mai fatto mistero di una vici-
nanza a questa parte politica) che
nel passato gli ha offerto incarichi
E
politici, Zichici dice che «in questa
fase bisogna superare gli steccati».
Il governatore aggiunge quindi
altre quattro tessera al puzzle della
sua squadra di governo, di cui fan-
no già parte il cantautore Franco
Battiato (Turismo e Spettacolo),
Lucia Borsellino, figlia del magi-
strato ucciso in via D’Amelio (Sa-
lute), il pm antimafia Nicolò Ma-
rino (Energia) e Linda Vancheri
della Confindustria di Caltanissetta
(
Attività produttive). Crocetta con-
ferma dunque l’intenzione di va-
rare una giunta svincolata dalle lo-
giche e dai veti dei partiti. Anche
se sembra alquanto singolare che,
pur scegliendo di smarcarsi dalle
forze politiche e di essere indipen-
dente dai loro condizionamenti,
abbia presentato nei giorni scorsi
il progetto di un suo movimento
(
il primo passo è il gruppo all’Ars
formato con gli eletti nella lista del
presidente) con il quale, assicura
l’ex sindaco di Gela, «ci misurere-
mo alle Politiche e forse saremo il
primo partito in Sicilia».
Intanto, se il partito di Casini
è disponibile ad andargli incontro
proponendo assessori tecnici (la
presidenza dell’Ars dovrebbe an-
dare ad un esponente Udc dopo la
disponibilità ottenuta dal Pd), in
casa democratica permangono i
malumori per il no di Crocetta alle
indicazioni di assessori politici.
ROSAMARIA GUNNELLA
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 24 NOVEMBRE 2012
3