uando ci fu chiaro che la
coppia aveva legami poli-
tici con l’Ukip abbiamo dovuto
pensare seriamente ai bisogni a lun-
go termine dei bambini». Sono le
parole che la signora Joyce Thacker,
attualmente a capo dei servizi per
l’infanzia del comune di Rother-
ham, Regno Unito, ha usato per
giustificare la scelta di portar via tre
bambini dalla famiglia alla quale
erano stati dati in affidamento. Mo-
tivo? Beh, a quanto pare, se i tuoi
genitori affidatari sono membri
dell’Ukip (United Kingdom Inde-
pendence Party), hanno evidente-
mente delle ‘strong views’, che im-
pediscono loro di rispondere
adeguatamente ai tuoi ‘cultural and
ethnic needs’. Nel giro di una set-
timana verrai allontanato da quella
che è diventata ormai la tua casa.
Si potrebbe sostenere che l’appar-
tenenza dei due genitori all’Ukip
potrebbe essere stata solo un’aggra-
vante, e già solo questo sarebbe ri-
dicolo. Invece no. la signora Thac-
ker sostiene che non esisteva alcuna
questione riguardo alla ‘quality of
care’ con cui la coppia si sarebbe
occupata dei tre bambini. Si tratta
di due persone sulla cinquantina,
apparentemente senza macchia, o
senza “altra”macchia se non quella
di essere membri del partito guidato
da Nigel Farage. Il marito? Un ex
riservista della Marina, che lavora
con persone disabili. La moglie? In-
«
Q
fermiera. Si occupano di ospitare
bambini in difficoltà da sette anni
a questa parte. Ne hanno ospitati
una dozzina in casa loro. Ma questi
tre… questi tre hanno origini ‘di-
verse’. Origini da immigrati europei.
Per la coppia non ci sarebbe diffe-
renza, sono bambini. Ma per la si-
gnora Thacker, sì. I bambini vanno
trattati da diversi quali sono. Biso-
gna cercare famiglie adottive che
siano politicamente corrette. «La
decisione sbagliata, nel modo sba-
gliato e per le ragioni sbagliate».
Così Michael Gove, ministro del-
l’Educazione, ha definito la decisio-
ne riguardo l’allontanamento dei
bambini dalla famiglia adottiva, an-
nunciando l’avvio di indagini al ri-
guardo. Ma c’è ancora dell’altro. I
tre bambini sono fratelli, un ragaz-
zino e due ragazzine, e pare che al
momento siano stati separati: il
bambino è stato affidato ad una fa-
miglia e le bambini sono rimaste in-
sieme, ma presso un’altra famiglia.
Inutile dire che la vicenda è incre-
dibile e a tratti grottesca. Proviamo
a tracciare un parallelo. Sarebbe co-
me sostenere che due coniugi che
sono iscritti, ad esempio, alla Lega
Nord in Italia, non sono in grado
di occuparsi di bambini con un
background culturale diverso dal
loro perché, pur essendo brave per-
sone con esperienza di affidamento,
non li educherebbero sufficiente-
mente al multiculturalismo.
Nel frattempo intorno alla vi-
cenda di Rotherham è montato un
caso nazionale. Nigel Farage, in-
tervenuto a Radio4 ha espresso la
sua rabbia ma nessuno stupore
verso una vicenda che ritiene tipica
della bigotteria Labour, ribadendo
che l’Ukip non si dichiara contra-
rio all’immigrazione in senso as-
soluto, ma all’apertura incontrol-
lata delle frontiere, che definisce
«
irresponsabile».
Farage ha chiarito ieri, anche sul
Telegraph, la posizione dell’Ukip ri-
guardo alle accuse di razzismo che
gli vengono da tempo mosse.
IRENE SELBMANN
II
ESTERI
II
Per lo zar Putin la guerra freddanon è ancorafinita
di
STEFANO MAGNI
a comunità delle democrazie oc-
cidentali deve e dovrà sempre
da guardarsi le spalle dalla Russia.
Su qualsiasi iniziativa internazionale,
che siano le sanzioni alla Siria, o la
politica contro il programma nu-
cleare iraniano, o anche lo schiera-
mento dello scudo anti-missile eu-
ropeo (che è una questione solo
interna alla Nato), il Cremlino si
mette di traverso.
