II
POLITICA
II
India: altri due italiani nel tritacarne giudiziario
di
GIORGIO PRINZI
a stampa ne ha parlato poco,
ma altri due nostri connazio-
nali, Tomaso Bruno ed Elisabetta
Boncompagni, sono incappati nel
tritacarne” del sistema giudizia-
rio indiano, la cui costante, alme-
no a giudicare da questo caso e
da quello noto dei due fucilieri
di marina da oltre undici mesi
ostaggio degli indiani, è quella di
prefigurare “colpevoli” funzionali
ad uno scopo e di costruirvi in-
torno una finalizzata intelaiatura
investigativa e giudiziaria sul tipo
dei processi medioevali per stre-
goneria.
Tomaso Bruno aveva casual-
mente conosciuto in un pub di
Londra Francesco Montis ed Eli-
sabetta Boncompagni, con i quali
aveva in seguito intrapreso un
viaggio in India. I tre condivide-
vano una stanza dell’Hotel Bud-
dha di Varanasi, capoluogo di un
distretto dello stato federato in-
diano dell’Uttar Pradesh, quando
a seguito di probabile assunzione
di droga Francesco Montis, che
soffriva anche da sindrome asma-
tica, si sente male. I suoi amici si
affrettano a chiedere soccorso, ma
l’ambulanza non arriva, per cui
alla fine lo accompagnano in taxi
in ospedale, dove giunge cadave-
re. La ricognizione della salma è
stata affidata ad un oculista, pro-
babilmente miope, che ha senten-
ziato “morte per strangolamen-
to”; il movente fornito dal gestore
dell’albergo che, interrogato dalla
polizia, era stato categorico, an-
che se nel corso del processo ha
detto di non esserne proprio si-
curo, «ho capito da subito che in
quei tre c’era qualcosa di losco»,
che il magistrato ha tradotto nella
sentenza con il fatto che la donna
si fosse accordata con il “preferi-
to” per eliminare “l’incomodo”.
La sentenza dell’ergastolo è stata
riconfermata in appello, nono-
stante i due godessero della stessa
L
difesa” dell’azienda (è improprio
chiamarlo studio legale) commer-
ciale e legale che ha assunto la di-
fesa dei fucilieri di marina. Gli
amici di Tomaso, costituiti in
gruppo Facebook, si sono stupiti
della condanna nonostante la di-
fesa fosse stata assunta da quanto
di meglio esista sul mercato asia-
tico. La Titus & Co, l’impresa le-
gale che ha assunto difesa, a leg-
gere la scheda redatta sul sito
aziendale e da noi tradotta in ita-
liano, appare godere di grandis-
simo prestigio, sebbene, in consi-
derazione del fatto che cura anche
affari commerciali tra Italia ed In-
dia, potrebbe dare adito a dubbi
su potenziali conflitti d’interesse.
Quella degli affari in corso è stata
peraltro la motivazione spuria in-
trodotta da taluni commentatori
per tentare di spiegare il “basso
profilo italiano” e l’insuccesso ita-
liano nella vicenda dei due mili-
tari presi in ostaggio.
Noi da queste pagine abbiamo
invece posto l’accento su altri tipi
di condizionamento quali interes-
si, alcuni legali ma non per questo
legittimi ed etici, legati alla pira-
teria e al giro di affari che ne de-
riva o che potrebbe derivare dal
suo contrasto da parte di “im-
prenditori” privati. E per Tomaso
ed Elisabetta? Abbiamo provato
a documentarci. È bastato con-
sultare Wikipedia, che citiamo let-
teralmente: «Varanasi è la Città
Sacra degli Induisti. Ogni Indui-
sta, almeno una volta nella sua
vita, deve essersi recato a Vara-
nasi e qui deve immergersi nel sa-
cro fiume Gange almeno da 5 di-
versi ghats. I ghats sono delle
rampe di scale di pietra che ter-
minano all’interno dell’acqua del
fiume. Ogni mattina all’alba, gli
Indù iniziano a compiere dai
ghats le proprie abluzioni. (...)
Secondo l’induismo l’unico posto
della terra in cui gli dei permet-
tono agli uomini di sfuggire al
samsara, cioè all’eterno ciclo di
morte e rinascita, è la riva occi-
dentale del Gange a Varanasi,
perciò nel corso dei secoli milioni
e milioni di induisti sono venuti
a morire qui. Ed è sempre a Va-
ranasi, nel Gange che ogni indui-
sta desidera che vengano sparse
le proprie ceneri (...) Molte fami-
glie indù fanno di tutto per por-
tare il proprio caro a essere cre-
mato qui».
Varanasi è come la Mecca per
gli islamici, un forte simbolo della
loro religione. A me sembra un
buon movente per colpirne due
(
Tomaso ed Elisabetta) al fine di
educare” centinaia e migliaia di
potenziali “turisti” ritenuti “im-
morali” dalla cultura locale. Non
dimentichiamo che sempre in In-
dia, sia pure in un altro stato fe-
derato, quello di Orissa, tra le
condizioni poste per il rilascio di
Paolo Bosusco c’era anche quella
di tenere i turisti lontani dalle
aree tribali. Figuriamoci se questi
turisti si discostano nel modo di
comportarsi in una città “santa”
dalla rigida morale locale. Sono
empi” a cui infliggere una con-
danna esemplare; l’imputazione
reale è poi un aspetto secondario.
