II
CULTURA
II
DavidFriedman: nonabbiamobisognodelloStato
di
STEFANO MAGNI
utti noi tendiamo ad essere
conservatori. A credere che
la realtà che viviamo sia sempre sta-
ta così e sarà sempre così. Che lo
Stato sia un’istituzione eterna e im-
mutabile. Io sono qui proprio per
spiegarvi che non è sempre stato,
né sarà sempre così». Chi parla non
è un profeta, venuto a Milano ad
ammaestrare le genti, ma un sim-
patico economista di nome David
Friedman. Non va confuso con
Alan Friedman, che tanti italiani
conoscono per le sue trasmissioni
televisive. E nemmeno con Milton
Friedman, che era suo padre. Men-
tre la stragrande maggioranza degli
italiani (fra coloro che lo conosco-
no) consideravano Milton il guru
del “neo-iper-liberismo”, dal punto
di vista del figlio era già troppo sta-
talista. Partendo dalla stessa impo-
stazione teorica del padre, David l’-
ha
portata
alle
estreme
conseguenze. Ed è diventato, nei
primi anni ’70, uno dei padri del-
l’anarco-capitalismo. Nessun frain-
tendimento: solo libero mercato e
niente Stato. Nel suo libro più fa-
moso “L’ingranaggio della libertà”
(
pubblicato in Italia da Liberilibri
nel 1997) dimostra come qualsiasi
funzione statale, dall’istruzione alla
difesa, possa funzionare meglio se
affidata ai privati nel libero merca-
to. Rispetto agli anarchici classici,
David Friedman è sicuramente un
pensatore atipico. Non vuole creare
una futura società collettivista, in
cui i beni sono in comune, i conflitti
sociali sono risolti, l’uomo diventa
altruista, educato e benevolo e lo
Stato cessa di esistere. Per Friedman
(
David) la società anarchica si può
e si dovrebbe realizzare anche ades-
so, anche con i nostri brutti carat-
teri egoisti, i nostri comportamenti
irrazionali, i nostri limiti di cono-
scenza. Perché, ribaltando un luogo
comune duro a morire, l’utopia è
l’idea di avere uno Stato funzionan-
te. L’anarchia è la forma sociale più
realistica, proprio per le caratteri-
stiche tipiche dell’uomo. “Legge
senza Stato” è il titolo auto-espli-
cativo della conferenza tenuta da
Friedman a Milano, questa settima-
na, ospite dell’Istituto Bruno Leoni.
«
Ci sono almeno tre forme di legge
nate senza aver bisogno di alcuno
Stato: la prima è la proprietà, la se-
conda è il rispetto dei contratti e la
terza è la giurisprudenza prodotta
dalle corti». Proprietà, rispetto dei
contratti e tribunali sono i tre pila-
stri dell’ordine. E funzionano anche
senza Stato. Siamo soliti pensare al-
la proprietà privata come a una del-
le leggi create dal nostro Stato (dal
re, da un governo o da un parla-
mento). In Italia, addirittura, non è
neppure considerata un diritto fon-
damentale. Eppure: «Non è un di-
ritto inventato dallo Stato: la pro-
prietà, non solo precede la politica,
ma precede la nostra specie. Una
forma primitiva di proprietà privata
la vediamo applicata anche fra gli
animali, con il loro senso di posses-
so del loro territorio». Nelle rela-
zioni fra gli uomini la natura non
è molto diversa. «Hobbes descrive-
va lo stato di natura (precedente lo
Stato, ndr) come una condizione di
guerra di tutti contro tutti e di estre-
ma miseria. Ma il filosofo fa un sal-
to logico nel momento in cui crede
che, quando viene instaurato lo Sta-
«
T
proprietario di casa fa una gran fa-
tica a spazzare la neve nello spazio
adibito al parcheggio. E lascia un
segnale, a indicare che quel par-
cheggio è suo. Come un cane, segna
il suo territorio. È uno spazio che
gli appartiene, su cui ha faticato
molto e quando torna sa che lo de-
ve trovare libero. Se vi trova un’al-
tra macchina… quell’auto si gua-
sterà, avrà i finestrini rotti o una
riga sulla portiera. O qualcos’altro
di molto spiacevole».
