Page 5 - Opinione del 28-9-2012

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ESTERI
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Netanyahu alleNazioni Unite
e quella“sottile linea rossa”
di
STEFANO MAGNI
enjamin Netanyahu, premier
israeliano, si è recato a New
York ieri, per la sessione inaugurale
della 67ma Assemblea Generale
dell’Onu, con “un paio” di conti in
sospeso. Il rapporto dell’Aiea dimo-
stra che l’Iran sia ad un passo dalla
bomba atomica. Il presidente ira-
niano, Mahmoud Ahmadinejad, nel
suo discorso al Palazzo di Vetro,
aveva appena finito di pronunciare
un discorso tutto incentrato sull’an-
tisionismo. In un’intervista rilasciata
prima di prendere la parola, addi-
rittura, era giunto a definire Israele
«
un dettaglio nella storia del mon-
do», un’entità fondata sull’esproprio
di territori ai palestinesi, che «so-
pravvive da poco più di 60 anni»,
contrapposto ad un Iran che esiste
da 5000 anni. In quanto dettaglio,
Israele «andrà eliminato». Mettendo
assieme le due cose, bomba atomica
e volontà di eliminare lo Stato ebrai-
co, a Netanyahu appare più che
chiaro quale sia l’intento del regime
di Teheran nei confronti del suo po-
polo. A ciò si aggiungano alcune al-
tre questioni, tutt’altro che irrilevan-
ti: Ahmadinejad ha tenuto il suo
discorso incendiario alle Nazioni
Unite proprio nel giorno dello Yom
Kippur, il più sacro nel calendario
ebraico; gli Usa, per solidarietà ad
Israele, hanno abbandonato l’aula
durante il discorso del presidente
B
iraniano, ma il sostegno allo Stato
ebraico finisce qui. Infatti, contra-
riamente agli auspici di Netanyahu,
Barack Obama ha dichiarato (quasi
in fondo al suo discorso, dopo aver
parlato di tutto il resto) che «abbia-
mo ancora il tempo» per un’azione
diplomatica, nonostante abbia riba-
dito l’inaccettabilità di un Iran do-
tato di armi atomiche. Non era que-
sto impegno vago quel che Israele
si attendeva. Si aggiunga anche che
il premier dello Stato ebraico aveva
chiesto (visto il momento) un incon-
tro urgente con il presidente statu-
nitense. Ma se l’è visto rifiutare.
Obama ha comunicato con il suo
alleato per mezzo di un comunicato
ufficiale della Casa Bianca.
Prima ancora di presentarsi al
Palazzo di Vetro, il premier ha rila-
sciato un comunicato di condanna
alle dichiarazioni di Ahmadinejad:
«
Nel giorno in cui preghiamo per
essere inseriti nel Libro della Vita, è
stato dato un palcoscenico a un re-
gime dittatoriale che, ogni volta che
gli è possibile, si batte per condan-
narci a morte». «La storia ha pro-
vato che quelli che hanno tentato di
estrometterci dalle mappe hanno fal-
lito, perché il popolo ebraico ha su-
perato ogni ostacolo».
Contrariamente a Obama, che
ottimisticamente ritiene di avere an-
cora tempo, Netanyahu insiste che
esista “una linea rossa” che l’Iran
non deve passare. Se la passa è ov-
vio che l’unica soluzione non sarà
più diplomatica, ma militare. Questo
è il discorso. Non ci sono alternati-
ve. Più Israele si sentirà isolato, più
il suo governo sarà spinto ad
un’azione unilaterale? Da un punto
di vista politico sarebbe compren-
sibile. Ma da un punto di vista mi-
litare, sappiamo tutti che lo Stato
ebraico non ha mezzi sufficienti per
fermare il programma nucleare di
Teheran. Dovrà ottenere la piena
cooperazione delle forze armate sta-
tunitensi. Obama, finora, ha dimo-
strato di non parlare, ma agire: con
i droni in Pakistan, Yemen e Soma-
lia, con la sua “kill list” dei terroristi,
con l’intervento (neppure riferito al
Congresso) in Libia. La prossima
volta toccherà all’Iran? O il silenzio
della Casa Bianca indica un vero ab-
bandono di Israele?
