Page 3 - Opinione del 27-10-2012

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CULTURA
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Gli Usa,Mattei e quell’antico patto stato-mafia
di
RUGGIERO CAPONE
pesso l’uomo di strada è molto
più intuitivo di politici e gior-
nalisti sulle vicende italiane. L’uo-
mo di strada sorride sulla trattativa
Stato-mafia che si sarebbe consu-
mata tra il 1989 ed ‘92. Soprattut-
to si chiede “ma come, da sempre
i servizi segreti italiani hanno de-
legato alla mafia i lavori più spor-
chi e gli omicidi?”. Osservazione
lecita, soprattutto se si considera
che dall’inchiesta della Procura di
Pavia, che riapriva a metà degli an-
ni ‘90 le indagini sull’omicidio di
Enrico Mattei, risultava evidente
l’insabbiamento del crimine. Scri-
veva il sostituto procuratore di Pa-
via, Vincenzo Calia: «L’esecuzione
dell’attentato venne pianificata
quando fu certo che Enrico Mattei
non avrebbe lasciato spontanea-
mente la presidenza dell’ente pe-
trolifero di Stato». L’inchiesta di
Calia ha dimostrato che l’esplosio-
ne che abbatté l’aereo su cui viag-
giavano il presidente dell’Eni, il pi-
lota Irnerio Bertuzzi e il giornalista
americano William McHale venne
causata da una bomba. L’inchiesta
del 1962, presieduta dal generale
dell’Aeronautica Ercole Savi, si
concluse con “l’impossibilità di ac-
certare la causa del disastro”: un
insabbiamento, l’attentato ordinato
dai vertici di servizi e Dc venne
eseguito dalla mafia.
Il 27 luglio 1993 era il “pentito
di mafia” Gaetano Iannì a rivelare
che, per l’eliminazione di Mattei,
ci fu un accordo tra non meglio
identificati uomini dei servizi ame-
ricani, Cosa nostra siciliana e, dul-
cis in fundo, uomini della Dc proni
alla politica Usa dell’epoca. A po-
sizionare la bomba sull’aereo di
Mattei sarebbero stati uomini della
famiglia mafiosa di Giuseppe Di
Cristina. Tommaso Buscetta (sto-
rico pentito) confermava che la
mafia americana avesse chiesto a
Cosa nostra” di eliminare Enrico
Mattei, nell’interesse delle compa-
gnie petrolifere americane e della
stabilità democristiana in Italia. A
conti fatti Mattei era il finanziatore
d’una parte della politica, inviso
S
agli interessi che accomunavano la
Dc a Cosa Nostra d’oltre Atlanti-
co.
Che la mafia avesse reso un fa-
vore a governo italiano e petrolieri
statunitensi emerge dalle indagini
su un altro caso, la scomparsa di
Mauro De Mauro (giornalista
dell’Ora di Palermo). La scompar-
sa di De Mauro è datata 16 set-
tembre 1970: una delle piste segui-
ta dall’inchiesta ipotizza proprio
che il giornalista sia stato seque-
strato e ucciso per aver scoperto il
groviglio d’interessi che condannò
a morte Enrico Mattei. De Mauro
aveva ricevuto dal regista France-
sco Rosi l’incarico di collaborare
alla stesura della sceneggiatura del
film “Il caso Mattei”. Incarico non
certo casuale: De Mauro era l’uni-
co che poteva ricostruire gli ultimi
due giorni di vita del presidente
Eni Mattei, trascorsi in Sicilia in
compagnia del giornalista, a cui
aveva raccontato anche i suoi dub-
bi e le tensioni che si stavano ac-
cumulando sulle scelte petrolifere
dell’Italia. Nel libro di Fulvio Bel-
lini e Alessandro Previdi (“L’assas-
sinio di Enrico Mattei”) si parla
proprio del clima politico che ave-
va preparato l’omicidio. Poi pun-
tualmente è giunta la mietitrice: la
mafia.
Una ricostruzione minuziosa
del caso Mattei, ad opera dell’Exe-
cutive Intelligence Review, dimo-
stra come il presidente dell’Eni fos-
se riuscito a convincere la Casa
Bianca (l’amministrazione Kenne-
dy) che i metodi coloniali delle
sette sorelle del petrolio” infan-
gavano l’immagine democratica
degli Usa. Messaggio ritenuto pe-
ricolosissimo da David Rockefeller
(
capo delle sette sorelle e ammini-
stratore della Chase Manhattan
Bank). E non dimentichiamo che
la Chase Manhattan Bank era
l’istituto che Lucky Luciano aveva
privilegiato per esportare il suo te-
soro in Italia: da quel momento (e
fino alla nascita della banca di Sin-
dona) era assurta ad istituzione
creditizia gradita alle grandi fami-
glie italo-americane di “Cosa no-
stra”.
Enrico Mattei piaceva all’am-
ministrazione Kennedy: così il pre-
sidente Usa fece pressioni su una
compagnia petrolifera (la Exxon)
per concedere all’Eni numerosi di-
ritti di sfruttamento. Mattei era per
tutti sull’Olimpo, ma certi addetti
ai lavori già lo vedevano con un
piede nella fossa. Cosa Nostra lo
pedinava, e certamente avrà potuto
delegare l’ingrato compito alla ma-
fia italiana: incarico che i servizi
segreti del Belpaese non avrebbero
dovuto ignorare, visto e conside-
rato che l’Eni era considerata
azienda strategica”. Mattei, ter-
minati gli impegni in Sicilia e poi
a Milano, era pronto a decollare
per Washington: avrebbe incontra-
to Kennedy, ma il 27 ottobre 1962,
alla vigilia del viaggio, Mattei ve-
niva assassinato. Un anno dopo
toccava a Kennedy. Nel rapporto
confidenziale del Foreign Office del
19
luglio 1962 si legge “il Mattei-
smo è potenzialmente molto peri-
coloso per
tutte le compagnie petrolifere
che operano nell’ambito della li-
bera concorrenza (...). Non è
un’esagerazione asserire che il suc-
cesso della politica Matteista rap-
presenta la distruzione del sistema
libero petrolifero in tutto il mon-
do”. Il patto Stato-mafia (quello
alla Lucky Luciano) era rodato ne-
gli Usa, e certamente le sue pro-
paggini italiane erano servite ad
eliminare lo scomodo presidente
Eni.