Anche il rispetto dei contratti è
nato prima dello Stato e può essere
implementato senza di esso. Fried-
man, per spiegarlo, fa un esempio
storico ed esotico: quando i giap-
ponesi occuparono Formosa (l’at-
tuale Taiwan) rispettarono la legge
imperiale cinese. In quel codice, co-
me scoprirono i giapponesi, non esi-
steva alcuna tutela per i contratti
fra privati. Eppure i mercanti di
Formosa commerciavano con le co-
ste e facevano rispettare i loro con-
tratti. Come? «Con due meccanismi
principali. Una soluzione consiste
nel ridisegnare il contratto in modo
che le due parti effettuino lo scam-
bio in simultanea, riducendo gli in-
centivi dell’altra parte a violare i
patti. Un’alternativa si basa sul ri-
spetto della reputazione, strutturan-
do il contratto in modo da soffrire
una perdita di reputazione in caso
di sua violazione». Il versamento di
acconti e depositi, la presa di
ostaggi”materiali, sono tutti siste-
mi che hanno funzionato, pur in as-
senza di uno Stato (con le sue leggi,
la sua polizia e i suoi tribunali) in
grado di far rispettare contratti.
L’amministrazione della giusti-
zia, in sé, non è mai stata, tradizio-
nalmente, un potere statale. Fried-
man, da appassionato di storia
medioevale, fa notare (in “L’ingra-
naggio della libertà”), ad esempio,
come l’Islanda avesse leggi, ma non
uno Stato. Sono i tribunali (privati,
diremmo oggi) che ricompongono
le liti in base al buon senso, al rico-
noscimento dei diritti delle due parti
e allo studio dei precedenti. Il diritto
anglosassone, giurisprudenziale,
non si basa affatto su codici scritti,
ma sulla consuetudine. Che non ha
bisogno di un legislatore, dunque
non necessita di alcuno Stato.
Queste cose funzionavano in
epoche antiche, ma adesso la socie-
tà è più complessa e ci vuole uno
Stato regolatore” direbbe un pro-
gressista. Ma Friedman constata co-
me, nell’era di Internet, stiano tor-
nando in auge metodi antichi.
Internet stessa è una grande rete
senza Stato. Eppure i contratti ven-
gono rispettati, come avveniva al-
l’epoca dei mercanti cinesi di For-
mosa: depositi, “ostaggi” e
reputazione fanno sì che si rispet-
tino i patti fra individui che non si
sono mai visti e abitano a migliaia
di chilometri di distanza. Gli arbi-
trati (privati) stanno sostituendo
gran parte della giustizia civile, pro-
prio in forza della complessità degli
scambi nella società contempora-
nea. È lo Stato, semmai, che appare
come un carrozzone del passato,
ben poco adattabile al dinamismo
della società del terzo millennio.
Possiamo benissimo farne a meno.
E allora perché continuiamo a ras-
segnarci alla sua incombente pre-
senza e ci facciamo togliere il 56%
di quanto guadagniamo per man-
tenerlo in piedi?
La proprietà, il rispetto
dei contratti e i tribunali
sono pre-esistenti
alla nascita dello stato.
La proprietà
è addirittura pre-esistente
all’uomo. Esiste già
in natura, fra gli animali
che difendono il loro
territorio dagli intrusi.
Lo stato, che tendiamo
a considerare come
un’istituzione eterna
e insostituibile, in realtà
non è che una creazione
recente e artificiale.
Lo stato di natura
anarchico, lungi
dall’essere una guerra
di tutti contro tutti
(
come sosteneva il
filosofo seicentesco
Thomas Hobbes), può
rimanere in equilibrio
ed essere un ordine
sociale pacifico.
L’economista David
Friedman, figlio del noto
premio Nobel Milton,
demolisce i luoghi
comuni della scienza
politica e dell’economia.
Facendoci capire,
con esempi pratici,
quanto si starebbe
meglio senza uno stato
to, con la sua polizia, finisca la
guerra di tutti contro tutti. La po-
lizia è, a tutti gli effetti, parte di que-
sta lotta. Perché l’uomo in divisa o
l’uomo in toga mi possono sbattere
in galera e io non posso fare altret-
tanto con loro? Il fatto di conferire
loro più poteri rispetto ai miei, crea
più disordine, non più ordine. Lo
stato di natura è già molto più equi-
librato». David Friedman conserva
una visione estremamente ottimista
sulla natura umana e sulla struttura
della società, che definisce come
una “rete di differenti strategie legali
mutualmente riconosciute”: gli in-
teressi dell’uno e dell’altro possono
sempre essere ricomposti, senza bi-
sogno di ricorrere alla violenza. I
diritti di proprietà non vengono
violati. Non perché «la polizia li
protegge», ma perché «io li proteg-
go» e gli altri sanno che «sono de-
terminato a proteggerli». Questo
mutuo riconoscimento c’è indipen-
dentemente dall’esistenza di uno
Stato, con la sua polizia e il suo si-
stema di giustizia. «A Chicago, do-
ve sono cresciuto, nevica tantissimo.
Prendiamo un esempio banale: un
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 27 GENNAIO 2013
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