Direttore ARTURO DIACONALE
Fondato nel 1847 - Anno XVIII N.21 - Euro 1,00
DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale
Sabato 26 Gennaio 2013
delle Libertà
Il casoMps, il Pd e la fine della sinistra bancaria
milio Giannelli, avvocato ed
ex direttore della Fondazione
del Monte dei Paschi di Siena è lo
stesso Giannelli che disegna da an-
ni vignette satiriche sulla prima
pagina del
Corriere della Sera
.
Quella dedicata alla vicenda Mps
è significativa, oltre che esilarante:
ritrae Pier Luigi Bersani che spiega
come il Pd faccia il Pd e le banche
fanno le banche suscitando, come
reazione di chi lo ascolta, un
Monte di risate.
La satira di Giannelli, che
scherza per diretta e personale co-
gnizione di causa, coglie nel segno.
Pierluigi Bersani può ripetere al-
l’infinito il mantra giustificatorio
E
della separazione netta tra il pro-
prio partito ed il Monte dei Paschi
di Siena. Ma il suo guaio è che più
lo ripete più si alza il coro di risate
dell’opinione pubblica nazionale.
Perché sarà pure vero che formal-
mente il Pd fa il Pd e il Monte dei
Paschi fa il Monte dei Paschi ma
è ancora più vero che dal secondo
dopoguerra ad oggi a Siena il Pd
è il Monte ed il Monte è il Pd. Il
tutto non in maniera nascosta, ri-
servata, ammantata da una sepa-
razione formale che celava un in-
treccio sostanziale. Niente affatto.
Il tutto in maniera dichiarata,
ostentata, esaltata. Ad esibizione
perenne di un modello invidiabile
di una grande e storica banca, la
prima nata al mondo, gestita con
le regole della democrazia di base
espressione del territorio. Che
questa democrazia di base espri-
messe per decenni e decenni sem-
pre e comunque un partito unico
che controllava il comune, la fon-
dazione ed i vertici dell’istituto
bancario senese e che a loro volta
i vertici bancari, la fondazione ed
il comune fossero gli strumenti di
formazione del consenso per il
partito unico non veniva indicato
come una anomalia. Al contrario,
veniva esaltato come la dimostra-
zione più lampante della validità
democratica del cosiddetto sistema
di potere tosco-emiliano del par-
tito erede della tradizione e della
storia del Pci.
Bersani, naturalmente, fa il suo
mestiere. E di fronte alla grandine
che sta investendo il Pd per la vi-
cenda del Monte dei Paschi non
può fare altro che aprire l’ombrello
formato da una patetica bugia. Ma
è chiaro che un ombrello del gene-
re, quello formato dalla tesi fasulla
della separazione tra il Pd e la ban-
ca senese, fa acqua da tutte le parti
e pone il segretario dei democrats
in una posizione di estrema diffi-
coltà nell’ultimo e decisivo mese
della campagna elettorale.
Continua a pagina
2
Quell’ex impiegatoMps che già negli anni ‘90...
problemi del Montepaschi co-
minciarono con la pessima legge
Amato che privatizzava e accor-
pava le banche di interesse nazio-
nale.
C’era qualcuno che lo ha sem-
pre saputo, sostenuto e urlato a
tutti gli azionisti, qualcuno che si
chiamava Mauro Aurigi. E che nei
propri indimenticabili interventi
in assemblea, l’ultimo è dell’otto-
bre 2012 ed è riportato sul sito del
Movimento 5 stelle di Siena, esor-
diva sempre così: «Mi chiamo
Mauro Aurigi. Ho passato 42 dei
miei 74 anni al Monte, tra il 1957
e il 1999. Sono soprattutto gli anni
della costruzione del Grande Mon-
I
te banca pubblica, ricca, stimata e
potente che nel recentissimo pas-
sato tutti abbiamo conosciuto.
Una costruzione corale senza geni
d’impresa o di finanza e soprattut-
to una costruzione silenziosa, schi-
va dei clamori che invece l’hanno
subito caratterizzata non appena
privatizzata. La piccola città di Sie-
na, isolata fisicamente e cultural-
mente da tutto il mondo che con-
ta, con le sue sole forze aveva
compiuto un’impresa che proba-
bilmente non ha eguali: la sua ban-
ca era una delle più grandi d’Italia,
la più solida tra le grandi banche
europee, quella con la massima va-
lutazione da parte delle agenzie an-
glo-sassoni. Di quell’incredibile
cinquantennio postbellico io sono
stato testimone e, oserei dire, mo-
destissimo protagonista, anche se
protagonista non è il termine giu-
sto, perché in mezzo millennio di
protagonisti il Monte non ne ave-
va mai avuti fino a Mussari. E s’è
visto come è andata a finire».
La teoria di Aurigi è semplice:
la privatizzazione ha consegnato
una banca che prima era dei citta-
dini senesi alla fondazione che è
sempre stata controllata dal Pds,
poi dai Ds e infine dal Pd. Quando
nel 2003 scoppiò la prima grana,
quella della perdita di tutta la li-
quidità che prima la banca aveva
in eccesso, oltre 2500 miliardi, a
causa del pessimo affare della
compravendita della Banca del Sa-
lento, la famigerata Banca 121,
proprio uomini vicini ad Aurigi e
al suo movimento cittadino tap-
pezzarono Siena con volantini di
questo tenore: “D’Alema a Siena
è persona non grata”. Uno smac-
co, quasi un oltraggio che fece par-
lare, anzi sparlare, tutti i bravi cit-
tadini senesi per mesi.
Continua a pagina
2
di
DIMITRI BUFFA
Fino a pochi giorni fa
i cittadini senesi
speravano che Mauro
Aurigi fosse soltanto
una Cassandra.
E l’establishment
locale ha cercato di farlo
passare per lo“scemo
del villaggio”. Invece
aveva ragione lui
di
ARTURO DIACONALE
È facile prevedere
che le polemiche
accompagneranno
a lungo il Partito
democratico
e il suo segretario,
trasformando
la preventivata marcia
trionfale verso Palazzo
Chigi in un calvario
Il Pd non c’era. E se c’era dormiva
K
«
C’entra in questa vicenda
quel grande partito che viene spesso ci-
tato, cioè il Pd, che ha sempre avuto
molta influenza attraverso la Fonda-
zione su quella banca». Perfino Mario
Monti, il “promesso sposo” di Pier Luigi
Bersani in vista della bagarre post-elet-
torale, non crede alla favoletta («il Pd fa
il Pd e le banche fanno le banche») che
il segretario del Pd continua a ripetere
per minimizzare la ricaduta politica
dello scandalo che ha travolto il Monte
dei Paschi di Siena. Una dichiarazione,
quella di Bersani, che cozza contro l’af-
fermazione di Massimo D’Alema se-
condo il quale «noi, e per noi intendo il
Pd di Siena nella persona del sindaco
Franco Ceccuzzi, Mussari lo abbiamo
cambiato un anno fa, assieme a tutto il
consiglio di amministrazione del Monte
dei Paschi». Se il Pd fa il Pd e le banche
fanno le banche, come mai il Pd ha
cambiato il consiglio di amministra-
zione di Mps? L’unico fatto certo, per
ora, è che la vicenda rischia di compli-
care - e molto - i piani di un Bersani che
già si vedeva seduto sullo scranno più
ambito di Palazzo Chigi.