Page 7 - Opinione del 29-9-2012

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CULTURA
II
Libertà di espressione?Non interessa più nessuno
di
STEFANO MAGNI
l diritto di libertà di espressione
è sotto attacco. Non sono solo le
masse di fondamentalisti islamici a
ricordarcelo, ammazzando un am-
basciatore e devastando cinema e
chiese, perché “offesi da un video e
da alcune vignette”. Né solo i di-
scorsi all’Onu dei presidenti di Pa-
kistan, Egitto e Afghanistan, che
chiedono di censurare ogni manife-
stazione di “islamofobia”. L’attacco
alla libertà di espressione parte da
commentatori, politici e professori
occidentali. Ce lo ricorda il discorso
di Daniel Cohn-Bendit, al Parlamen-
to Europeo, che insulta i vignettisti
e i redattori della rivista satirica
Charlie Hebdo, dando loro degli
«
idioti». O gli innumerevoli edito-
riali, in cui si preme per una libertà
di espressione “responsabile”, dun-
que meno libera e più controllata.
E in un caso tutto italiano, quello
dell’ex direttore de Il Giornale Ales-
sandro Sallusti, condannato a 14
mesi di carcere per un’opinione
scritta da un collaboratore. Anche
in questo caso, l’opinione si divide,
su linee politiche, fra pro e contro
Sallusti, ma quasi nessuno degli in-
tellettuali si straccia le vesti in difesa
del
principio
libertà di espressione.
Già all’epoca dell’ondata di vio-
lenze contro le “vignette sataniche”
danesi, la professoressa Onora O’-
Neill, dell’Università di Cambridge,
negava il “diritto di offendere”, con-
testando i difensori della libertà di
espressione. Non è una tesi nuova.
Nei decenni precedenti alle ondate
di violenza anti-occidentali, profes-
sori, soprattutto americani, progres-
sisti, appartenenti a minoranze et-
niche o al movimento femminista,
hanno eroso teoricamente il diritto
di libertà di espressione. Parados-
salmente, se fino al XX Secolo era-
no i progressisti a sostenere la più
completa libertà, contro le censure
borghesi” o religiose, all’alba del
XXI la sinistra intellettuale chiede
un ritorno della censura.
Il filosofo statunitense Stephen
Hicks, individualista, in una sua
conferenza del 2002 (profetica, dun-
que) tenuta presso la Atlas Society,
aveva sviscerato l’argomento del
nuovo oscurantismo della sinistra.
Concludendo con una rinnovata di-
fesa della libertà di espressione. Che,
secondo il filosofo, si fonda su quat-
tro concetti illuministici: a) la ra-
gione è essenziale per conoscere la
realtà b) la ragione è una funzione
dell’individuo c) ciò che serve ad
ogni individuo per perseguire la co-
noscenza della realtà è, prima di tut-
to, la libertà: di pensare, criticare e
dibattere d) la libertà individuale di
esprimersi e perseguire la conoscen-
za è un valore fondamentale per tut-
ti i membri della società. Hicks spie-
ga che l’assalto progressista alla
libertà di espressione è motivato,
soprattutto, dalla
frustrazione
. «
La
sinistra – sostiene Hicks – ha sof-
ferto una lunga serie di sconfitte e
delusioni. In Occidente, ha fallito
nel suo tentativo di generare sistemi
politici socialisti ed oggi anche molti
partiti socialisti sono diventati più
moderati. Esperimenti collettivisti
più radicali, in Stati differenti quali
l’Unione Sovietica, Vietnam, Cuba,
sono tutti falliti. Anche il mondo
accademico ha dovuto accettare il
liberalismo e il mercato. Quando
un movimento intellettuale soffre
I
altruista: «I sostenitori della discri-
minazione positiva ritengono che,
in parte quale risultato della schia-
vitù e del colonialismo, i bianchi sia-
no ancora il gruppo dominante,
mentre i “neri” sono ancora subor-
dinati. Visto che è il forte che deve
sacrificare i suoi interessi per il de-
bole, è giusto redistribuire posti di
lavoro, borse di studio e quant’altro
dai gruppi razziali forti a quelli de-
boli».
L’altra sfida già persa in partenza
dalla sinistra è, appunto, l’eguaglian-
za delle opportunità. Per spiegare
l’impossibilità di questo traguardo,
Stephen Hicks immagina una par-
tita a basket fra lui e Michael Jor-
dan. Non ci sarebbe alcuna possi-
bilità di vittoria per il filosofo. A
meno di non creare ostacoli fisici
per l’ex campione e regalare decine
di punti al professore. L’eguaglianza
di opportunità, applicata in tutti i
campi, se messa a nudo, funziona
esattamente così: «Ci sono tre pos-
sibili approcci: possiamo impedire
al più forte di applicare appieno il
suo talento, regalare al debole un
vantaggio che non si è guadagnato,
o fare entrambe le cose».
