II
POLITICA
II
Lavoro, un’alleanza per l’era
della rivoluzione digitale
di
GIUSEPPE MELE
nche l’ampia filiera digitale
in tempo d’elezioni si fa sen-
tire. Un centinaio di AD, più o
meno importanti ed esperti il 22
gennaio alla Sala del Garante del-
la Privacy, presso il Capranichet-
ta, ha, con “Alleanza per Inter-
net”, fatto le sue 3 proposte: un
ministro per il digitale, Wifi nei
negozi, stazioni ed aeroporti; e
sviluppo di mobile-payment e
coupon elettronici nelle transa-
zioni commerciali. Idee inviate ai
leader politici (Berlusconi, Monti,
Bersani, Giannino, Grillo, Ingro-
ia), scelti forse in base allo studio
della londinese Mcc Worldwide
Digital ed al suo punteggio sulla
rilevanza che il digitale ha nei
programmi dei partiti (Pdl 18p.,
Pd 16p., Monti e Grillo 13p., Fa-
re 12p., Ingroia p.5, Sel e Lega
3
p.).
Sotto la faccia pulita dell’ex
garante Privacy Pizzetti, l’Allean-
za ha riunito manager (Telecom,
At&T, Microsoft, Ntt, Ex-
po2015), docenti di quattro uni-
versità, consulenti, extra (Asso-
digitale e Pr) e confindustriali
(
Anitec, Assintel) un po’ di sociale
(
Censis, Consumatori), di istitu-
zionale (Privacy, AgCom, Cassa
Depositi Prestiti), di stampa
(
Key4biz) ed il colore del khome-
meista comitato Rai del controllo
sul corpo delle donne.
Per i tanti soggetti ufficiali ed
ufficiosi del vasto Internet, pro-
clami e manifesti non sono una
novità. Università e Smau, info-
provider e ForumPa, industriali,
guru e consulenti da 20 anni
emettono magne charte destinate
a rivoluzionare la vita con le ul-
time innovazioni del momento.
Gli appelli del passato, più che
analizzare i nodi tecnologici han-
no accompagnato accademica-
mente l’offerta innovativa del
mercato globale.
Anche la filiera digitale fa
parte del puzzle finanziario-in-
dustriale e della sua famiglia.
Zingales (docente Usa liberista
di Fare di Giannino) siede nel
cda TelecomItalia; Casaleggio
(
cofondatore con Grillo del
M5S) è cresciuto tra Olivetti, Te-
lecom, Logicasiel, Netikos, Web-
beg, sedendo nello stesso cda di
Michele Colaninno, fratello del
responsabile Sviluppo Industria-
le Pd.
A
Le tecnologie uniscono le in-
conciliabilità dei grillini, giannini
e postPci. Più nota per un serial
in cui recitava lo scomparso Ta-
ricone, la famiglia Gambardella
è protagonista anche nel business
con Raffaele, capo Simest, ai tem-
pi di Telekom Serbia; Giovanni,
decano di Ansaldo ed Ilva ed in-
fine, il giovane Luigi, lobbista Te-
lecom a Bruxelles, presente in
ogni board Europa Confindustria,
capo delle 41 telco europee di Et-
no. Luigi c’è anche in Alleanza
per conto dell’ass. Puntoit, ma
qui nessuno lo conosce come uo-
mo Confindustria.
È fatto così il management In-
ternet: un po’ dummy, un po’ in-
genuo e svagato smanettone, iso-
lato nel caos sociale, immerso nei
virtuali schermi puliti, sempre
pronto ad indignarsi contro le
scelte da lui stesso prese. Potrebbe
usare le aule magne universitarie,
gli spazi confindustriali, ma è più
romantico e modernista assumere
lo stile assembleare da Barcamp,
come se si fosse anora giovani,
poveri e barbudos.
Il 47% degli italiani è in rete.
Grande numero se si pensa al-
l’elevato tasso di anzianità. Gli
internauti però non fanno partito
né impalpabile società civile. Non
sono rappresentati dai burocrati
Cnr della sezione italiana dell’In-
ternet Society (Isoc), nè dall’In-
ternet forum (Igf), o dagli Internet
provider (Aiip), né dagli informa-
tici titolati, né dalle 5 associazioni
confindustriali e confcommerciali,
nè dalle inhouse regionali (Assin-
ter) né da altre associazioni in-
formali.
La Sala del Garante non è la
Sala della Pallacorda anche per-
ché mancano gli estrosi Stati ge-
nerali dell’Innovazione della Mar-
zano.
Ci si perde nelle sigle, tra cui
solo Asstel fa qualcosa di sostan-
ziale. Sono sparite Authority, Di-
gitPa e Agenzia Innovazione.
Agenda Digitale con in testa un
ex Telecom dovrà affidarsi ai fi-
scali contabili Sogei-Consip che
ci hanno dato la leadership Ue
per l’e-government identificando
l’Internet pubblico in un esattore.
Siamo all’alba quando non c’era
neanche l’informatica pubblica di
Italsiel poi Finsiel; come Olivetti
non fosse mai nata.
I partiti non pensano agli in-
ternauti.
Progetti come l’e-mail certifi-
cata - non obbligatori - procedo-
no in ordine sparso nei territori.
