di
FEDERICO PUNZI
o verso Berlusconi senti-
menti di gratitudine e sbi-
gottimento. Ammetto di fare una
certa fatica a seguire la linearità
del suo pensiero». Lo stesso sarca-
smo usato da Mario Monti duran-
te la conferenza stampa dello scor-
so 23 dicembre, oggi potrebbe
venire usato contro di lui. Al pro-
fessore dobbiamo senz’altro grati-
tudine, per aver contribuito a sal-
vare (per il momento) l’Italia dal
baratro finanziario in cui stava per
precipitare nel novembre 2011, per
avergli restituito una certa credi-
bilità, ma facciamo molta fatica,
oggi, a seguirlo nel suo “flip-flop-
ping” elettorale, spesso all’interno
di una stessa intervista.
Dal tema delle tasse a quello
delle alleanze, in quattro settimane
il premier uscente è stato capace di
sostenere tutto e il contrario di tut-
to, senza riuscire ad inquadrare un
target preciso nell’elettorato. Al go-
verno ha basato la politica di con-
solidamento fiscale sull’aumento
delle tasse piuttosto che sui tagli
alla spesa – mentre non solo non
era l’unica via praticabile, ma an-
che quella esplicitamente sconsi-
gliata da Draghi. Tutti ricordiamo
i toni sprezzanti con i quali, sempre
nell’incontro con la stampa del 23
dicembre, stroncò la “promessa”
di Berlusconi di abolire l’Imu: l’an-
«
H
no successivo, ammonì, si sarebbe
dovuta reintrodurre l’imposta, ma
addirittura «doppia». Poi, in piena
campagna elettorale, scopriamo
che pensare di ridurre le tasse, in
particolare l’Imu, non è poi così da
irresponsabili. Parlando a
Omni-
bus
,
su La7, Monti propone un al-
leggerimento dell’Imu di 2,5 mi-
liardi: dunque, 1,5 i miliardi che
ballano tra la sua proposta e quella
irresponsabile” di Berlusconi.
Di più: ora Monti si impegna a
ridurre la spesa pubblica corrente
sul Pil di 4,5 punti in cinque anni,
più o meno quanto Berlusconi e
Giannino, e nello stesso periodo a
tagliare tasse per 27 miliardi di eu-
ro, tra Irpef e Irap. Eppure, «io non
prendo impegni, non faccio pro-
messe», rivendicò orgogliosamente
una decina di giorni fa a
SkyTg24
.
Oggi siamo già a «non vogliamo
fare promesse, ma prendere impe-
gni seri». Si è convinto a fare anche
lui promesse “irresponsabili”, o
forse non erano poi così irrespon-
sabili quelle degli altri? Prima, du-
rante i mesi di governo, Monti non
fa altro che ringraziare i partiti del-
la “strana maggioranza” per il sen-
so di responsabilità dimostrato nel
sostenere i provvedimenti in Par-
lamento, pagandone i costi politici.
Una volta “salito” in politica, li ac-
cusa invece di aver opposto resi-
stenze che hanno impedito di por-
tare fino in fondo le riforme. Ma
poi, a
Omnibus
,
nonostante tutto
rilancia la «grande coalizione» co-
me «politica necessaria» per fare
le riforme. Ma come, dopo averne
denunciato i veti e le resistenze, con
quegli stessi partiti vorrebbe ripro-
porre una grande coalizione per le
riforme? Qualche giorno fa l’intesa
post-elettorale con Bersani sembra-
va cosa fatta, o quanto meno uno
sbocco inevitabile, nelle parole del
professore e delle figure di spicco
tra le forze che lo sostengono. Im-
pugnava la roncola contro Berlu-
sconi e il centrodestra, mentre solo
qualche pizzicotto al Pd; poi, al-
l’improvviso, l’apertura anche al
partito e al «popolo» di Berlusconi,
ma senza Berlusconi. Una cosa è
certa: scordatevi di conoscere pri-
ma del voto le reali intenzioni del
professore: a
Radio anch’io
,
qual-
che giorno fa, ammetteva candida-
mente lui stesso che «al momento
non c’è nessuna possibilità di sa-
pere con chi saremo e contro di
chi». La confusione è tanta, e il so-
spetto è che Monti sia semplice-
mente alla ricerca di sponde e po-
teri di interdizione per imporre il
suo bis a Palazzo Chigi senza aver-
ne i voti.
