L’Opinione Libri, “Il caso Bellegueule”

Alla Libreria Feltrinelli, presso la Galleria Sordi di Roma, ho incontrato Edouard Louis, geniale ventunenne scrittore francese, autore del libro-rivelazione, di netta impronta autobiografica, dal titolo: “Il caso di Eddy Bellegueule” (Bompiani), per la cui presentazione erano presenti i due.. “Ivan”, Cotroneo e Scalfarotto (quest’ultimo, parlamentare del Pd). E mi ha profondamente colpito la serenità dell’autore, che ha trascorso tutta l’infanzia e l’adolescenza cercando di fare violenza alla sua natura di omosessuale, ripetendo a se stesso ogni mattina, per un numero infinito di volte, “Oggi sarò un duro”. E così, come accade in molti altri casi, dalle sue parole ho scoperto che è stata l’arte (il teatro prima, la letteratura poi) a salvarlo dal suicido, o dalla follia, o dalle due cose assieme. Leggendo il libro, ho pienamente condiviso la sensazione di Scalfarotto (che ha sostenuto di “aver litigato” con il libro stesso), in quanto il racconto autobiografico descrive impietosamente una società di altri tempi, ovvero l’Inghilterra della prima industrializzazione, drammatica e feroce, nei suoi riti tribali e primitivi, a causa dello sfruttamento -fin dalla prima infanzia- della condizione umana derelitta.

Perché l’esperienza dell’autore è un calvario, in cui affiora prepotente una componente masochistica di prima grandezza, nella parte in cui il protagonista annega la sua solitudine in un rito quotidiano di umiliazione, immolandosi -senza mai manifestare un solo cenno di reazione, o di delazione- a un bieco bullismo scolastico, da lui costantemente taciuto, e sempre agito da due compagni di scuola, che sadicamente si adoperavano a seviziare quella sua natura profonda di essere effeminato e gentile. Malgrado che i rapporti con l’altro sesso lo disgustino, Eddy tenta di frequentarli, ripetendo ogni giorno a se stesso, davanti allo specchio, l’obbligo di “essere uno duro”, come tutti gli altri maschi della famiglia, per sottrarsi a una costante persecuzione sessuale, che lo crocifigge in quanto diverso. La sua vita, in questo drammatico romanzo-verità, si bagna in un lago inquietante e oscuro della Francia profonda, in cui una piccola comunità di persone nasce, vive e muore attorno a una fabbrica di laminati. Da quel fondo fangoso, l’albero genealogico di Eddy emerge in superficie, per il nostro sguardo, come un grumo rovesciato di radici giganti, con al vertice il pregiudizio, l’oscenità, la violenza verbale, il sessismo, il razzismo, il rapporto uomo-donna intagliato nei ruoli più arcaici degli stereotipi del padre-padrone e del machismo cieco e acritico.

Così con un’acutezza descrittiva che provoca un reale dolore fisico, Eddy descrive la vita quotidiana di uomini adulti, che si ubriacano -ogni giorno, per tutti i lunghi anni della disoccupazione- davanti alla tv, senza ritegno e rispetto per le loro mogli (vestali e succubi), costrette a spezzarsi la schiena in mille lavori umili per mantenerli. Suo padre, poi, violento iroso, e manesco, che impedisce ai propri figli di parlare a tavola, dove la parola è concessa solo alla voce metallica del piccolo schermo, ritirandosi per di più in camera sua, per godersi film porno, procuratigli da una banda di sbandati come lui.. Per non parlare del clima omofobico, che si respira già dalla scuola dell’obbligo, e che avvolge Eddy in una nube di diossina. Quelle enormi radici invisibili, recuperate dall’acqua torbida dell’esistenza infantile e adolescenziale, hanno un colore di sporco inquietante. Ed Edouard Louis da quel legno confuso intaglia, come un gruppo del Laocoonte, le figure a lui più familiari: la madre e il padre, i fratelli e cugini, la sorella e le altre ragazze, gli amici e compagni di scuola o di strada.

A costoro, l’autore dà un volume a tutto tondo, pur lasciandoli intrisi nell’originale fuliggine grigia, che avvolge la loro microsocietà, così lontana nel tempo e nei secoli, come se le atmosfere dei luridi tuguri urbani di fine Settecento, che saturavano come un tumore infetto le periferie delle principali città dell’Europa continentale e insulare, non fossero mai stati dismessi dalla storia e dalla cultura umana moderna. Ecco, quella radice intagliata e scura ritrae, come un clone materiale, il proletariato operaio del libro, che si uccide di fatica, di alcool, di violenza machista e razzista, ma non è in grado di produrre nessuna forma di cultura alternativa, progettando semplicemente la propria fine prematura, nelle malattie, nell'indigenza, nella violenza verso i deboli, i diversi, quelli che hanno un altro colore della pelle, e verso se stessi. Una società arcaica, dove il povero disprezza quello più povero di lui.

È l’autore stesso a raccontarci, nel corso della presentazione del libro, come in verità la sua spietata descrizione dello stato di fatto non sia una “realtà privata”, unidimensionale, da affogare nel pudore e nel silenzio. Al contrario, lo spazio fisico, linguistico, comportamentale e sociale, così impietosamente descritto, possiede una qualità politica, che il senso comune e, soprattutto, il “Potere”, hanno inteso cancellare dalle cronache e dalle analisi sociologiche. Perché, infatti, la scrittura responsabile non può che gettare luce e fare chiarezza sulle cose non visibili e oscure, lasciando che il grande pubblico, i cittadini-elettori, le conoscano compiutamente e, quindi, le giudichino per quello che sono. Perché il linguaggio comunemente usato (messo a fuoco e separato, nel libro, dall’uso sistematico del corsivo) dalla comunità di origine di Eddy è intriso di violenza, dove il valore coincide con il pregiudizio. E, quel che è più grave (anche grazie alla complicità di un distorto uso dei media, che favorisce la diseducazione di massa e l’analfabetismo di ritorno), tale privazione culturale non è minimamente percepita da coloro che ne fanno uso e la subiscono: i genitori che non investono sul sapere e sulla scolarità dei figli , non si rendono conto di pregiudicarne il futuro e di far loro una reale violenza.

Eddy, ha radici molto simili a quelle di Billy Elliot, il ragazzino innamorato della danza, nato in un villaggio di poverissimi minatori, al tempo delle feroci lotte sindacali contro le politiche conservatrici di Margaret Thatcher. Ma Billy, alla fine, si trova accanto padre, fratello (pur impregnati da un inguaribile machismo, come tutto il resto della loro società), e nonna ultraottantenne, perché possa coronare il suo sogno, ed essere ammesso all’Accademia Nazionale di Danza inglese, dopo che il padre aveva impegnato le poche gioie di famiglia, ricordo della mamma scomparsa, pur di pagare il viaggio per Londra, a se stesso e a Billy. Eddy no: lui è costretto a programmare la fuga, prima ottenendo un posto al collegio del Liceo Madeleine Michelis, ad Amiens, nel Nord della Francia e, poi, a conclusione degli studi (il primo della famiglia a poter vantare un diploma liceale!) viene ammesso nel 2011 all’Ens, la Scuola Normale Superiore di Parigi. Nel 2013, Eddy ottiene l’autorizzazione a cambiare nome, diventando Edouard Louis. Perché, sostiene l’autore: “Quando la violenza è tanta, occorre una trasformazione altrettanto importante!”.

Benvenuto tra noi, Edouard Louis!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:29