Direttore ARTURO DIACONALE
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Martedì 29 Gennaio 2013
delle Libertà
Cultura eAmbiente, ci vuole un soloministero
una proposta sacrosanta, da di-
fendere e portare avanti con la
massima determinazione, quella
avanzata da Galli della Loggia ed
Esposito di superare gli schematismi
ed i pregiudizi del lunghissimo se-
condo dopoguerra ed istituire un
ministero della Cultura. Dal tempo
del Minculpop creato dal fascismo
sono ormai passati settant’anni. Ed
è ora di aprire gli occhi, condizionati
per troppo tempo dagli occhiali
ideologici, per prendere atto che di-
fendere, preservare e valorizzare la
cultura del nostro paese non è una
È
altro «ha dentro di se la capacità
di raccontare tutta intera la trama
del tempo e della civiltà». Bisogna
anche, e soprattutto, identificare le
cause del fatto che, a dispetto di una
verità così clamorosamente evidente,
l’Italia del secondo dopoguerra non
solo abbia sistematicamente igno-
rato il settore della cultura nazionale
(
Veltroni ha giustamente ricordato
che in passato il ministero dei Beni
Culturali veniva considerato di serie
C” ed assegnato ai socialdemocra-
tici) ma abbia addirittura operato
(
non inconsapevolmente, ma in ma-
niera fin troppo cosciente) per mar-
ginalizzare le peculiarità culturali
italiane in nome di un multicultu-
ralismo dai colori diversi ma sempre
e comunque di stampo internazio-
nalista. Le ragioni ideologiche e po-
litiche del fenomeno sono fin troppo
evidenti. Galli della Loggia, Esposito
e lo stesso Veltroni le conoscono fin
troppo bene. E sono il frutto non
solo della comprensibile reazione al-
le esasperazioni nazionalistiche del
fascismo ma anche delle azioni di
chi era convinto che solo schiaccian-
do uno dei fattori principali del-
l’identità nazionale italiana sarebbe
stato possibile affermare le proprie
convinzioni ideologiche. Ma accanto
a queste ragioni c’è ne sono altre,
sia della stessa natura, sia più pra-
tiche e concrete, che vanno assolu-
tamente evidenziate. C’è il ritardo
culturale nel riconoscere che tra i
fattori dell’identità nazionale del no-
stro paese non c’è solo la cultura ma
anche l’ambiente. Non è forse vero,
infatti, che il paesaggio inteso come
l’ambiente e la natura del territorio
sia, dalla catena alpina agli Appen-
nini, dalle lagune alle coste, dalle
pianure alle colline, il tratto distin-
tivo del “marchio Italia”? C’è l’in-
capacità di comprendere che, pro-
prio per le sue incredibili peculiarità,
ambiente e cultura sono nel nostro
paese strettamente ed indissolubil-
mente intrecciate. Pompei ed il Ve-
suvio, Roma ed il Tevere...
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2
L’insostenibile leggerezza del candidatoMonti
ario Monti avrà pure dime-
stichezza con i conti, ma per
la politica non sembra sia molto
portato. Avventurarsi in profferte
di ipotetiche collaborazioni con il
Pdl ponendo la condizione di non
volere avere a che fare con Berlu-
sconi, non so se sia più ingenuo o
provocatorio. Di certo è disarmante
che finga di non sapere che il Pdl è
Berlusconi. Se voleva, con la sua
uscita, una risposta definitiva al ri-
guardo, magari perché nutriva dei
dubbi, gliel’ha data chiara e defini-
tiva Alfano ribadendo, davanti ai
M
siccome è un uomo generoso e gra-
to, Berlusconi ha promesso che a
tutti i parlamentari uscenti esclusi
dalle liste invierà un caldo messag-
gio “scritto di suo pugno”. Consi-
glio disinteressato: si risparmi la fa-
tica. I destinatari sono piuttosto
incazzati, salvo quelli che hanno ri-
nunciato volontariamente e che del-
lo scritto autografo non saprebbero
comunque che cosa farsene. Monti
pensa davvero di convincere un par-
tito dominato da un uomo di tal
fatta a prescindere da lui ed avviare
un dialogo? Vogliamo ritenere che
l’uscita del Professore sia stata una
boutade elettorale per sfrucugliare
i pidiellini o forse per pareggiare il
conto dopo aver definito, qualche
giorno fa, “gloriosa” la storia del
Partito comunista italiano. Una sto-
ria che possiamo tranquillamente
ritenere interessante, coinvolgente,
importante ma proprio “gloriosa”
no, non foss’altro per essere stata
tutt’una con lo stalinismo ed i suoi
cascami totalitari, giustificati sempre
e comunque in maniera adorante.
