Pagina 4 - Opinione del 29-8-2012

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II
POLITICA
II
di
GIUSEPPE BLASI
risultati negativi della politica
così come quelli dei professori so-
no di tutta evidenza. Proprio mentre
il governo promette provvedimenti
per la crescita, l’Ilva di Taranto ri-
schia la chiusura forzata, mentre
per la sarda Alcoa la chiusura sem-
bra ormai certa. Due aziende leader
nei settori della metallurgia che, per
motivi affatto diversi, ambientali
per la prima, di sostenibilità econo-
mica per la seconda, rappresentano
due negatività legate alle malattie
tipiche della nostra politica impre-
gnata di incompetenza, settarismo
ideologico, assenza di previsione e
programmazione, incuranza delle
sorti dell’Italia, massima cura degli
interessi propri siano essi di parte
che personali.
È di generale conoscenza che
l’Italia è territorio molto povero di
risorse energetiche (quelle petroli-
fere della Basilicata o del mare
Adriatico non hanno ancora signi-
ficativa incidenza sui nostri fabbi-
sogni e sono ancora allo stadio di
start up) e tuttavia da decenni, a
partire dalla fine della seconda guer-
ra mondiale, molto dello sviluppo
industriale ha riguardato lavorazio-
ni per le quali sono necessarie enor-
mi quantità di energia, che pertanto
costituisce materia prima fonda-
mentale. Le crisi petrolifere degli
anni ‘70 del secolo scorso e succes-
sive, che avrebbero dovuto costitui-
re segnali importanti sul futuro che
si andava delineando, non hanno
fatto desistere i responsabili delle
I
nostre politiche da un settarismo
ideologico che voleva il progresso
e la crescita concentrate nell’indu-
stria pesante che ha ottenuto, so-
prattutto per il meridione d’Italia,
sussidi di ogni genere allo stesso
modo che oggi, le cosiddette energie
verdi hanno con gli incentivi per
l’inutile fotovoltaico. Nessun soste-
gno o previsione quindi per le altre
attività quali, ad esempio, quella tu-
ristica, che solo di recente e in ri-
tardo è assurta al rango di industria
avendo nel frattempo accumulato
un gap nei confronti di altri paesi,
in possesso di infinitamente minori
risorse paesaggistiche e culturali,
ma che hanno messo in essere in-
frastrutture e servizi che alla fine
hanno consentito loro di scavalcarci
nelle graduatorie del settore. Le me-
desime conclusioni possono essere
tratte su molti altri settori: scuola
e ricerca in primo luogo, pilastri
questi ultimi su cui poggiare il fu-
turo di una nazione.
Per quanto detto ci troviamo
quindi, in particolare con la vicen-
da dell’Alcoa, industria a enorme
necessità energetica, di fronte a
una insostenibilità economica ri-
spetto una concorrenza che paga
l’energia un buon 30% in meno
rispetto i nostri costi. Di qui la
probabile chiusura, a meno di in-
terventi statali di sostegno, che poi
significa il contrario della crescita,
con migliaia di lavoratori ridotti
alla fame che protestano gettan-
dosi in mare. Almeno fino a che
l’acqua della Sardegna è ancora
calda e trasparente.
A costoro vorrei suggerire una
soluzione ai loro problemi. Se i
pannelli solari non sono in grado
di sostenere la potenza energetica
a basso costo necessaria a far fun-
zionare e rendere competitiva l’Al-
coa, si decidano a chiedere, con una
risoluzione regionale, che lo stato
costruisca in Sardegna una centrale
nucleare. Vero è che si troverebbero
in contraddizione con un preceden-
te referendum, ma è altrettanto ve-
ro che pioverebbero immediata-
mente sull’isola fondi ingenti per
la costruzione, che si insedierebbero
tecnologie d’avanguardia, che si
avrebbe una disponibilità di energia
a costi assolutamente minori anche
per le famiglie, atteso che lo stato,
su richiesta dei sardi, credo non
avrebbe alcuna remora nel ricono-
scere alla regione ospitante tariffe
oltremodo agevolate. Senza contare
i posti di lavoro altamente qualifi-
cati che la centrale sarebbe in grado
di garantire.
Certo, bisogna abbandonare
giudizi falsi e precostituiti, avere
conoscenza e capacità di analisi
delle cose del mondo sia da parte
della politica nazionale che delle
popolazioni locali, ma nulla è im-
possibile.
L’alternativa non evitabile può
essere la fame o i bagni a mare. A
meno che non si voglia consapevol-
mente ritornare alla pastorizia, cer-
tamente ecosostenibile e apparte-
nente alla cultura dei luoghi.
Il governo promette
crescita, ma l’Ilva rischia
la chiusura, e per l’Alcoa
sembra ormai cosa certa
Due casi emblematici
di una politica fatta
di incompetenza
e settarismo ideologico
l bivio che la politica italiana si
trova di fronte in questo mo-
mento è tra la furbizia della par-
titocrazia e l’intelligenza di un
cambiamento liberale. Infatti, una
cosa è la furbizia, altra cosa è l’in-
telligenza.