Leggendo le notizie dalla Russia,
troviamo sempre, da anni, un mix
di repressione interna e di grandeur
militare per proiettare un’immagine
di potenza all’esterno. Repressione:
ieri il leader dell’opposizione di
estrema sinistra Sergej Udaltsov, è
stato avvertito dalle autorità inqui-
renti che il suo movimento (il Fron-
te di Sinistra) potrebbe essere messo
al bando per fondi occulti. Perché
le fonti di finanziamento non sareb-
bero specificate dal suo statuto. In
un periodo in cui anche le Ong che
ricevono soldi dall’estero sono equi-
parate ad “agenti stranieri”, è chiaro
dove vada a parare l’establishment:
dimostrare che il movimento di op-
posizione (che pure è di matrice co-
munista, non certo filo-americano)
sia un agente manovrato dalle po-
tenze occidentali. Ed è sempre stata
questa l’accusa rivolta dalle auto-
rità contro tutti i movimenti anti-
Cremlino. Grandeur: sempre ieri,
il nuovo sottomarino nucleare lan-
ciamissili Severodvinsk ha testato
con successo un nuovo missile da
crociera supersonico. Il Severod-
L
vinsk, entrato in linea lo scorso set-
tembre ed è costato l’equivalente
di un miliardo e mezzo di euro. Per
i bilanci della difesa, la borsa è
sempre aperta. Chi, come l’ex mi-
nistro Alexei Kudrin, si lamenta
della spesa eccessiva (e potenzial-
mente pericolosa per la tenuta dei
conti), deve lasciare il governo.
Non è solo un luogo comune
trovare affinità fra l’Unione Sovie-
tica di ieri e la Russia di oggi. C’è
un nesso preciso fra l’aggressività e
il sostanziale anti-occidentalismo
all’estero e il giro di vite repressivo
all’interno. Molto spesso, nelle ana-
lisi italiane, leggiamo che l’una e
l’altra siano motivate da una per-
cezione di “accerchiamento” della
Russia, che temerebbe la superpo-
tenza americana. In pratica, si trat-
terebbe solo di una reazione difen-
siva. Non si capisce perché, però,
questa percezione di “accerchiamen-
to” continui anche dopo quattro an-
ni di amministrazione Obama, che
si era aperta proprio all’insegna del-
la distensione delle relazioni con il
Cremlino. I democratici Usa non
sono stati abbastanza rassicuranti
con i russi? O la percezione di “ac-
cerchiamento” è generata da cause
interne alla Russia e non dalle rela-
zioni internazionali? Intervistato da
Radio Free Europe, l’esperto di po-
litica russa Ariel Cohen demolisce
un po’ di miti filo-russi che vanno
tanto di moda in Italia. E spiega,
chiaramente, come la politica estera
(
grandeur militare e confronto con
l’Occidente) sia alimentata da pro-
blemi unicamente interni alla Rus-
sia. «Gli Stati Uniti non danno al-
cun fastidio (alla politica di Mosca,
ndr) – spiega Cohen – La vera tra-
gedia è che una parte dell’élite po-
litica pensa che, per consolidare il
proprio potere in Russia, sia neces-
sario un nemico esterno e che que-
sto avversario possa essere solo la
più grande potenza nel mondo».
Cioè gli Stati Uniti. «L’anti-ameri-
canismo ha origini prettamente in-
terne – ribadisce il politologo della
Heritage Foundation – Serve a con-
solidare l’ordine nella società, creare
quello che in Russia chiamano
vneshnij vrag”, il nemico esterno
e rilanciare il prestigio dei servizi se-
greti, dell’esercito, dello Stato e del
comandante in capo: il presidente.
Il che è, in realtà, un metodo per le-
gittimare l’attuale sistema di potere,
che, in qualche misura, si sente in-
debolito in termini di consenso po-
polare. Ha già avuto bisogno di
adottare misure estreme per creare
l’impressione che il partito di go-
verno fosse stato legittimamente
eletto alla Duma (la camera bassa
del parlamento, ndr) nelle elezioni
del dicembre 2011».
In effetti, fra tutte le repubbliche
ex sovietiche, la Russia è quella che
maggiormente si sente erede del-
l’Unione Sovietica, il cui crollo è sta-
to definito da Vladimir Putin come
la “più grande tragedia geopolitica
del Novecento”. L’eredità non con-
siste solo nel deterrente nucleare
(
mantenuto intatto e costantemente
aggiornato), ma anche nei simboli-
smi. Il passato è intoccabile e non
può essere esplorato da una storio-
grafia “revisionista”. Le feste sovie-
tiche sono ancora celebrate, soprat-
tutto quando riguardano le glorie
passate dell’Armata Rossa. Non so-
lo si ereditano le glorie, ma anche i
nemici: gli Stati Uniti sono ancora
lo spauracchio principale. «Ma resta
anche una diffidenza di fondo nei
riguardi dell’America – avverte Co-
hen – in tutti quei dirigenti che si
sono formati nei servizi segreti
dell’Unione Sovietica (fra cui Putin,
ex colonnello del Kgb, ndr). Pur-
troppo, essi credono nella loro stes-
sa propaganda. Non c’è alcuna au-
tentica competizione fra le fonti di
informazione, né fra diverse teorie
della politica internazionale. Ce n’è
ancora meno oggi rispetto agli anni
’90.
Domina un’unica visione del
mondo, quella dei servizi di intelli-
gence, che è intrinsecamente anti-
occidentale, o, come la chiamano
loro, “anti-liberale”, in cui i valori
anti-americani giocano un ruolo si-
gnificativo».
