Page 5 - Opinione del 26-9-2012

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ESTERI
II
L’orgoglio dellamarina cinese
ereditato dalla vecchiaUrss
di
STEFANO MAGNI
a Cina ha fatto entrare in servi-
zio la sua prima portaerei: la
Liaoning. Non si tratta di una nave
nuova, ma della versione aggiornata
di una vecchia portaerei sovietica
che ha già cambiato due nomi e due
bandiere prima di arrivare nelle ac-
que cinesi. I lavori per la sua costru-
zione erano iniziati nel 1985. Al-
l’epoca si chiamava Riga. Era stata
concepita come parte della nuova
flotta voluta dall’ammiraglio Sergej
Gorshkov e dal suo successore Vla-
dimir Chernavin: non più una forza
solo difensiva, ma anche adatta alla
proiezione di potenza sovietica al-
l’estero. Nel 1992, quando la por-
taerei fu ultimata, non c’era però
più alcuna potenza da proiettare nei
sette mari. Non c’era neppure più
l’Unione Sovietica. La grande nave,
ribattezzata Varyag nel 1990, venne
rilevata dalla marina della nuova e
indipendente Ucraina. Che però non
aveva né i soldi né l’interesse neces-
sari a mantenerla in servizio. Nel
1998
fu venduta alla Cina, che, nel
2005,
iniziò a lavorarci per rimo-
dernarla e rimetterla in servizio,
quale fiore all’occhiello della sua
flotta. Varata di nuovo nel 2011, so-
lo ieri ha completato le sue prove in
mare ed è entrata ufficialmente in
servizio.
La Cina ha sempre circondato
la Varyag/Liaoning di un alone di
L
mistero. Il ministero della Difesa di
Pechino ne parlava elusivamente co-
me di una nave riadattata alla “ri-
cerca scientifica, ad esperimenti ed
esercitazioni”. Pechino ha scoperto
le sue carte ufficialmente solo ieri,
al momento della cerimonia di in-
gresso della Liaoning nella marina
militare: la nuova nave avrà «un
grande e profondo significato» e sa-
rà «motivo di orgoglio patriottico»,
stando alle dichiarazioni del premier
Wen Jabao.
Una vecchia portaerei (benché
rimodernata) nelle mani dei cinesi
non servirà certo a colmare il gap
con la potenza navale statunitense.
In totale, la marina statunitense
schiera 11 portaerei a propulsione
nucleare. Nel Pacifico ne stazionano
abitualmente 5, di cui 2 in Giappo-
ne e 3 nelle Hawaii. Attualmente, a
causa dei rinforzi mandati al Golfo
Persico (per tenere l’Iran sotto pres-
sione), la forza navale statunitense
nel Pacifico è ridotta a 2 portaerei:
la Washington (in Giappone) e la
Nimitz (nelle Hawaii). Ma già la so-
la Washington (la prima ad interve-
nire, in caso di confronto con la Ci-
na) può lanciare fino a 85 aerei. La
Liaoning ne può imbarcare 26.
Se non può mutare l’equilibrio
di potere con gli Stati Uniti, l’entrata
in servizio della Liaoning può ser-
vire come un utile assist politico, va-
lido sia per la Cina, sia nella sua po-
litica interna che estera. All’interno
si prepara il rinnovo della classe di-
rigente del Partito Comunista. E la
nuova portaerei è una dimostrazio-
ne di forza ed efficienza del com-
plesso militar-industriale fedele a Xi
Jinping, probabile futuro capo dello
Stato. In politica estera, continua il
braccio di ferro fra Cina e Giappone
per il possesso delle isole Senkaku.
Benché ieri la tensione sia montata
anche fra Taiwan (che rivendica an-
ch’essa le stesse isole) e il governo
di Tokyo, è con la Cina che si pro-
spetta lo scontro più lungo e duro.