Fino a quando l’Unione Sovietica
non è crollata nessuno dei comu-
nisti italiani ha mai seriamente pre-
so le distanze dal Pcus, neppure
Berlinguer che, per quanto consa-
pevole della “fine propulsiva” della
Rivoluzione d’Ottobre, era pure
conscio che una rottura traumatica
con il Cremlino non era nell’ordine
possibile delle cose. E certo ne sof-
friva intimamente dal momento che
dalla sua indiscutibile statura mo-
rale giudicava il fallimento crimi-
nale del socialismo reale. Se, dun-
que, Monti ha voluto in poche ore
far dimenticare una gaffe facendo-
ne un’altra bisogna dire che c’è del
metodo nel suo bizzarro approccio
alla campagna elettorale. Si è rive-
lato un vero centrista...
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2
di
GENNARO MALGIERI
di
ARTURO DIACONALE
Monti: «Ome, o il diluvio!»
K
Se il Monti-premier era spesso
accusato di essere troppo “grigio” e
scontato, il Monti-candidato non smette
di stupire con i suoi repentini cambi di
direzione. Ieri, in un colpo solo, è riuscito
a smentire se stesso almeno un paio di
volte. Prima ha messo in dubbio i conti
del suo stesso governo: «Se il Pil nel
2013
dovesse andare peggio di quanto
previsto tempo fa, questo non porta di
per sé la necessità di una manovra, ma
non escludo niente a seconda dell’esito
del voto»». Poi, non pago della “minac-
cia”, si è rimangiato tutta la retorica
anti-partiti che ha caratterizzato le sue
ultime settimane di campagna eletto-
rale: «Non bastano maggioranze strette
per fare tutte le riforme che servono per
uscire dall’emergenza e se ci fosse una
grande coalizione sulle riforme non so
se avrebbe il sapore della vecchia poli-
tica, forse avrebbe quello della politica
necessaria». Ci mancava solo una pro-
messa in stile berlusconiano sulla ridu-
zione delle tasse. Promessa che,
puntualmente, è arrivata per Imu, Irap e
Irpef. Troppa grazia, Professore!
azione di stampo fascista, naziona-
lista o sciovinista ma è la conseguen-
za naturale del riconoscimento dei
fattori determinanti della nostra
identità nazionale. Ha perfettamente
ragione Walter Veltroni quando ri-
corda, nella sua qualità di ex mini-
stro dei Beni Culturali e vice presi-
dente del Consiglio del primo
governo Prodi, che «chi vuole leg-
gere la storia dell’uomo e del suo ta-
lento, chi vuole capire il Rinasci-
mento e la storia dell’arte, deve
passare per l’Italia». Ma se si vuole
che la proposta di Galli della Loggia
e di Esposito non rimanga lettera
morta non ci si può limitare a ripe-
tere che il nostro paese più di ogni
candidati del suo partito, che il Ca-
valiere è l’anima, l’essenza, l’imma-
gine - tutto insomma - del Pdl. E giù
applausi dalla platea entusiasta che
davvero ritiene di aver vinto la par-
tita elettorale, come ripete instan-
cabilmente il lìder maximo fino a
convincersene. Una platea di “fede-
lissimi” come piacciono al capo, ed
indisponibili al dissenso come pure
alla più banale delle critiche. Infatti,
con la scusa del rinnovamento, ha
cacciato via tutti gli altri, presenta-
bili ed impresentabili, salvando ov-
viamente gli innumerevoli “non-pre-
sentabili” sapendo che mai e poi
mai faranno valere le loro opinioni
contro i suoi diktat. Ovviamente,