Sarà anche la persona più seria,
preparata e affidabile possibile, ma
votereste per qualcuno che non
prende impegni e non sa o non
vuole dire a chi porterà in dote i
vostri voti?
II
POLITICA
II
Tutto e il contrario di tutto:
l’eterno“flip-flop”di Monti
Amnistia?Meglio
costruire più carceri
Mps e lo spettro della crisi della finanza globale
o scandalo dei derivati del
Monte dei Paschi di Siena è
più grave di quanto lo si stia di-
pingendo. Però vediamo di non
trasformarlo nella solita bega
provinciale a metà strada tra la
politica e i giochi elettorali. Si
tratta, invece, della nota questio-
ne, profonda e sistemica, della fi-
nanza globale e delle sue crisi mai
affrontate. I responsabili dello
scandalo e della truffa, se la ma-
gistratura li individuerà e ne ac-
certerà le violazioni del codice pe-
nale, meritano la galera ed il
sequestro dei beni. I controllori,
che non hanno saputo controlla-
re, a cominciare dalla Banca
d’Italia, devono comunque spie-
gare il loro operato e trarne even-
tualmente le necessarie conclusio-
ni. A noi preme anche
sottolineare e mostrare gli aspetti
sistemici ed internazionali che
L
stanno all’origine della crisi e, an-
che in questo caso, a monte e a
valle della frode. È sorprendente
l’indignazione di fronte a questo
scandalo. Come se ogni frode sia
scollegata dalle tante altre e abbia
una semplice valenza locale.
Non tutti sanno che tra gli
azionisti di Mps c’è anche la ban-
ca americana JP Morgan Chase.
Essa è la prima al mondo per
operazioni in derivati finanziari.
L’ultimo rapporto dell’Office of
the Comptroller of the Currency
(
Occ) negli Usa indica che alla fi-
ne del terzo trimestre del 2012
essa deteneva derivati over the
counter (otc) per un valore no-
zionale di ben 71 trilioni di dol-
lari. Come è noto gli otc sono
contrattati nell’assoluta opacità,
al di fuori dei mercati ufficiali e
tenuti fuori bilancio. Anche la
frode Mps ne è la prova provata.
Vi era, infatti, un contratto tenuto
segreto in cassaforte e mai ripor-
tato sui libri contabili.
Questi casi esplodono quando
bisogna coprire le perdite di qual-
cosa che ufficialmente “non esi-
ste” o non dovrebbe esistere. La
JP Morgan quindi controlla quasi
un terzo di tutti i derivati attivati
dalle banche americane, che sono
227
trilioni di dollari. Detiene
inoltre un nono di tutte gli otc
mondiali che, secondo l’ultima
stima della Banca dei Regolamen-
ti Internazionali di Basilea, am-
montano a 639 trilioni di dollari.
Con una presenza attiva della
succitata banca americana, non è
sorprendente che anche Mps si
sia immersa nella palude dei più
rischiosi derivati finanziari. Chi
va con lo zoppo impara a zoppi-
care!
Dai risultati delle indagini fi-
nora emersi apprendiamo che
Mps, per coprire le rilevanti per-
dite derivanti da operazioni in de-
rivati, noti come “Alexandria”,
fatte tra l’altro con la Dresdner
Bank tedesca, nel luglio 2009
aveva sottoscritto un altro cosid-
detto “veicolo strutturato” in de-
rivati. Ancora più rischioso e se-
greto con la finanziaria
giapponese Nomura. Con tale
operazione apparentemente spa-
rivano le perdite ma Mps si im-
pegnava a sostenere i costi del
nuovo derivato finanziario per al-
meno trenta anni.
Dopo il fallimento della Leh-
man Brothers nell’autunno del
2008,
la Nomura è diventata la
più aggressiva finanziaria impe-
gnata nei più esotici e rischiosi
derivati. Nel 2009, infatti, essa
ha rilevato tutte le strutture eu-
ropee e asiatiche della Lehman,
arruolando” anche i suoi mas-
simi manager e circa 8.500 ope-
ratori finanziari. Non è un caso
che la Nomura sia coinvolta in
moltissime operazioni finanziarie
internazionali ad alto rischio.
Molte delle quali anche in Italia.
Un altro “veicolo” speculativo
in derivati finanziari, emerso dalle
indagini, è il “Santorini”, stipu-
lato da Mps con la Deutsche
Bank, la quale nell’ultimo periodo
è nell’occhio del ciclone per tan-
tissime indagini per truffa da par-
te delle autorità tedesche.