Ma è la politica che controlla
la mafia o l’esatto contrario? I fatti
dimostrano che politica e mafia si
sono protette e confortate: la po-
litica suggeriva alla mafia d’am-
modernarsi e strutturarsi per ga-
rantire il consenso, e don Calogero
Vizzini (morto nel ‘54, sindaco di
Villalba e primo boss moderno del-
la mafia) istituzionalizzava nel
1950
l’“organismo di governo”
detto “Commissione mafiosa” o
Cupola”. La “cupola mafiosa”
rinvigoriva i collegamenti con i cu-
gini americani, quelli con cui Viz-
zini e Luciano avevano siglato il
patto Stato-mafia del 1944, poi
rinnovato col passaggio degli in-
dipendentisti siciliani nella “Diccì”.
Non dimentichiamo che furono gli
alleati (il dipartimento di Stato
Usa) ad imporre Calogero Vizzini
nel 1944 come sindaco di Villalba,
e per servigi resi alla causa di libe-
razione dell’Isola.
Nel 1960 l’accordo Stato-mafia
era troppo forte, ed una crepa nei
rapporti con i poteri forti Usa
avrebbe nociuto anche alla “Dic-
cì”: a dimostrarcelo c’è l’audizione,
di fronte alla seconda sezione della
Corte d’Assise di Palermo, del col-
laboratore di giustizia gelese An-
tonio La Perna. La Perna ha rico-
struito movente e mandanti
dell’assassinio di De Mauro, spie-
gando che “era collegato alla mor-
te di Mattei”. La Perna ha raccon-
tato del suo gruppo di fuoco:
quello della famiglia di Gela, che
sotto la guida dei fratelli Emma-
nuello avrebbe dovuto occuparsi
dell’uccisione di Mattei in Sicilia.
Ma poi cos’è successo? Di certo si
sa solo che l’omicidio era stato
commissionato alla mafia, e che i
vertici dei servizi italiani ed Usa ne
erano a conoscenza.
«
Era tutto pronto per quel de-
litto - ha raccontato La Perna -
avevamo già nascosto le armi in
un casolare vicino Gela e fatto so-
pralluoghi nei pressi dell’Agip di
Gela dove si doveva fare l’attenta-
to, o in alternativa a Gagliano Ca-
stelferrato, dove Mattei fece l’ulti-
mo discorso prima di prendere
l’aereo da Catania. Solo in un se-
condo momento - ha precisato il
pentito - qualche giorno prima del-
la data in cui doveva compiersi
l’omicidio, che dovevamo fare per
un favore a Giuseppe Di Cristina
(
boss mafioso di Riesi, in provincia
di Caltanissetta, ndr) siamo stati
informati da Angelo e Crocifisso
Emmanuello che l’incarico di com-
piere quell’attentato era stato dato
ai catanesi, perché noi non erava-
mo all’altezza».
Le dichiarazioni di La Perna
coincidono con quelle di Tommaso
Buscetta: «il primo delitto eccel-
lente di carattere politico ordinato
dalla commissione di Cosa Nostra,
costituita subito dopo il 1957, fu
quello del presidente dell’Eni, En-
rico Mattei». Parola di Buscetta.
In effetti, fu Cosa Nostra a delibe-
rare la morte del Mattei, secondo
quanto mi riferirono personalmen-
te alcuni dei miei amici che com-
ponevano quella commissione, co-
me Greco Salvatore “Cicchiteddu”
e La Barbera Salvatore. «L’indica-
zione di uccidere Mattei giunse da
Cosa Nostra americana, attraverso
Bruno Angelo (autorevole espo-
nente della famiglia di Philadel-
phia) che chiese questo favore a
nome della commissione degli Usa
e nell’interesse sostanziale delle
maggiori compagnie petrolifere
americane». Di Mattei si stava oc-
cupando nei suoi ultimi mesi di vi-
ta proprio Mauro De Mauro, co-
me dimostrato gli incontri del
giornalista con personaggi della vi-
ta politica e finanziaria siciliana
(
Graziano Verzotto, Vito Guarra-
si...). Una nota della questura di
Palermo certifica che il potente
boss Giuseppe Di Cristina era a
Palermo nei giorni del sequestro
De Mauro. E nelle indagini emer-
geva che «il giornalista faceva tan-
te domande ai politici su Mattei».
(5-
continua)
L’uomo di strada sorride
sulla trattativa
stato-mafia
che si sarebbe
consumata tra il 1989
ed 1992. Soprattutto
si chiede: “Ma come,
da sempre i servizi segreti
italiani hanno delegato
alla mafia i lavori
più sporchi?”.
Osservazione
lecita, soprattutto
se si considera
che dall’inchiesta
della procura di Pavia,
che riapriva a metà
degli anni ‘90 le indagini
sull’omicidio di Enrico
Mattei, risultava
evidente l’insabbiamento
del crimine
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 27 OTTOBRE 2012
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