Nessun partito ha una strategia
digitale, inclusi i grillini erronea-
mente pseudo partito web. Ogni
volta si ricomincia da zero.
Il ministro per l’Innovazione
c’era, fino al 2006 era Stanca, di
destra. Poi tutto finì nel calderone
Sviluppo Economico con Bersani
che abrogando i costi delle rica-
riche, aumentò la perdita di posti
di lavoro. Prima c’era stato
l’Osnaghi, di sinistra, capo e-go-
vernment, Entrambi cercarono di
riunificare le reti dedicate PA e le
connessioni a camera stagna;
sforzi poi sfociati nel codice del-
l’amministrazione digitale, i cui
pregi oggi ancora non si apprez-
zano. Sulla connessione wi-fi gra-
tis all’aria aperta, corre il derby
di generosità tra Roma Capitale
di Alemanno e Provincia di Zin-
garetti, che era in vantaggio gra-
zie al suo network wi-fi di pro-
vince.
Negli ultimi giorni il Campi-
doglio ha però offerto a tutti i ro-
mani 4 ore gratis di navigazione.
Non si vede che l’Italia è prima
in Europa per broadband mobile
e per smartphone in circolazione.
L’intervento di ogni ente pesa sul-
le tasse per qualche milione; che
diventerebbero 100 in caso di
modello nazionale.
Come per il wi-fi, il commer-
cio può essere distributore del pa-
gamento col cellulare che aumen-
terebbe il numero, oggi basso, di
15
milioni di e-acquirenti; a patto
di non tassare di più (meglio di
meno), di escludere costi accessori
(
come le carte di credito) e di non
controllare i comportamenti a fini
redditometro.
Le norme aggressive che pro-
ducono il nanismo massivo d’im-
presa italiana bloccano l’uso le-
gale del digitale a favore della
pirateria su software, film e mu-
sica. Sono spariti i miliardi per la
banda larga chiesti dal rapporto
Caio. Non sono più indispensa-
bili, dicono governo e Cnel per il
quale vanno ridimensionati bro-
adband e tlc mobili. L’Ict non dà
tregua.
Nuove tecnologie irrompono
mentre non si dispiegano tutte le
potenzialità delle esistenti. Gli in-
dustriali guardano al possibile
scorporo della rete Telecom; alla
nuova guerra fredda per i natio-
nal Internet segment, all’uso mas-
sivo di banda (100milai petaby-
tes-mese, milione di miliardi, 10
volte più che nel 2010).
Le telco europee vogliono la
rete tlc continentale. Senza fondi
pubblici vorrebbero farla pagare
ai monopolisti mondiali Usa (dai
capitali asiatici) di social net-
work, apparati, webmail e strea-
ming. Ecco Etno, cioè il giovane
Gambardella che forse oggi aspi-
ra al Ministero.
Gli industriali gemmano infi-
nite associazioni di questo o quel
patron pubblico-privato, reiteran-
do la sottopolitica dei trombati,
inutile costo della politica corpo-
rativa di un’innovazione passiva;
succubi del dominio Usa, omag-
giano la propaganda dei futuri
posti di lavoro creati dalla rete
come nel convegno di Monteze-
molo e Google.
Gli spazi civili e parapolitici
sono loro contesi dai burocrati (e
parte del sindacato) che esaspe-
rano strumentalmente digital di-
vide, inclusione, apporto demo-
cratico dei blog, frammentazione
decisionale.
Insieme nascondono le grandi
delocalizzazioni ed automazioni
in corso, la sconfitta concorren-
ziale di un’Italia ed un’Europa
che consumano ma non produco-
no. Il grande deficit democratico
del settore desertifica lavoro,
competenze ed opportunità, ab-
battendosi sul milione di lavora-
tori, divisi tra lavoro autonomo
e lavoro dipendente, a sua volta
frammentato tra PA, meccanico,
commercio e comunicazione.
La voce dei lavoratori digitali,
diffidenti delle forme tradizionali
sindacali ma anche dei reciproci
rapporti è oggi usurpata a vario
titolo da tre stati: Politica, Indu-
stria, Bureau, cui la produzione
digitale, questione centrale di so-
pravvivenza, non interessa.
Al destino del lavoro e produ-
zione digitali, possono pensarci
solo i lavoratori da soli, riconqui-
stando i luoghi della partecipa-
zione civile e sindacale. Agli altri
come si vede, non interessa.
Le telco europee
vogliono la rete tlc
continentale.
Senza fondi pubblici
vorrebbero farla
pagare ai monopolisti
mondiali americani
(
dai capitali asiatici)
di social network,
apparati, webmail
e streaming.
Gli industriali gemmano
infinite associazioni
di questo o quel patron
pubblico-privato,
reiterando
la sottopolitica
dei trombati, inutile
costo della politica
corporativa.
E omaggiano
la propaganda
dei futuri posti di lavoro
creati dalla rete.
Gli spazi civili
e parapolitici sono
contesi dai burocrati
(
e dai sindacalisti)
che esasperano
strumentalmente
digital divide, inclusione,
e apporto democratico
dei blog.Ma al destino
di lavoro e produzione
digitale possono
pensarci solo i lavoratori.
Agli altri non interessa
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 29 GENNAIO 2013
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