Direttore ARTURO DIACONALE
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Mercoledì 30 Gennaio 2013
delle Libertà
Il casoMps e la crisi del Pd partito dei banchieri
a linea di difesa adottata dal
Pd sulla vicenda Monte dei Pa-
schi di Siena fa acqua da tutte le
parti. Non solo perché pretendere
di mettere sullo stesso piano l’isti-
tuto senese, il Credito Cooperativo
fiorentino di Verdini e Credieuro-
nord della Lega all’insegna del
“così fan tutti” supera abbondan-
temente il limite del ridicolo. Ma
soprattutto perché la tesi di fondo
secondo cui il Pd fa il Pd e le ban-
che fanno le banche, cioè che non
esiste alcun rapporto strutturale
tra il maggior partito della sinistra
e la più antica banca del mondo,
viene concepita dalla stragrande
maggioranza dell’opinione pubbli-
L
ca nazionale come una balla co-
lossale che nasconde chissà quali
inconfessabili misteri.
Naturalmente i dirigenti del Pd
non hanno torto quando rilevano
che il caso Mps è solo la punta
dell’iceberg di un fenomeno, come
quello delle fondazioni espresse
dal territorio che partecipano al
capitale della banca di riferimento,
che è esteso all’intero sistema ban-
cario. Ma questa ragione è fin
troppo debole di fronte al fatto
che da settant’anni la sinistra se-
nese tiene sotto controllo stretto
Mps e che da almeno vent’anni,
prima il Pds e poi il Pd, hanno
spostato la loro attenzione dalle
fabbriche alle banche nella con-
vinzione che solo attraverso una
ampia quota di controllo del siste-
ma bancario il partito erede del
Pci può svolgere efficacemente la
propria azione politica. Nell’im-
maginario collettivo, in sostanza,
il partito un tempo avanguardia
della classe operaia è diventato il
partito dei banchieri. Di quelli che
hanno da tempo una banca (Mps),
che ne volevano una seconda (Bnl)
e che si vantano se tra i loro sim-
patizzanti ed elettori figurano gli
uomini di spicco del sistema ban-
cario. Non è forse vero che l’at-
tuale presidente del Monte dei Pa-
schi, Alessandro Profumo, cioè chi
dovrebbe portare fuori dalle sec-
che dello scandalo dei derivati
l’istituto senese liberandolo dai
condizionamenti della politica, ha
fornito una dimostrazione precisa
delle proprie simpatie politiche
partecipando al voto delle recenti
primarie del Pd?
La debolezza della linea di di-
fesa dei vertici del Pd di fronte al
caso Mps, dunque, dipende dal
rifiuto di prendere atto di una ra-
dicata convinzione collettiva e dal
non comprendere che la vicenda
mette in discussione la scelta stra-
tegica fatta al momento in cui al-
la presenza...
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2
Lo scandalo di Siena è solo la punta dell’iceberg
ul caso Monte dei Paschi di
Siena c’è stato, nel corso di una
recente puntata di
Porta a Porta
,
un duro confronto tra Oscar
Giannino e il responsabile econo-
mico del Pd, Stefano Fassina. E
mentre il primo, mettendo il dito
sulla piaga, ha sostenuto l’esigenza
prioritaria di far uscire la politica
dalle banche italiane, il sinistro
braccio destro di Bersani ha invece
ribadito la sua difesa ad oltranza
della presenza dei partiti dentro le
fondazioni che contrallano i me-
desimi istituti finanziari. In sostan-
za, Fassina ritiene che la perma-
nenza della politica nelle banche
rappresenti una maggiore garanzia
S
nei confronti del popolo dei cor-
rentisti e degli azionisti. Coeren-
temente col suo credo collettivista,
egli pensa che pure nel mondo fi-
nanziario la mano pubblica debba
assumere un ruolo di primo piano,
al servizio di un sistema in cui tut-
to dovrebbe passare per un atto
deliberato della sfera politico-bu-
rocratica. Eppure l’impressionante
vicenda di Mps dimostra esatta-
mente il contrario. Ovvero, lad-
dove entrano i professionisti della
politica, la cui unica specialità è
quella di spendere malamente i
soldi degli altri, il dissesto nei bi-
lanci rappresenta una regola.
In pratica, al pari di tanti car-
rozzoni pubblici, anche Mps non
deve rispondere agli azionisti, dato
che la fondazione controllata dal
Pd detiene ancora oltre metà del
pacchetto azionario, ma solo ed
esclusivamente al partito di riferi-
mento. Ed è su questa base che
poi si orientano le scelte di una
banca che a Siena, da sempre feu-
do di una sinistra camaleontica,
ha costituito un formidabile stru-
mento di consenso. E quando ciò
accade le scelte aziendali di un isti-
tuto di credito vengono inevitabil-
mente piegate agli interessi di bot-
tega del suo vero azionista di
controllo: il partito politico. Ov-
viamente, come molti osservatori
liberali sostengono da tempo, Mps
rappresenta solo la punta di un
iceberg sistemico in cui la presenza
della citata politica tende a distor-
cere notevolmente il mercato del
credito. Sotto questo profilo ha
perfettamente ragione Giannino
quando sostiene che la stessa po-
litica dovrebbe uscire da ogni for-
ma di gestione bancaria, limitan-
dosi esclusivamente a svolgere il
ruolo di regolatore.
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2
di
CLAUDIO ROMITI
Mps rappresenta
soltanto un singolo caso
di un sistema in cui
la presenza della politica,
che tende a distorcere
notevolmente il mercato
del credito, dovrebbe
uscire da ogni forma
di gestione limitandosi
al ruolo di regolatore
di
ARTURO DIACONALE
L’attacco alla credibilità
del Pd non viene soltanto
dai tradizionali avversari
del centrodestra,
ma è lanciato soprattutto
dalle forze estremiste
e giustizialiste
che si sono collocate
alla sinistra del partito
guidato da Bersani
Grillo contro Bersani: «Dimettiti»
K
Grillo alza i toni sulla vicenda
Mps, e attacca frontalmente il Pd: «Ber-
sani si deve dimettere». Sul suo blog, il
leader del Movimento Cinque Stelle
chiede anche l’istituzione di una com-
missione d’inchiesta, e promette che il
movimento se ne farà promotore non
appena giunto in Parlamento. «Mps fa
impallidire non solo Parmalat - scrive
Grillo - ma anche il fallimento del Banco
Ambrosiano, dietro a questo colossale
saccheggio, come avvenne allora, ci può
essere di tutto. Craxi, in confronto, ru-
bava le caramelle ai bambini» dice
Grillo. «Di fronte a questo colossale
furto ai danni degli italiani, il cui conteg-
gio finale non è forse ancora concluso»,
Grillo chiede anche la verifica dei patri-
moni dei segretari del Pd e di tutti i no-
minati nella fondazione Mps dal comune
di Siena, della Provincia di Siena, della
Regione Toscana dal 1995 ad oggi. La
dura replica del leader Pd non entra me-
rito della vicenda: «Correi capire da che
pulpito democratico Grillo parla di di-
missioni, io ce l’avrei un partito che po-
trebbe chiedermele. E Grillo? Lezioni da
autocrati da strapazzo non ne prendo».
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