Un certo sconcerto suscita il
regalo” di 4 miliardi di euro
fatto al pericolante Banco San-
tander spagnolo nell’acquisizione
di Antonveneta. Come si può no-
tare molte di queste operazioni
sono state fatte dopo l’esplosione
della crisi del 2007-8. Gli attori,
come da noi ripetutamente evi-
denziato, hanno continuato a
muoversi con la stessa spregiudi-
catezza e irresponsabilità. Essi
contavano e ancora contano su
due cose: essere troppo grandi e
sistemici per poter essere lasciati
fallire e sulle politiche conseguen-
ti di salvataggio bancario da par-
te dei governi.
È un gioco mortale per le eco-
nomie e per i paesi coinvolti. De-
ve finire. Riteniamo che il caso
Mps debba diventare per l’Italia
e per l’Europa l’occasione per co-
stringere anche gli Usa, il Giap-
pone e gli altri paesi del G20 a ri-
pulire la finanza dai titoli tossici.
Altrimenti si rischiano nuove
bombe finanziarie” con ulteriori
devastazioni delle economie e con
la frustrazione di ogni speranza
di ripresa. Anche in Italia.
MARIO LETTIERI
e
PAOLO RAIMONDI
Lo scandalo dovrebbe
diventare l’occasione
per ripulire la finanza
dai titoli tossici
Lo scandalo dei derivati
della banca senese
è più grave di quanto
lo si stia dipingendo
eriodicamente torna d’attualità,
soprattutto in campagna elet-
torale, il tema del sovraffollamento
delle carceri. Fioccano le proposte
più disparate che mirano tutte ad
affrontare il problema solo nell’im-
mediato: sconti di pena, indulti ed
amnistia. Nessuno invece parla,
quantomeno contestualmente alle
misure-tampone, dell’unica propo-
sta seria per risolvere il problema
in maniera duratura e sicura, cioè
costruire nuove carceri e/o ammo-
dernare ed ampliare quelle esisten-
ti, come si fa in tutti i paesi civili.
Sembra un discorso perfino ele-
mentare: se aumenta il fabbisogno
di posti in cella, liberare una parte
dei detenuti è solo una misura
tampone che dà una boccata di os-
sigeno al sistema per 3-4 anni, poi
la questione inevitabilmente si ri-
proporrà tale e quale.
Le proposte di amnistia, indul-
to e simili vengono sempre presen-
tate in vista delle elezioni politiche.
Come diceva il buon Andreotti, a
pensar male si fa peccato, ma qua-
si sempre ci si indovina: vuoi ve-
dere che a tanti partiti politici in-
teressano i voti dei criminali (e dei
loro parenti ed amici) piuttosto che
quelli delle persone perbene che
non commettono reati e non sono
coinvolte dal problema? È anche
fuorviante (per usare un eufemi-
smo) il tentativo che viene fatto di
presentare le misure tampone con
P
intenti umanitari (alleviare le sof-
ferenze indicibili dei detenuti am-
massati in celle di pochi metri qua-
drati...) tacendo che la costruzione
di nuove carceri è l’unica soluzione
che può garantire condizioni di vi-
ta dignitose ai detenuti, senza met-
tere a repentaglio la sicurezza dei
cittadini. Proporre di liberare una
parte dei detenuti perché le carceri
sono sovraffollate equivale a dire,
per esempio, che se gli ospedali so-
no sovraffollati, invece di costruir-
ne di nuovi è meglio stabilire per
decreto che una parte dei malati
sono guariti e mandarli a casa per
liberare posti letto.
Si dirà che la costruzione di
nuove carceri richiede diversi anni
e nel frattempo è indispensabile
trovare qualche soluzione-tampone
per affrontare l’emergenza. Pur
nell’ambito di soluzioni provviso-
rie, esistono alternative alla sbri-
gativa liberazione di una parte dei
detenuti. In Gran Bretagna (che,
pur essendo tutt’altro che una dit-
tatura forcaiola ha, a parità di po-
polazione, una popolazione carce-
raria quasi doppia della nostra) fin
dal 1997 con il governo Major, per
fronteggiare un’emergenza simile
alla nostra sono state approntate
delle navi come prigioni provviso-
rie. Eppure nessun politico, di
qualsiasi schieramento, si è sogna-
to di proporre amnistie o indulti.
ROBERTO PESCE
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 29 GENNAIO 2013
3