Non bisogna confondere i due
concetti. La furbizia è istintiva ed
egoista mentre l’intelligenza impli-
ca dedizione, ascolto, pazienza, co-
raggio, umiltà, onestà. La furbizia
non è un valore, anzi: è un contro-
valore. In Italia, invece, la sotto-
cultura dominante e anti-liberale
ha diffuso la convinzione che la
furbizia sia una valore e, di conse-
guenza, che l’ingenuità, al contra-
rio, sia un difetto o una debolezza.
Certo, ad un primo e superficiale
sguardo, la furbizia sembra vincere
sull’ingenuità perché la furbizia si
insinua nelle fenditure del prossi-
mo pensando a come ingannarlo
per ricavarne un guadagno imme-
diato. Del resto, la furbizia vive di
affarismo, di becero raggiro, di
tornaconto personale e, quindi,
non si fa scrupoli, calpesta il pros-
simo, inganna tutti, mente a se
stessa.
E così, nell’immediato, la fur-
bizia sembra vincere sull’ingenuità,
ma è un grosso abbaglio perché la
furbizia è sterile, impotente e de-
bole. Soprattutto, è debole. Infatti,
si dimentica o si tende a far dimen-
ticare che l’ingenuità non è debole,
ma fragile. L’ingenuità, dunque,
può essere vista come una fragilità
precipua dell’intelligenza, cioè co-
me una caratteristica dell’intelli-
I
volta nemmeno a guardare. Infatti,
il genio ha origine dall’intuizione
e dalla sensibilità. Al contrario, la
furbizia ha origine da una pulsione
innata. L’intelligenza viene dalla
memoria e, di conseguenza, ha una
visione del futuro. L’intelligenza
non è statica e non resta immobile,
è sempre in movimento, ha imma-
ginazione, cerca spesso nuove stra-
de, amplia i propri confini, trava-
lica qualsiasi schematismo.
La furbizia, invece, è chiusa nel
proprio egoismo, difende l’orgo-
glio a scapito della dignità e non
conosce rispetto né per se stessa
né, tanto meno, per gli altri. La
furbizia è tutta nel presente, non
ha memoria, vive di fretta e non
ha “urgenze” perché conosce sol-
tanto la cupidigia, la contempo-
raneità, il profitto personale, istan-
taneo. La furbizia è ignorante,
cioè ignora le conseguenze delle
proprie azioni e non guarda al fu-
turo. Ma non basta: la furbizia
non prevede e non sa prevedere.
In altre parole, non sa governare,
ma soltanto comandare. La furbi-
zia, perciò, è tipica del Potere fine
a se stesso e ha come unico scopo
quello di mantenere la posizione,
il posto, il privilegio. A danno di
tutto il resto. Degli altri. E di se
stessa. Certo, l’intelligenza è inge-
nua e, di fronte alla furbizia, nel-
l’immediato, è perdente. Ma nel
medio e lungo periodo l’intelligen-
za si dimostra sempre più lungi-
mirante e, dunque, più longeva. E
alla fine convince.
PIER PAOLO SEGNERI
Ulisse non era un uomo
furbo quanto, piuttosto,
un uomo astuto, cioè
intelligente. Perché
l’intelligenza ha
lo sguardo ampio, vede
quello che la furbizia
non guarda nemmeno
genza. Anzi, l’intelligenza si con-
nota proprio per la sua ingenuità
perché l’intelligenza ha sempre una
dose di ingenuità, più o meno am-
pia, che la accompagna. La furbi-
zia implica l’adesione alla strada
più semplice, più comoda, più im-
mediatamente redditizia. La furbi-
zia ha un respiro corto, non vede
oltre il proprio naso, non è lungi-
mirante, non si cura delle conse-
guenze. Insomma, la furbizia è stu-
pida. La furbizia è stolta.
Definire una persona come
“furba” significa, quindi, implici-
tamente, connotarla come “stupi-
da”. A tal proposito, qualche gior-
no fa, al Meeting di Rimini, Mario
Monti ha lanciato un «suggeri-
mento» ai nuovi vertici di Viale
Mazzini, invitando i Tg della Rai
a non usare più l’aggettivo “furbi”
per definire gli evasori fiscali per-
ché, in tal modo, si finirebbe con
il riconoscere delle qualità a chi
commette un reato. «Non si pos-
sono trasmettere neppure in modo
subliminale disvalori che distrug-
gono la società», ha ammonito il
premier, senza scendere in ulteriori
dettagli. Ma la furbizia è un disva-
lore o, almeno, così dovrebbe es-
sere in una cultura liberale. Pur-
troppo, invece, il Potere
partitocratico ha eletto la furbizia
a proprio valore di riferimento.
Ulisse, l’eroe omerico, ad esem-
pio, non era un uomo “furbo”
quanto, piuttosto, un uomo “astu-
to”, cioè intelligente. Perché l’in-
telligenza ha lo sguardo ampio, ve-
de quello che la furbizia non si
La furbizia non è un valore, tantomeno in politica
Ilva eAlcoa, sonore sconfitte per politica e tecnici
Nell’immediato,
la furbizia sembra
vincere sull’ingenuità,
ma è un grosso abbaglio
perché la furbizia è
sterile, impotente
e debole.Mentre
l’ingenuità è solo fragile
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 29 AGOSTO 2012
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