Eppure, come spiega Cohen, vi
sarebbero ampie possibilità di intesa
fra Usa e Russia. In alcune aree già
cooperano: in Asia Centrale colla-
borano per garantire l’ordine in Af-
ghanistan e condividono lo stesso
interesse contro i Talebani, le frange
islamiste fuori controllo e il traffico
di droga. Gli Usa hanno sostenuto
la candidatura russa al Wto. E re-
centemente, con un accordo fra i
due ministri degli Esteri (Lavrov e
la Clinton), è stato maggiormente
liberalizzato il regime dei visti. «Se
si tiene conto delle priorità e degli
interessi nazionali della Russia, cioè
crescere economicamente e avere
confini sicuri – afferma Cohen –
non vediamo alcun inevitabile con-
flitto con gli Stati Uniti. Specialmen-
te se la Russia desse ascolto alle pre-
occupazioni espresse dagli Usa nel
campo dei diritti umani, conceden-
do più libertà all’attività politica. Io
credo che la Russia stia compiendo
dei primi passi in questa direzione,
anche se non sono sufficienti».
Insomma, la guerra fredda po-
trebbe già essere morta e sepolta da
un pezzo. Sono i militari e gli ex
agenti del Kgb al Cremlino che non
se ne sono ancora accorti. Come i
giapponesi che continuarono a re-
sistere nelle isolette del Pacifico, an-
che dopo il 1945. Con l’unica “pic-
cola” differenza che gli irriducibili
di Mosca sono al potere. E sono ar-
mati di missili nucleari.
Inghilterra, se sei euroscettico
ti portano via i figli adottivi
Tibet, immolazioni
e dura repressione
Ariel Cohen spiega come
la Russia crei un nemico
esterno per mantenere
l’ordine interno
Al Cremlino e nel resto
del Paese domina
un’unica visione
del mondo: anti-liberale
n Tibet le proteste estreme di
chi preferisce darsi fuoco, piut-
tosto che continuare a vivere sot-
to l’occupazione cinese, sono di-
ventate talmente numerose che
iniziano a non far più notizia.
Dal 2011 ad oggi sono 80 le au-
to-immolazioni. Non sono ces-
sate durante il Congresso del
Partito Comunista, nonostante
le misure repressive e di “riedu-
cazione” adottate dal regime. La
polizia fa firmare ai capi dei vil-
laggi delle dichiarazioni contro
le auto-immolazioni. Chi disob-
bedisce paga col carcere. Le fa-
miglie dei suicidi sono costrette
a pagare multe. Ma i giovani
continuano a darsi fuoco per
protesta. Negli ultimi tre giorni,
i suicidi col fuoco sono stati
quattro. Sangay Dolmas, monaca
tibetana, si è uccisa a Tongren
(
Qinghai); lunedì è stata la volta
del 18enne Kunchok Tsering (a
Xiahe nel Gansu); del 20enne
Wang Gyal, le cui condizioni so-
no per ora sconosciute; del 24en-
ne Gonpo Tsering a Luqu (Gan-
su). Chi protesta rischia il
carcere e le botte della polizia ci-
nese. L’ultima manifestazione,
pacifica, organizzata da un mi-
gliaio di studenti, è stata stron-
cata con la forza lunedì. Dimo-
stravano contro un testo di
educazione patriottica” distri-
buito nelle università, dove il
I
Partito espone il suo credo “rie-
ducativo”: la lingua tibetana è
irrilevante”, le auto-immolazio-
ni sono “stupide”. «Le richieste
degli studenti – ha spiegato Pen-
pa Tsering (presidente del parla-
mento tibetano in esilio) al-
l’agenzia missionaria Asia News
-
erano legittime e i metodi era-
no pacifici. Essi domandavano
uguaglianza fra le etnie, rispetto
per la verità, un nuovo governo.
Nonostante il carattere non vio-
lento del raduno, dopo due ore
di protesta, gruppi di poliziotti
armati si sono scontrati con gli
studenti e hanno cominciato a
picchiare in modo indiscrimina-
to. Per disperdere la folla hanno
lanciato anche lacrimogeni. Ora
polizia ed esercito circonda la
scuola, la Sorig Lobling». Secon-
do l’associazione Free Tibet, do-
po la repressione, 20 studenti so-
no stati ricoverati, 4 dei quali
versano in gravi condizioni.
Quanto alle auto-immolazioni,
spiega Penpa Tsering: « I nostri
fratelli e sorelle tibetani ricor-
rono all’autoimmolazione perché
tutte le nostre forme di non vio-
lenza falliscono, davanti alla Ci-
na, che non si smuove». Secondo
la versione ufficiale di Pechino,
nel Tibet il benessere aumenta e
i tibetani godono pienamente del
diritto di libertà di culto.
(
ste. ma.)
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 28 NOVEMBRE 2012
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