Il viceministro degli Esteri nipponi-
co, Chikao Kawai è volato in Cina,
ieri, per cercare di alleggerire la ten-
sione. E, ad accoglierlo, per prima
cosa, è stata la notizia dell’entrata
in servizio della nuova portaerei.
Una bella mossa intimidatoria, non
c’è che dire.
«
I gay? Sono un problema del capitalismo»
K
Un appuntamento fisso: Mahmoud Ahmadinejad all’As-
semblea Generale dell’Onu. Già ieri ci ha regalato un antipasto, di-
chiarando che l’omosessualità è un problema dei capitalisti
Elezioni georgiane:
cresce la tensione
Una sola portaerei cinese
non cambia il rapporto
di forze con gli Usa
(
che ne hanno 11),
ma è un segnale politico
del partito come
strumento di pressione
sul Giappone
Al Masri estradato negli Usa,
l’inquietudine della regina
a repubblica ex sovietica della
Georgia si appresta ad andare
al voto, il prossimo 1 ottobre, per
rinnovare il parlamento. La partita
è importante e si gioca fra il partito
di maggioranza, Movimento Unio-
ne Nazionale e Sogno Georgiano,
gruppo di opposizione, messo in
piedi dal miliardario Bidzina Iva-
nishvili, in cui milita anche l’ex mi-
lanista Kakha Kaladze. L’atmosfera
è resa incandescente dallo scandalo
che ha infangato il sistema carce-
rario nazionale. Ma soprattutto
dalla minaccia latente di una nuova
invasione russa.
Lo scandalo carcerario è iniziato
e si è gonfiato rapidamente, dopo
la diffusione di un video che docu-
menta torture sui prigionieri. Vla-
dimer Bedukadze, ex guardia car-
ceraria della prigione numero 8 di
Tbilisi, ha dichiarato di aver rac-
colto filmati per un anno intero, dal
2011
al 2012. Da un punto di vista
politico si tratta di un duro colpo
inferto all’amministrazione Saaka-
shvili, il cui fiore all’occhiello è pro-
prio la riforma della polizia. Subito
dopo il suo primo insediamento,
nel 2004, il presidente aveva cerca-
to di spazzar via violenza e corru-
zione in un colpo solo, licenziando
quasi tutto il corpo di polizia ere-
ditato dalla vecchia Unione Sovie-
tica e da 12 anni di regime post-so-
vietico di Shevardnadze. La polizia
è stata addestrata con criteri com-
L
pletamente nuovi e ingentilita anche
nell’immagine: stazioni di polizia
ultra-moderne sorgono in mezzo
alle campagne, fra i villaggi, come
isole di pulizia, ordine, modernità
e sicurezza. Manifesti pubblicitari
ritraggono sorridenti poliziotti che
accompagnano i bambini a scuola
e aiutano gli anziani. Ma le imma-
gine durissime di botte, sevizie e
torture sui carcerati indifesi, dimo-
strano che i vecchi metodi non so-
no mai finiti. L’opposizione grida
allo scandalo e ritiene che i video
siano la prova della “natura crimi-
nale” del potere di Saakashvili.
Sullo sfondo, intanto, torna a
stagliarsi la minaccia russa. Mosca
sta rafforzando i suoi contingenti
nel Caucaso e nella prima metà di
settembre ha condotto imponenti
manovre proprio a ridosso della
Georgia. Quando il segretario ge-
nerale della Nato, Anders Fogh Ra-
smussen, si è recato in visita a Tbi-
lisi, un portavoce del ministero
della Difesa russo, Alexander Lu-
kashevic, ha subito lanciato il suo
altolà”: «La Nato non ha ancora
imparato le lezioni dei tragici eventi
del 2008», ha dichiarato riferendosi
all’invasione russa dell’agosto di
quattro anni fa. Mosca, insomma,
benché non partecipi direttamente
alle elezioni, vi sta entrando a gam-
ba tesa. Giocando, ovviamente,
contro il partito di Saakashvili.
