Un inedito Shakespeare a Roma

Romeo, Giulietta e la Maga Mab. La storia d’amore più celebre di tutti i tempi torna sotto le luci della ribalta, a Roma, in una rivisitazione destinata a stupire, a travolgere e prendere in contropiede lo spettatore.

Romeo, Giulietta e la Maga Mab è infatti una storia nella storia, in cui le tragiche vicende di due giovani destinati a non sopravvivere all’odio delle loro famiglie si mescolano al testamento spirituale e artistico, senza rimpianti né sensi di colpa, del regista Salvatore Santucci. Lo spettacolo ha debuttato nel luglio 2012 a Nettuno, riscuotendo un grande riscontro di pubblico, ed è stato inserito nella programmazione estiva del Forte Sangallo. Questo fine settimana è in cartellone nella capitale, nella stagione teatrale 2012/2013 al Teatro della Dodicesima.

Attraverso il gioco e la fantasia della Maga Mab, «la mammana del regno delle fate», colei che «si presenta sempre in una forma non più grossa d’una pietruzza d’agata al dito indice di un assessore; viaggia su un equipaggio trainato da una muta di piccoli esserini, e si posa sul naso di chi dorme», il rapporto fra i due amanti viene analizzato da prospettive sempre nuove e diverse, mentre la figura di Mercuzio assume una nuova centralità e conduce ad un finale inedito e del tutto inaspettato.

Sul palcoscenico, un cast di giovani attori che, nonostante l’età anagrafica, portano in scena una notevole dose di grinta e di talento. La loro interpretazione riesce persino a restituire all’opera un pizzico di quella originale malizia quasi plautiana che era andata perduta con la traduzione italiana: un adattamento che ne conservava sì la forza della poesia e dei versi, ma che finiva spesso per trasformare l’originale Romeo e Giulietta in un romanzo d’appendice così pomposo da rasentare la goffaggine, e molto più adatto al galateo di castigatissime educande vittoriane che al palato goloso di spezie del volgo elisabettiano.

Nei panni di una commovente Giulietta Capuleti c’è Chiara Da Ronche, in una delle sue performance migliori. Valeria Nardella è invece un inedito Romeo Montecchi al femminile, capace in scena di strizzare l’occhio tanto allo scanzonato Gavroche de I Miserabili quanto alla sfrontatezza guascona del D’Artagnan ne I Tre Moschettieri. Mario Biondino è il buon frate cui tocca, da solo, tentare disperatamente di conservare per tutti il lume della ragione nell’inarrestabile susseguirsi di eventi che porta la storia d’amore a trasformarsi in tragedia. E Flavio Marigliani interpreta un Mercuzio che non è solo compagno d’armi, di scorribande e di bagordi dell’amico inseparabile Romeo, ma anche il deus ex machina attorno al quale ruota lo scioglimento della vicenda, in questo ritratto malinconico a tinte seppiate che il regista Santucci fa del capolavoro shakespeariano. 

Un cast essenziale, dunque, proprio come la scenografia: sobria, minimalista, nella quale luci e ombre raccontano molto più di quanto potrebbe fare una barocca ridondanza di ninnoli e orpelli. La narrazione si dipana infatti quasi esclusivamente attorno al letto della giovane Capuleti, prima culla di una bambina costretta a crescere troppo in fretta in nome dei voleri del padre e della “ragion di stato”, poi talamo nuziale per la consacrazione al Vero Amore, infine altare sacrificale sul quale trovano la morte due giovani capri espiatori di una colpa ereditata per diritto di nascita ma mai commessa, e di un destino molto più crudele che ineluttabile.

Quel letto cosparso di rose rosse in una scenografia dove predomina il nero si trasforma ben presto una sorta di metaforico omphalos, l’ombelico di un mondo troppo piccolo per contenere la forza prorompente e inarrestabile dei sentimenti e delle passioni. Testimone incolpevole di amore e morte, gioia e disperazione, rassegnazione e rabbia, diventerà lo sfondo per un finale a sorpresa. Epilogo inatteso e imprevedibile, assente nella versione originale, e frutto esclusivo di una regia coraggiosa a sufficienza da sparigliare le carte anche in un grande classico, ma rispettosa abbastanza da non sconvolgerne la bellezza e la grandezza. 

L’unica nota stonata, paradossalmente, si nasconde forse proprio nelle scelte musicali chiamate ad accompagnare i momenti più importanti: apprezzabili e riuscite con il carillon della scena iniziale, decisamente discutibili nella scena d’amore tra Romeo e Giulietta, si riscattano però straordinariamente nel finale, in un crescendo che rende quasi d’obbligo la standing ovation. 

Romeo, Giulietta e la Maga Mab non è stato scritto per lasciare indifferenti né il pubblico né gli attori in scena. È uno spettacolo che fa discutere. Non solo per le scelte stilistiche, per l’inattesa sovversione di una storia già scritta e raccontata migliaia di volte, con migliaia di voci e in migliaia di forme diverse. Ma soprattutto perché in grado di mettere spalle al muro pensiero e coscienza da un lato e dall’altro del palcoscenico.

Così come raccontano gli stessi protagonisti: «Quando si porta in scena un personaggio, c’è sempre qualcosa di intimo e personale che metti in gioco e che, il più delle volte, vorresti tenere nascosto» racconta Chiara Da Ronche, veneziana di nascita e romana per vocazione artistica. «Figuriamoci Giulietta, che – prosegue l’attrice - in poco più di un’ora di spettacolo mi ha costretta ad affrontare e a mettere allo scoperto paure che non avevo neanche mai ammesso a me stessa».

Dice ancora Da Ronche: «Sono orgogliosa del lavoro che ho fatto e della maturazione artistica che ho avuto grazie a quest’unico spettacolo. Sono orgogliosa di aver imparato ad essere il tramite delle emozioni più scomode, a vederle scorrere e prendere vita dentro di me. Ad approfondire e a capire il perché di ogni parola».

Romeo, Giulietta e la Maga Mab

Con: Chiara Da Ronche, Valeria Nardella, Flavio Marigliani, Mario Biondino

Regia: Salvatore Santucci

Produzione: La Teca

Sabato 19 gennaio, ore 21:00 Domenica 20 gennaio, ore 17:30

Teatro della Dodicesima, via Carlo Avolio 60, Roma (zona Spinaceto)

Info e prenotazioni: 06/93933470

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:14