l 24 dicembre scorso il ministro delle Fi-
nanze del già dimissionario governo Monti
ha emanato il decreto attuativo del reddito-
metro, una specifica tipologia di accertamento
sintetico, basato cioè sulla capacità di spesa
e di contribuzione della persona fisica ed al
cui risultato si perviene con metodo induttivo.
Pochi giorni fa lo stesso Monti, che aspira a
diventare un po’ più pop, ne ha preso le di-
stanze, come se la responsabilità politica e
tecnica fosse, per assurdo, di qualche buro-
crate o forse del precedente governo. Non si
nega che lo strumento di accertamento sia
stato introdotto su iniziativa di Tremonti nel
2010 (...).
Non si nega la sonora bocciatura
su questo punto, prima
che dalla Corte di Cassa-
zione, dalla logica più ba-
nale: se lo strumento è es-
senzialmente induttivo e
si avvale di coefficienti
moltiplicatori applicati a
beni indice, è ovvio che il
reddito determinato sta-
tisticamente sia tutto da
dimostrare a cura del-
l’amministrazione finan-
ziaria. Ma con tale previ-
sione normativa succede
che una visione molto
empirica, non suffragata
in maniera apodittica, debba essere sconfes-
sata, al contrario, con tutte le dimostrazioni
del caso dal contribuente (...). Le voci di spesa
del nuovo redditometro: quelle sì che lasciano
letteralmente basiti! Laddove non siano do-
cumentabili con quanto è già in possesso
dell’amministrazione finanziaria, si tiene con-
I
to della spesa media Istat per nucleo fami-
liare; una presunzione, quella statistica, de-
stinata ad essere usata in molti casi, se si con-
sidera che fanno testo anche i libri non
scolastici o le borse e le valige o la bigiotte-
ria! Una presunzione che fa prevalere il me-
todo di accertamento induttivo su quello ana-
litico, in ausilio del quale è nato il primo
quando l’amministrazione finanziaria non
era ancora informatizzata. Tralasciando
l’aspetto terroristico della complicazione sta-
tistica, mettendo da parte la intricata legisla-
zione tributaria, situazioni non superabili
neppure dalla media diligenza e perizia del
contribuente modello e che, anzi, favoriscono
il clima di odiosità nei
confronti del fisco, il pro-
blema è anche etico. La
famiglia viene radiografa-
ta nei consumi ed inibita
nelle spese tracciabili, vie-
ne scoraggiato quel “darsi
una mano a vicenda” che
ha fatto sempre parte del-
la storia delle famiglie e
delle imprese italiane,
gran parte delle quali fon-
dano il proprio benessere
e la propria sopravviven-
za su un’architettura fa-
miliare. Le persone ven-
gono considerate sempre meno persone e
sempre più “particelle catastali”, la comunità
viene sempre più divisa in favore di uno Stato
giacobino che tutto controlla ed in tutto in-
terviene come un automa (...).
MARIKA FRANCHINI
el giorno della memoria della Shoah,
penso al monumento che ho appena vi-
sitato sulle rive del Danubio a Budapest. Una
fila di scarpe di uomini, donne e bambini,
memoria degli ebrei che furono gettati nel
fiume simbolo d’Europa dalle milizie nazi-
ste-ungheresi. Oggi si ricordano quei martiri
insieme ai più di 600mila ebrei ungheresi
sterminati durante la Shoah mentre siede in
Parlamento una forza del 17 per cento che
inneggia a Hitler e chiede le liste degli ebrei
che siedono nelle istituzioni ungheresi rite-
nendoli “un pericolo per la sicurezza nazio-
nale”, una vera citazione hitleriana. Il nome
del loro partito è Jobbik. Ho appena guidato
in Ungheria con l’inglese
John Mann e l’israeliano
Yossi Peled un gruppo di
parlamentari europei e
israeliani organizzati dal-
l’Icjp (gli eletti ebrei di tut-
to il mondo) dall’Icca
(
l’organizzazione parla-
mentare contro l’antise-
mitismo) e dall’Israel Je-
wish Congress per
chiedere conto alle auto-
rità che governano le isti-
tuzioni di quel Paese di
che cosa si pensa e di che
cosa si fa del pericolo in
cui sono costretti i 200mila ebrei e gli zingari
che vivono in quel Paese. Perché per noi la
situazione ungherese è la peggiore d’Europa
per il numero di antisemiti e antizingari che
professano il loro credo con l’appoggio di
giornali e intellettuali e l’eco delle istituzioni
in cui sono presenti, per le dichiarazioni sulla
N
industria dell’Olocausto”, sul progetto
ebraico di dominare il mondo, sulla crimi-
nalità sionista che tenta di distruggere l’Un-
gheria e lo spirito magiaro. È un bombarda-
mento continuo, mentre si sono formate
milizie che marciano per le strade, i leader di
Jobbik si dichiarano nazisti senza problemi,
si bruciano le bandiere di Israele, è pericoloso
indossare simboli ebraici fuori del ghetto di
Budapest. Abbiamo sentito rispondere con
sincerità dai ministri e i membri dei partiti e
delle opposizioni ungheresi che c’è uno sforzo
enorme per affrontare il problema. Ci è stato
anche ricordato, ma purtroppo lo sapevamo
bene, che tutta Europa è affetta dalla crescita
dell’antisemitismo e dal-
l’odio per gli zingari, da
aggressioni verbali e fisi-
che, di cui la maggiore
l’uccisione dei tre bambi-
ni ebrei e del loro mae-
stro a Tolosa, in Francia.
È vero, ma quello che si
vede in Ungheria è un ri-
gurgito di puro nazismo
europeo, privo di influen-
za musulmana, una ma-
lattia genetica tutta nostra
che rischia dimensioni di
massa presso le popola-
zioni europee. Le risposte
che abbiamo avuto sono state accorate, ma
ci hanno convinto che nessuno ha la formula
per la guarigione. Non ci resta che continuare
a combattere, la memoria non basta, la lotta
dura è la risposta.
FIAMMA NIRENSTEIN
Contro l’antisemitismo,
continuare a combattere
La situazione ungherese
è la peggiore d’Europa
per il grande numero
di antisemiti e antizingari
che professano il loro
credo con l’appoggio
di giornali, intellettuali
e l’eco delle istituzioni
Il terrorismo fiscale
del nuovo redditometro
Le persone vengono
considerate sempre
meno persone e sempre
più“particelle catastali”,
la comunità divisa
in favore di uno stato
giacobino che ormai
controlla tutto
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MARTEDÌ 29 GENNAIO 2013
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