Perché la sinistra contempora-
nea, di fronte all’evidente fallimento
della discriminazione positiva e
dell’eguaglianza di opportunità, fi-
nisce per invocare nuove forme di
censura? Perché, spiega Hicks, i fi-
losofi progressisti, ritengono che la
mente umana non sia affatto dotata
di libero arbitrio, ma sia plasmata
dalla società. «L’uomo è un prodot-
to della società - pensano i post-mo-
dernisti – e noi siamo, anche da
adulti, inconsapevoli delle costru-
zione sociale che è alla base del no-
stro linguaggio. Noi possiamo an-
che pensare di parlare liberamente
e di prendere le nostre decisioni, ma
è la mano, non vista, della costru-
zione sociale che ci rende quel che
siamo. Quel che pensiamo e quel
che facciamo ed anche il come pen-
siamo, è dominato dai nostri
pre-
concetti
».
E quindi: «Il risultato di
questa teoria è la fine della distin-
zione fra la parola e l’azione, finora
sempre enfatizzata dal liberalismo.
Per i post-modernisti, lo stesso lin-
guaggio è di per sé un potente stru-
mento dell’azione, perché costruisce
quel che siamo e sottende tutte le
azioni che intraprendiamo». In sin-
tesi: «Quel che i post-modernisti di-
cono è: il linguaggio è uno strumen-
to nel conflitto fra gruppi ineguali.
Questo concetto è diametralmente
opposto al liberalismo, secondo cui
il linguaggio è un mezzo di cono-
scenza e di comunicazione fra indi-
vidui liberi».
Nel nome della discriminazione
positiva e dell’eguaglianza di op-
portunità i progressisti censurano il
forte” per tutelare il “debole”. Il
mondo islamico, oggi, è identificato
nel “debole”, in confronto alla ci-
viltà occidentale “forte”. Ed ecco
spiegato il perché nessun progres-
sista si straccia le vesti quando capi
di Stato islamici invocano la censu-
ra, o semplici vignettisti europei (o
un regista americano ancora scono-
sciuto) vengono braccati e condan-
nati a morte. Né i progressisti in-
tendono difendere un ex direttore
di un giornale “forte” da una con-
danna al carcere. Perché, dal loro
punto di vista, il linguaggio è “uno
strumento nel conflitto fra gruppi
ineguali”. Un’arma, non un diritto.
Un regista braccato
con una taglia sulla
sua testa.Vignettisti
minacciati di morte.
Un giornale sotto attacco
degli estremisti.
Un ex direttore
di giornale condannato
a una pena detentiva
per un articolo
di opinione scritto
da un collaboratore.
La libertà di espressione
è sotto attacco su tutti
i fronti. E gli intellettuali
progressisti, che sinora
hanno sempre lottato
contro la censura,
ora la chiedono.
Nel nome di una libertà
responsabile”.
Il filosofo individualista
Stephen Hicks,
in una sua conferenza
del 2002, spiegava
le cause profonde
di questo tradimento
dei pensatori progressisti.
Per i quali il linguaggio
è diventato“un’arma”
in un conflitto tra gruppi
ineguali. E la libertà
di parola non è più,
dunque, un diritto
fondamentale
da difendere
con le unghie
e coi denti
simili sconfitte strategiche, è logico
attendersi che reagisca con tattiche
più disperate».
L’emergere della volontà di cen-
surare deriva dal palese fallimento
di due sfide recenti della sinistra oc-
cidentale: la discriminazione posi-
tiva e l’eguaglianza delle opportu-
nità.
La discriminazione positiva (im-
popolare, ma tutt’altro che morta)
si basa sulla presunzione che i do-
minatori storici debbano compen-
sare i loro ex dominati. E questo è
un discorso che vale sia per il genere
(
i maschi esercitavano il loro domi-
nio sulle femmine) che per le etnie
(
bianchi sui neri e su tutti gli altri).
La discriminazione positiva parte
da un assunto collettivista. Non è il
singolo ex schiavista che deve com-
pensare il suo ex schiavo, o il colo-
no il suo colonizzato, ma è l’intera
collettività di ex dominatori che de-
ve pagare. «I sostenitori della discri-
minazione positiva ritengono che i
bianchi e i neri debbano essere trat-
tati come membri dei gruppi razziali
a cui appartengono». La sinistra
parte anche da un assunto morale
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 29 SETTEMBRE 2012
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