Spagna: “la ribellione delle masse”
K
La Spagna sprofonda nei mercati. Il premier Rajoy ha sve-
lato la manovra del 2013: il 58% consisterà in tagli alla spesa. Ma “le
masse” (come la definiva il filosofo Ortega y Gasset) si ribellano.
Cristiane pakistane
vittime degli abusi
Dopo aver subito
minacce da parte
di Ahmadinejad, proprio
nel giorno delloYom
Kippur, il premier
israeliano si sente
in dovere di rispondere
per le rime.
PerchéObama fallisce sempre,
magli americani lo“amano”?
iolentata, a turno, per ore da
tre giovani, in pieno giorno,
in un’abitazione privata. Nessuno
la soccorre e vi sono poche spe-
ranze che si faccia giustizia. Suc-
cede in Pakistan, a Faisalabad, ad
una ragazza 16enne cristiana e
povera, Shumaila Masih, rapita
da tre giovani musulmani bene-
stanti, datori di lavoro della ma-
dre, loro donna di servizio. Que-
sto caso di stupro, balzato
all’attenzione dei media, è solo
uno dei tantissimi episodi analo-
ghi di una violenza che è sessuale,
sociale e religiosa al tempo stesso.
E che, sistematicamente, resta im-
punita. Le statistiche pubblicata
dall’associazione Society for the
Protection of the Rights of the
Child (Sparc), relative ai primi cin-
que mesi del 2012, spiegano molte
cose: nella provincia del Punjab
si sono registrati 122 casi di vio-
lazioni. Fra questi, almeno 40 a
sfondo sessuale, 14 omicidi, 22
rapimenti, 14 pene corporali, 6
matrimoni forzati e 13 morti per
mancanza di cure mediche di ba-
se. L’episodio Shumaila Masih ri-
sale al 20 settembre scorso, ma la
notizia è emersa solo ieri. Sempre
nella stessa città, Faisalabad, il 4
settembre scorso, una bambina
cristiana di 10 anni era stata vio-
lentata da un mercante di 60.
Manzoor Masih, 45enne padre
della ragazza, giura che «nono-
V
stante la povertà, non scenderò
mai a compromessi o accordi -
con i violentatori della figlia, come
dichiara nella sua intervista rila-
sciata all’agenzia missionaria Asia
News. Egli auspica che questi ele-
menti «vengano puniti in base alla
legge», perché tutti capiscano che
«
non è ammissibile assaltare una
qualsiasi giovane di un villaggio»,
solo perché si è più ricchi o po-
tenti. «Queste persone sono mo-
stri - conclude il genitore - e van-
no puniti senza pietà». Secondo
Khalid Rasheed Asi, vicario gene-
rale della diocesi di Faisalabad,
«
minoranze religiose ed emargi-
nati sono facili bersagli di ricchi
proprietari terrieri nelle aree ru-
rali». «Conosco personalmente la
vittima – aggiunge, nella sua in-
tervista rilasciata ad Asia News -
perché sono stato parroco nella
sua zona, si tratta di una famiglia
molto povera, ma ricca nella fede
cattolica. Meritano giustizia». Un
altro sacerdote cattolico, padre
Gill John, della diocesi di Lahore,
ritiene che i casi di violenza nel
Punjab siano dilaganti. «La poli-
zia aiuta i colpevoli, con omissioni
e lacune nella compilazione delle
denunce – dichiarava il sacerdote
ad Asia News, l’anno scorso - tali
da favorire la loro libertà». Vio-
lenti liberi, famiglie delle vittime
che vivono nel terrore.
