Pagina 6 - Opinione del 29-8-2012

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a “fuga dei cervelli” dalla penisola chia-
mata Italia, è un altro sintomo di una
unità e coesione nazionale mai riuscite. Quan-
do si dice “fuga di cervelli”, si parla soprat-
tutto di giovani che sono altamente qualifi-
cati, laureati e specializzati, che non trovando
lavoro in Italia, all’Università o altrove, de-
cidono di lasciare il Belpaese. Attualmente
sono stimati in oltre 25 mila i giovani che
annualmente lasciano la penisola. Viene da
pensare alle politiche dei governi democri-
stiani degli anni Cinquanta, quando perso-
nalità come De Gasperi e Fanfani raccoman-
davano l’emigrazione di italiani all’estero,
come operai o minatori, soprattutto nei paesi
del Nord Europa, perché
quello che guadagnavano
lo mandassero a casa per
aiutare l’economia “italia-
na”. Era una emigrazione
dettata da ragioni di so-
pravvivenza. Quella di og-
gi, la fuga di cervelli vista
come emigrazione italiana
del XXI secolo, se la leg-
giamo per intero, sembra
una “storietta umoristica
scritta apposta da qualche
autore”. A dirlo è uno
studio dell’Istituto per la
Competitività che ha mes-
so in luce dati che ancora una volta mostrano
una pluridecennale tradizione politica italiana
inetta, e che oggi rischia di raggiungere livelli
insostenibili. I dati li ha riportati pure il pro-
fessor Mario Monti intervenendo al Meeting
di Rimini di Comunione e Liberazione, anche
lui un “cervellone” (che purtroppo non è fug-
L
gito via…): ogni anno la penisola tra entrate
e “fughe” di cervelli ha un saldo negativo di
1,2 miliardi. Di più. Senza “fuga di cervelli”
il Pil avrebbe un aumento stimato in 20 mi-
liardi di euro, cioè una manovra finanziaria.
Ma questo se a Roma riuscissero a fare una
politica che favorisce la ricerca e lo sviluppo,
valorizzando le idee dei giovani. Solo nell’ul-
timo anno, i migliori venti ricercatori italiani
hanno depositato all’estero otto scoperte co-
me autori principali. Si tratta, in termini di
ricavo, di 49 milioni di euro che tra venti
anni diventeranno 115. Se si considera, in-
vece, la totalità dei brevetti, sono 66 quelli a
cui hanno contribuito i primi venti tra i cer-
velli fuggiti dall’Italia co-
me membri di vari team
di lavoro. Tradotto in eu-
ro, si tratta di 334 milioni,
che in una previsione ven-
tennale diventeranno 782
milioni. Per l’Italia quella
della “fuga di cervelli” è
una tradizione consolida-
ta, come “la buona poli-
tica e la corruzione”, un
fenomeno che costa al Pil
20 miliardi di euro all’an-
no. Ma tanto mica ci ri-
mettono i politici, ci ri-
mettono i giovani, le loro
famiglie e le comunità di appartenenza. Un
quesito divertente ci sovviene: perchè “i cer-
velloni” tecnici che han riempito il governo
non son mai dovuti fuggire? A voi, e ai gio-
vani, l’ardua sentenza…
ALESSANDRO SCOLARI
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na tassa sulle bibite gasate e sui supe-
ralcolici per ridurne il consumo e gli ef-
fetti negativi sulla salute degli italiani? La mi-
sura prevista dalla bozza del cosiddetto
decreto Salute predisposto dal ministro Bal-
duzzi è una classica imposta pigouviana, una
forma di prelievo fiscale tesa a scoraggiare
un determinato comportamento degli attori
economici considerato foriero di effetti ne-
gativi per l’intera società. Aumentare il prezzo
della Coca Cola dovrebbe ridurne la quantità
consumata, migliorando la dieta di quanti
abusano del consumo di bevande e riducendo
così i possibili danni alla salute e la spesa sa-
nitaria pubblica. Ma è proprio così? Proba-
bilmente no. Anzitutto,
non è detto che la doman-
da complessiva di superal-
colici o di bevande anal-
coliche con zuccheri ed
edulcoranti sia così sensi-
bile al rialzo di prezzo
provocato dalla tassa: uno
studio “pro-soda tax”
pubblicato sul
New En-
gland Journal of Medicine
suggerisce che, per avere
un impatto reale sulle
scelte di consumo di be-
vande gasate e superalco-
lici, la tassazione dovreb-
be essere particolarmente elevata, molto di
più di quella immaginata dal governo italia-
no. Al livello fissato dalla bozza del decreto,
un effetto probabile è semmai la migrazione
di una porzione di domanda da prodotti a
più alta qualità e prezzo verso loro imitazioni
più scadenti e meno care, in molti casi anche
U
più dannose per la salute. (...) Se la tassa fosse
poi sostitutiva di altre entrate fiscali, operan-
do cioè a parità di gettito, sarebbe apprezza-
bile il tentativo di legare il finanziamento
dell’assistenza sanitaria pubblica alle scelte
degli individui, valorizzando il principio di
responsabilità personale. Purtroppo, la misura
del decreto si configura come un semplice
aggravio fiscale, che si aggiunge alla già in-
sostenibile pressione fiscale italiana. Per “edu-
care” gli italiani si finisce per “diseducare”
ancora di più il pachiderma della sanità pub-
blica, che già assorbe in modo inefficiente ed
inefficace una quota enorme delle risorse pre-
levate ai contribuenti. Al fondo della que-
stione c’è da chiedersi
quale sia il ruolo che vo-
gliamo attribuire alla leg-
ge e allo Stato nella no-
stra vita quotidiana. (...)
se quindi è opportuno
provare a responsabiliz-
zare i “consumatori di sa-
nità pubblica”, il modo
per farlo non è il restrin-
gimento della libertà in-
dividuale: semmai, c’è da
agire sul piano più schiet-
tamente culturale e divul-
gativo, e c’è da far com-
partecipare sempre di più
i singoli alla spesa sanitaria. Una tassa sulle
bevande analcoliche e i superalcolici finisce
invece per penalizzare indiscriminatamente
tutti, i grassi e i magri, chi conduce una vita
sregolata e chi ha una condotta salutare (...).
PIERCAMILLO FALASCA
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La misura sulle bibite
è una classica imposta
pigouviana, una forma
di prelievo fiscale tesa
a scoraggiare
un comportamento
degli attori economici
considerato negativo
Oltre 25mila cervelli
sono fuggiti dall’Italia
Trattenendo i giovani
talenti, si calcola
che il Pil aumenterebbe
di 20 miliardi di euro.
Ma occorrerebbe
favorire ricerca
e lo sviluppo,
valorizzando le idee
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 29 AGOSTO 2012
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