Anche i militari in servizio anti-
pirateria disturbano fortemente
la “morale” locale, almeno quella
di gruppi di interesse mafiosi e di
poteri forti legali, ma non per
questo legittimi ed etici; un buon
motivo per colpirne due ed edu-
care quanti, a cominciare dall’Ita-
lia, hanno disposto l’impiego di
militari a difesa della libertà di
navigazione. Il gioco riesce se la
controparte è di “basso profilo”
e a questo approccio si ispira, co-
me ha sempre pertinacemente fat-
to l’attuale governo presieduto da
Mario Monti.
segue dalla prima
Cultura e ambiente
(...)
Napoli ed il golfo, Venezia e la sua laguna
e via di seguito, praticamente all’infinito. In
ogni paese la natura ha fatto la storia e la
storia ha modellato la natura. Ma è solo nel
nostro che il fenomeno è stato più marcato
e ha prodotto i risultati più numerosi e più
stupefacenti. C’è, infine, la presa d’atto che
ad impedire il riconoscimento del valore della
cultura e dell’ambiente come fattori non solo
di identità ma anche come risorse e fattori
di sviluppo c’è anche la chiusura settoriale e
corporativa degli apparati statali. Al posto
di una struttura unitaria capace di portare
avanti una politica in grado di difendere, pre-
servare, valorizzare ed utilizzare al meglio le
vere ed inesauribili risorse naturali dell’ Italia,
ci sono due distinti ministeri ad occuparsi di
cultura ed ambiente, unico fattore d’identità
nazionale. E tra loro non c’è alcun rapporto
di collaborazione ma solo di competizione.
A cascata, ci sono strutture distinte e separate
(
soprintendenze, parchi e via di seguito) chiu-
se e preoccupate solo di preservare i propri
ristretti ambiti di competenza e di potere. La
proposta di Galli della Loggia ed Esposito,
quindi, andrebbe integrata dalla proposta
della creazione di un unico ministero della
Cultura e dell’Ambiente capace di rompere
le chiusure corporative e fondere le strutture
oggi separate in un unico organismo capace
di difendere, conservare e valorizzare al mas-
simo i due elementi fondati della identità na-
zionale del nostro paese. Vasto programma,
come avrebbe detto ironicamente De Gaulle?
Certamente si. Ma siamo proprio sicuri che
per uscire da una crisi che impone la ristrut-
turazione del settore industriale e l’identifi-
cazione di altri fattori di sviluppo non ci vo-
glia anche una qualche dose di utopia?
ARTURO DIACONALE
Il Monti candidato
(...)
del quale francamente nessuno sentiva
il bisogno (poveri noi che per un breve tempo
lo abbiamo addirittura considerato un con-
servatore...). Potrebbe anche darsi che il pre-
mier, distratto dal nuovo clima nel quale si
è immerso, immagini davvero di aprirsi una
strada tra due poli morenti, ma per sua di-
sgrazia ancor più agonizzante è il suo polo,
quello della cosiddetta “società civile” che in
un colpo solo ha cannibalizzato Casini ed ha
annullato completamente Fini che nessuno
ormai sonda più dandolo come “altri di cen-
tro”. Complimenti. Se proprio avesse voluto
portare lo scompiglio nel campo di Agra-
mante, il professor Monti avrebbe dovuto
resistere a Fini, Casini, Riccardi e quanti altri
gli hanno impedito di avvalersi di una lista
di centrodestra, composta da personalità pro-
venienti dal Pdl e non solo, che avrebbe at-
tratto i tantissimi delusi dal berlusconismo
e le innumerevoli vittime della mattanza con-
sumatasi a Palazzo Grazioli dove è andata
in scena la più sanguinosa delle ordalie po-
litiche che la storia della Repubblica ricordi.
In nome di una inspiegabile “purezza” ha ri-
nunciato a milioni di voti che avrebbero po-
tuto avvicinarlo al traguardo dal quale è ter-
ribilmente lontano. No, certamente non gli
facevano schifo i fuoriusciti dal Pdl, ma po-
tevano infastidire Fini e Casini. Un’altra
lista concorrente sarebbe stata insopporta-
bile. Ecco allora Monti, per il quale la soglia
del 15% appare al momento un miraggio,
tentare dissennate incursioni da una parte
e dall’altra raccogliendo diffidenze e sber-
leffi. Si acconci piuttosto a fare da stampella
a Bersani, ma non lo metta in imbarazzo
con giudizi così poco realistici sul vecchio
Pci. Cosa pretende che gli risponda? Che
gloriosi” sono stati anche i complici dei
carnefici che inneggiavano all’Urss, al Pcus,
alla Cina, a Cuba e giacché c’erano anche
alla Corea di Kim Il Sung?
GENNARO MALGIERI
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per omicidio, sentenza
confermata in appello,
difensori “sui generis”
La linea montiana
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L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 29 GENNAIO 2013
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