MARIA FORNAROLI
l discorso di Barack Obama
all’Onu, benché ineccepibile sul
piano dei principi, è stato un in-
successo. Le reazioni dei leader
mediorientali da lui sostenuti sono
state negative: nessuno riconosce
il ruolo degli Usa, tutti condanna-
no l’alleato per un video amato-
riale apparso su YouTube. Questo
scacco va ad aggiungersi al falli-
mento della politica di rilancio dei
rapporti con la Russia (siamo an-
cora al punto del 2009: lite sullo
scudo anti-missile europeo), al fal-
limento del rilancio dei rapporti
con la Cina (con cui prosegue la
solita guerra valutaria e commer-
ciale), al fallimento della politica
di rilancio dell’immagine della po-
litica negli Usa presso l’opinione
pubblica mediorientale: l’ondata
di odio anti-Usa, tuttora in corso,
è lì a dimostrarlo. Per non parlare,
poi, dei fallimenti nell’economia:
la disoccupazione resta al di sopra
dell’8%, il debito pubblico è au-
mentato di 6mila miliardi di dol-
lari. Sono stati spesi 4mila miliardi
di dollari per piani di “stimolo”
economico, che non hanno fatto
ripartire la crescita, tuttora la più
lenta dal 1945. Appare evidente a
tutti che gli americani si trovano
di fronte al completo insuccesso
di un’amministrazione. Eppure…
eppure i sondaggi danno in van-
taggio il presidente uscente sullo
sfidante repubblicano Mitt Rom-
I
ney. Con un margine che, giorno
dopo giorno, continua ad allar-
garsi. Ieri, ad esempio, la media
dei sondaggi nazionali (effettuata
da Real Clear Politics) dà Obama
in testa di 4 punti sul rivale. Un
punto percentuale in più rispetto
alla settimana scorsa. Se spostia-
mo lo sguardo sui singoli stati in
bilico, determinanti per la vittoria,
vediamo che Obama è, per la pri-
ma volta, chiaramente in testa in
Ohio. Lo è anche, in misura mi-
nore, in Florida e in Virginia.
Insomma, più Obama le pren-
de, più piace. Come è possibile?
Se lo chiede anche Charles Gaves,
inviato in America della rivista li-
berale francese online Contre-
points.org. Lo strano fenomeno
della popolarità di Obama, inver-
samente proporzionale ai suoi ri-
sultati, si può spiegare con la tec-
nica dei sondaggi. C’è evidente-
mente qualcosa che non torna. «Il
corpo elettorale si divide tra un
35,4%
di Repubblicani (registrati
tali), un 34% di Democratici (re-
gistrati tali) e un 30,5% di indi-
pendenti, non iscritti ad alcun par-
tito, che possono votare l’uno o
l’altro candidato. Secondo i son-
daggi, il 97% degli elettori iscritti
come Repubblicani voteranno
Romney. Il 98% degli elettori De-
mocratici voteranno Obama. Ecco
un’eguaglianza quasi perfetta, il
che vuol dire che i risultati finali
dipenderanno dagli indecisi. Ora
passo ad analizzare come vengono
effettuati i sondaggi. I campioni
usati dalle grandi società di son-
daggio degli Stati Uniti sono co-
stituiti da 1300 persone, di cui il
51%
sono Democratici e il 44%
sono Repubblicani e il resto indi-
pendenti. La sovra-rappresenta-
zione dei Democratici e la sotto-
rappresentazione
degli
indipendenti nei sondaggi spiega,
da sola, i buoni risultati del presi-
dente uscente».
Più che rilievi statistici, dunque,
sembrerebbe di trovarsi di fronte
ad una campagna di comunicazio-
ne pro-Obama, volta a scoraggiare
i Repubblicani: visto che la partita
risulta essere persa in partenza,
perché andare a votare?
(
ste. ma.)
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 28 SETTEMBRE 2012
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