(
ste. ma.)
a regina d’Inghilterra Elisabetta
II esprime preoccupazione per
il difficile arresto di Abu Hamza al
Masri, predicatore fra i più incen-
diari nella galassia del fondamen-
talismo islamico e presunto terro-
rista. Ma la regina non si esprime
mai in pubblico su questioni poli-
tiche. Tantomeno su scottanti vi-
cende legate alla sicurezza del Re-
gno Unito. Aveva confidato le sue
inquietudini al giornalista della Bbc
Frank Gardner, che ha diffuso la
notizia ieri mattina. La Bbc ha do-
vuto chiedere pubblica ammenda
nel pomeriggio stesso. Eppure gli
inglesi danno ragione alla regina. E
la sua opinione “rubata” ha subito
riscosso il plauso dei membri del
Parlamento.
Perché Abu Hamza al Masri è
diventato il simbolo del pericolo
islamico. Inquietante anche a prima
vista (con il suo uncino e l’occhio
guercio) al Masri è autore di celebri
filippiche anti-britanniche e anti-oc-
cidentali. Nei suoi sermoni, l’imam
se l’è presa con tutti. Con gli scien-
ziati, accusati di aver diffuso l’Aids.
Con i sexy shop: «Ogni luogo della
perdizione è un obiettivo da distrug-
gere». Con gli ebrei: «Un ebreo non
può guardare in faccia un musul-
mano o passargli accando senza sa-
pere di averlo oppresso, o senza sa-
pere che altri ebrei abbiano
oppresso i musulmani ovunque. La
nazione di Maometto deve ricon-
L
quistare la sua dignità e questa non
può essere ottenuta senza che scorra
il sangue». Con gli “infedeli”: «Uc-
cidere un infedele che ti sta com-
battendo è giusto. Uccidere un in-
fedele per qualsiasi altra ragione va
bene. Ed anche se non c’è alcuna
ragione, va bene». Con la democra-
zia britannica: «Essi (gli inglesi, ndr)
non vogliono essere governati dalla
religione, non vogliono che le donne
si coprano, non vogliono che sia un
re a governare. Per questo hanno
cancellato la monarchia o ridotto
la regina al pari di una scimmia in
una gabbia dorata, esposta agli oc-
chi del pubblico». La regina, a
quanto pare, non l’ha dimenticato.
Al Masri fu arrestato nel 2006
dietro a una serie di accuse correlate
ad attività terroristiche. Nei prece-
denti 9 anni aveva potuto predicare
e agire liberamente, in qualità di
imam della moschea di Nord Lon-
dra. Nel 2003 le autorità gli aveva
proibito di continuare a seminare
odio nella moschea. E lui, imper-
territo, aveva continuato a predicare
fuori dall’edificio religioso. Fra i
suoi seguaci c’era anche quel noto
Richard Reid che cercò di far esplo-
dere un aereo con l’esplosivo na-
scosto nelle scarpe (dobbiamo a lui
il controllo delle scarpe prima di
ogni volo atlantico). Il suo arresto,
nel 2006, aveva riaperto l’antica
controversia sul sottile confine fra
la predicazione d’odio (che, in sé,
non è un atto di violenza) e il ter-
rorismo. Durante il processo ne
aveva approfittato per rilasciare
un’altra sua dichiarazione celebre,
definendo “un cesso” il Regno Uni-
to. Gli Usa avevano chiesto l’estra-
dizione, per processarlo. È tuttora
sospettato di aver partecipato al ra-
pimento di cittadini americani nello
Yemen nel 1998 e di aver organiz-
zato un campo jihadista nell’Ore-
gon nel 1999. Dopo una lunghissi-
ma battaglia legale, la Corte
Europea dei Diritti, lunedì ha dato
il via libera all’estradizione. Ora
l’imam radicale rischia il carcere a
vita. La Corte Europea ha creato
un precedente che i predicatori
d’odio dovrebbero temere. E il po-
polo inglese, assieme alla regina, tira
un sospiro di sollievo.
GIORGIO BASTIANI
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 26 SETTEMBRE 2012
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